Meccanica applicata, equilibrio di un corpo nel piano
Buonasera,
con riferimento alla seguente figura vorrei calcolare la forza $P$ necessaria ad equilibrare il peso $W$.

Il peso $W$ è applicato al baricentro $G$ perché evidentemente la massa è distribuita in maniera uniforme, i piani $X,Y$ li considero con attrito. Considero note le grandezze $W,theta$, segue il diagramma free-body.

L'applicazione delle equazioni della statica fornisce il seguente sistema, $A$ polo per i momenti:
${(N_B-muN_A-P=0),(muN_B+N_A-W=0),(-muN_Bsintheta-N_Bcostheta+W/2sintheta=0):}$
Ho considerato le forze di attrito come $T_i=muN_i$, dove il coefficiente di attrito statico $mu$ lo considero noto. Il sistema non è di facile soluzione col metodo della sostituzione, vi chiedo per favore se vi vengano in mente metodi alternativi e svolgimenti basati su principi differenti da quello cui ho pensato non avendo il risultato.
Grazie davvero,
Luca
con riferimento alla seguente figura vorrei calcolare la forza $P$ necessaria ad equilibrare il peso $W$.

Il peso $W$ è applicato al baricentro $G$ perché evidentemente la massa è distribuita in maniera uniforme, i piani $X,Y$ li considero con attrito. Considero note le grandezze $W,theta$, segue il diagramma free-body.

L'applicazione delle equazioni della statica fornisce il seguente sistema, $A$ polo per i momenti:
${(N_B-muN_A-P=0),(muN_B+N_A-W=0),(-muN_Bsintheta-N_Bcostheta+W/2sintheta=0):}$
Ho considerato le forze di attrito come $T_i=muN_i$, dove il coefficiente di attrito statico $mu$ lo considero noto. Il sistema non è di facile soluzione col metodo della sostituzione, vi chiedo per favore se vi vengano in mente metodi alternativi e svolgimenti basati su principi differenti da quello cui ho pensato non avendo il risultato.
Grazie davvero,
Luca
Risposte
Cosa impedirebbe di applicare una forza aggiuntiva $F_E$?
Niente, naturalmente. Ma lo dicevo in relazione alla necessitá di assicurare l’equilibrio del corpo.
Semmai come ho scritto prima non si può in generale determinare una forza univoca $F_E$ (e quindi una $F_A$ univoca) se il problema chiedesse solo quello e ponesse che il corpo sia in equilibrio sul piano con quelle forze agenti.
Infatti é questo il punto : non si può determinare una forza univoca $F_E$ , e quindi una forza di attrito univoca, per assicurare l’equilibrio del corpo.
Mentre scrivevo, hai aggiunto l’EDIT , e concordo.
Ritornando al problema originario della scala (o barra), in rete si trova solitamente il problema senza forza esterna e senza attrito lato parete, qualche problema di estremo senza forza esterna con attrito anche sulla parete risolto in modo semplificato imponendo che l'attrito sia proporzionale alla forza normale come imposto da Luca
https://www.youtube.com/watch?v=GqY5PvgUUAw
Ho trovato però anche questo paper molto più significativo sull'argomento
https://www.scirp.org/pdf/WJM_2019012415340015.pdf
che, anche sulla scorta di dati sperimentali, conclude che, in condizioni di equilibrio senza forza esterna, l'ipotesi di diretta proporzionalità tra attrito e forza normale vale per la parete ma non per il pavimento.
Rimane da dimostrare se, nel caso di attrito insufficiente e quindi di necessità di una forza esterna ipotizzata minima necessaria, sia possibile che anche per il pavimento si raggiunga la condizione di massimo attrito, ma a questo punto non sembra così inverosimile, visto che l'equilibrio dipenderebbe solo dall'attrito nel punto di contatto con il pavimento.
https://www.youtube.com/watch?v=GqY5PvgUUAw
Ho trovato però anche questo paper molto più significativo sull'argomento
https://www.scirp.org/pdf/WJM_2019012415340015.pdf
che, anche sulla scorta di dati sperimentali, conclude che, in condizioni di equilibrio senza forza esterna, l'ipotesi di diretta proporzionalità tra attrito e forza normale vale per la parete ma non per il pavimento.
Rimane da dimostrare se, nel caso di attrito insufficiente e quindi di necessità di una forza esterna ipotizzata minima necessaria, sia possibile che anche per il pavimento si raggiunga la condizione di massimo attrito, ma a questo punto non sembra così inverosimile, visto che l'equilibrio dipenderebbe solo dall'attrito nel punto di contatto con il pavimento.
A me il problema pare allo stesso tempo molto più semplice e molto più complicato.
Non serve fare congetture, basta assumere una geometria e una posizione della scala, o di quel che è, e vedere cosa accade facendo i conti, assumendo pure che la forza esterna sia la minima possibile. Basta risolverla come struttura iperstatica e fare le dovute verifiche traendo le conclusioni finali.
Se avessi tempo e soprattutto se fossi meno arrugginito con la scienza delle costruzioni avrei fatto i conti, non mi pare siano impossibili.
In ogni caso ancora non abbiamo letto il testo esatto del problema. Da quello che si capisce fin qui secondo me il problema dato come esercizio di fisica 1 è un poco diseducativo perché porta a fare delle assunzioni sugli attriti statici di cui non si può essere del tutto sicuri e che erroneamente si potrebbe pensare di estendere ad altri casi. Come esercizietto di scienza delle costruzioni invece andrebbe bene.
Non serve fare congetture, basta assumere una geometria e una posizione della scala, o di quel che è, e vedere cosa accade facendo i conti, assumendo pure che la forza esterna sia la minima possibile. Basta risolverla come struttura iperstatica e fare le dovute verifiche traendo le conclusioni finali.
Se avessi tempo e soprattutto se fossi meno arrugginito con la scienza delle costruzioni avrei fatto i conti, non mi pare siano impossibili.
In ogni caso ancora non abbiamo letto il testo esatto del problema. Da quello che si capisce fin qui secondo me il problema dato come esercizio di fisica 1 è un poco diseducativo perché porta a fare delle assunzioni sugli attriti statici di cui non si può essere del tutto sicuri e che erroneamente si potrebbe pensare di estendere ad altri casi. Come esercizietto di scienza delle costruzioni invece andrebbe bene.
A mio parere la confusione potrebbe essere generata da cosa equilibra cosa.
Ricordiamo (correggetemi se sbaglio) che la forza d'attrito è semplicemente la reazione del terreno parallela ad esso. Essa esiste per equilibrare altre forze esterne agenti sul corpo.
Non è corretto dire "una forza esterna ($P$ o $F_E$) equilibra la forza di attrito statico". Infatti è proprio il contrario; l'attrito esiste per opporsi a $P$ o $F_E$.
Ricordiamo (correggetemi se sbaglio) che la forza d'attrito è semplicemente la reazione del terreno parallela ad esso. Essa esiste per equilibrare altre forze esterne agenti sul corpo.
Non è corretto dire "una forza esterna ($P$ o $F_E$) equilibra la forza di attrito statico". Infatti è proprio il contrario; l'attrito esiste per opporsi a $P$ o $F_E$.
"AnalisiZero":
A mio parere la confusione potrebbe essere generata da cosa equilibra cosa.
Ricordiamo (correggetemi se sbaglio) che la forza d'attrito è semplicemente la reazione del terreno parallela ad esso. Essa esiste per equilibrare altre forze esterne agenti sul corpo.
Non è corretto dire "una forza esterna ($P$ o $F_E$) equilibra la forza di attrito statico". Infatti è proprio il contrario; l'attrito esiste per opporsi a $P$ o $F_E$.
No, infatti non è corretta quella frase che citi tra virgolette, ma non mi pare che nessuno la abbia intesa in quei termini. La forza esterna $F_E$[nota]Per chiarire il discorso dell'attrito conviene riferirsi all'esempio del piano inclinato che è più semplice, tanto il concetto resta lo stesso.[/nota] non c'entra nulla con l'attrito statico, è una forza esterna che si aggiunge, punto e basta. Poi se è da intendere come la forza minima per mantenere il corpo fermo sul piano inclinato valgono le casistiche che avevo elencato, altrimenti in generale non è calcolabile se l'unica informazione data è che è una forza che si aggiunge, che si suppone ci sia attrito statico e che il corpo sia fermo.
"Faussone":
Se avessi tempo e soprattutto se fossi meno arrugginito con la scienza delle costruzioni avrei fatto i conti, non mi pare siano impossibili.
Ho provato a farli in uno dei post precedenti e quello che ho scritto è il risultato dell'analisi (però meglio non fidarsi: anch'io sono arrugginito

Però i risultati partono dall'assunto di vincoli di appoggio ideali. Nel nostro caso il vincolo ha dei limiti di "funzionamento". In particolare, se ho fatto correttamente i conti, il vincolo in B (parete) ha una reazione indipendente da P e per bassi valori di attrito il risultato che si ottiene non è compatibile con i limiti del vincolo stesso.
Questo ipotizzo che significhi che il vincolo risponderà con il massimo attrito possibile, il che potrebbe spiegare il risultato del paper.
Non mi pare che il limite dell'attrito massimo sia un problema comunque.
Ho buttato giù anche io qualche conto, in effetti considerando il corpo omogeneo i risultati che interessano sono indipendenti dalla sezione della trave e dal materiale, come in fondo era da aspettarsi.
Non traggo conclusioni e non metto i risultati perché non ho completato i conti, ma mi pare che il discorso possa filare senza intoppi e si può arrivare al risultato finale (ammesso la forza orizzontale esterna si assuma minima possibile).
Ho buttato giù anche io qualche conto, in effetti considerando il corpo omogeneo i risultati che interessano sono indipendenti dalla sezione della trave e dal materiale, come in fondo era da aspettarsi.
Non traggo conclusioni e non metto i risultati perché non ho completato i conti, ma mi pare che il discorso possa filare senza intoppi e si può arrivare al risultato finale (ammesso la forza orizzontale esterna si assuma minima possibile).
"ingres":
Ritornando al problema originario [...], in rete si trova [...] qualche problema [...] risolto imponendo che l'attrito sia proporzionale alla forza normale come imposto da Luca
https://www.youtube.com/watch?v=GqY5PvgUUAw
Grazie davvero, @ingres,
nel video quel problema è svolto analogamente a quanto ho svolto io il mio e quindi deve trattarsi di una soluzione sì semplificata ma accettabile, e nel mio caso trattasi dell'unica maniera in cui ottenere un risultato determinato dato che non farò mai Scienza delle Costruzioni. Domani leggerò il paper, per approfondire.
Grazie ancora a tutti,
Luca
Si era già parlato, poco tempo fa, del problema della scala appoggiata ad una parete verticale scabra, e su un pavimento anch’esso scabro, qui :
https://www.matematicamente.it/forum/vi ... a#p8568360
ma lì non c’era la forza esterna P , solo le forze di attrito tra scala e punti di appoggio A e B sui due piani. Si era detto che il problema, che è un problema di statica del corpo rigido ( quindi la Scienza delle Costruzioni e l’elasticità del materiale non c’entrano affatto) era un problema indeterminato , come evidenziato subito da Quinzio. Avevo anche messo uno schizzo (guardate il mio penultimo post) dove evidenziavo una possibile via grafica di “soluzione” non unica , evidentemente. Se la verticale del peso interseca il quadrilatero PQRS, formato dai coni di attrito nei punti di appoggio A e B, è possibile l’equilibrio della scala, perché le reazioni del pavimento e della parete possono intersecarsi in un punto su questa verticale, e quindi si ha un triangolo chiuso di forze. Se la verticale detta cade fuori del quadrilatero, l’equilibrio non è possibile.
A me quello che dà fastidio è la presenza della forza esterna P, che complica la situazione. Di questa forza P non si ha bisogno , se la forza d’attrito col pavimento è sufficiente ad evitare lo scivolamento della scala. Del resto, chi non ha una scala in casa? E se il pavimento è con poco (o nullo) attrito, chi non sa che basta poggiare un piede contro la base della scala, per evitare che la scala scivoli?
https://www.matematicamente.it/forum/vi ... a#p8568360
ma lì non c’era la forza esterna P , solo le forze di attrito tra scala e punti di appoggio A e B sui due piani. Si era detto che il problema, che è un problema di statica del corpo rigido ( quindi la Scienza delle Costruzioni e l’elasticità del materiale non c’entrano affatto) era un problema indeterminato , come evidenziato subito da Quinzio. Avevo anche messo uno schizzo (guardate il mio penultimo post) dove evidenziavo una possibile via grafica di “soluzione” non unica , evidentemente. Se la verticale del peso interseca il quadrilatero PQRS, formato dai coni di attrito nei punti di appoggio A e B, è possibile l’equilibrio della scala, perché le reazioni del pavimento e della parete possono intersecarsi in un punto su questa verticale, e quindi si ha un triangolo chiuso di forze. Se la verticale detta cade fuori del quadrilatero, l’equilibrio non è possibile.
A me quello che dà fastidio è la presenza della forza esterna P, che complica la situazione. Di questa forza P non si ha bisogno , se la forza d’attrito col pavimento è sufficiente ad evitare lo scivolamento della scala. Del resto, chi non ha una scala in casa? E se il pavimento è con poco (o nullo) attrito, chi non sa che basta poggiare un piede contro la base della scala, per evitare che la scala scivoli?
@Shackle
Secondo me la Scienza delle Costruzioni c'entra eccome, d'altronde tu stesso dici che il problema sarebbe indeterminato. Infatti ciò è verissimo nel caso il problema si affronti come puro problema di statica, considerando il corpo infinitamente rigido.
La scienza delle costruzioni interviene solo se si volesse rimuovere questo assunto per trovare una soluzione.
Si può scegliere di farlo o meno, ma non è che non c'entri nulla sollevare questa questione.
-------
In ogni caso io l'ho fatto e ho completato i conti, non sono impossibili ma richiedono un poco di attenzione.
Non ho voglia adesso di riportare le formule, magari se qualcuno è interessato a rifare i conti lo faccio, ma per ora riporto solo il procedimento logico e quello che ho ottenuto.
Come ho detto assumiamo la scala deformabile e cerchiamo di determinare le reazioni verticali e orizzontali dei supporti (pensiamoli come cerniere ideali che permettono cioè rotazione degli estremi ma impediscono il movimento degli estremi dell'asta).
Ovviamente, come già abbiamo visto, è impossibile trovare le reazioni in questo caso dalle solo equazioni della statica, perché ci sono più incognite che equazioni.
Immaginiamo allora di trasformare la cerniera sulla parete in un carrello, in un vincolo cioè che consente solo spostamenti lungo la parete ma non normali ad essa, ed immaginiamo di applicare una forza incognita su tale estremo in direzione parallela alla parete.
A questo punto si tratta di risolvere un sistema isostatico in cui ci sono due forze, quella verticale al centro della scala (per semplicità assumiamo la massa concentrata nel baricentro, a rigore sarebbe da considerare un carico distribuito, ma non è importante e molto rilevante questo) e questa altra aggiunta.
Possiamo in queste condizioni calcolare non solo le reazioni dei vincoli in funzione di queste due forze, ma anche di quanto si muoverebbe lungo la parete l'estremo appoggiato alla parete.
Il calcolo è abbastanza semplice una volta determinate tutte le reazioni come detto, in quanto occorre determinare solo di quanto si accorcia la scala a causa delle sollecitazioni assiali che agiscono lungo la scala per effetto delle forze applicate e dei vincoli, le altre sollecitazioni infatti rispetto all'effetto dell'accorciamento per sollecitazione assiale determinano un accorciamento che è un infiniesimo di ordine superiore rispetto a questo per effetto delle sollecitazioni assiali. In tutti questi conti si assume infatti che le deformazioni siano piccolissime.
Una volta trovato questo accorciamento (o allungamento dipende ovviamente dalla forza incognita applicata sul carrello) si può trovare di quanto di conseguenaza si viene a spostare l'estremo della scala sulla parete lungo di essa.
Fatto questo basta imporre che il valore della forza incognita applicata sul carrello a parete sia tale per cui lo spostamento dell'estremo sia nullo e in tal modo tutte le forze e le reazioni risultano univocamente determinate.
Ovviamente questa forza incognita, immaginando nuovamente la scala vincolata con due cerniere, coincide con la reazione verticale dell'appoggio sulla parete.
Edit: Rimosse le conclusioni che erano sbagliate a causa di conti sbagliati, quelle spero corrette le ho messe in un messaggio successivo qui.
Secondo me la Scienza delle Costruzioni c'entra eccome, d'altronde tu stesso dici che il problema sarebbe indeterminato. Infatti ciò è verissimo nel caso il problema si affronti come puro problema di statica, considerando il corpo infinitamente rigido.
La scienza delle costruzioni interviene solo se si volesse rimuovere questo assunto per trovare una soluzione.
Si può scegliere di farlo o meno, ma non è che non c'entri nulla sollevare questa questione.
-------
In ogni caso io l'ho fatto e ho completato i conti, non sono impossibili ma richiedono un poco di attenzione.
Non ho voglia adesso di riportare le formule, magari se qualcuno è interessato a rifare i conti lo faccio, ma per ora riporto solo il procedimento logico e quello che ho ottenuto.
Come ho detto assumiamo la scala deformabile e cerchiamo di determinare le reazioni verticali e orizzontali dei supporti (pensiamoli come cerniere ideali che permettono cioè rotazione degli estremi ma impediscono il movimento degli estremi dell'asta).
Ovviamente, come già abbiamo visto, è impossibile trovare le reazioni in questo caso dalle solo equazioni della statica, perché ci sono più incognite che equazioni.
Immaginiamo allora di trasformare la cerniera sulla parete in un carrello, in un vincolo cioè che consente solo spostamenti lungo la parete ma non normali ad essa, ed immaginiamo di applicare una forza incognita su tale estremo in direzione parallela alla parete.
A questo punto si tratta di risolvere un sistema isostatico in cui ci sono due forze, quella verticale al centro della scala (per semplicità assumiamo la massa concentrata nel baricentro, a rigore sarebbe da considerare un carico distribuito, ma non è importante e molto rilevante questo) e questa altra aggiunta.
Possiamo in queste condizioni calcolare non solo le reazioni dei vincoli in funzione di queste due forze, ma anche di quanto si muoverebbe lungo la parete l'estremo appoggiato alla parete.
Il calcolo è abbastanza semplice una volta determinate tutte le reazioni come detto, in quanto occorre determinare solo di quanto si accorcia la scala a causa delle sollecitazioni assiali che agiscono lungo la scala per effetto delle forze applicate e dei vincoli, le altre sollecitazioni infatti rispetto all'effetto dell'accorciamento per sollecitazione assiale determinano un accorciamento che è un infiniesimo di ordine superiore rispetto a questo per effetto delle sollecitazioni assiali. In tutti questi conti si assume infatti che le deformazioni siano piccolissime.
Una volta trovato questo accorciamento (o allungamento dipende ovviamente dalla forza incognita applicata sul carrello) si può trovare di quanto di conseguenaza si viene a spostare l'estremo della scala sulla parete lungo di essa.
Fatto questo basta imporre che il valore della forza incognita applicata sul carrello a parete sia tale per cui lo spostamento dell'estremo sia nullo e in tal modo tutte le forze e le reazioni risultano univocamente determinate.
Ovviamente questa forza incognita, immaginando nuovamente la scala vincolata con due cerniere, coincide con la reazione verticale dell'appoggio sulla parete.
Edit: Rimosse le conclusioni che erano sbagliate a causa di conti sbagliati, quelle spero corrette le ho messe in un messaggio successivo qui.
@Faussone
faccio solo alcune osservazioni. La prima è questa :
Luca150 ha affermato che non prende in considerazione la SdC ( roba da ingegneri...) , perché quello dato è un problema di Statica del corpo rigido. Perciò il problema è staticamente indeterminato. Forse per Luca la SdC è ancora lontana.
Appunto, devi immaginare di mettere un carrello al posto dell’appoggio, ma siccome in SdC i vincoli si suppongono in generale lisci ( a meno di non precisare subito che il vincolo si suppone con attrito) , devi ancora immaginare di aggiungere pure una forza in direzione parallela alla parete. Certamente hai risolto in questo modo il problema, come hai descritto, ma :....
....hai dovuto assumere la scala come una trave deformabile, proprio come si fa in SdC , e in questo ti capisco essendo anch’io della stessa razza. Infine :
e amen. A questo punto mi chiedo: perché trasformare un esercizio di Statica del corpo rigido (per me mal posto) in un esercizio di Scienza delle Costruzioni?
faccio solo alcune osservazioni. La prima è questa :
Secondo me la Scienza delle Costruzioni c'entra eccome, d'altronde tu stesso dici che il problema sarebbe indeterminato. Infatti ciò è verissimo nel caso il problema si affronti come puro problema di statica, considerando il corpo infinitamente rigido.
La scienza delle costruzioni interviene solo se si volesse rimuovere questo assunto per trovare una soluzione.
Si può scegliere di farlo o meno, ma non è che non c'entri nulla sollevare questa questione.
Luca150 ha affermato che non prende in considerazione la SdC ( roba da ingegneri...) , perché quello dato è un problema di Statica del corpo rigido. Perciò il problema è staticamente indeterminato. Forse per Luca la SdC è ancora lontana.
Immaginiamo allora di trasformare la cerniera sulla parete in un carrello, in un vincolo cioè che consente solo spostamenti lungo la parete ma non normali ad essa, ed immaginiamo di applicare una forza incognita su tale estremo in direzione parallela alla parete.
Appunto, devi immaginare di mettere un carrello al posto dell’appoggio, ma siccome in SdC i vincoli si suppongono in generale lisci ( a meno di non precisare subito che il vincolo si suppone con attrito) , devi ancora immaginare di aggiungere pure una forza in direzione parallela alla parete. Certamente hai risolto in questo modo il problema, come hai descritto, ma :....
Come ho detto assumiamo la scala deformabile e cerchiamo di determinare le reazioni verticali e orizzontali dei supporti (pensiamoli come cerniere ideali che permettono cioè rotazione degli estremi ma impediscono il movimento degli estremi dell'asta).
....hai dovuto assumere la scala come una trave deformabile, proprio come si fa in SdC , e in questo ti capisco essendo anch’io della stessa razza. Infine :
Ovviamente, come già abbiamo visto, è impossibile trovare le reazioni in questo caso dalle solo equazioni della statica, perché ci sono più incognite che equazioni.
e amen. A questo punto mi chiedo: perché trasformare un esercizio di Statica del corpo rigido (per me mal posto) in un esercizio di Scienza delle Costruzioni?
"Shackle":
[...]A questo punto mi chiedo: perché trasformare un esercizio di Statica del corpo rigido (per me mal posto) in un esercizio di Scienza delle Costruzioni?
Per mio diletto, ognuno ha le proprie manie

Comunque questa è solo una battuta(ccia), in realtà ci tengo a sottolineare alcuni aspetti.
Innanzitutto la frase "Luca150 ha affermato che non prende in considerazione la SdC ( roba da ingegneri...)" è una cosa che "non se pò sentì" e non lo dico per difendere la categoria (che come tutte le categorie non è affatto omogenea).
Questa cosa di dividere gli interessi e gli aspetti per scompartimenti precisi è abbastanza limitativa, in secondo luogo la scienza delle costruzioni non è necessariamente "roba da ingegneri", si tratta di una branca della meccanica del continuo, può essere più o meno pratica e più o meno complessa, dipende dal tema e dall'argomento in oggetto e fino a dove spingere la modellazione.
A proposito del problema in oggetto (di cui per inciso non è stato riportato il testo esatto quindi è difficile capire il contesto e il grado di approfondimento richiesto) certamente non esiste "la soluzione" nelle ipotesi per così dire classiche che si usano nei tipici problemi di statica che si affrontano in un normale corso di fisica 1.
Se si vuole provare ad andare oltre quello occorre decidere come affinare il modello che si sta utilizzando e che consiste soprattutto nel ritenere appunto corpi perfettamente rigidi e vincoli ideali.
Uno studente deve capire bene infatti che non esiste un unico modello per modellare la realtà fisica e il modello più completo e complesso che si ha a disposizione non è sempre il migliore perché dipende dai termini del problema che si sta affrontando e da cosa interessa davvero investigare.
Ora nel caso in oggetto, una volta compreso che il problema resterebbe indeterminato se ci si ferma alle ipotesi che ho definito "classiche", ci si può muovere in modi diversi, posto di voler provare a risolvere il problema in qualche modo (anche perché dire che le forze siano indeterminate non è una verità , ma è la verità solo nel modello "classico").
Un modo può consistere nel fare ipotesi semplificative intuitive a apparentemente ragionevoli per rimuovere l'indeterminazione, come appunto supporre che le forze di attrito applicate siano pari al massimo attrito possibile, ma poi resta il problema di come giustificare tale ipotesi e a che livello di modellazione spingersi per questo. ...eh sì il problema della modellazione rientra.
Un altro modo di procedere è quello di scegliere un modello leggermente più complesso, come quello di ritenere i corpi deformabili, ma restando nell'ambito della elasticità lineare ritenendo i corpi omogenei, i vincoli ideali e il corpo molto poco deformato al punto di essere indistinguibile la forma deformata da quella indeformata (accanto ad altre ipotesi su cui ora non ha senso focalizzarsi). Ovviamente questa non è la realtà, ma è interessante vedere ciò che accade e comprendere fino a che punto un tale modello è adatto al problema considerato. incidentalmente poi questa è la stessa tecnica che si usa in scienza delle costruzioni per dimensionare strutture iperstatiche, ma non vuol dire che al di fuori da tale ambito non abbia senso.
E questo secondo modo di procedere personalmente lo reputo molto più educativo del primo, al di là dei risultati a cui si perviene (e persino, in un certo senso, al di là della "correttezza" della soluzione in sè).
“Roba da ingegneri...” è una mia battuta(ccia), ognuno fa le sue...
D’accordissimo, ma mi chiedevo se Luca il modello della SdC ce l’ha già nel suo bagaglio culturale o no. Quando dici :
io ti capisco. Ma quanti altri? Quelli della stessa razza, appunto.
Per il resto, sono d’accordo.

Uno studente deve capire bene infatti che non esiste un unico modello per modellare la realtà fisica e il modello più completo e complesso che si ha a disposizione non è sempre il migliore perché dipende dai termini del problema che si sta affrontando e da cosa interessa davvero investigare.
D’accordissimo, ma mi chiedevo se Luca il modello della SdC ce l’ha già nel suo bagaglio culturale o no. Quando dici :
incidentalmente poi questa è la stessa tecnica che si usa in scienza delle costruzioni per dimensionare strutture iperstatiche, ma non vuol dire che al di fuori da tale ambito non abbia senso
io ti capisco. Ma quanti altri? Quelli della stessa razza, appunto.
Per il resto, sono d’accordo.
"Shackle":
io ti capisco. Ma quanti altri? Quelli della stessa razza, appunto.
Veramente mi sono sforzato di spiegare i concetti generali proprio in modo discorsivo e a livello di uno studente di Fisica 1, senza entrare troppo in dettagli e scrivere equazioni che, a meno che qualcuno le richieda o sia curioso, non credo sia utile riportare per comprendere il nocciolo della questione.
Mi piacerebbe avere un feedback da Luca. Vediamo se legge ancora e se avrà voglia...
"Faussone":
Non ho voglia adesso di riportare le formule, magari se qualcuno è interessato a rifare i conti lo faccio
@Faussone
Sono interessato!

Così posso verificare i conti che avevo fatto, ma se non vuoi appesantire troppo il post e perderci troppo tempo, puoi anche mandarmeli in brutta copia come messaggio.
"Shackle":
Luca150 ha affermato che non prende in considerazione la SdC ( roba da ingegneri...) , perché quello dato è un problema di Statica del corpo rigido. Perciò il problema è staticamente indeterminato. Forse per Luca la SdC è ancora lontana.
Buonasera, @Shackle,
non ho considerato Scienza delle Costruzioni o Meccanica dei Solidi perché non l'avrò mai nel piano di studio.
"Faussone":
Innanzitutto la frase "Luca150 ha affermato che non prende in considerazione la SdC ( roba da ingegneri...)" è una cosa che "non se pò sentì" e non lo dico per difendere la categoria (che come tutte le categorie non è affatto omogenea).
Questa cosa di dividere gli interessi e gli aspetti per scompartimenti precisi è abbastanza limitativa, in secondo luogo la scienza delle costruzioni non è necessariamente "roba da ingegneri", si tratta di una branca della meccanica del continuo, può essere più o meno pratica e più o meno complessa, dipende dal tema e dall'argomento in oggetto e fino a dove spingere la modellazione.
A proposito del problema in oggetto (di cui per inciso non è stato riportato il testo esatto quindi è difficile capire il contesto e il grado di approfondimento richiesto) certamente non esiste "la soluzione" nelle ipotesi per così dire classiche che si usano nei tipici problemi di statica che si affrontano in un normale corso di fisica 1.
Buonasera anche a te, @Faussone,
mai diviso per compartimenti. Ma, non potendo avere le basi per capire appieno quanto da voi discusso, non ho potuto darti un feed-back adeguato. Peraltro non comprendo perché considerare gli estremi della sbarra uno vincolato ad un carrello e l'altro ad una cerniera, anziché a 2 carrelli o cerniere. OK il discorso su labilità, isostaticità ed iperstaticità, ma gli estremi sono nella stessa condizione nel mio problema e non è prevista alcuna deformazione elastica. Comunque non c'è un testo esatto, è solo stato chiesto di svolgere il problema.
Grazie ad entrambi di tutto,
Luca
"Luca150Italia":
...non comprendo perché considerare gli estremi della sbarra uno vincolato ad un carrello e l'altro ad una cerniera, anziché a 2 carrelli o cerniere. OK il discorso su labilità, isostaticità ed iperstaticità, ma gli estremi sono nella stessa condizione nel mio problema e non è prevista alcuna deformazione elastica. Comunque non c'è un testo esatto, è solo stato chiesto di svolgere il problema.
Si considera una cerniera e un carrello solo come passo intermedio per calcolare le reazioni, tieni conto che, oltre al carrello, sulla parete si applica proprio una forza incognita aggiuntiva per rappresentare l'effetto di reazione del vincolo verticale rimosso. Se rileggi la descrizione che ho fatto prima credo ti possa essere chiaro, sempre se ti interessa. Tra l'altro ti dà anche un poco ragione infatti nei conti di prima avevo commesso degli errori e le conclusioni sono diverse da quanto avevo riportato prima (vedi di seguito). Peraltro l'esercizio è interessante perché alcune cose secondo me vanno contro l'intuizione comune.
"ingres":
[quote="Faussone"]Non ho voglia adesso di riportare le formule, magari se qualcuno è interessato a rifare i conti lo faccio
@Faussone
Sono interessato!

Così posso verificare i conti che avevo fatto, ma se non vuoi appesantire troppo il post e perderci troppo tempo, puoi anche mandarmeli in brutta copia come messaggio.[/quote]
Ok, riporto i risultati finali, e correggo le conclusioni perché prima avevo commesso degli errori.
..ovviamente sempre che non ne abbia commesso altri di errori...
Se supponiamo, come dicevo prima che la scala sia vincolata ai due estremi con due cerniere, e che gli estremi non possono muoversi nonostante la deformabilità della scala, si arriva a questi risultati per le forze agenti sulle cerniere.
La cerniera a parete risulta sottoposta ad una forza orizzontale che tende a strapparla via dalla parete pari a
$F cos^2(theta)$
Con $F$ forza verticale applicata al centro e $theta$ angolo che la scala forma col pavimento.
Prendendo $theta$ pari a 45° tale forza sarebbe pari a
$F/2$
Allo stesso tempo tale cerniera è soggetta ad una forza che la spingerebbe verso il basso pari a
$F/2 + F sin(theta) cos(theta)$
per cui se la scala fosse pari a 45° sarebbe pari a $F$
In queste condizioni ovviamente, supponendo la scala solo poggiata con attrito alla parete, l'attrito sarebbe nullo perché la forza normale non premerebbe sulla partete, ne parlo dopo.
Sulla cerniera a pavimento agisce invece una forza orizzontale che spinge la cerniera verso la scala
$F cos^2(theta)$
pari a $F/2$ per l'angolo considerato.
Da notare che quindi la cerniera trattiene la scala dal far aumentare ulteriormente l'angolo $theta$ contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare.
Infine sulla cerniera a pavimento agirebbe una forza verso il basso pari a
$F sin^2(theta)-F/2$
che sarebbe pari a 0 per scala a 45°.
Ovvio che questi risultati sono del tutto irrealistici, pensando ad una scala vera che non ha cerniere che la trattengono su muro e pavimento, oltretutto l'attrito in queste condizioni non si svilupperebbe neanche a parete, se pensiamo la scala solo appoggiata alla parete, pertanto la scala non può restare indeformata e dar luogo a quelle forze sui punti di appoggio.
Quello che accade, assumendo che l'estremo della scala sul pavimento in effetti non si possa muovere, visto che oltretutto in questo problema si suppone agisca anche una forza aggiuntiva parallela al pavimento nel caso l'attrito non fosse sufficiente a tenere tale estremo fermo, è che l'estremo della scala sulla parete si "schiaccia" sulla parete comprimendo impercettibilmente la scala facendola scivolare sempre impercettibilmente sulla parete. Questo finchè la forza di attrito supposta originata alla parete risulta pari a quella disponibile per effetto della spinta normale della parete sulla scala, come intuitivamente era stato assunto da Luca (ma l'intuito a volte inganna, come implicitamente accennavo prima).
Questo accade quando
$(\frac{F}{2 tan(theta)} - \frac{T}{tan(theta)}) mu_s>=T$
con $T$ forza verticale agente sull'estremo della scala a parete e $mu_s$ coefficiente di attrito statico
da cui
$T<=\frac{\frac{F* mu_S}{2 tan(theta)}}{1+\frac{mu_s}{tan(theta)}$
Pertanto la scala scivola sulla parete finché $T$ giunge al valore limite.
La scala pertanto eserciterà sulla parete una forza verso il basso pari a
$T=\frac{\frac{F*mu_s}{2 tan(theta)}}{1+\frac{mu_s}{tan(theta)}$
che assumendo $theta=45°$, $mu_s=0.5$ e $F=1 "N"$
sarebbe pari a $0,1667 "N"$,
e una forza orizzontale di compressione sulla parete pari a
$\frac{F*mu_S}{2 tan(theta)} - \frac{T}{tan(theta)}$
che con gli stessi dati sarebbe pari a $0,333 "N"$
Sul pavimento invece la forza orizzontale della scala sarà pari a
$\frac{F*mu_S}{2 tan(theta)} - \frac{T}{tan(theta)}$ (questa volta la scala è trattenuta dal scivolare lungo il pavimento)
pari ancora a $0,33 "N"$ con questi dati.
La forza verticale della scala sul pavimento sarà invece pari a
$F sin(theta)cos(theta)+F sin^2(theta)-T$ verso il basso
che con i dati supposti risulta pari a $0.8333 "N"$
Da notare che in queste condizioni e questi dati col coefficiente di attrito supposto non sarebbe necessaria una forza aggiuntiva orizzontale nell'estremo sul pavimento per trattenere la scala dallo scivolare e l'attrito statico non sarebbe neanche al suo massimo possibile.