Trasformazione quasistatica, vorrei capire meglio
Buongiorno
chiedo un aiuto sul concetto di trasformazione quasistatica.
Vorrei in particolare chiedere con un esempio cercando di fare capire il dubbio, partendo dalla meccanica so che
$(ds)/(dt)=v(t)$ per definizione e in particolare integrando posso scrivere $s(t)=v*t$ o in forma differenziale dalla definizione scrivo $ds=v*dt$ un po' alla buona,senza il rigore della analisi ma tipico di fisica 1 si giustifica dicendo che prendo la variazione infinitesima dt e moltiplico per il valore in esso costante di v(t). Ossia v(t) è si funzione di t, però nello spostamento infinitesimo nello spazio dei tempi valuto v costante e l'integrale sarebbe la "sommatoria" al continuo di tutti i rettangolini.
Faccio questo perché vorrei passare alla definizione di quasi-staticità tipica della termodinamica per la trasformazione "che avviene in modo estremamente lento, in maniera tale che il sistema in esame, passando da uno stato di equilibrio iniziale A ad uno stato di equilibrio finale B, attraverso una successione di infiniti stati di equilibrio".
Ad esempio se voglio scrivere $dL$ per infiniti stati di equilibrio avrei $dL=p*dV$ e p è costante in ogni staterello intermedio in cui prendo dv (ecco il termine STATICO prendere forma), è quinidi integrabile vedendola come la sommatoria di cui sopra.
Fin qui mi pare tutto ok, il problema è nel NON quasi statico.
[espondo e numero i due dubbi]
1) Mi chiedo se in sostanza l'idea è come se fosse che $dL=p*dV$ tuttavia p non è costante nemmeno nell'infinitesimo dV e quindi non posso effettivamente integrarlo (cioè vederlo come somma di infiniti rettangolini, in modo naif).
2) C'è tuttavia una cosa che non mi torna nemmeno per il quasi-statico, invero, ossia è vero che p è costante come dicevo, ma dV per cui lo moltiplico lo devo assumere non costante nemmeno in quel istante perché altrimenti avrei dV=0 e non andrebbe bene.
Spero qualcuno aiuti a familiarizzare con questi concetti un po' meglio. Voi che dite?
Grazie mille!

Vorrei in particolare chiedere con un esempio cercando di fare capire il dubbio, partendo dalla meccanica so che
$(ds)/(dt)=v(t)$ per definizione e in particolare integrando posso scrivere $s(t)=v*t$ o in forma differenziale dalla definizione scrivo $ds=v*dt$ un po' alla buona,senza il rigore della analisi ma tipico di fisica 1 si giustifica dicendo che prendo la variazione infinitesima dt e moltiplico per il valore in esso costante di v(t). Ossia v(t) è si funzione di t, però nello spostamento infinitesimo nello spazio dei tempi valuto v costante e l'integrale sarebbe la "sommatoria" al continuo di tutti i rettangolini.
Faccio questo perché vorrei passare alla definizione di quasi-staticità tipica della termodinamica per la trasformazione "che avviene in modo estremamente lento, in maniera tale che il sistema in esame, passando da uno stato di equilibrio iniziale A ad uno stato di equilibrio finale B, attraverso una successione di infiniti stati di equilibrio".
Ad esempio se voglio scrivere $dL$ per infiniti stati di equilibrio avrei $dL=p*dV$ e p è costante in ogni staterello intermedio in cui prendo dv (ecco il termine STATICO prendere forma), è quinidi integrabile vedendola come la sommatoria di cui sopra.
Fin qui mi pare tutto ok, il problema è nel NON quasi statico.
[espondo e numero i due dubbi]
1) Mi chiedo se in sostanza l'idea è come se fosse che $dL=p*dV$ tuttavia p non è costante nemmeno nell'infinitesimo dV e quindi non posso effettivamente integrarlo (cioè vederlo come somma di infiniti rettangolini, in modo naif).
2) C'è tuttavia una cosa che non mi torna nemmeno per il quasi-statico, invero, ossia è vero che p è costante come dicevo, ma dV per cui lo moltiplico lo devo assumere non costante nemmeno in quel istante perché altrimenti avrei dV=0 e non andrebbe bene.
Spero qualcuno aiuti a familiarizzare con questi concetti un po' meglio. Voi che dite?

Grazie mille!
Risposte
Hai già visto questa recente discussione?
Merita che dai una letta lì intanto. Poi in caso ne riparliamo qui.
Merita che dai una letta lì intanto. Poi in caso ne riparliamo qui.
Sì certo l'ho letta, anche perché è stato il primo risultato di "cerca", in realtà ne ho lette anche altre. Grazie per il re-linkin ogni caso.
E' sicuramente utile, però mi sembrava la mia domanda essere un po' diversa nel senso che cercavo di capire con definizioni di integrali tipici di fisica 1 (ossia vedere i dV dt ecc come pezzettini infinitesimi cosa che in analisi mi sparerebbero
)
Volevo quindi capire se la non quasi staticità corrispondesse al fatto di non poter scrivere la quantità p come costante nella "variazione dV" ecc. (rimando al messaggio prima per il dubbio che cercavo di esplicitarvi, ovviamente sono mie elucubrazioni e vorrei capire se ci ho preso o meno).
Se non sono chiari i due punti che ho scritto prima provo a riformularli
fammi sapere e grazie per la tua risposta.
E' sicuramente utile, però mi sembrava la mia domanda essere un po' diversa nel senso che cercavo di capire con definizioni di integrali tipici di fisica 1 (ossia vedere i dV dt ecc come pezzettini infinitesimi cosa che in analisi mi sparerebbero

Volevo quindi capire se la non quasi staticità corrispondesse al fatto di non poter scrivere la quantità p come costante nella "variazione dV" ecc. (rimando al messaggio prima per il dubbio che cercavo di esplicitarvi, ovviamente sono mie elucubrazioni e vorrei capire se ci ho preso o meno).
Se non sono chiari i due punti che ho scritto prima provo a riformularli

Ok. Se hai letto quella discussione dovresti aver compreso che la "quasistaticità" e gli "infiniti stati di equilibrio" sono espedienti per riuscire a "superare" il limite del secondo principio.
Da quello, e solo da quello, deriva il concetto di irreversibilità. Il concetto fisico è tutto lì.
I tuoi dubbi in effetti sono dubbi di matematica più che di fisica.
E' un discorso al limite... Ti conviene rivederti il concetto di integrale di Riemann.
Idem come sopra.
Ripeto che non c'entra qui la fisica.
E' chiaro poi che se le variabili $p$ e $V$ nel tuo esempio non sono ben definite non puoi neanche svolgere l'integrale. Quindi in un processo irreversibile, poiché non ci si trova in stati di equilibrio durante il percorso le variabili non sono definite e l'integrale non avrebbe senso (si continua a usare il simbolo di integrale ma si intende più come somma infinita di pezzetti, di calori scambiati nel contesto in cui si usa, vedi il link più avanti), ma ripeto che il concetto di irreversibilità è fisico (secondo principio) non matematico.
La matematica entra solo nella definizione di entropia dall'integrale di Clausisus e nella conseguente diseguaglianza sull'aumento di entropia dell'universo (parte tra parentesi in questo messaggio dove scrivevo "c'è da osservare che..." dove provavo a spiegare appunto perché la variazione di entropia è sempre positiva in un processo adiabatico).
Da quello, e solo da quello, deriva il concetto di irreversibilità. Il concetto fisico è tutto lì.
I tuoi dubbi in effetti sono dubbi di matematica più che di fisica.
"giangianni":
1) Mi chiedo se in sostanza l'idea è come se fosse che $ dL=p*dV $ tuttavia p non è costante nemmeno nell'infinitesimo dV e quindi non posso effettivamente integrarlo (cioè vederlo come somma di infiniti rettangolini, in modo naif).
E' un discorso al limite... Ti conviene rivederti il concetto di integrale di Riemann.
"giangianni":
2) C'è tuttavia una cosa che non mi torna nemmeno per il quasi-statico, invero, ossia è vero che p è costante come dicevo, ma dV per cui lo moltiplico lo devo assumere non costante nemmeno in quel istante perché altrimenti avrei dV=0 e non andrebbe bene.
Idem come sopra.
Ripeto che non c'entra qui la fisica.
E' chiaro poi che se le variabili $p$ e $V$ nel tuo esempio non sono ben definite non puoi neanche svolgere l'integrale. Quindi in un processo irreversibile, poiché non ci si trova in stati di equilibrio durante il percorso le variabili non sono definite e l'integrale non avrebbe senso (si continua a usare il simbolo di integrale ma si intende più come somma infinita di pezzetti, di calori scambiati nel contesto in cui si usa, vedi il link più avanti), ma ripeto che il concetto di irreversibilità è fisico (secondo principio) non matematico.
La matematica entra solo nella definizione di entropia dall'integrale di Clausisus e nella conseguente diseguaglianza sull'aumento di entropia dell'universo (parte tra parentesi in questo messaggio dove scrivevo "c'è da osservare che..." dove provavo a spiegare appunto perché la variazione di entropia è sempre positiva in un processo adiabatico).
Grazie mille,
in realtà paradossalmente so abbastanza la definizione di integrale alla Riemann con la definizione di funzione a scala ecc. Però spesso mi pare che in fisica si propenda più per l'approccio intuitivo che facevo sopra, questo perché in realtà in Riemann mi pare dt e dV non abbiano alcun senso matematico ma al più tipografico, mentre in fisica sì: lo interprietiamo geometricamente come base del rettangolino per cui integro (cosa che faccio anche in riemann, ovviamente, però sfruttando la più rigorosa decomposizione dell'intervallo con successioni). Diciamo che è un trick utile sfruttare i differenziali de-qualcosa. Spero di aver detto tutte cose sensate. Però era utile per porre un minimo le basi per farti capire cosa so e non so e aiutarmi a capire
Il punto quindi è che non sono ben definite p e V nelle non statiche, ed era quello che dicevo in modo naif con "non posso tenere $p$ costante nel $p*dV$". E'come se istante per istante esse variassero anche nell'infinitesimo dV e così non posso integrare?
Fino a qui spero di aver afferrato tutto quello che cercavi di tramandarmi, ma se sbaglio redarguiscimi pure, anzi spero tu lo faccia
Ammesso e non concesso sia giusto, quanto sopra, la cosa che forse non mi riesce di capire, su cui mi ero soffermato in entrambe le letture che mi hai linkato, è che non riesco a capire bene i due seguenti fatti:
1) perché se non conosco la variabile di stato p in ogni punto non posso immaginare invece essa esista? Provo a chiarire meglio: nel tuo esempio di espansione e compressione del cilindro spieghi che precedento in espansione con una trasformazione irreversibile non ci permette di tornare indietro (irreversibilità) per i medesimi stati, questo fa si che comprimere il cilindro di nuovo apporti un aumento di calore nel cilintro e per il 2 principio non potrò ritrasformarlo interamente in calore: si degrada -> lo perdo.
Tuttavia (sbagliando ovviamente) mi pare possibile raggirare in due modi la faccenda:
1-a) immagino una espansione contro la pressione atmosferica (come nel tuo esempio) e una ricompressione lenta e reversibile che non comporti alcun aumento di temperatura. Tu dici non essere possibile perché l'andata l'ho svolta in modo irreversibile, però chi mi vieta di ricomprimere lentamente? Non capisco qundi perché affermi che sicuramente la ricompressione è per forza irreversibile, se la svolgo lentamente non è una compressione reversibile anche se la decompressione non lo era stata?
1-b) L'altro modo che mi si figura è questo: mettiamo pure l'andata (espansione) sia svolta irreversibilemente contro la pressione atmosferica, ebbene questo vuol dire che non potrei definire volta per volta le variabili di stato non avendo equilibri intermedi (quindi non ho una variabile unica per tutto il sistema) e qui dici giustamente che "non potrei ripercorrerla al contrario non avendo le variabili definite", ma io mi chiedo: se istante per istante ricomprimessi ripetendo al contrario in modo esatto la distribuzione di pressioni e temperature interne al cilindro che pur non conosco non dovrei ricompiere lo stesso lavoro dell'andata? Ok che non ho una variabile univoca ma in ongi punto il sistema magicamente è nella situazione in cui si trovava la molecola nella compressione. Forse qui ci rientra la statistica, ossia che tutti i possibili microstati che possono assumere le molecole dentro al cilindro è PRATICAMENTE impossibile e quindi non posso invertirlo. Ma un caso su millemilamiliardi potrebbe essere reversibile anche se non ho trasformazione quasistatica. (non sono sicuro sia giusto, però mi sfuggono queste due cose nel tuo esempio)
2) l'altra cosa è sempre con l'interpretazione semplificata del processo di integrazione nel caso QUASISTATICO, capisco che $p$ nello stato di equilibrio sia definito ed è diciamo costante nella formulazione differenziale $p*dV$, tuttavia io ammetto una variazione di V e questo non dovrebbe andare contro al considerare uno "staterello" di equilibrio? Non mi pare di equilibrio, almeno per quanto riguarda la variabile $V$ (p lo è nello "spostamento differenziale" dV), se ammetto una variazione infinitesima dV essendo quasi statico mi aspettavo dV=0 <=> V=cost.
in realtà paradossalmente so abbastanza la definizione di integrale alla Riemann con la definizione di funzione a scala ecc. Però spesso mi pare che in fisica si propenda più per l'approccio intuitivo che facevo sopra, questo perché in realtà in Riemann mi pare dt e dV non abbiano alcun senso matematico ma al più tipografico, mentre in fisica sì: lo interprietiamo geometricamente come base del rettangolino per cui integro (cosa che faccio anche in riemann, ovviamente, però sfruttando la più rigorosa decomposizione dell'intervallo con successioni). Diciamo che è un trick utile sfruttare i differenziali de-qualcosa. Spero di aver detto tutte cose sensate. Però era utile per porre un minimo le basi per farti capire cosa so e non so e aiutarmi a capire

Il punto quindi è che non sono ben definite p e V nelle non statiche, ed era quello che dicevo in modo naif con "non posso tenere $p$ costante nel $p*dV$". E'come se istante per istante esse variassero anche nell'infinitesimo dV e così non posso integrare?
Fino a qui spero di aver afferrato tutto quello che cercavi di tramandarmi, ma se sbaglio redarguiscimi pure, anzi spero tu lo faccia

Ammesso e non concesso sia giusto, quanto sopra, la cosa che forse non mi riesce di capire, su cui mi ero soffermato in entrambe le letture che mi hai linkato, è che non riesco a capire bene i due seguenti fatti:
1) perché se non conosco la variabile di stato p in ogni punto non posso immaginare invece essa esista? Provo a chiarire meglio: nel tuo esempio di espansione e compressione del cilindro spieghi che precedento in espansione con una trasformazione irreversibile non ci permette di tornare indietro (irreversibilità) per i medesimi stati, questo fa si che comprimere il cilindro di nuovo apporti un aumento di calore nel cilintro e per il 2 principio non potrò ritrasformarlo interamente in calore: si degrada -> lo perdo.
Tuttavia (sbagliando ovviamente) mi pare possibile raggirare in due modi la faccenda:
1-a) immagino una espansione contro la pressione atmosferica (come nel tuo esempio) e una ricompressione lenta e reversibile che non comporti alcun aumento di temperatura. Tu dici non essere possibile perché l'andata l'ho svolta in modo irreversibile, però chi mi vieta di ricomprimere lentamente? Non capisco qundi perché affermi che sicuramente la ricompressione è per forza irreversibile, se la svolgo lentamente non è una compressione reversibile anche se la decompressione non lo era stata?
1-b) L'altro modo che mi si figura è questo: mettiamo pure l'andata (espansione) sia svolta irreversibilemente contro la pressione atmosferica, ebbene questo vuol dire che non potrei definire volta per volta le variabili di stato non avendo equilibri intermedi (quindi non ho una variabile unica per tutto il sistema) e qui dici giustamente che "non potrei ripercorrerla al contrario non avendo le variabili definite", ma io mi chiedo: se istante per istante ricomprimessi ripetendo al contrario in modo esatto la distribuzione di pressioni e temperature interne al cilindro che pur non conosco non dovrei ricompiere lo stesso lavoro dell'andata? Ok che non ho una variabile univoca ma in ongi punto il sistema magicamente è nella situazione in cui si trovava la molecola nella compressione. Forse qui ci rientra la statistica, ossia che tutti i possibili microstati che possono assumere le molecole dentro al cilindro è PRATICAMENTE impossibile e quindi non posso invertirlo. Ma un caso su millemilamiliardi potrebbe essere reversibile anche se non ho trasformazione quasistatica. (non sono sicuro sia giusto, però mi sfuggono queste due cose nel tuo esempio)
2) l'altra cosa è sempre con l'interpretazione semplificata del processo di integrazione nel caso QUASISTATICO, capisco che $p$ nello stato di equilibrio sia definito ed è diciamo costante nella formulazione differenziale $p*dV$, tuttavia io ammetto una variazione di V e questo non dovrebbe andare contro al considerare uno "staterello" di equilibrio? Non mi pare di equilibrio, almeno per quanto riguarda la variabile $V$ (p lo è nello "spostamento differenziale" dV), se ammetto una variazione infinitesima dV essendo quasi statico mi aspettavo dV=0 <=> V=cost.
"giangianni":
Il punto quindi è che non sono ben definite p e V nelle non statiche, ed era quello che dicevo in modo naif con "non posso tenere $p$ costante nel $p*dV$". E'come se istante per istante esse variassero anche nell'infinitesimo dV e così non posso integrare?
Non è che variano nell'infinitesimo $dV$ come dici, il fatto è che non sono proprio definite perché nel corso della trasformazione non quasi statica non siamo in uno stato di equilibrio.
In altre parole considerando l'esempio del pistone che comprimiamo irreversibilmente, in prossimità del pistone la pressione è maggiore, più lontano è più bassa, non c'è una pressione uniforme che possiamo identificare come pressione del sistema. Stessa cosa per la densità e la temperatura. Dovremmo comprimere molto lentamente in modo da far sì che la pressione e le altre variabili di stato siano uniformi dappertutto, anche durante la trasformazione. Questo comunque di per se comporta solo che non possiamo calcolare il lavoro, in questo caso, con l'integrale $p dV$, variabili interne al cilindro, ma non spiegherebbe l'irreversibilità che si spiega con il secondo principio.
"giangianni":
1-a) immagino una espansione contro la pressione atmosferica (come nel tuo esempio) e una ricompressione lenta e reversibile che non comporti alcun aumento di temperatura. Tu dici non essere possibile perché l'andata l'ho svolta in modo irreversibile, però chimi vieta di ricomprimere lentamente?
Nessuno te lo vieta, ma anche così non sei tornato allo stato iniziale perché il lavoro di espansione è stato contro una pressione esterna costante, mentre quello di compressione contro una pressione variabile più alta di quella esterna.
Quindi alla fine il gas è più caldo dell'inizio e quel calore non posso, per il secondo principio, trasformarlo tutto in lavoro per tornare alla temperatura iniziale e recuperare il lavoro in più speso (è questo il passaggio logico più importante).
"giangianni":
1-b) L'altro modo che mi si figura è questo: mettiamo pure l'andata (espansione) sia svolta irreversibilemente contro la pressione atmosferica, ebbene questo vuol dire che non potrei definire volta per volta le variabili di stato non avendo equilibri intermedi e quindi dici giustamente che non potrei ripercorrerla al contrario non avendo le variabili definite, ma io mi chiedo: se istante per istante ricomprimessi ripetendo al contrario in modo esatto la distribuzione di pressioni e temperature interne al cilindro che pur non conosco non dovrei ricompiere lo stesso lavoro dell'andata?
Il punto è che già il secondo principio ti dice che è impossibile percorrere al contrario certe trasformazioni: nel momento che espandi o comprimi velocemente dentro al cilindro hai zone a temperatura più alta e zone a temperatura più bassa e calore che alla fine fluisce secondo i gradienti termici, appena quello accade interviene il secondo principio e non si torna più indietro.... un'altro modo per vederlo (ma discende da quanto detto prima) è che è impossibile invertire come dici le cose perché quando comprimi hai una sovrapressione vicino al pistone, mentre se espandi hai una depressione vicino al pistone.
"giangianni":
2) l'altra cosa è sempre con l'interpretazione semplificata del processo di integrazione nel caso QUASISTATICO, capisco che $p$ nello stato di equilibrio sia definito ed è diciamo costante nella formulazione differenziale $p*dV$, tuttavia io ammetto una variazione di V e questo non dovrebbe andare contro al considerare uno "staterello" di equilibrio? Non mi pare di equilibrio, almeno per quanto riguarda la variabile $V$ (p lo è nello "spostamento differenziale" dV), se ammetto una variazione infinitesima dV.
Qui rientriamo nel discorso matematico, il lavoro calcolato come $int p dV$.... $p$ e $V$ sono entrambe funzioni definite non c'entra il discorso quasistatico.
Ho capito forse, quindi la chiave di volta è che nelle non quasi-statiche non posso integrare perché non ho proprio la variabile che dovrebbe essere unica per tutto il sistema. In effetti prima della tua spiegazione questo mi sfuggiva e interpretavo il non quasi-statico come un sistema in "movimento" sia esso calore pressione o altre e quindi non potessi integrare per questo motivo: non perché non definita ma perché variava continumente la funzione che volevo integrare. Che idiozia 
La cosa affascinante è che ogni qualvolta ho una non quasi statica all'interno del sistema ho dei gradianti (non ho una variabile univoca e quindi poiché ho diversi valori di questa variabile ho il gradiente) che creando il flusso di calore fanno intervenire per forza di cose il secondo princpio ed è lui che la fa da padrone garantendomi l'irreversibilità.
Sei stato cristallino nella spiegazione, ci sbattevo la testa da tutto il giorno.
Tra l'altro nell' interpretazione mi aveva un po' fuorviato questa lettura: https://www.vialattea.net/content/809/
che ti cito per risparmiarti la lettura intera
E l'avevo interpretata come dicevo sopra un "non posso integrare perché non è costante la funzione nell'infinitesima variazione" e non come un non esiste l'integranda. Per questo me la menavo sul differenziale e vedere la funzione costante per il differenziale.

La cosa affascinante è che ogni qualvolta ho una non quasi statica all'interno del sistema ho dei gradianti (non ho una variabile univoca e quindi poiché ho diversi valori di questa variabile ho il gradiente) che creando il flusso di calore fanno intervenire per forza di cose il secondo princpio ed è lui che la fa da padrone garantendomi l'irreversibilità.
Sei stato cristallino nella spiegazione, ci sbattevo la testa da tutto il giorno.
Tra l'altro nell' interpretazione mi aveva un po' fuorviato questa lettura: https://www.vialattea.net/content/809/
che ti cito per risparmiarti la lettura intera
Come dice il nome, una trasformazione quasi-statica è una trasformazione molto lenta. Lenta al punto che tutti i singoli stati intermedi sono di equilibrio. Una pallina che scivola lungo un piano inclinato non è una trasformazione quasi statica perché tutti gli stati intermedi vedono la pallina con accelerazione non nulla e quindi non sono stati di equilibrio. Ma se la discesa della pallina è ostacolata da un attrito viscoso talmente grande da rendere praticamente nulla l’accelerazione istantanea della pallina, pur non bloccandone la discesa, allora siamo di fronte a una trasformazione quasi statica.
E l'avevo interpretata come dicevo sopra un "non posso integrare perché non è costante la funzione nell'infinitesima variazione" e non come un non esiste l'integranda. Per questo me la menavo sul differenziale e vedere la funzione costante per il differenziale.
Bene.
Certo che l'esempio della pallina è abbastanza infelice per spiegare il concetto di quasi statico, molto meglio sarebbe un esempio classico con un gas.
Non mi piace comunque quasi nulla di quel link, secondo me non aiuta nei punti fondamentali, per cui non lo consiglierei a chi sta studiando la termodinamica da poco, ma per carità questione di gusti.
Poi in generale non capisco questa enfasi sul concetto di quasi statico che spesso viene confuso se non identificato con reversibile (per fortuna non è il caso per quel sito almeno).
Si dovrebbe secondo me spiegare i concetti di reversibile e irreversibile senza introdurre questa quasi staticità e parlare di quasi staticità solo dopo aver chiarito bene il significato di quei concetti come conseguenze del secondo principio.
... oppure, forse ancora meglio, parlare in generale del concetto di stati di equilibrio, variabili di stato e quasi staticità all'inizio dello studio della termodinamica, ma ben lontano e ben prima dei concetti di reversibile e irreversibile.
Certo che l'esempio della pallina è abbastanza infelice per spiegare il concetto di quasi statico, molto meglio sarebbe un esempio classico con un gas.
Non mi piace comunque quasi nulla di quel link, secondo me non aiuta nei punti fondamentali, per cui non lo consiglierei a chi sta studiando la termodinamica da poco, ma per carità questione di gusti.
Poi in generale non capisco questa enfasi sul concetto di quasi statico che spesso viene confuso se non identificato con reversibile (per fortuna non è il caso per quel sito almeno).
Si dovrebbe secondo me spiegare i concetti di reversibile e irreversibile senza introdurre questa quasi staticità e parlare di quasi staticità solo dopo aver chiarito bene il significato di quei concetti come conseguenze del secondo principio.
... oppure, forse ancora meglio, parlare in generale del concetto di stati di equilibrio, variabili di stato e quasi staticità all'inizio dello studio della termodinamica, ma ben lontano e ben prima dei concetti di reversibile e irreversibile.
Da profano sono d'accordo su tutto.
Ho iniziato da poco lo studio della termodinamica e l'ho trovata un po' ostica, tuttavia avendo concluso la prima lettura degli argomenti del corso e quindi avendo una panoramica più estesadelle cose concordo con te: mi sembra che sia davvero poco sottolineato il legame tra secondo principio e piuttosto spesso (almeno in tutti i testi di base che ho consultato) si relazione la quasistaticità con reversibilità, questo nel senso che in un certo senso mi pare valga una condizione di necessità ma non sufficienza: ogni processo reversibile è quasistaticoma non è vero ilviceversa, semplice esempio è quando intervengono attriti (forze dissipative in genere). Ma tutto questo ben prima di parlare di reversibilità o meno ed aver esposto anche i legami (tramite clausius) tra secondo principio ed entropia. Anzi, spesso manco se ne pone l'accento e personalmente l'ho capito solo leggendo te sul forum in varie ricerche che ho fatto.
Però questo è l'idea che ho avendo concluso la prima lettura, io sono molto lento nel capire le cose purtroppo. C'è chi ha la fortuna di capire subito,ora mi toccheràleggere almeno ancora un paio di volte gli argomenti e iniziare a fare esercizi...sarà lunga
Grazie molte peri tuoi interventi, spero di leggerti spesso in altre risposte
Ho iniziato da poco lo studio della termodinamica e l'ho trovata un po' ostica, tuttavia avendo concluso la prima lettura degli argomenti del corso e quindi avendo una panoramica più estesadelle cose concordo con te: mi sembra che sia davvero poco sottolineato il legame tra secondo principio e piuttosto spesso (almeno in tutti i testi di base che ho consultato) si relazione la quasistaticità con reversibilità, questo nel senso che in un certo senso mi pare valga una condizione di necessità ma non sufficienza: ogni processo reversibile è quasistaticoma non è vero ilviceversa, semplice esempio è quando intervengono attriti (forze dissipative in genere). Ma tutto questo ben prima di parlare di reversibilità o meno ed aver esposto anche i legami (tramite clausius) tra secondo principio ed entropia. Anzi, spesso manco se ne pone l'accento e personalmente l'ho capito solo leggendo te sul forum in varie ricerche che ho fatto.
Però questo è l'idea che ho avendo concluso la prima lettura, io sono molto lento nel capire le cose purtroppo. C'è chi ha la fortuna di capire subito,ora mi toccheràleggere almeno ancora un paio di volte gli argomenti e iniziare a fare esercizi...sarà lunga

Grazie molte peri tuoi interventi, spero di leggerti spesso in altre risposte

Prego, mi fa piacere se ti hanno aiutato i miei messaggi.
Come mi è capitato di dire più volte, a me ci è voluto un bel poco per capire davvero questi aspetti e sicuramente non li avevo chiari quando ho fatto Fisica1..
Come mi è capitato di dire più volte, a me ci è voluto un bel poco per capire davvero questi aspetti e sicuramente non li avevo chiari quando ho fatto Fisica1..
Mi piacerebbe porre una domanda su un esempio. Se svolgo una espansione libera quasi statica, cioè ad esempio immagino infinite separazioni e faccio espandere liberamente il gas ampliando il volume di volta in volta nel limite di infiniti passaggi.
In questo modo ho una espansione libera, cioè nessun lavoro nello spostamento di una parete mobile, e non riesco a vedre nessun gradiente di temperatura o pressione: ogni volta è ben definita. Tuttavia una espansione libera di questo tipo è irreversibile. Ma in quale modo interviene il II° principio in questa situazione specifica? Non vedo alcun flusso di calore.
Grazie per le vs risposte.
In questo modo ho una espansione libera, cioè nessun lavoro nello spostamento di una parete mobile, e non riesco a vedre nessun gradiente di temperatura o pressione: ogni volta è ben definita. Tuttavia una espansione libera di questo tipo è irreversibile. Ma in quale modo interviene il II° principio in questa situazione specifica? Non vedo alcun flusso di calore.
Grazie per le vs risposte.
"lozaio":
Ma in quale modo interviene il II° principio in questa situazione specifica? Non vedo alcun flusso di calore.
È molto semplice. Lascia stare i discorsi del quasi statico e degli infiniti stati di equilibrio che come dicevamo non sono affatto il nocciolo della questione.
Hai effettuato una espansione libera di un gas che non ha comportato né lavoro, né calore scambiato.
Ora hai un gas che occupa un volume maggiore.
Come fai a riportare l'universo nelle condizioni di prima? Devi costringere il gas a rioccupare il volume di prima, ma per farlo devi per forza spendere del lavoro, quindi alla fine se riporti il gas al volume precedente, senza scambiare calore, avrà una temperatura e pressione maggiori dell'inizio, in ragione del lavoro che devi aver fatto sul gas.
Ora se non avessimo il maledetto secondo principio quell'energia in più che ha il gas potremmo prenderla e trasformarla in lavoro così che il gas tornerebbe alle stesse esatte condizioni iniziali e il lavoro fatto per comprimere sarebbe esattamente recuperato, questo il primo principio lo permetterebbe infatti, ma purtroppo il secondo no: non è possibile prendere del calore e trasformarlo tutto in lavoro senza alcun altro effetto. Per cui è impossibile dopo che il gas si è espanso riportare l'universo alle condizioni precedenti.
Ecco perché si tratta di un processo irreversibile.
Grazie mille @faussone, molto chiaro come sempre:D
Mi aveva tratto in inganno la considerazione che non vi fossero gradienti termici, quindi non riuscivo bene a capire dove stesse il secondo principio. Stupidamente pensavo che ri-comprimendo lentissimamente non ne avessi (di gradienti).
Mi aveva tratto in inganno la considerazione che non vi fossero gradienti termici, quindi non riuscivo bene a capire dove stesse il secondo principio. Stupidamente pensavo che ri-comprimendo lentissimamente non ne avessi (di gradienti).
Se ricomprimi lentamente riesci a rendere la compressione reversibile, ma il punto è l'espansione libera, è quella che è irreversibile. Una espansione libera non può essere resa reversibile proprio per quanto detto prima. E se la controlli in qualche modo non è più libera infatti, in pratica se espandendo il gas non compie lavoro si innesca l'irreversibilità.
Aspetta, allora forse non ho afferrato. Pensavo che il secondo principio intervenisse nella ricompressione perché dicevamo che una volta compresso (repentinamente) si trovasse a temperatura maggiore e quindi avevamo il II prinicpio.
Se invece comprimo lentamente non abbiamo una compressione irreversibile, quindi niente II principio in teoria. La spiegazione che hai dato prima vale solo per una compressione irreversibile.
Dunque in realtà è l'espansione libera in sé ad essere irreversibile,mi stai suggerendo. Però in questo caso non capisco dove stia il secondo principio perché nell'espansione libera non capisco dove vi siano flussi di calore. Il secondo principio interviene sempre su scambi di calore per definizione.
Poi avrei una domanda ulteriore: perché se inmmagino di suddividere una cameretta piena di gas in tanti scomparti uno dietro l'altro non è una espansione libera? Voglio dire, io tolgo uno alla volta tali pareti che definiscono gli scomparti e il gas è libero di espandersi in una successione di infinite intercapedini. In realtà mi sembra libera, e quasistatica, ovviamente questo non vuole però dire che sia anche reversibile (però mi sembra libera e lenta e realizzabile).
Se invece comprimo lentamente non abbiamo una compressione irreversibile, quindi niente II principio in teoria. La spiegazione che hai dato prima vale solo per una compressione irreversibile.
Dunque in realtà è l'espansione libera in sé ad essere irreversibile,mi stai suggerendo. Però in questo caso non capisco dove stia il secondo principio perché nell'espansione libera non capisco dove vi siano flussi di calore. Il secondo principio interviene sempre su scambi di calore per definizione.
Poi avrei una domanda ulteriore: perché se inmmagino di suddividere una cameretta piena di gas in tanti scomparti uno dietro l'altro non è una espansione libera? Voglio dire, io tolgo uno alla volta tali pareti che definiscono gli scomparti e il gas è libero di espandersi in una successione di infinite intercapedini. In realtà mi sembra libera, e quasistatica, ovviamente questo non vuole però dire che sia anche reversibile (però mi sembra libera e lenta e realizzabile).
Ho modificato la fine del precedente messaggio, spero ora sia più chiaro.
L'esempio delle infinite espansioni non risolve il fatto che il gas non compie lavoro, quindi si innescano comunque irreversibilità.
Occhio che la spiegazione che ho dato vale sempre, il fatto che la ricompressione sia reversibile o meno è irrilevante.
L'esempio delle infinite espansioni non risolve il fatto che il gas non compie lavoro, quindi si innescano comunque irreversibilità.
Occhio che la spiegazione che ho dato vale sempre, il fatto che la ricompressione sia reversibile o meno è irrilevante.
"Faussone":
E se la controlli in qualche modo non è più libera infatti, in pratica se espandendo il gas non compie lavoro si innesca l'irreversibilità.
Perfetto, ora ho capito dove risiede l'irreversibilità. Però non riesco bene a capire come intervenga in questo il secondo principio. Intendo dire che l'irreversibilità è fisicamente imposta dall'intervento del secondo principio, però qui non ho gradienti termici, ho solo un gas che non fa lavoro e quindi non riesco bene a collegare i due concetti.
"lozaio":
Perfetto, ora ho capito dove risiede l'irreversibilità. Però non riesco bene a capire come intervenga in questo il secondo principio. Intendo dire che l'irreversibilità è fisicamente imposta dall'intervento del secondo principio, però qui non ho gradienti termici, ho solo un gas che non fa lavoro e quindi non riesco bene a collegare i due concetti.
Il motivo per cui è irreversibile da secondo principio è proprio quello che ho scritto nella prima risposta a te: se non ci fosse il secondo principio riusciremmo, dopo una espansione libera, a riportare il gas nelle condizioni iniziali senza alcun altro effetto sul resto dell'universo, ma a causa del secondo principio ciò non è possibile.
In altre parole in questo caso ti conviene guardare alla formulazione del secondo principio nella formulazione di Kelvin e non in quella di Clausius.
"Faussone":
Il motivo per cui è irreversibile da secondo principio è proprio quello che ho scritto nella prima risposta a te
Però come dicevamo dovrebbe valere solo se ricomprimo in modo irreversibile, qui è il dubbio in realtà. Se invece comprimessi reversibilmente non riesco a capire come possa valere quella risposta, perché a fronte della espansione libera io ricomprimo lentamente senza far variare il calore (lenta e come dicevamo reversibile in tal caso, che mi hai detto non essere vietata). Quindi alla fine non mi trovo con calore in più su cui sfruttare kelvin.
"lozaio":
Però come dicevamo dovrebbe valere solo se ricomprimo in modo irreversibile, qui è il dubbio in realtà. Se invece comprimessi reversibilmente non riesco a capire come possa valere quella risposta, perché a fronte della espansione libera io ricomprimo lentamente senza far variare il calore (lenta e come dicevamo reversibile in tal caso, che mi hai detto non essere vietata). Quindi alla fine non mi trovo con calore in più su cui sfruttare kelvin.
Certo che ti ritrovi del "calore in più". E' proprio quello il punto!
Per capirlo si tratta di applicare il primo principio: il gas si è espanso senza compiere lavoro e in maniera adiabatica, quindi la sua energia interna pure è rimasta invariata.
Nel ricomprimere (supponiamo pure con una compressione reversibile questo non ha importanza) devi per forza fare del lavoro sul gas visto che il gas ha una sua pressione, per cui alla fine, (ammettiamo la compressione adiabatica come l'espansione per rendere le cose più semplici, ma non è essenziale) il gas ha energia interna maggiore dell'inizio (questo si intende quando si dice ha del "calore" in più), quindi avrà pressione e temperatura maggiori dell'inizio a parità di volume. E questo indipendentemente da quanto idealmente hai compresso.
Quella energia interna in più non può essere convertita in lavoro, a pareggiare il lavoro speso in compressione e a riportare il gas nelle stesse condizioni iniziali, a causa del secondo principio.
Poi, ma proprio poi, se vuoi proprio vederla in termini di gradienti (ma la spiegazione più corretta e diretta è quella che ti dicevo), considera che se fai una espansione libera, anche piccolissima, senza quindi controllare la pressione "esterna" che deve essere nulla, per forza si hanno dei gradienti in prossimità della parete, in altre parole il trucco di fare espansioni piccolissime, ma libere, qui non riesce a aggirare il problema, proprio per la natura irreversibile della espansione libera.
Ahh ora si che mi hai convinto
. Certamente, molto chiaro, grazie ancora faussone:).
