Trasformazione reversibile internamente [termodinamica]
Una trasformazione si dice reversibile internamente quando sussistono le seguenti proprietà:
-è una trasformazione quasi statica
-non vi è la presenza di attriti al suo interno.
Una trasformazione si dice reversibile esternamente quando qualora esistano scambi di calore tra sistema e ambiente esterno essi avvengano con salti infinitesimi di temperatura.
Dunque deduco che si ha esterna irreversibilità ogni volta che una trasformazione avviene sotto differenza finita di potenziale di interazione termico (o più in generale quando vi è una differenza finita di potenziale di interazione meccanico, termico o chimico), o più volgarmente quando vi è una differenza finita di temperatura tra sistema e ambiente.
Quindi è possibile ad esempio che una trasformazione avvenga reversibilmente internamente e non esternamente; sotto tale ipotesi come si risolve l'apparente paradosso secondo il quale uno squilibrio finito di temperatura tra sistema e ambiente non alteri le condizioni di equilibrio quasi statico interne al sistema?
-è una trasformazione quasi statica
-non vi è la presenza di attriti al suo interno.
Una trasformazione si dice reversibile esternamente quando qualora esistano scambi di calore tra sistema e ambiente esterno essi avvengano con salti infinitesimi di temperatura.
Dunque deduco che si ha esterna irreversibilità ogni volta che una trasformazione avviene sotto differenza finita di potenziale di interazione termico (o più in generale quando vi è una differenza finita di potenziale di interazione meccanico, termico o chimico), o più volgarmente quando vi è una differenza finita di temperatura tra sistema e ambiente.
Quindi è possibile ad esempio che una trasformazione avvenga reversibilmente internamente e non esternamente; sotto tale ipotesi come si risolve l'apparente paradosso secondo il quale uno squilibrio finito di temperatura tra sistema e ambiente non alteri le condizioni di equilibrio quasi statico interne al sistema?
Risposte
La condizione di reversibilità presuppone che dopo un processo reversibile, sistema e ambiente possa essere riportati esattamente allo stato originario prima del processo. Quindi un processo è globalmente reversibile se sia il sistema sia l'ambiente possono essere riportati esattamente allo stato originario, è internamente reversibile se solo il sistema può essere riportato allo stato originario mentre l'ambiente no, a causa della presenza di irreversibilità nell'ambiente (attriti etc). Quindi la definizione da te riportata di reversibilità interna ed esterna manca di questo particolare, quindi io direi: "Una trasformazione si dice reversibile esternamente quando qualora esistano scambi di calore tra sistema e ambiente esterno essi avvengano con salti infinitesimi di temperatura, e non vi è la presenza di attriti o dissipazioni nell'ambiente"
ti ringrazio! hai correttamente aggiunto qualcosa che rende la definizione più precisa, anche se non risolve il mio dubbio, nel senso che potrei ipotizzare che non vi siano attriti ne all'esterno ne all'interno del sistema e una differenza di temperatura tra i due finita. Allora la trasformazione associata allo ascambio di calore tra i due, sarebbe considerata reversibile internamente (quasi-staticià+dissipazione nulla all'interno del sistema), ma non reversibile esternamente (vi è una differenza finita di temperatura + dissipazione all'interno dell'ambiente nulla). Non mi capicito come non possa venire alterata la condizione di equilibrio quasi statico all'interno del sistema a fronte dello squilibrio finito di temperatura tra sistema e ambiente. Grazie ancora.
No, quelle definizione sono incomplete.
In un processo il sistema interagisce con l'ambiente, il processo è detto globalmente reversibile se:
1) il processo passa per infinitesimi stati di equilibrio tra sistema e ambiente
2) Non sono presenti attriti né nel sistema né nell'ambiente
Il punto 1) dice in pratica che, in ogni istante, ambiente e sistema devono essere in equilibrio tra loro, quindi NON può esserci una differenza finita di temperatura tra ambiente e sistema, perché essi non sarebbero all'equilibrio.
Queste sono le condizioni per la reversibilità globale, per ottenere la reversibilità interna basta semplicemente modificare il punto 2 (ma il punto 1 deve rimanere valido), nel seguente modo: 2) Non sono presenti attriti nel sistema.
Per ottenere la reversibilità esterna similmente basta modificare il punto 2 facendo rimanere invariato il punto 1:
2)Non sono presenti attriti nell'ambiente.
Quindi dato che un processo è reversibile globalmente se è reversibile sia internamente che esternamente, allora unendo le due condizioni di reversibilita esterna e interna si ottiene proprio la condizione di reversibilità globale espressa prima.
In un processo il sistema interagisce con l'ambiente, il processo è detto globalmente reversibile se:
1) il processo passa per infinitesimi stati di equilibrio tra sistema e ambiente
2) Non sono presenti attriti né nel sistema né nell'ambiente
Il punto 1) dice in pratica che, in ogni istante, ambiente e sistema devono essere in equilibrio tra loro, quindi NON può esserci una differenza finita di temperatura tra ambiente e sistema, perché essi non sarebbero all'equilibrio.
Queste sono le condizioni per la reversibilità globale, per ottenere la reversibilità interna basta semplicemente modificare il punto 2 (ma il punto 1 deve rimanere valido), nel seguente modo: 2) Non sono presenti attriti nel sistema.
Per ottenere la reversibilità esterna similmente basta modificare il punto 2 facendo rimanere invariato il punto 1:
2)Non sono presenti attriti nell'ambiente.
Quindi dato che un processo è reversibile globalmente se è reversibile sia internamente che esternamente, allora unendo le due condizioni di reversibilita esterna e interna si ottiene proprio la condizione di reversibilità globale espressa prima.
In pratica quindi, è reversibile un processo (esternamente, o internamente, o globalmente) che avviene passando per stati infinitesimi di equilibrio e senza la presenza di attriti (interni o esterni o entrambi a seconda del caso)
Io sono perfettamente d'accordo con te, però le dispense su cui sto studiando dicono un altra cosa rifacendosi sostanzialmente alle definizione riportate da me precedentemente. Poi inoltre fa vedere un esempio in cui viene fornito calore ad una sostanza che sta cambiando di fase (processo isotermo a T=cost), attraverso una trasformazione globalmente reversibile in quanto lo scambio di calore avviene attraverso dT infinitesimi e un altra solo internamente reversibile, in quanto lo scambio di calore tra sistema e ambiente avviene attraverso una differenza finita di temperatura.
Afferma che essi sono entrambi internamente reversibili in quanto attraversano esattamente i medesimi stati di equilibrio (pag 15 http://www.valentiniweb.com/Piermo/mecc ... cipio1.pdf).
Allora io giungo alla conclusione che in via rigorosa valgono sempre e soltanto le condizioni da te riportate, però se la modalità di trasmissione di calore e le caratteristiche termoficiche del sistema sono tali che le condizioni di equilibrio quasi-statico interne del sistema non vengono alterate allora possono valere quelle da me riportate (come dicono queste altre dispense (https://books.google.it/books?id=0nqUpH ... na&f=false) Giusto?
Afferma che essi sono entrambi internamente reversibili in quanto attraversano esattamente i medesimi stati di equilibrio (pag 15 http://www.valentiniweb.com/Piermo/mecc ... cipio1.pdf).
Allora io giungo alla conclusione che in via rigorosa valgono sempre e soltanto le condizioni da te riportate, però se la modalità di trasmissione di calore e le caratteristiche termoficiche del sistema sono tali che le condizioni di equilibrio quasi-statico interne del sistema non vengono alterate allora possono valere quelle da me riportate (come dicono queste altre dispense (https://books.google.it/books?id=0nqUpH ... na&f=false) Giusto?
Quelle che ti ho detto io erano e definizioni di reversibilità interna ed esterna a cui ero abituato io, ma mi pare che quei testi intendano qualcosa di diverso. In pratica, un sistema durante un processo può interagire con l'ambiente e può operare interazioni interne tra parti interne al sistema stesso, ecco, il concetto di reversibilità interna che viene esposto in questi testi riguarda le interazioni tra le parti interne al sistema stesso, ossia, un processo è internamente reversibile quando queste interazioni soddisfano quelle due condizioni che ti ho scritto io, senza preoccuparsi di come avvenga l'interazione con l'ambiente ( dato che appunto l'interazione con l'ambiente non può praticamente mai avvenire in modo quasistatico, come detto nel secondo link, tranne nel ciclo di carnot). In pratica quindi, le condizioni di reversibilità globale sono quelle due che ti ho scritto io, ma dato che appunto la prima condizione in pratica è irrealizzabile, allora la si può trascurare e introdurre il concetto di reversibilita interna, richiedendo che il sistema operi senza attriti e che scambi calore tra le sue parti interne in modo quasistatico, sena preoccuparsi di come scambia calore con l'ambiente.
Sono sostanzialmente d'accordo con Vulplasir , e oltretutto mi sembra che, ai fini della comprensione del 2º principio, tanti distinguo su reversibilità e irreversibilità interna ed esterna siano soltanto un rompicapo per i poveri studenti, che alla fine escono da tante letture con le idee abbastanza confuse. È vero che è cosí ? In fin dei conti, non ce n'è una , di trasformazione reale che sia irreversibile ! Ma è giusto capire i principî di base .
A titolo informativo, se può interessarvi, metto una tabella, presa dal solito Silvestrini, dove si vede quali sono le variazioni di entropia, a seguito di alcune trasformazioni naturali, del sistema , dell'ambiente e dell'universo , considerando irreversibilità di vario tipo interne ed esterne . Ciao.
A titolo informativo, se può interessarvi, metto una tabella, presa dal solito Silvestrini, dove si vede quali sono le variazioni di entropia, a seguito di alcune trasformazioni naturali, del sistema , dell'ambiente e dell'universo , considerando irreversibilità di vario tipo interne ed esterne . Ciao.
Vi ringrazio ad entrambi, siete stati d'aiuto per capire questo argomento un pò ostico, ma avrei un ultimissimo dubbio da risolvere:
Dunque suppongo di avere a che fare con un fluido viscoso contenuto all'interno di un cilindro (le cui pareti sono adiabatiche) munito di un pistone (anch'esso adiabatico) in grado di scorrere in quest'ultimo e suppongo che tra loro vi è dell'attrito meccanico. Quindi riassumendo vi è attrito meccanico + viscosità del fluido. Inoltre vi è un lavoro meccanico fatto sul pistone (in modo quasi statico per semplicità) per comprimere il fluido.
Se considero come sistema il solo fluido, è chiaro che i soli attriti interni a quest'ultimo saranno dovuti alla sua viscosità, ma nel computo del lavoro perso, entrano in gioco solo essi? Mentre l'attrito meccanico essendo esterno al sistema entrerebbe nel computo solo del calore ceduto dall'ambiente al fluido? e Il lavoro meccanico esterno però dovrebbe considerarsi al netto del lavoro perso esternamente? C'è qualcosa che mi sfugge..
Se considero pistone e pareti del cilindro parte integrante del sistema, sarebbe tutto più facile, perché nel computo del lavoro perso rientrerebbero sia gli attriti interni dovuti alla viscosità del fluido, sia gli attriti meccanici tra cilindro e pistone, e siccome le pareti del cilindroe del pistone sono adiabatiche, in tal caso risulterbbe che la compressione avverrebbe adiabaticamente.
Dunque suppongo di avere a che fare con un fluido viscoso contenuto all'interno di un cilindro (le cui pareti sono adiabatiche) munito di un pistone (anch'esso adiabatico) in grado di scorrere in quest'ultimo e suppongo che tra loro vi è dell'attrito meccanico. Quindi riassumendo vi è attrito meccanico + viscosità del fluido. Inoltre vi è un lavoro meccanico fatto sul pistone (in modo quasi statico per semplicità) per comprimere il fluido.
Se considero come sistema il solo fluido, è chiaro che i soli attriti interni a quest'ultimo saranno dovuti alla sua viscosità, ma nel computo del lavoro perso, entrano in gioco solo essi? Mentre l'attrito meccanico essendo esterno al sistema entrerebbe nel computo solo del calore ceduto dall'ambiente al fluido? e Il lavoro meccanico esterno però dovrebbe considerarsi al netto del lavoro perso esternamente? C'è qualcosa che mi sfugge..
Se considero pistone e pareti del cilindro parte integrante del sistema, sarebbe tutto più facile, perché nel computo del lavoro perso rientrerebbero sia gli attriti interni dovuti alla viscosità del fluido, sia gli attriti meccanici tra cilindro e pistone, e siccome le pareti del cilindroe del pistone sono adiabatiche, in tal caso risulterbbe che la compressione avverrebbe adiabaticamente.
Cioè ragionando potrei scrivere, partendo dal primo principio della termodinamica [tex]\Delta U = Q - L[/tex], che:
nel primo caso, considerando come sistema il fluido, avrei che [tex]dU = dQ - dL[/tex]
dove [tex]dU[/tex] è la variazione di energia interna dovuta al fluido che comprimendosi si riscalda.
[tex]dQ[/tex] è la quantità infinitesima di calore ceduta al fluido dall'ambiente a causa della conversione del lavoro in calore per la presenza di attrito meccanico (trascuro il calore ceduto dal fluido al pistone e alle pareti del cilindro).
[tex]-dL[/tex] è il lavoro elementare meccanico scambiato tra sistema e ambiente e pari in modulo a [tex]|dL| = PdV + dLp_1[/tex] indicando con [tex]dLp_1[/tex] il lavoro perso a causa della viscosità del fluido.
Nel secondo caso, considerando fluido+cilindro+pistone parte integrante del sistema, avrei che [tex]dU = -dL'[/tex]
dove [tex]dU[/tex] è la solita variazione di enrgia interna dovuta al fluido che comprimendosi si riscada, mentre [tex]-dL'[/tex] è il lavoro elementare scambiato tra sistema e ambiente e pari in modulo a [tex]|dL'| = PdV + dLp_1 + dLp_2[/tex] indicando con [tex]dLp_2[/tex] il lavoro perso a causa dell'attrito meccanico all'interno del sistema.
Dato che la variazione di energia interna deve essere la stessa per entrambi i casi risulta che [tex]dQ = -dLp_2[/tex]
Ci sta come ragionamento?
nel primo caso, considerando come sistema il fluido, avrei che [tex]dU = dQ - dL[/tex]
dove [tex]dU[/tex] è la variazione di energia interna dovuta al fluido che comprimendosi si riscalda.
[tex]dQ[/tex] è la quantità infinitesima di calore ceduta al fluido dall'ambiente a causa della conversione del lavoro in calore per la presenza di attrito meccanico (trascuro il calore ceduto dal fluido al pistone e alle pareti del cilindro).
[tex]-dL[/tex] è il lavoro elementare meccanico scambiato tra sistema e ambiente e pari in modulo a [tex]|dL| = PdV + dLp_1[/tex] indicando con [tex]dLp_1[/tex] il lavoro perso a causa della viscosità del fluido.
Nel secondo caso, considerando fluido+cilindro+pistone parte integrante del sistema, avrei che [tex]dU = -dL'[/tex]
dove [tex]dU[/tex] è la solita variazione di enrgia interna dovuta al fluido che comprimendosi si riscada, mentre [tex]-dL'[/tex] è il lavoro elementare scambiato tra sistema e ambiente e pari in modulo a [tex]|dL'| = PdV + dLp_1 + dLp_2[/tex] indicando con [tex]dLp_2[/tex] il lavoro perso a causa dell'attrito meccanico all'interno del sistema.
Dato che la variazione di energia interna deve essere la stessa per entrambi i casi risulta che [tex]dQ = -dLp_2[/tex]
Ci sta come ragionamento?
Rettifico: siccome sto considerando la viscosità del fluido, non si può avere trasformazione quasi-statica e quindi la pressione che compare nella formula è quella media.