Do Carmo e il Differenziale
Salve a tutti, sto studiando geometria differenziale per il corso di geometria 2, in particolare Differential Geometry of Curves and Surfaces di Do Carmo.
Sono in difficoltà con una definizione un tantino fondamentale, cioè la definizione di differenziale di una funzione differenziabile in un punto, data come DEFINITION 1 a pagina 127
qui:
http://www.maths.ed.ac.uk/~aar/papers/docarmo.pdf
Quello che ho capito è che questo differenziale dF(P) di una funzione differenziabile F in un punto p nel dominio di F è l'applicazione lineare definita dalla matrice jacobiana di F calcolata in p.
Dico bene??
Anche nel caso che sia giusto come "visualizzo" questo oggetto (il differenziale) e come va interpretato?
Ringrazio per le eventuali risposte.
Saluti.
Damiano.
Sono in difficoltà con una definizione un tantino fondamentale, cioè la definizione di differenziale di una funzione differenziabile in un punto, data come DEFINITION 1 a pagina 127
qui:
http://www.maths.ed.ac.uk/~aar/papers/docarmo.pdf
Quello che ho capito è che questo differenziale dF(P) di una funzione differenziabile F in un punto p nel dominio di F è l'applicazione lineare definita dalla matrice jacobiana di F calcolata in p.
Dico bene??
Anche nel caso che sia giusto come "visualizzo" questo oggetto (il differenziale) e come va interpretato?
Ringrazio per le eventuali risposte.
Saluti.
Damiano.
Risposte
Ti consiglio di togliere quel link, mi sa che è materiale protetto da copyright.
Comunque, dato un aperto \(A \subseteq \mathbb{R}^n \), una funzione \(f : A \to \mathbb{R}^m \) si dice differenziabile in un punto \(x_0 \in A\) se e solo se esiste un'applicazione lineare \(L : A \to \mathbb{R}^n \) tale che \(\forall h \in \mathbb{R}^n\) con \(x + h \in A\) si abbia \[\lim_{h \to 0_{\mathbb{R}^n}}\frac{f(x_0 + h)-f(x_0) - L (h)}{\| h \|} = 0\] se una tale applicazione esiste la si indica con \(\text{d}f(x_0)\) e la si chiama differenziale di \(f\) in \(x_0\). Se \(\forall x \in A \ \exists \text{d}f(x)\), ovvero se il differenziale di \(f\) esiste in ogni punto di \(A\) si dice che \(f\) è differenziabile.
In soldoni, il differenziale in un punto \(x_0\) è la funzione lineare che meglio approssima l'incremento della \(f\) intorno a \(x_0\). Infatti, la differenza tra l'incremento della funzione (\(f(x_0 + h)-f(x_0)\)) ed il valore del differenziale valutato nell'incremento della variabile (\(L(h) = \text{d}f(x_0)(h)\))[nota]per alleggerire e rendere più chiara la notazione si usa indicare la valutazione del differenziale come \(\text{d}f(x_0).h\)[/nota] tende a zero in modo più che lineare.
Si dimostra che se il differenziale in un punto esiste, allora è unico, e che fissando su dominio e codominio la base canonica il differenziale è l'applicazione lineare rappresentata dalla matrice Jacobiana. È una conseguenza, non una definizione.
Come interpretarlo? Direi semplicemente per quel che è, un'applicazione lineare che mi approssima un incremento. Il toy model delle applicazioni \(\mathbb{R}^2 \to \mathbb{R}\) a volte può tornare utile: usando le stesse notazioni della definizione, prendiamo \(\Gamma_f \subset \mathbb{R}^3\) grafico di \(f\); [nota]ovvero, \( \Gamma _f = f = \{(x,y,z) \in \mathbb{R}^3\ | z = f(x,y)\}\)[/nota] in tal caso il sottospazio affine di \(\mathbb{R}^3\) dato da \((x_0, y_0, f(x_0, y_0)) + \Gamma_{\text{d} f(x_0, y_0)}\) è il piano tangente al grafico di \(f\) in \((x_0,y_0)\). Nota che se mi limito a prendere il sottospazio vettoriale \(\Gamma_{\text{d} f(x_0, y_0)}\) non ho il piano tangente, il perché dovresti essere in grado di capirlo da solo.
Tra l'altro (per ora ignora questo appunto, ma tornaci su una volta digerita la definizione) nota che se una funzione è differenziabile puoi interpretare la funzione \(x \mapsto \text{d}f(x)\) come una funzione \(\text{d} f : A \to \mathscr{L}(\mathbb{R}^n, \mathbb{R}^m)\) dove con \(\mathscr{L}\) indico lo spazio delle funzioni lineari. Nota inoltre che se \(m=1\) ottieni \(\text{d} f : A \to (\mathbb{R}^n)^*\) con \((\mathbb{R}^n)^*\) spazio vettoriale duale di \(\mathbb{R}^n\). In quest'ultimo caso, se indichi la base duale associata alla base canonica con \(\{\mathbb{d}x_1, \ldots , \mathbb{d}x_n\}\)[nota]dove la notazione è giustificata dal fatto che un'applicazione lineare è il differenziale di se stessa (prendilo come un esercizio
)[/nota]ritrovi che il differenziale di \(f\) in un punto \(x = (x_1, \ldots , x_n)\) è rappresentato dal gradiente (o dalla trasposta del gradiente, a seconda di come lo hai definito), ovvero puoi scrivere \[\mathbb{d}f (x) = \frac{\partial f(x)}{\partial x_1} \text{d} x_1 + \cdots + \frac{\partial f(x)}{\partial x_n} \text{d}x_n\]
[ot]Giunto a questo punto dovresti essere in grado di sentire distintamente il suono delle urla di estasi di un fisico
[/ot]
Comunque, dato un aperto \(A \subseteq \mathbb{R}^n \), una funzione \(f : A \to \mathbb{R}^m \) si dice differenziabile in un punto \(x_0 \in A\) se e solo se esiste un'applicazione lineare \(L : A \to \mathbb{R}^n \) tale che \(\forall h \in \mathbb{R}^n\) con \(x + h \in A\) si abbia \[\lim_{h \to 0_{\mathbb{R}^n}}\frac{f(x_0 + h)-f(x_0) - L (h)}{\| h \|} = 0\] se una tale applicazione esiste la si indica con \(\text{d}f(x_0)\) e la si chiama differenziale di \(f\) in \(x_0\). Se \(\forall x \in A \ \exists \text{d}f(x)\), ovvero se il differenziale di \(f\) esiste in ogni punto di \(A\) si dice che \(f\) è differenziabile.
In soldoni, il differenziale in un punto \(x_0\) è la funzione lineare che meglio approssima l'incremento della \(f\) intorno a \(x_0\). Infatti, la differenza tra l'incremento della funzione (\(f(x_0 + h)-f(x_0)\)) ed il valore del differenziale valutato nell'incremento della variabile (\(L(h) = \text{d}f(x_0)(h)\))[nota]per alleggerire e rendere più chiara la notazione si usa indicare la valutazione del differenziale come \(\text{d}f(x_0).h\)[/nota] tende a zero in modo più che lineare.
Si dimostra che se il differenziale in un punto esiste, allora è unico, e che fissando su dominio e codominio la base canonica il differenziale è l'applicazione lineare rappresentata dalla matrice Jacobiana. È una conseguenza, non una definizione.
Come interpretarlo? Direi semplicemente per quel che è, un'applicazione lineare che mi approssima un incremento. Il toy model delle applicazioni \(\mathbb{R}^2 \to \mathbb{R}\) a volte può tornare utile: usando le stesse notazioni della definizione, prendiamo \(\Gamma_f \subset \mathbb{R}^3\) grafico di \(f\); [nota]ovvero, \( \Gamma _f = f = \{(x,y,z) \in \mathbb{R}^3\ | z = f(x,y)\}\)[/nota] in tal caso il sottospazio affine di \(\mathbb{R}^3\) dato da \((x_0, y_0, f(x_0, y_0)) + \Gamma_{\text{d} f(x_0, y_0)}\) è il piano tangente al grafico di \(f\) in \((x_0,y_0)\). Nota che se mi limito a prendere il sottospazio vettoriale \(\Gamma_{\text{d} f(x_0, y_0)}\) non ho il piano tangente, il perché dovresti essere in grado di capirlo da solo.
Tra l'altro (per ora ignora questo appunto, ma tornaci su una volta digerita la definizione) nota che se una funzione è differenziabile puoi interpretare la funzione \(x \mapsto \text{d}f(x)\) come una funzione \(\text{d} f : A \to \mathscr{L}(\mathbb{R}^n, \mathbb{R}^m)\) dove con \(\mathscr{L}\) indico lo spazio delle funzioni lineari. Nota inoltre che se \(m=1\) ottieni \(\text{d} f : A \to (\mathbb{R}^n)^*\) con \((\mathbb{R}^n)^*\) spazio vettoriale duale di \(\mathbb{R}^n\). In quest'ultimo caso, se indichi la base duale associata alla base canonica con \(\{\mathbb{d}x_1, \ldots , \mathbb{d}x_n\}\)[nota]dove la notazione è giustificata dal fatto che un'applicazione lineare è il differenziale di se stessa (prendilo come un esercizio

[ot]Giunto a questo punto dovresti essere in grado di sentire distintamente il suono delle urla di estasi di un fisico
