Rappresentazione dei vettori nei cambiamenti di base

balthasar-votailprof
Premetto che la mia è una domanda a dir poco elementare e forse anche stupida...aggiungo che è la classica domanda fatto quando si è disorientati dalla materia, e si cerca di fare ordine: il mio obiettivo sarebbe quello di comprendere e apprezzare la matematica, non esserne un semplice fruitore (come ormai è uso e costume in parecchie facoltà scientifiche), e ciò è dettato non solo dalla curiosità, ma da un puro e sincero fascino nei confronti della disciplina.

Fatti i "convenevoli", la domanda è questa:

Il mio libro riporta i vettori attraverso una rappresentazione "a colonna" ( ad esempio: $((a),(b))$) nel capitolo sui cambiamenti di base, in modo che poi vengano moltiplicati per una matrice di passaggio.

Ciò è dettato da una determinata esigenza, oppure è una semplice convenzione?

Risposte
dissonance
La rappresentazione dei vettori in colonna e del prodotto matrice x vettore come righe x colonne è comoda perché permette di rappresentare le applicazioni lineari in maniera intuitiva: se $f: K^n \to K^m$ è lineare, allora esiste un'unica matrice $A$ di $m$ righe e $n$ colonne tale che

$f(v)=Av$ per ogni $v \in K^n$.

Se avessimo voluto rappresentare i vettori in riga, avremmo ottenuto una rappresentazione come

$f(v)=vB$ per ogni $v \in K^n$.

Naturalmente tutto è vincolato al fatto che il prodotto di matrici si fa righe x colonne. Se lo avessimo definito colonne x righe, sarebbe stato esattamente il contrario. Sono solo convenzioni, e meno male che grossomodo sono adottate da tutti sennò sai che casino.

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