Redshift cosmologico
Buongiorno, sto preparando l'esame di Cosmologia alla Magistrale in Astrofisica e ho un dubbio: definiamo il fattore di scala $a(t)=1/(1+z)$, con $z$ redshift cosmologico. Per come è definito il fattore di scala, in un universo stazionario avremmo $a(t)=c$, cioè $z=c^{\prime}$, con $c$ e $c^{\prime}$ costanti, ma in generale $z\ne0$. La domanda è: in un universo stazionario come quello considerato quale effetto causerebbe $z\ne0$, cioè un "allungamento" delle lunghezze d'onda osservate? Chiedendo alla professoressa la risposta più o meno è stata: "dobbiamo vedere il redshift cosmologico come $z=1/(a(t_e))-1$, dove $t_e$ è l'istante di emissione del fotone osservato, e quindi avere universo stazionario, cioè $a(t)=c$, significa osservare tutti i fotoni allo stesso redshift".
Il punto è che, data l'espressione $z=(\lambda_o-\lambda_e)/\lambda_e$, non riesco a rispondere alla mia domanda.
Grazie in anticipo a chiunque vorrà e potrà aiutarmi,
Lorenzo
Il punto è che, data l'espressione $z=(\lambda_o-\lambda_e)/\lambda_e$, non riesco a rispondere alla mia domanda.
Grazie in anticipo a chiunque vorrà e potrà aiutarmi,
Lorenzo
Risposte
Non so se ho capito bene la domanda. Ma il redshift cosmologico esiste perchè l'universo si espande, e quindi trascina con sè le galassie, sicché la lunghezza d'onda dei fotoni emessi aumenta alla ricezione. SE consideri l'universo stazionario, come fai ad avere un redshift cosmologico, cioè $zne0$ ? Secondo me, non avresti alcun redshift , a meno che non consideri un allontanamento delle galassie in uno spazio che non si espande, il che non mi sembra corretto. Ovviamente non consideriamo le velocità peculiari. Il fattore di scala avrebbe derivata temporale nulla, o sbaglio?
Sono d'accordo e infatti non mi ero posto il problema, finché ad un certo punto nel testo si è fatto riferimento a $z=z_c$ per indicare i modelli stazionari. Contestualizzo: accenna ai modelli stazionari di Eddington-Lemaitre, che hanno $dot a=ddot a=0$, e deduce quindi che il fattore di scala deve essere costante, in particolare (dall'equazione di Friedmann per $ddot a$) ottiene $a=(\Omega_0/(2\Omega_\(Lambda)))^(1/3)\rightarrow\Omega_\(Lambda)=\Omega_0/((1+z_c)^3)/2$. Inserisce questa espressione nell'altra equazione di Friedmann e ottiene $\Omega_0=2/((z_c)^2*(z_c+3))$.
Dopodiché dice: dato che osserviamo fino ad oltre $z=6$, quest'ultima espressione vincolerebbe ad avere $\Omega_0<0.01$, incompatibile con ciò che sappiamo. Quindi l'universo non è stazionario.
Il punto è che, come dice anche lei nella risposta, non capisco perché non basti il fatto di osservare $zne0$ per dedurre che l'universo non è stazionario.
Grazie ancora,
Lorenzo
Dopodiché dice: dato che osserviamo fino ad oltre $z=6$, quest'ultima espressione vincolerebbe ad avere $\Omega_0<0.01$, incompatibile con ciò che sappiamo. Quindi l'universo non è stazionario.
Il punto è che, come dice anche lei nella risposta, non capisco perché non basti il fatto di osservare $zne0$ per dedurre che l'universo non è stazionario.
Grazie ancora,
Lorenzo
Ciao Lorenzo, dammi del “tu” tranquillamente. Ora non posso, ma appena ho tempo mi riguardo la questione, e spero di riuscire ad aiutarti; certo che quel valore di densità non è compatibile con le osservazioni; secondo me, ci si deve rifare alle ipotesi di base di Lemaitre, che credo si fondassero su un universo statico, nel quale le galassie comunque recedono, visto che c’è un $ z_c ne 0$ .
Ti ringrazio; in realtà non ho trovato scritto da nessuna parte che si tiene conto della velocità "peculiare" delle galassie, però può darsi che mi sbagli.
Credo di aver trovato il testo da cui hai riportato la formula per $Omega_0$ :
http://www.arcetri.astro.it/~marconi/Le ... utions.pdf
dovrebbe trattarsi della formula 6.143 a pag 106, dove dice appunto che $z_c>6$ ha come conseguenza che risulterebbe $ Omega_0 < 0.01 $. Ma i modelli stazionari sono inconsistenti con le osservazioni, lo dice prima. Inoltre, fa riferimento a $z_c$ come redshift del modello stazionario, e questo mi lascia perplesso.
Francamente non mi convince neanche la risposta del tuo docente, forse perchè non la capisco.Che cosa vuol dire:
Per misurare un redishift, non basta osservare un solo fotone, vanno osservate più onde in ricezione, al fine di valutare $z$ . "Redshift del modello stazionario" mi fa pensare, come dicevo prima, ad una recessione di galassie in un universo che non si espande. Ma che senso ha? Per me, non può esistere redshift cosmologico se non c'è una espansione dell'universo. Quindi non capisco...
Continuo a fare ricerche, e se trovo qualcosa di interessante lo pubblico. Ciao.
http://www.arcetri.astro.it/~marconi/Le ... utions.pdf
dovrebbe trattarsi della formula 6.143 a pag 106, dove dice appunto che $z_c>6$ ha come conseguenza che risulterebbe $ Omega_0 < 0.01 $. Ma i modelli stazionari sono inconsistenti con le osservazioni, lo dice prima. Inoltre, fa riferimento a $z_c$ come redshift del modello stazionario, e questo mi lascia perplesso.
Francamente non mi convince neanche la risposta del tuo docente, forse perchè non la capisco.Che cosa vuol dire:
$t_e$ è l'istante di emissione del fotone osservato, e quindi avere universo stazionario, cioè $a(t)=c$ , significa osservare tutti i fotoni allo stesso redshift".

Per misurare un redishift, non basta osservare un solo fotone, vanno osservate più onde in ricezione, al fine di valutare $z$ . "Redshift del modello stazionario" mi fa pensare, come dicevo prima, ad una recessione di galassie in un universo che non si espande. Ma che senso ha? Per me, non può esistere redshift cosmologico se non c'è una espansione dell'universo. Quindi non capisco...
Continuo a fare ricerche, e se trovo qualcosa di interessante lo pubblico. Ciao.
Penso anche io la stessa cosa, l'inconsistenza col testo però c'è e, ovviamente, sono più portato a pensare che ci sia qualcosa che mi sfugge piuttosto che un errore così concettuale nel testo. Ho anche provato a ragionare così: $a(t)$ è il fattore di scala introdotto come funzione generica per scrivere in forma matematica il concetto di espansione uniforme dell'universo: $((x(t_1))/(x(t_2)))=((a(t_1))/(a(t_2)))=k$, dove $x$ è la distanza propria tra due oggetti e $k$ è una costante. Partendo da qui, la condizione per avere universo stazionario (cioè $x(t_1)=x(t_2)$ si traduce in $a(t)=a_c$, con $a_c$ costante qualsiasi, cioè è sufficiente $z=z_c$ costante qualsiasi.
Tuttavia non cambia il fatto che, se è vero che posso sempre vedere $z=(\lambda_0-\lambda_e)/(\lambda_e)$, non capisco appunto come può essere $z_cne0$ in un universo stazionario; la domanda che mi sorge è: siamo sicuri che l'interpretazione di $z$ come $z=(\lambda_0-\lambda_e)/(\lambda_e)$ sia sempre vera e non legata all'interpretazione, sbagliata, di effetto Doppler? (la risposta che mi darei a questa domanda è sì, ma a questo punto non so più cosa pensare...)
L'unica spiegazione che mi sono dato, riprendendo il ragionamento, è: ok, in un universo stazionario deve essere $a(t)=a_c$ costante, ma io so, per la definizione di distanza comovente, che deve essere $a(t_0)=1$, con $t_0$ tempo attuale. Quindi può essere solo $a_c=1$, cioè $z_c=0$. Però allora non capisco perché, in quella pagina che giustamente hai citato, non concluda semplicemente dicendo che l'universo deve essere in espansione per il fatto che si osservano $zne0$.
Ciao,
Lorenzo
Tuttavia non cambia il fatto che, se è vero che posso sempre vedere $z=(\lambda_0-\lambda_e)/(\lambda_e)$, non capisco appunto come può essere $z_cne0$ in un universo stazionario; la domanda che mi sorge è: siamo sicuri che l'interpretazione di $z$ come $z=(\lambda_0-\lambda_e)/(\lambda_e)$ sia sempre vera e non legata all'interpretazione, sbagliata, di effetto Doppler? (la risposta che mi darei a questa domanda è sì, ma a questo punto non so più cosa pensare...)
L'unica spiegazione che mi sono dato, riprendendo il ragionamento, è: ok, in un universo stazionario deve essere $a(t)=a_c$ costante, ma io so, per la definizione di distanza comovente, che deve essere $a(t_0)=1$, con $t_0$ tempo attuale. Quindi può essere solo $a_c=1$, cioè $z_c=0$. Però allora non capisco perché, in quella pagina che giustamente hai citato, non concluda semplicemente dicendo che l'universo deve essere in espansione per il fatto che si osservano $zne0$.
Ciao,
Lorenzo
Però allora non capisco perché, in quella pagina che giustamente hai citato, non concluda semplicemente dicendo che l'universo deve essere in espansione per il fatto che si osservano z≠0.
E se fosse proprio questo, lo scopo recondito di quel passaggio ? Cioè : visto che abbiamo un $zne0$ , l'universo non può essere stazionario. Se fosse cosí , non farebbe una grinza! Ma il testo non è esplicito in questo senso.
In questa dispensa:
https://arxiv.org/pdf/gr-qc/9812046.pdf
il paragrafo 4.5.1 a pag 25 dice chiaramente che la quantità $1+z_c$ misura direttamente l'espansione del modello, tra gli istanti di emissione e di ricezione, come rapporto tra i tempi, quindi su questo non avrei dubbi : il redshift è un effetto di dilatazione temporale.
In questo testo del Caltech :
https://ned.ipac.caltech.edu/level5/Pea ... ck3_2.html
vai direttamente al capoverso : "To the observer, the evolution of the scale factor..." , due righe sopra la formula 3.38 , e continua nella lettura . Mi pare chiaro che metta comunque in relazione il redshift con la distanza comovente.
Non voglio metterti in testa più dubbi di quelli che hai, per non parlare dei miei...

Penso che farò così; ti ringrazio comunque per l'aiuto!