Dualità aiuto!!!

Alexiei1
Salve, sonouno studente universitario alle prese con lo studio dell'algebra lineare.
Sto "studiando" la dualità, tra virgolette perchè non riesco proprio a capirla, non risco proprio ad arrivarci concettualmente e diciamo ad "immaginarmi" uno spazio duale per esempio. Studio molto la teoria di questo capitolo ma mi trovo sempre arreso. Qualcuno è in grado di spiegarmi in parole semplici il concetto alla base della dualità?

Vi ringrazio

Risposte
killing_buddha
Sintetizzando al massimo, questo è quello che si può dire.

[list=1]

[*:47qe0irf] Definizione (spazio duale): Sia [tex]V[/tex] uno spazio vettoriale di dimensione finita sul corpo [tex]\mathbb{K}[/tex]. Definiamo come spazio duale di [tex]V[/tex] lo spazio vettoriale delle applicazioni lineari da [tex]V[/tex] su [tex]\mathbb{K}[/tex].

[tex]V^* := \text{Hom}\,(V,\mathbb{K})\qquad\qquad\eqno{(\text{D})}[/tex]
[/*:m:47qe0irf]
[*:47qe0irf] Osservazione: Se [tex]V[/tex] è spazio vettoriale di dimensione finita su [tex]\mathbb{K}[/tex], la sua dimensione è

[tex]\dim_\mathbb{K}V^* = \dim_\mathbb{K}\text{Hom}\,(V,\mathbb{K}) = \dim_\mathbb{K}V\cdot \dim_\mathbb{K}\mathbb{K}=\dim_\mathbb{K} V[/tex]

Fissata una base [tex]\mathcal{V}=\{v_1,\dots,v_n\}[/tex] di [tex]V[/tex], una base di [tex]V^*[/tex] è fatta da [tex]\{v_1^*,\dots,v_n^*\}[/tex], ove [tex]v_j^* \colon V\to \mathbb{K}[/tex] è definita da [tex]v_j^*(v_i)=\delta_{ij}[/tex], intendendo [tex]\delta_{ij}[/tex] come il simbolo di Kronecker.
[/*:m:47qe0irf]
[*:47qe0irf] Proposizione: In base a quanto osservato in (2), lo spazio [tex]V[/tex] è (non canonicamente) isomorfo al suo duale, mediante la mappa che manda [tex]u=\sum_{i=1}^n \alpha_i v_i[/tex] in [tex]u^*=\sum_{i=1}^n \zeta_i v_i^*[/tex].[/*:m:47qe0irf]
[*:47qe0irf] Definizione (applicazione bilineare): Siano [tex]U,V[/tex] spazi vettoriali di dimensione finita su [tex]\mathbb{K}[/tex], in particolare sia [tex]\dim_\mathbb{K}U=m, \dim_\mathbb{K}V=n[/tex]. Una applicazione bilineare tra [tex]U[/tex] e [tex]V[/tex] è una applicazione [tex]g\colon U\times V\to \mathbb{K}[/tex] che sia lineare in ciascuna delle due variabili. L'insieme [tex]\text{Bil}\,(U\times V,\mathbb{K})[/tex] delle applicazioni bilineari da [tex]U\times V[/tex] in [tex]\mathbb{K}[/tex] è uno spazio vettoriale di dimensione finita su [tex]\mathbb{K}[/tex] e vale

[tex]\dim_\mathbb{K}\text{Bil}\,(U\times V,\mathbb{K}) = \dim_\mathbb{K}U\cdot\dim_\mathbb{K}V=mn[/tex]

Una sua base è costituita dall'insieme delle applicazioni [tex]\epsilon_{ij}[/tex] definite da
[tex]\displaystyle
\epsilon_{ij}(u_r,v_s) =
\begin{cases}
1 & \text{se}\, (i,j)=(r,s)\\
0 & \text{altrimenti}
\end{cases}[/tex]
(edit) [tex]g\colon U\times V \to \mathbb K[/tex] si dice non degenere se [tex]g(u,v)=0[/tex] per ogni [tex]v\in V[/tex] (risp.: per ogni [tex]u\in U[/tex]) implica che [tex]u=0[/tex] (risp: implica che [tex]v=0[/tex]).[/*:m:47qe0irf]
[*:47qe0irf] Definizione (dualità): Una applicazione bilineare non degenere tra [tex]V[/tex] e il suo duale si dice dualità.[/*:m:47qe0irf]
[*:47qe0irf] L'applicazione bilineare

[tex]\circ\colon V\times V^* \to \mathbb{K}[/tex]
[tex](v,\xi)\longmapsto v\circ \xi = \xi(v)\in\mathbb{K}\qquad\qquad\eqno{(\text{CD})}[/tex]

è non degenere: essa si dice dualità canonica tra [tex]V[/tex] e [tex]V^*[/tex]. Fissato un vettore [tex]v\in V[/tex], essa si "fattorizza" come [tex]\varphi_v=\circ(v,\cdot)\colon V^*\to \mathbb{K}[/tex]: è la mappa che manda [tex]\xi[/tex] in [tex]\xi(v)[/tex] per [tex]v\in V[/tex] fissato. In tal modo [tex]\varphi_v \in \text{Hom}\,(V^*,\mathbb{K})=: V^{**}[/tex]. Gli spazi [tex]V[/tex] e [tex]V^{**}[/tex] sono allora canonicamente isomorfi mediante la mappa di "valutazione" [tex]\text{ev}_v\colon V\to V^{**}[/tex] che manda [tex]v[/tex] in [tex]\varphi_v[/tex].
[/*:m:47qe0irf]
[*:47qe0irf] Osservazione: Una data applicazione bilineare [tex]g[/tex] non degenere induce gli isomorfismi di spazi vettoriali

[tex]\text{Hom}\,(V, U^*) \cong \text{Bil}\,(U\times V,\mathbb{K}) \cong \text{Hom}\,(U,V^*)\qquad\qquad\eqno{(\text{BD})}[/tex]

dati dalle mappe [tex]v\mapsto g(\cdot,v)[/tex] e [tex]u\mapsto g(u,\cdot)[/tex][/*:m:47qe0irf][/list:o:47qe0irf]

dissonance
@killing_buddha: Manca la definizione di applicazione bilineare non degenere, credo convenga darla per non confondere Alexiei.

Alexiei1
Mi sto sforzando di comprendere bene le definizioni che mi avete dato ( grazie! ), ma mi servirebbe capire in maniera un pò più "PALPABILE" la differenza tra unospazio duale ed uno vettoriale ad esempio, non so se riesco a farmi capire. Studiando mi sono convinto che lo spazio duale e la dualità hanno stretta correlazione con le operazioni di trasposizione e gli spazi vettoriali perpendicolari, non so se è giusto però perchè su questo argomento ho una confusione totale.

Grazie mille della pazienza!

dissonance
"Alexiei":
Mi sto sforzando di comprendere bene le definizioni che mi avete dato ( grazie! ),
Prego, ma io non ho fatto nulla, ha fatto tutto killing_buddha!
ma mi servirebbe capire in maniera un pò più "PALPABILE" la differenza tra unospazio duale ed uno vettoriale ad esempio, non so se riesco a farmi capire. Studiando mi sono convinto che lo spazio duale e la dualità hanno stretta correlazione con le operazioni di trasposizione e gli spazi vettoriali perpendicolari, non so se è giusto però perchè su questo argomento ho una confusione totale.
Eh ma non ti preoccupare perché è normale, si tratta di un concetto dai mille significati molto diversi tra loro. Parlo un po' a ruota libera, per il significato preciso di ciò che dico riferisciti al post di killing_buddha.

Lo spazio duale è l'ambiente in cui vivono le forme lineari [size=75](*)[/size], degli aggeggi che possono agire linearmente sui vettori, restituendo dei numeri. Sotto questo ombrello cadono una miriade di oggetti matematici e te ne elenco qualcuno. L'esempio più scemo (ma essenziale) riguarda lo spazio vettoriale [tex]\mathbb{R}^n[/tex], i cui elementi consideriamo come vettori colonna [tex]\begin{pmatrix} \xi^1 \\ \vdots \\ \xi^n \end{pmatrix}[/tex]. Allora i vettori riga [tex]\begin{pmatrix} \eta_1 & \ldots & \eta_n \end{pmatrix}[/tex] sono delle forme lineari, e la maniera che hanno di agire è quella ovvia: [tex]\displaymath \begin{pmatrix} \eta_1 & \ldots & \eta_n \end{pmatrix} \begin{pmatrix} \xi^1 \\ \vdots \\ \xi^n \end{pmatrix} =\sum_{i=1}^n \eta_i \xi^i[/tex]
(Sostanzialmente, inoltre, è a questo che ci si riconduce in tutti gli spazi vettoriali di dimensione finita).
Geometricamente questo è significativo. Sia infatti [tex]M[/tex] un iperpiano di [tex]\mathbb{R}^n[/tex]: allora esso si può rappresentare con una equazione del tipo [tex]\displaymath \sum_{i=1}^n \eta_i x^i =0[/tex] Ti ricorda niente? Questa corrispondenza tra iperpiani e forme lineari, unita alla ovvia corrispondenza tra forme lineari e punti dello spazio, è importante in geometria proiettiva.

Quindi una maniera di interpretare le forme lineari (in dimensione finita) è pensare ad esse come alle equazioni di iperpiani. (Questa interpretazione viene da Cailotto, pag. 81, §4.8).

Ma le forme lineari intervengono in moltri altri ambiti e con significato molto diverso da questo. Prendiamo ad esempio uno spazio vettoriale di dimensione infinita come [tex]C^1 (\mathbb{R}^n)[/tex], lo spazio vettoriale delle funzioni differenziabili con continuità su tutto [tex]\mathbb{R}^n[/tex]. In questo caso i vettori sono delle funzioni e una operazione lineare su di esse è la derivazione parziale in 0, che ad una funzione [tex]f[/tex] associa il numero [tex]\frac{\partial{f}}{\partial{x_i}}(0)[/tex]. Di più: comunque si prenda un vettore di direzione, la derivata direzionale in 0 è una forma lineare in maniera del tutto analoga. Abbiamo così creato una copia di [tex]\mathbb{R}^n[/tex] nello spazio vettoriale duale a [tex]C^1 (\mathbb{R}^n)[/tex]: questo è molto importante in geometria differenziale.

Come puoi immaginare si potrebbe andare avanti MOLTO a lungo. Le applicazioni di questo concetto sono moltissime (e non si limitano alla geometria). Usandolo concretamente, con il tempo riuscirai a fartene una idea precisa.

____________________________________
[size=75](*)[/size] anche funzionali lineari o covettori, tutti sinonimi ma con sfumature diverse di significato.

ADJEIWIQ
Qualcuno potrebbe gentilmente darmi un ulteriore chiarimento su questa parte del post:

"Questa corrispondenza tra iperpiani e forme lineari, unita alla ovvia corrispondenza tra forme lineari e punti dello spazio, è importante in geometria proiettiva."

Grazie mille

dissonance
Sono passati dieci anni, chi cacchio si ricorda cosa stavo pensando all'epoca. :-) Poi la geometria proiettiva l'ho toccata pochino in tutto questo tempo. Mi pare che qualcosa avevo letto sul libro di Sernesi, "Geometria 1", e poi c'erano le dispense dei padovani. Chissà se passa di qua Martino ci può dare qualche link fresco.

ADJEIWIQ
Mi aveva molto incuriosito l'argomento e malgrado il tempo trascorso ho osato provare. La conversazione era stata citata in un altro post che avevo letto di recente.
Ho praticamente dissotterrato un fossile

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