C'è differenza tra scrittura e concetti di punto e vettore oppure no?
Vorrei capire (se c'è) qual'è la differenza tra un punto e un vettore quando scrivo $(1,1)$, ma proprio solo a livello qualitativo.
Potrei scrivere $P=(1,1)$ e quindi intendo disegnare un singolo punto nel piano $xy$, se invece scrivo $\vec v=(1,1)$ faccio una freccia dall' origine al punto $(1,1)$ sempre in $xy$.
Ma se io scrivo solo $(1,1)$ senza specificare cos'è, come si fa a sapere se intendo un punto o un vettore?
O meglio, è necessario fare una distinzione o in realtà no perchè punti e vettori sono la stessa cosa?
Per esempio, una funzione $RR^2 -> RR , f(x,y)=x+y$ si dice che prende un vettore e restituisce uno scalare, però io di fatto posso dare in ingresso il punto $(1,1)$ del piano $xy$ e ottenere il risultato $z=2$. Qui o si è perso per strada il concetto di vettore o punti e vettori sono la stessa cosa, o che altro?
Potrei scrivere $P=(1,1)$ e quindi intendo disegnare un singolo punto nel piano $xy$, se invece scrivo $\vec v=(1,1)$ faccio una freccia dall' origine al punto $(1,1)$ sempre in $xy$.
Ma se io scrivo solo $(1,1)$ senza specificare cos'è, come si fa a sapere se intendo un punto o un vettore?
O meglio, è necessario fare una distinzione o in realtà no perchè punti e vettori sono la stessa cosa?
Per esempio, una funzione $RR^2 -> RR , f(x,y)=x+y$ si dice che prende un vettore e restituisce uno scalare, però io di fatto posso dare in ingresso il punto $(1,1)$ del piano $xy$ e ottenere il risultato $z=2$. Qui o si è perso per strada il concetto di vettore o punti e vettori sono la stessa cosa, o che altro?
Risposte
E' una distizione meramente terminologica. Quando pensi a $\mathbb R^2$ come spazio vettoriale, chiami i suoi elementi vettori, perchè in generale così si chiamano gli elementi di uno spazio vettoriale. D'altronde se lo pensi come spazio topologico, ad esempio, è più naturale chiamare i suoi elementi punti.
Allur... vedem, per quel poco che so sull'argomento posso dirti che i vettori sono vettori e i punti sono punti
Mi spiego meglio uno spazio geometrico classico puoi vederlo generato da un sistema di equazioni lineari, a cui è associato lo stesso sistema di equazioni ma omogeneo.
Ora le soluzioni del sistema lineare si chiamano punti.
Le soluzioni del sistema omogeneo associato si chiamano vettori.
Non sono la stessa cosa, se sommi per esempio due soluzioni del sistema omogeneo ottieni un'altra soluzione, se sommi due soluzioni del sistema generico non ottieni un'altra soluzione. In altre parole la somma di due vettori è un vettore, la somma di due punti non ha senso matematico.
ora vediamo al tuo esempio, se tu prendi un punto generico e non un insieme di punti allora puoi vederlo come giacente nello spazio determinato dai punti (0,0) e (1,1) cioè nello spazio generato da un sistema di equazioni lineari omogeneo, a questo punto la questione è solo una formalità teorica.

Mi spiego meglio uno spazio geometrico classico puoi vederlo generato da un sistema di equazioni lineari, a cui è associato lo stesso sistema di equazioni ma omogeneo.
Ora le soluzioni del sistema lineare si chiamano punti.
Le soluzioni del sistema omogeneo associato si chiamano vettori.
Non sono la stessa cosa, se sommi per esempio due soluzioni del sistema omogeneo ottieni un'altra soluzione, se sommi due soluzioni del sistema generico non ottieni un'altra soluzione. In altre parole la somma di due vettori è un vettore, la somma di due punti non ha senso matematico.
ora vediamo al tuo esempio, se tu prendi un punto generico e non un insieme di punti allora puoi vederlo come giacente nello spazio determinato dai punti (0,0) e (1,1) cioè nello spazio generato da un sistema di equazioni lineari omogeneo, a questo punto la questione è solo una formalità teorica.

In realtà mi sembra tu sia incappat@ nella differenza tra uno spazio vettoriale e uno spazio affine; uno spazio vettoriale $V$ sai cos'è, e i suoi elementi si chiamano vettori per sottolineare che tra loro è definita una operazione di gruppo abeliano; sugli elementi di uno spazio affine $A$ non è definita alcuna operazione, bensì una azione del gruppo additivo di $V$ che soddisfa una certa proprietà (si chiama "strettamente transitiva", puoi trovare la definizione su wikipedia o -meglio- su un libro di algebra lineare). Questa azione \(A\times V\to A\) si indica con la somma \(P+v\) "punto più vettore", dove pensi il vettore "applicato" in un punto che è possibilmente diverso dall'origine. Tutte le proprietà dell'azione formalizzano l'idea intuitiva che il risultato $P+v$ corrisponda al punto che è la testa del vettore $v$, qualora la sua coda sia il punto $P$.
Dalla proprietà di stretta transitività discendono due cose
1. che, fissato un elemento dello spazio affine, cioè un "punto", la funzione che manda \(v\in V\) in \(P+v\) è biiettiva; quindi puoi identificare lo spazio dove agisci e quello che agisce; questa identificazione, però, non è molto utile, perché la struttura di spazio vettoriale che $A$ eredita da $V$ mediante la biiezione è molto diversa dalla struttura che vorresti dargli: $A$ è uno spazio isotropo, dove non esiste una origine privilegiata di un sistema di riferimento (uno spazio vettoriale, invece, ha lo zero come punto non-isotropo: sta in tutti i sottospazi)
2. che puoi rappresentare i vettori come "differenze di punti", perché dati due punti $P,Q\in A$ esiste ed è unico il vettore $v$ tale che $P+v=Q$; questo vettore si indica con $Q-P$, e sebbene sui punti dello spazio non sia definita una differenza, la notazione è scelta per indicare l'idea che, nella biiezione stabilita al punto precedente, se $P$ ha certe coordinate, e $Q$ altre coordinate, il vettore $v$ si ottiene facendo la differenza termine a termine di quelle coordinate; tuttavia, senza avere chiara questa rappresentazione della situazione, cioè il fatto che "$n$-upla di numeri" significa una cosa in $V$, e una cosa molto diversa in $A$, è estremamente facile fare confusione (al punto che, purtroppo, c'è gente che arriva a laurearsi continuando a fare questa confusione).
Dalla proprietà di stretta transitività discendono due cose
1. che, fissato un elemento dello spazio affine, cioè un "punto", la funzione che manda \(v\in V\) in \(P+v\) è biiettiva; quindi puoi identificare lo spazio dove agisci e quello che agisce; questa identificazione, però, non è molto utile, perché la struttura di spazio vettoriale che $A$ eredita da $V$ mediante la biiezione è molto diversa dalla struttura che vorresti dargli: $A$ è uno spazio isotropo, dove non esiste una origine privilegiata di un sistema di riferimento (uno spazio vettoriale, invece, ha lo zero come punto non-isotropo: sta in tutti i sottospazi)
2. che puoi rappresentare i vettori come "differenze di punti", perché dati due punti $P,Q\in A$ esiste ed è unico il vettore $v$ tale che $P+v=Q$; questo vettore si indica con $Q-P$, e sebbene sui punti dello spazio non sia definita una differenza, la notazione è scelta per indicare l'idea che, nella biiezione stabilita al punto precedente, se $P$ ha certe coordinate, e $Q$ altre coordinate, il vettore $v$ si ottiene facendo la differenza termine a termine di quelle coordinate; tuttavia, senza avere chiara questa rappresentazione della situazione, cioè il fatto che "$n$-upla di numeri" significa una cosa in $V$, e una cosa molto diversa in $A$, è estremamente facile fare confusione (al punto che, purtroppo, c'è gente che arriva a laurearsi continuando a fare questa confusione).
il motivo per cui nel mio piano xy posso dare alla scrittura $(1,1)$ sia il significato di punto che di vettore è perché è sia uno spazio vettoriale che affine?
Beh, non esattamente. Volta per volta lo spazio che consideri (in questo caso, il piano) è dotato della struttura di cui decidi di dotarlo, e qualcuno (tipo i fisici, mannagialloro, poco fa era pure il compleanno di Arnol'd) sfrutta il fatto che questa identificazione di cui parlo sopra è "innocua" per parlare di entrambe le cose a seconda di ciò che fa comodo. In un certo senso, quindi sì, ma è meglio essere coscienti di stare scrivendo una cosa che non fa male solo per miracolo, un po' come "\(dx\)", che ovviamente non è "la funzione d applicata a x".
"wattbatt":Certo che non si capisce... qualcuna\o potrebbe capire che tu stia considerando la coppia ordinata \(\displaystyle(1,1)\): ti trovi?
[...]Ma se io scrivo solo $(1,1)$ senza specificare cos'è, come si fa a sapere se intendo un punto o un vettore?[...]
Io la vedo così: come dice hydro, è un fatto di convenzione terminologica, che dipende dalla struttura che stai considerando su un insieme. Si chiama 'vettore' un elemento di uno spazio vettoriale. Quindi se l'insieme che stai considerando lo stai vedendo come spazio vettoriale, cioè ci hai messo una struttura di spazio vettoriale, lo chiami vettore, altrimenti no.
Oltre $mathbb(R^2)$, un esempio lampante è quello di $mathbb(R)$.
$mathbb(R)$ può essere visto come campo (e quindi senza le operazioni etc. di spazio vettoriale) e quindi, quando nella definizione di spazio vettoriale lo chiamo 'campo' , un elemento di $mathbb(R)$ lo chiami 'scalare'.
Però $mathbb(R)$ è anche uno spazio vettoriale, se lo si dota delle opportune operazioni, e in quel caso chiami un elemento di $mathbb(R)$ vettore.
Quindi $mathbb(R)$ può essere uno spazio vettoriale rispetto a $mathbb(R)$ come campo, e sono due insiemi diversi per struttura algebrica.
Un altro caso di spazio vettoriale è quello dei vettori geometrici come freccette nel piano, che sono uno spazio vettoriale definendo le operazioni di somma con la regola del parallelogramma, il prodotto per uno scalare come 'allungamento' della freccetta etc.
Poiché poi nel piano c'è un isosmorfismo tra coppie ordinate (con struttura di spazio vettoriale) e freccette si parla spesso indifferentemente dell'uno o dell'altro (per la verità ogni spazio vettoriale di dimensione $n$ è isosmorfo a $mathbb(R^n)$).
Poi caso mai capita di chiamare punto una coppia ordinata in $mathbb(R^2)$ visto come spazio vettoriale, ma basta intendersi.
Oltre $mathbb(R^2)$, un esempio lampante è quello di $mathbb(R)$.
$mathbb(R)$ può essere visto come campo (e quindi senza le operazioni etc. di spazio vettoriale) e quindi, quando nella definizione di spazio vettoriale lo chiamo 'campo' , un elemento di $mathbb(R)$ lo chiami 'scalare'.
Però $mathbb(R)$ è anche uno spazio vettoriale, se lo si dota delle opportune operazioni, e in quel caso chiami un elemento di $mathbb(R)$ vettore.
Quindi $mathbb(R)$ può essere uno spazio vettoriale rispetto a $mathbb(R)$ come campo, e sono due insiemi diversi per struttura algebrica.
Un altro caso di spazio vettoriale è quello dei vettori geometrici come freccette nel piano, che sono uno spazio vettoriale definendo le operazioni di somma con la regola del parallelogramma, il prodotto per uno scalare come 'allungamento' della freccetta etc.
Poiché poi nel piano c'è un isosmorfismo tra coppie ordinate (con struttura di spazio vettoriale) e freccette si parla spesso indifferentemente dell'uno o dell'altro (per la verità ogni spazio vettoriale di dimensione $n$ è isosmorfo a $mathbb(R^n)$).
Poi caso mai capita di chiamare punto una coppia ordinata in $mathbb(R^2)$ visto come spazio vettoriale, ma basta intendersi.
Questa è una di quelle cose che bisogna scoprire in autonomia. Quando poi finalmente uno raggiunge l'illuminazione, si accorge che in realtà lo sapevano tutti. È cosí che si impara, non c'è niente da fare. Ne parla John Baez nella sua favoletta, che amo citare.
Le parole chiave sono "spazio affine", già citata, o meglio ancora "varietà differenziabile" e "spazio tangente". Su \(\mathbb R^n\), e più in generale sugli spazi affini, non si guadagna nulla dal distinguere punti e vettori. Per questo non ci si sofferma troppo. Ma su varietà piú generali è indispensabile distinguere punti e vettori. Già sulla sfera, per esempio, i vettori sono delle freccette tangenti. Sono robe completamente diverse dai punti, non si possono identificare in modo naturale.
Le parole chiave sono "spazio affine", già citata, o meglio ancora "varietà differenziabile" e "spazio tangente". Su \(\mathbb R^n\), e più in generale sugli spazi affini, non si guadagna nulla dal distinguere punti e vettori. Per questo non ci si sofferma troppo. Ma su varietà piú generali è indispensabile distinguere punti e vettori. Già sulla sfera, per esempio, i vettori sono delle freccette tangenti. Sono robe completamente diverse dai punti, non si possono identificare in modo naturale.
Senza il linguaggio delle varietà si inizia ad apprezzare questo linguaggio quando si affronta un po' di geometria proiettiva (perché gli spazi proiettivi sono varietà, ma se ne parla molto presto dato che sono varietà "algebriche", quindi più rigide).
Ogni spazio proiettivo è "coperto" da delle "carte", ciascuna delle quali è uno spazio affine, o meglio, uno spazio vettoriale appeso allo spazio proiettivo, su un punto di tangenza; quello è il punto a cui i vettori sono "applicati". E in quella generalità, distinguerlo dallo spazio vettoriale nudo è fondamentale.
Ogni spazio proiettivo è "coperto" da delle "carte", ciascuna delle quali è uno spazio affine, o meglio, uno spazio vettoriale appeso allo spazio proiettivo, su un punto di tangenza; quello è il punto a cui i vettori sono "applicati". E in quella generalità, distinguerlo dallo spazio vettoriale nudo è fondamentale.