Applicazioni lineari ed equazioni differenziali

shinobi9
Ciao a tutti! Studiando meccanica delle vibrazioni a ingegneria mi sono posto il seguente problema:quando si scrivono le equazioni di moto del sistema si ottiene un equazione differenziale. Essa è lineare se e solo se la molla e lo smorzatore hanno un comportamento lineare.(forza elastica direttamente proporzionale allo spostamento e quella viscosa dirett.prop alla velocità).Se l'equazione è lineare allora vale il principio di sovrapposizione degli effetti, chiaramente molto utile.
a questo punto chiedo un chiarimento sul concetto di linearità di un'equazione differenziale.. ovvero parlando di linearità di un eq. Differenziale ci si riconduce all'algebra lineare in cui una applicazione lineare è una applicazione(tra 2 spazi vettoriali) con le famose 2 (o 3 se si considera lo zero nello zero) condizioni di additivita' e moltiplicazione per scalare. Nel caso delle equazioni quindi CHI fa le veci degli spazi vettpriali e chi di applicazione lineare? Leggendo su wiki mi è venuto in mente che gli spazi vettoriali siano spazi di funzioni nel caso delle equazioni diff. mentre la trasformazione lineare corrisponda all'operatore differenziale di derivazione..sbaglio!? In base questa ultima ipotesi non ho mai capito bene la differenza tra operatore e trasformazione...nel caso delle equazioni posso usare i 2 termini indistintamente?cioè dire che l'operatore diff è una trasformazione lineare? Infine...un ultimissimo chiarimento.. dire la frase "essendo lineare vale la sovrapposizione degli effetti" (che il mio libro usa testualmente)per quanto ho capito
(Correggetemi se sbaglio) mi sembra una ripetizione..nel senso che la sovrapposzione degli effetti a mio modesto parere coincide proprio con la definizione di linearità di una trasformazione lineare!...sbaglio?

Risposte
isaac888
Nel caso delle equazioni quindi CHI fa le veci degli spazi vettpriali e chi di applicazione lineare? Leggendo su wiki mi è venuto in mente che gli spazi vettoriali siano spazi di funzioni nel caso delle equazioni diff. mentre la trasformazione lineare corrisponda all'operatore differenziale di derivazione..sbaglio!?


Non è che qualcuno faccia o meno le veci dello spazio vettoriale o dell'applicazione lineare. E' molto più semplice:
Le equazioni differenziali lineari hanno la bella proprietà di poter essere "ridotte al primo ordine" con una NOTAZIONE matriciale.

Questo vuol dire che: sia $f:\mathbb{R}^n \rightarrow \mathbb{R}$ una funzione di classe $C^1$. L'equazione autonoma di ordine $n$, dalla forma $u^{(n)}(t)=f(u(t),u'(t),...,u^{(n-1)}(t))$, riesci a portartela nella forma matriciale $\bar{y}=A\bar{x}$, dove $A\in \mathcal{M}_n(\mathbb{R})$, $\bar{x}=(u^{(n-1)},...,u'(t),u(t))$, $\bar{y}=\dot{\bar(x)}=(u^{(n)}(t),...,u''(t),u'(t))$.
Cioè: $$\dot{\bar{x}}=A\bar{x}$$
Questa equazione differenziale può essere risolta come una normale equazione lineare del primo ordine, utilizzando il concetto di esponenziale di matrice, dove la funzione incognita è una funzione "vettoriale".

Tutto qui. Si osserva semplicemente che una equazione differenziale di quella forma gode di certe proprità, fra cui quelle dei sistemi lineari, perchè hai una matrice.
Per quanto riguarda il discorso sugli operatori, a mio avviso, è solo una questione di nomi. Di solito usi il termine "trasformazione" quando intendi il dominio ed il codominio della trasformazione in chiave geometrica. Quando intendi la stessa cosa in ambiti funzionali si usa operatore (per come la vedo io).

Qui te ne potresti anche fregare, volendo, dell'interpretazione geometrica.

dissonance
@shinobi: Non pubblicare la stessa domanda due volte. Non è considerato *netiquette*.

@Isaac: Non sono del tutto in disaccordo, anzi è una bella risposta. Ma c'è una componente "vettoriale" nella dicitura "equazione lineare". In altri termini, l'analogia con le matrici non è solo formale ma più profonda. La risposta di Gugo a questa stessa domanda contiene degli spunti interessanti al riguardo.

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