Dubbio diagonalizzabilità
Buongiorno a tutti,
mi è sorto un dubbio riguardo alla condizione di diagonalizzabilità di un operatore lineare. Leggendo gli appunti presi a lezione, vedo che dire che un operatore lineare è diagonalizzabile è equivalente a dire che un operatore lineare si può rappresentare attraverso una matrice diagonale; poi in seguito, leggo che un operatore lineare è diagonalizzabile se e solo se (cioè, condizione necessaria e sufficiente) ammette una base formata da autovettori; in tal caso, inoltre, gli autovalori corrispondenti costituiscono gli elementi della matrice diagonale (immagino che, visto che sono autovalori di autovettori linearmente indipendenti, essi siano distinti; quindi $T:V->V$ è diagonalizzabile se e solo se ammette $n$ autovalori distinti, con $n = dimV$).
Poi leggo che T è diagonalizzabile se e solo se il polinomio caratteristico ammette $n$ zeri, contando ogni zero con la sua molteplicità (molteplicità algebrica). Io però so che gli zeri del polinomio caratteristico sono gli autovalori di T. Se almeno uno ha molteplicità algebrica $>1$ allora vuol dire che T ammette $n$ autovalori ma non distinti, e se non sono distinti, gli autovettori ad essi associati sono linearmente indipendenti e quindi non possono formare una base di T! Però, in effetti, posso comunque rappresentare l'operatore lineare con una matrice diagonale(che ha almeno due elementi della diagonale uguali) e quindi l'operatore lineare è diagolalizzabile...
Allora l'esistenza di $n$ autovalori distinti per T non è una condizione necessaria e sufficiente di diagonalizzabilità?
Grazie in anticipo
Valentina
mi è sorto un dubbio riguardo alla condizione di diagonalizzabilità di un operatore lineare. Leggendo gli appunti presi a lezione, vedo che dire che un operatore lineare è diagonalizzabile è equivalente a dire che un operatore lineare si può rappresentare attraverso una matrice diagonale; poi in seguito, leggo che un operatore lineare è diagonalizzabile se e solo se (cioè, condizione necessaria e sufficiente) ammette una base formata da autovettori; in tal caso, inoltre, gli autovalori corrispondenti costituiscono gli elementi della matrice diagonale (immagino che, visto che sono autovalori di autovettori linearmente indipendenti, essi siano distinti; quindi $T:V->V$ è diagonalizzabile se e solo se ammette $n$ autovalori distinti, con $n = dimV$).
Poi leggo che T è diagonalizzabile se e solo se il polinomio caratteristico ammette $n$ zeri, contando ogni zero con la sua molteplicità (molteplicità algebrica). Io però so che gli zeri del polinomio caratteristico sono gli autovalori di T. Se almeno uno ha molteplicità algebrica $>1$ allora vuol dire che T ammette $n$ autovalori ma non distinti, e se non sono distinti, gli autovettori ad essi associati sono linearmente indipendenti e quindi non possono formare una base di T! Però, in effetti, posso comunque rappresentare l'operatore lineare con una matrice diagonale(che ha almeno due elementi della diagonale uguali) e quindi l'operatore lineare è diagolalizzabile...
Allora l'esistenza di $n$ autovalori distinti per T non è una condizione necessaria e sufficiente di diagonalizzabilità?
Grazie in anticipo
Valentina
Risposte
Attenta che avere n autovalori distinti è una condizione sufficiente alla diagonalizzabilità, ma non necessaria.
Una condizione necessaria e sufficiente è ad esempio: lo spettro dell'endomorfismo lineare è contenuto nel campo di riferimento (ad esempio se stai lavorando su uno spazio vettoriale realie, il polinomio caratteristico deve avere tutte le radici reali; quindi se il campo è algebricamente chiuso, ad esempio il campo dei numeri complessi, questa condizione è automaticamente soddisfatta) e molteplicità algebrica e molteplicità geometrica coincidono per ogni autovalore.
Una condizione necessaria e sufficiente è ad esempio: lo spettro dell'endomorfismo lineare è contenuto nel campo di riferimento (ad esempio se stai lavorando su uno spazio vettoriale realie, il polinomio caratteristico deve avere tutte le radici reali; quindi se il campo è algebricamente chiuso, ad esempio il campo dei numeri complessi, questa condizione è automaticamente soddisfatta) e molteplicità algebrica e molteplicità geometrica coincidono per ogni autovalore.
Adesso tornano molte cose!
Questo quindi è così?
E invece se uno degli $n$ autovalori è 0?
"valentina92":
dire che un operatore lineare è diagonalizzabile è equivalente a dire che un operatore lineare si può rappresentare attraverso una matrice diagonale
Questo quindi è così?
E invece se uno degli $n$ autovalori è 0?
Sì, questo è vero. Nota che il riferimento in cui la matrice ha forma diagonale è fatto di autovettori. Inoltre, nota che il polinomio caratteristico (e quindi gli autovalori) di una matrice è invariante per similitudine tra matrici. Quindi parlare di autovalori dell'endomorfismo o di autovalori di una sua matrice associata è equivalente. I valori sulla diagonale della matrice diagonale (nel caso l'endomorfismo sia diagonalizzabile) sono perciò proprio gli autovalori contati con le giuste molteplicità.
Se un autovalore è 0 con molteplicità n, hai n volte 0 su tale diagonale, non cambia nulla. Soltanto che ovviamente la matrice non è invertibile (equivalentemente l'endomorfismo non sarà biiettivo) perché il rango non è massimo. Ma questo potevi notarlo anche senza studiare l'eventuale diagonalizzabilità, perché l'autospazio di autovalore 0 è non banale e coincide col nucleo dell'endomorfismo.
Se un autovalore è 0 con molteplicità n, hai n volte 0 su tale diagonale, non cambia nulla. Soltanto che ovviamente la matrice non è invertibile (equivalentemente l'endomorfismo non sarà biiettivo) perché il rango non è massimo. Ma questo potevi notarlo anche senza studiare l'eventuale diagonalizzabilità, perché l'autospazio di autovalore 0 è non banale e coincide col nucleo dell'endomorfismo.
Si si, infatti sapevo che l'autospazio dell'autovalore 0 coincide col nucleo. Grazie! Un'ultima cosa: una matrice diagonale è una matrice quadrata i cui elementi sono tutti nulli, tranne quelli sulla diagonale principale. Ma se un endomorfismo, per esempio, di dimensione 3, ammette un autovalore 0, cioè se avesse ad esempio come autovalori 1,2,0 , allora la matrice sarebbe $((1,0,0),(0,2,0),(0,0,0))$ che non sarebbe uguale a scrivere $((1,0,0),(0,2,0))$ ? Che però non è più una matrice diagonale!
Ah, poi ho letto che l'insieme di tutti gli autovettori, anche considerando il caso in cui ci sono autovalori non distinti, è linearmente indipendente; però non ho capito perchè
Ah, poi ho letto che l'insieme di tutti gli autovettori, anche considerando il caso in cui ci sono autovalori non distinti, è linearmente indipendente; però non ho capito perchè

Mmh, hai un po' di confusione. Perché eguagli quelle due matrici? Sono matrici appartenenti a spazi diversi. Una è 3x3 e un'altra è 2x3, non ha senso eguagliarle.
Se lo spazio vettoriale su cui consideri l'endomorfismo è finitamente generato, l'insieme di tutti gli autovettori non può essere linearmente indipendente. Il massimo ordine di un insieme di vettori linearmente indipendenti è della dimensione dello spazio
Puoi specificare meglio cosa intendevi?
Se lo spazio vettoriale su cui consideri l'endomorfismo è finitamente generato, l'insieme di tutti gli autovettori non può essere linearmente indipendente. Il massimo ordine di un insieme di vettori linearmente indipendenti è della dimensione dello spazio

Puoi specificare meglio cosa intendevi?
In effetti mi sono espressa male; cioè, credo di aver frainteso quello che avevo scritto, probabilmente intendevo dire che le basi di tutti gli autospazi degli autovalori sono autovettori tra loro linearmente indipendenti (quindi unendo tutte queste basi si può ottenere una base di V); così ha più senso?
Per quanto riguarda invece quelle matrici, non so, mi è venuto da fare così perchè mi turbava il fatto che una matrice associata a un operatore lineare potesse non avere rango massimo... però in effetti forse non è un problema... implica qualcos'altro, oltre al fatto che la matrice non è invertibile? (tra l'altro è vero, non sono la stessa cosa visto che la seconda invece ha rango massimo)
Per quanto riguarda invece quelle matrici, non so, mi è venuto da fare così perchè mi turbava il fatto che una matrice associata a un operatore lineare potesse non avere rango massimo... però in effetti forse non è un problema... implica qualcos'altro, oltre al fatto che la matrice non è invertibile? (tra l'altro è vero, non sono la stessa cosa visto che la seconda invece ha rango massimo)
E' vero quel che dici.
In generale se hai due sistemi di vettori linearmente indipendenti, non è detto che la loro unione sia a sua volta linearmente indipendente. Infatti, questo non si verifica se l'intersezione dei sottospazi generati dai due sistemi di vettori è non vuota, ossia se i due sottospazi non sono in somma diretta.
Ma sappiamo che la somma di autospazi è diretta, quindi in questo caso l'unione delle loro basi è un sistema linearmente indipendente. Questa però è una base di [tex]V[/tex] se e solo se f è diagonalizzabile.
In effetti una condizione equivalente alla diagonalizzabilità è la seguente:
Sia [tex]f[/tex] endomorfismo di uno spazio vettoriale [tex]V[/tex] di dimensione finita [tex]n[/tex] e siano [tex]A_1, \ldots, A_m[/tex] (tutti) gli autospazi relativi agli autovalori distinti di [tex]f[/tex]. [tex]f[/tex] è diagonalizzabile se e solo se [tex]V=A_1 \oplus \ldots \oplus A_m[/tex].
(Altrimenti in generale tale somma diretta è un sottospazio di V)
Per quanto riguarda la seconda domanda, che il rango non sia massimo non è un problema. Il rango è la dimensione dell'immagine dell'applicazione lineare. E in base al teorema del rango, ti dà informazioni anche sull'iniettività. Nota che nel caso in cui dominio e codominio hanno stessa dimensione (ad esempio, nel caso in cui f è un endomorfismo), iniettività e suriettività sono equivalenti, quindi l'applicazione è un isomorfismo se e solo se il rango è massimo (e questo corrisponde al fatto che la matrice è invertibile).
Spero di essere stato chiaro
In generale se hai due sistemi di vettori linearmente indipendenti, non è detto che la loro unione sia a sua volta linearmente indipendente. Infatti, questo non si verifica se l'intersezione dei sottospazi generati dai due sistemi di vettori è non vuota, ossia se i due sottospazi non sono in somma diretta.
Ma sappiamo che la somma di autospazi è diretta, quindi in questo caso l'unione delle loro basi è un sistema linearmente indipendente. Questa però è una base di [tex]V[/tex] se e solo se f è diagonalizzabile.
In effetti una condizione equivalente alla diagonalizzabilità è la seguente:
Sia [tex]f[/tex] endomorfismo di uno spazio vettoriale [tex]V[/tex] di dimensione finita [tex]n[/tex] e siano [tex]A_1, \ldots, A_m[/tex] (tutti) gli autospazi relativi agli autovalori distinti di [tex]f[/tex]. [tex]f[/tex] è diagonalizzabile se e solo se [tex]V=A_1 \oplus \ldots \oplus A_m[/tex].
(Altrimenti in generale tale somma diretta è un sottospazio di V)
Per quanto riguarda la seconda domanda, che il rango non sia massimo non è un problema. Il rango è la dimensione dell'immagine dell'applicazione lineare. E in base al teorema del rango, ti dà informazioni anche sull'iniettività. Nota che nel caso in cui dominio e codominio hanno stessa dimensione (ad esempio, nel caso in cui f è un endomorfismo), iniettività e suriettività sono equivalenti, quindi l'applicazione è un isomorfismo se e solo se il rango è massimo (e questo corrisponde al fatto che la matrice è invertibile).
Spero di essere stato chiaro

Chiarissimo. Adesso ho capito! Ti ringrazio molto, buona domenica!