Masse inerziale e gravitazionale e Principio di Equivalenza
Salve, riporto la parte conclusiva di un paragrafo sulla gravitazione sul quale ho un dubbio:
"L'eguaglianza fra i due tipi di massa discussi sopra discende direttamente dal principio di equivalenza. Supponiamo che un oggetto sia a riposo sulla pedana di una bilancia a molla appoggiata sul fondo della cabina. Quando la cabina è accelerata dal razzo, il suo fondo viene a esercitare una forza verso l'alto $m_{i}a$ per accelerare l'oggetto; $m_i $è la massa inerziale, e la bilancia legge la forza di reazione esercitata dall'oggetto, anch'essa uguale a $m_{i}a$. D'altra parte quando la cabina è ferma in un campo gravitazionale la bilancia legge il peso dell'oggetto, pari a $m_{g}g$, che dipende dalla massa gravitazionale $m_g$. Nel nostro esperimento si fa in modo che l'accelerazione $a$ sia uguale a $g$, e se le letture della bilancia sono uguali, come avviene per il principio di equivalenza, ecco che anche la massa inerziale è uguale alla massa gravitazionale."
Il testo è tratto da "Fisica 1" di Resnick et al. V edizione, p.333.
Il problema che riscontro è che noto che si utilizza l'accelerazione $g$ in abbinamento alla massa gravitazionale. La seconda legge indica che la forza è data dal prodotto di accelerazione e massa inerziale per cui, a priori, non sapendo ancora se le due masse sono identiche, mi domando come si possa utilizzare $g$ per ottenere la forza peso. Mi sembra che facendo questo si dia una seconda definizione di forza, che potrebbe anche non coincidere se le due masse non sono proporzionali. Del resto, usando la legge della gravitazione universale, in cui compaiono masse gravitazionali, si riscontra (sperimentalmente) l'eguaglianza numerica con la forza (gravitazionale) misurata usando la seconda legge. Per cui il discorso mi sembra artificioso dato che si assume preliminarmente $g$ come accelerazione (di gravità) e le due forze eguali. Se poi fosse il caso di una ulteriore definizione di forza (a priori, cioè prima della verifica dell'equivalenza delle masse) mi domando perché mai si debba eseguire l'esperimento di verifica dell'equivalenza sul razzo in assenza di gravità: nel campo gravitazionale la forza sarà $m_{i}g$ ed in una situazione che simuli tale campo (nel senso che l'esperimento in essa eseguito non produce diverso risultato) sarà ancora $m_{i}g$, al che non vedo come l'esperimento condotto sul razzo conduca alla deduzione di equivalenza delle due masse. Detto in altro modo, la massa inerziale sussiste anche all'interno del campo e questa è relazionata alla forza tramite la seconda legge.
In sostanza, il mettere $m_g$ mi sembra o un'imposizione per cui a priori sarà già vero che $m_{g} = m_i$ o una definizione alternativa di forza (che non avrebbe senso se non $m_{g} = m_i$, dato che il concetto è uno) di cui comunque non si riesce a garantire in base al ragionamento del testo l'equivalenza con la prima ossia la proporzionalità delle due masse.
"L'eguaglianza fra i due tipi di massa discussi sopra discende direttamente dal principio di equivalenza. Supponiamo che un oggetto sia a riposo sulla pedana di una bilancia a molla appoggiata sul fondo della cabina. Quando la cabina è accelerata dal razzo, il suo fondo viene a esercitare una forza verso l'alto $m_{i}a$ per accelerare l'oggetto; $m_i $è la massa inerziale, e la bilancia legge la forza di reazione esercitata dall'oggetto, anch'essa uguale a $m_{i}a$. D'altra parte quando la cabina è ferma in un campo gravitazionale la bilancia legge il peso dell'oggetto, pari a $m_{g}g$, che dipende dalla massa gravitazionale $m_g$. Nel nostro esperimento si fa in modo che l'accelerazione $a$ sia uguale a $g$, e se le letture della bilancia sono uguali, come avviene per il principio di equivalenza, ecco che anche la massa inerziale è uguale alla massa gravitazionale."
Il testo è tratto da "Fisica 1" di Resnick et al. V edizione, p.333.
Il problema che riscontro è che noto che si utilizza l'accelerazione $g$ in abbinamento alla massa gravitazionale. La seconda legge indica che la forza è data dal prodotto di accelerazione e massa inerziale per cui, a priori, non sapendo ancora se le due masse sono identiche, mi domando come si possa utilizzare $g$ per ottenere la forza peso. Mi sembra che facendo questo si dia una seconda definizione di forza, che potrebbe anche non coincidere se le due masse non sono proporzionali. Del resto, usando la legge della gravitazione universale, in cui compaiono masse gravitazionali, si riscontra (sperimentalmente) l'eguaglianza numerica con la forza (gravitazionale) misurata usando la seconda legge. Per cui il discorso mi sembra artificioso dato che si assume preliminarmente $g$ come accelerazione (di gravità) e le due forze eguali. Se poi fosse il caso di una ulteriore definizione di forza (a priori, cioè prima della verifica dell'equivalenza delle masse) mi domando perché mai si debba eseguire l'esperimento di verifica dell'equivalenza sul razzo in assenza di gravità: nel campo gravitazionale la forza sarà $m_{i}g$ ed in una situazione che simuli tale campo (nel senso che l'esperimento in essa eseguito non produce diverso risultato) sarà ancora $m_{i}g$, al che non vedo come l'esperimento condotto sul razzo conduca alla deduzione di equivalenza delle due masse. Detto in altro modo, la massa inerziale sussiste anche all'interno del campo e questa è relazionata alla forza tramite la seconda legge.
In sostanza, il mettere $m_g$ mi sembra o un'imposizione per cui a priori sarà già vero che $m_{g} = m_i$ o una definizione alternativa di forza (che non avrebbe senso se non $m_{g} = m_i$, dato che il concetto è uno) di cui comunque non si riesce a garantire in base al ragionamento del testo l'equivalenza con la prima ossia la proporzionalità delle due masse.
Risposte
filipp,
in realtà, si deve dire non "uguaglianza numerica", ma "proporzionalità" tra massa inerziale e massa gravitazionale. Poi, scegliendo opportunamente le unità di misura, si può porre la costante di proporzionalità uguale a 1 .
Da cui l'uguaglianza numerica.
Ma se massa inerziale e massa gravitazionale non fossero proporzionali ( uguali come detto) , i corpi cadrebbero con accelerazioni diverse uno dall'altro.
"L'uguaglianza" tra massa inerziale e massa gravitazionale è accertata oggi con una accuratezza, se non erro, di $1/10^12$ .
Supponi di avere un campo gravitazionale di intensità : $g = (GM)/r^2$ , che dipende solo dalla massa che crea il campo $M$ ( oltre che da $r$ ovviamente) .
In questo campo hai due oggetti $1$ e $2$ .
Il peso dell’oggetto $1$ è dato da : $ P_1 = m_(g1)*g $ , dove $m_(g1)$ è la “massa gravitazionale”.
La forza $P_1$ , agendo sulla “massa inerziale” $ m _(i1)$ , in base alla seconda eq della Dinamica le imprime una accelerazione:
$a_1 = P_1/ m _(i1) = m_(g1)/ m _(i1) *g = k_1*g $ , dove $k_1 = m_(g1)/ m _(i1) $
Ripeti ora lo stesso ragionamento per l’ altro corpo 2 , che ha una sua “massa gravitazionale” e una sua “massa inerziale” . Ottieni analogamente :
$a_2 = P_2/ m _(i2) = m_(g2)/ m _(i2) *g = k_2*g $ , dove $k_2 = m_(g2)/ m _(i2) $ .
D’accordo fin qui?
Ora fai il rapporto : $a_1/a_2 = k_1/k_2 $ .
Se il rapporto $ k_1/k_2 $ non fosse uguale ad 1 , avresti che $a_1$ ed $a_2$ sarebbero diversi.
Cioè avresti che due corpi diversi, posti in un campo gravitazionale, avrebbero due accelerazioni diverse.
Ma l’esperienza ci dice che “ due corpi diversi, posti in un campo gravitazionale, nello stesso punto o comunque uno vicino all’altro, sì da poter ritenere uniforme il campo gravitazionale in quell’intorno, subiscono la stessa accelerazione” .
Questa è l’esperienza di Galileo, forse una leggenda, di corpi diversi lasciati andare dalla cima della torre di Pisa. Ed è l’esperienza eseguita da un astronauta sulla Luna, che ha fatto cadere insieme un martello ed una piuma.
Perciò, dev’essere uguale , per tutti i corpi, il rapporto tra la massa inerziale e la massa gravitazionale.
E tanto vale porre questo rapporto uguale ad $1$ .
Del resto, usando la legge della gravitazione universale, in cui compaiono masse gravitazionali, si riscontra (sperimentalmente) l'eguaglianza numerica con la forza (gravitazionale) misurata usando la seconda legge
in realtà, si deve dire non "uguaglianza numerica", ma "proporzionalità" tra massa inerziale e massa gravitazionale. Poi, scegliendo opportunamente le unità di misura, si può porre la costante di proporzionalità uguale a 1 .
Da cui l'uguaglianza numerica.
Ma se massa inerziale e massa gravitazionale non fossero proporzionali ( uguali come detto) , i corpi cadrebbero con accelerazioni diverse uno dall'altro.
"L'uguaglianza" tra massa inerziale e massa gravitazionale è accertata oggi con una accuratezza, se non erro, di $1/10^12$ .
Supponi di avere un campo gravitazionale di intensità : $g = (GM)/r^2$ , che dipende solo dalla massa che crea il campo $M$ ( oltre che da $r$ ovviamente) .
In questo campo hai due oggetti $1$ e $2$ .
Il peso dell’oggetto $1$ è dato da : $ P_1 = m_(g1)*g $ , dove $m_(g1)$ è la “massa gravitazionale”.
La forza $P_1$ , agendo sulla “massa inerziale” $ m _(i1)$ , in base alla seconda eq della Dinamica le imprime una accelerazione:
$a_1 = P_1/ m _(i1) = m_(g1)/ m _(i1) *g = k_1*g $ , dove $k_1 = m_(g1)/ m _(i1) $
Ripeti ora lo stesso ragionamento per l’ altro corpo 2 , che ha una sua “massa gravitazionale” e una sua “massa inerziale” . Ottieni analogamente :
$a_2 = P_2/ m _(i2) = m_(g2)/ m _(i2) *g = k_2*g $ , dove $k_2 = m_(g2)/ m _(i2) $ .
D’accordo fin qui?
Ora fai il rapporto : $a_1/a_2 = k_1/k_2 $ .
Se il rapporto $ k_1/k_2 $ non fosse uguale ad 1 , avresti che $a_1$ ed $a_2$ sarebbero diversi.
Cioè avresti che due corpi diversi, posti in un campo gravitazionale, avrebbero due accelerazioni diverse.
Ma l’esperienza ci dice che “ due corpi diversi, posti in un campo gravitazionale, nello stesso punto o comunque uno vicino all’altro, sì da poter ritenere uniforme il campo gravitazionale in quell’intorno, subiscono la stessa accelerazione” .
Questa è l’esperienza di Galileo, forse una leggenda, di corpi diversi lasciati andare dalla cima della torre di Pisa. Ed è l’esperienza eseguita da un astronauta sulla Luna, che ha fatto cadere insieme un martello ed una piuma.
Perciò, dev’essere uguale , per tutti i corpi, il rapporto tra la massa inerziale e la massa gravitazionale.
E tanto vale porre questo rapporto uguale ad $1$ .
Ma se massa inerziale e massa gravitazionale non fossero proporzionali ( uguali come detto) , i corpi cadrebbero con accelerazioni gravitazionali diverse uno dall'altro, mentre invece g è uguale per tutti : questo è il principio di Equivalenza in "forma debole" , alla base della Relatività Generale.
Questo è corretto. Tuttavia, riferendomi al testo che ho citato continuo a non capire come si giunga con quell'argomentazione all'equivalenza. Mi spiego: ammettendo che le due masse siano non proporzionali, dato un oggetto x, nel campo si otterrà una certa pesata F, misurazione della costante che moltiplica la massa grav. (legge della grav.) e lo stesso dicasi per quanto riguarda l'accelerazione (ora variabile da corpo a corpo) che moltiplica la massa iner. Al razzo si applichi poi tale accelerazione: si dovrà ottenere ancora la stessa pesata e corrispettivamente la stessa massa iner., ora diversa da quella grav. in quanto l'accelerazione non è costante. Fare questa operazione sul razzo mi sembra ridondante oltre che inutile ai fini della equivalenza, eppure nel testo si legge esplicitamente che l'equivalenza discende dal principio e anche nell'ultimo periodo si trae l'impressione di essere di fronte a un discorso deduttivo in cui il razzo gioca un ruolo determinante. Ebbene, ho appreso da altra fonte una versione del principio nella sua "forma forte" (in un campo grav. è sempre possibile trovare un rifermento che sia localmente inerziale) e lì in poche righe si dimostra effettivamente l'equivalenza (al che la "forma debole" diviene un corollario), ma il principio presentato nel testo di fisica non mi sembra una formulazione equivalente (in pratica afferma che non si rilevano differenze negli esperimenti condotti nella cabina interna al campo e in quella esterna accelerata) e comunque, posto anche che lo sia, non riesco a seguire il filo logico del discorso: sembra che quanto si deve dimostrare sia al contrario un'assunzione preliminare alla sostituzione della variabile 'accelerazione' con il valore costante $g$.
P.S. Navigatore, mi sono accorto che la tua risposta che avevo letto e salvato è stata cambiata e ampliata nel frattempo, comunque quanto ho espresso sopra resta immutato; mi piacerebbe sentire un tuo parere sulla questione per me cruciale: è realmente una dimostrazione oppure fa uso implicito di prove sperimentali preventive (al che non dimostrerebbe nulla)? Il testo del libro ti sembra chiaro, in particolare il senso dell'esperimento di Einstein ai fini della prova di equivalenza? a me sembra piuttosto "ai fini dell'uso dell'equivalenza"...
Filipp
sì, ho modificato e ampliato la risposta. E ho tolto ogni riferimento al principio di Equivalenza debole, come hai visto, poichè la "uguaglianza" ( proporzionalità) tra massa inerziale e massa gravitazionale sussiste anche senza addentrarsi nei meandri della Relatività. Che poi Einstein abbia sfruttato questo fatto, per costruirci su la RG, e tutto merito suo, evidentemente. Ma l'uguaglianza detta sussiste, anche senza parlare di Relatività.
Comunque, più tardi torneremo a parlarne. Ti saluto.
sì, ho modificato e ampliato la risposta. E ho tolto ogni riferimento al principio di Equivalenza debole, come hai visto, poichè la "uguaglianza" ( proporzionalità) tra massa inerziale e massa gravitazionale sussiste anche senza addentrarsi nei meandri della Relatività. Che poi Einstein abbia sfruttato questo fatto, per costruirci su la RG, e tutto merito suo, evidentemente. Ma l'uguaglianza detta sussiste, anche senza parlare di Relatività.
Comunque, più tardi torneremo a parlarne. Ti saluto.
Da come la vedo io il ragionamento di navigatore è quello classico e più corretto per capire perché sperimentalmente massa inerziale e gravitazionale coincidono in meccanica classica: in pratica è una conseguenza dell'evidenza sperimentale che masse diverse subiscono la medesima accelerazione gravitazionale.
Il ragionamento proposto dal libro citato, secondo me, è meno comprensibile e rischia di generare confusione , ma se ci si ragiona bene si può vedere essere equivalente al ragionamento proposto da navigatore: anche in tal caso l'uguaglianza dei due tipi di massa è essenzialmente dedotta dalla costanza dell'accelerazione gravitazionale subita da corpi aventi diversa massa.
La cosa importante da tener presente è che in meccanica classica l'uguaglianza è per così dire una coincidenza data dall'evidenza sperimentale, in relatività generale invece è un postulato di partenza per la teoria stessa.
Il ragionamento proposto dal libro citato, secondo me, è meno comprensibile e rischia di generare confusione , ma se ci si ragiona bene si può vedere essere equivalente al ragionamento proposto da navigatore: anche in tal caso l'uguaglianza dei due tipi di massa è essenzialmente dedotta dalla costanza dell'accelerazione gravitazionale subita da corpi aventi diversa massa.
La cosa importante da tener presente è che in meccanica classica l'uguaglianza è per così dire una coincidenza data dall'evidenza sperimentale, in relatività generale invece è un postulato di partenza per la teoria stessa.
Va bene Faussone, credo di aver inquadrato il discorso.
Dunque, per mettere un po' di ordine:
1) nel testo che ho citato si parte assumendo la costanza dell'accelerazione con il conforto dell'evidenza sperimentale (sancita comunque nel capitolo secondo del libro), si presenta poi l'esperimento mentale di Einstein nel quale, mi pare di capire, tale assunzione risulta essenziale (se le accelerazioni variassero, gli esperimenti si differenzierebbero nei due contesti) ed infine, al termine dell'esperimento, per via dell'assunzione, si perviene al risultato di equivalenza delle masse. Sicuramente è migliore la strada seguita da navigatore perché mette in evidenza in modo inequivocabile che si parte da una evidenza empirica (costanza accelerazione), mentre nel testo questo non appare (quantomeno non è apparso a me) a mio parere a causa di alcune espressioni verbali fuorvianti, da cui l'equivoco; tuttavia, come ho detto tra parentesi, il fatto della costanza di $g$ al variare dei corpi viene enunciata nel capitolo due: il fatto è che io ho frainteso, per via di un certo registro linguistico utilizzato, l'esperimento di Einstein come una prova di $m_{i} = m_g$ prescindendo dall'informazione $g_{} =$ costante (e quindi questo, dal mio punto di vista, non poteva essere assunto). C'è anche da osservare che assumendo l'uguaglianza delle due masse l'esperimento si potrebbe condurre allo stesso modo.
2) per quanto riguarda il Principio di Equivalenza, ho riflettuto un po' in merito alla enunciazione della "versione forte" trovata in rete (Wikipedia, voce "Principio di equivalenza") e devo ammettere che effettivamente non mi sembra la stessa cosa di quella presentata nel testo, che mi pare invece un equivalente dell'uguaglianza delle due masse, visto anche che per via del contesto in cui è inserita non può che essere un cenno preliminare alla teoria della Relatività Generale (il cui sviluppo teorico-formale ammetto di non aver avuto occasione di approfondire, pur sapendo che fa uso di argomenti avanzati di geometria differenziale e calcolo tensoriale). In sostanza, citando il testo di Fisica per le scuole superiori di Caforio e Ferilli, volume terzo:
Dunque, per mettere un po' di ordine:
1) nel testo che ho citato si parte assumendo la costanza dell'accelerazione con il conforto dell'evidenza sperimentale (sancita comunque nel capitolo secondo del libro), si presenta poi l'esperimento mentale di Einstein nel quale, mi pare di capire, tale assunzione risulta essenziale (se le accelerazioni variassero, gli esperimenti si differenzierebbero nei due contesti) ed infine, al termine dell'esperimento, per via dell'assunzione, si perviene al risultato di equivalenza delle masse. Sicuramente è migliore la strada seguita da navigatore perché mette in evidenza in modo inequivocabile che si parte da una evidenza empirica (costanza accelerazione), mentre nel testo questo non appare (quantomeno non è apparso a me) a mio parere a causa di alcune espressioni verbali fuorvianti, da cui l'equivoco; tuttavia, come ho detto tra parentesi, il fatto della costanza di $g$ al variare dei corpi viene enunciata nel capitolo due: il fatto è che io ho frainteso, per via di un certo registro linguistico utilizzato, l'esperimento di Einstein come una prova di $m_{i} = m_g$ prescindendo dall'informazione $g_{} =$ costante (e quindi questo, dal mio punto di vista, non poteva essere assunto). C'è anche da osservare che assumendo l'uguaglianza delle due masse l'esperimento si potrebbe condurre allo stesso modo.
2) per quanto riguarda il Principio di Equivalenza, ho riflettuto un po' in merito alla enunciazione della "versione forte" trovata in rete (Wikipedia, voce "Principio di equivalenza") e devo ammettere che effettivamente non mi sembra la stessa cosa di quella presentata nel testo, che mi pare invece un equivalente dell'uguaglianza delle due masse, visto anche che per via del contesto in cui è inserita non può che essere un cenno preliminare alla teoria della Relatività Generale (il cui sviluppo teorico-formale ammetto di non aver avuto occasione di approfondire, pur sapendo che fa uso di argomenti avanzati di geometria differenziale e calcolo tensoriale). In sostanza, citando il testo di Fisica per le scuole superiori di Caforio e Ferilli, volume terzo:
- "Ogni sistema di riferimento inerziale, immerso in un campo gravitazionale uniforme, è del tutto equivalente a un sistema di riferimento uniformemente accelerato (rispetto al primo) nel quale non vi sia alcun campo gravitazionale"[/list:u:1f4tmkyp]
3) infine, tramite la "versione forte" (ovviamente per mezzo di una dimostrazione per assurdo) Einstein volle supportare quella "debole" ovvero dedurre questa da un principio più generale o più probabilmente è capitato che, essendo la prima versione indispensabile allo sviluppo della sua teoria così come la seconda, dalla prima si dovesse o si potesse logicamente pervenire alla seconda. Praticamente io mi ero convinto che i passaggi contenuti nel testo dovessero rappresentare una deduzione formale dell'equivalenza, e il conto non mi tornava, fuorviato anche in questa mia errata convinzione da certe espressioni linguistiche utilizzate dall'autore (o dal traduttore) del libro.
Se in quanto ho affermato vi dovessero essere delle inesattezze, anche minime, pregherei gentilmente di metterle in evidenza, grazie.
La cosa importante da tener presente è che in meccanica classica l'uguaglianza è per così dire una coincidenza data dall'evidenza sperimentale, in relatività generale invece è un postulato di partenza per la teoria stessa.

Filipp,
nel precedente post mi sono limitato alla Meccanica classica, come dice Faussone.
Quella che ti ho detto è solo una illustrazione della conseguenza di un fatto sperimentale : tutti i corpi nel campo gravitazionale subiscono la stessa accelerazione, per effetto della azione $P$ del campo stesso : $P=G(Mm_g)/r^2$ .
Tale interazione $P$, assunta come “forza F” newtoniana , imprime alla massa $m_i$ l’accelerazione $a_i$ :
$F = m_i*a_i$ .
Che poi la quantità $P/(m_g )= GM/r^2$ , che ha le carte in regola per essere chiamata “ accelerazione $g$”, sia proporzionale ad $a_i$ nel senso già detto, appare un “caso fortuito”, come dice un famoso relativista di cui ho vari libri, Wolfgang Rindler, nel suo libro: “Relativity, special, general, cosmological” (Oxford U.P.).
Ciò detto, fu il genio di Einstein ad afferrare il significato recondito di questa equivalenza tra $m_i$ ed $m_g$ , ed eleggerla a “Principio di equivalenza” ( ma questa è la forma debole ).
Sempre Rindler riporta un pensiero di Einstein : “ E’stata l’idea più felice della mia vita, capire che Inerzia e Gravitazione sono due aspetti dello stesso fenomeno”
E’ per illustrare questa idea, non per "dimostrare" il Principio di Equivalenza, che Einstein fece i suoi “gedankenexperimente” col suo famoso ascensore, posto prima fermo in un campo gravitazionale ( i corpi cadono in esso con la stessa accelerazione) e poi posto nello spazio profondo, inerziale, dove gli oggetti all’interno “galleggiano” fin quando l’ascensore rimane inerziale, ma se viene accelerato in una direzione gli oggetti “cadono” verso la direzione opposta tutti alla stessa maniera.
Quindi l’Equivalenza non deve essere dimostrata, semmai deve essere fatta vedere.
Perciò concordo con te che la descrizione che hai riportato non è delle più felici, forse.
Ti consiglio di leggere la “Relatività-Esposizione divulgativa” di Einstein ( ed Boringhieri) per la parte relativa agli esperimenti con l’ascensore.
E concordo con te, che il Principio di Equivalenza di Einstein ( che alla fine ingloba quello debole) è molto più sintetico e chiaro al riguardo: in un punto qualunque dello spaziotempo, si può considerare un riferimento locale, non rotante ed in caduta libera nel campo gravitazionale ivi esistente, nel quale le leggi della Fisica assumono la forma che viene data loro dalla Relatività Ristretta. Questi riferimenti sono detti appunto “inerziali locali”, e non si insiste mai abbastanza sul requisito della “località”.
Quindi, la curvatura globale dello spaziotempo per effetto della materia-energia diventa “piattezza locale” in ogni riferimento inerziale locale. E’ questo principio indispensabile, che Einstein ha assunto alla base della sua teoria della RG, e la teoria ne fa largo uso, con le sue equazioni tensoriali.
Conosci l’Inglese ? Ti posso mettere qui due pagine del libro di Rindler, dove la faccenda è descritta molto chiaramente.
Ciao.
nel precedente post mi sono limitato alla Meccanica classica, come dice Faussone.
Quella che ti ho detto è solo una illustrazione della conseguenza di un fatto sperimentale : tutti i corpi nel campo gravitazionale subiscono la stessa accelerazione, per effetto della azione $P$ del campo stesso : $P=G(Mm_g)/r^2$ .
Tale interazione $P$, assunta come “forza F” newtoniana , imprime alla massa $m_i$ l’accelerazione $a_i$ :
$F = m_i*a_i$ .
Che poi la quantità $P/(m_g )= GM/r^2$ , che ha le carte in regola per essere chiamata “ accelerazione $g$”, sia proporzionale ad $a_i$ nel senso già detto, appare un “caso fortuito”, come dice un famoso relativista di cui ho vari libri, Wolfgang Rindler, nel suo libro: “Relativity, special, general, cosmological” (Oxford U.P.).
Ciò detto, fu il genio di Einstein ad afferrare il significato recondito di questa equivalenza tra $m_i$ ed $m_g$ , ed eleggerla a “Principio di equivalenza” ( ma questa è la forma debole ).
Sempre Rindler riporta un pensiero di Einstein : “ E’stata l’idea più felice della mia vita, capire che Inerzia e Gravitazione sono due aspetti dello stesso fenomeno”
E’ per illustrare questa idea, non per "dimostrare" il Principio di Equivalenza, che Einstein fece i suoi “gedankenexperimente” col suo famoso ascensore, posto prima fermo in un campo gravitazionale ( i corpi cadono in esso con la stessa accelerazione) e poi posto nello spazio profondo, inerziale, dove gli oggetti all’interno “galleggiano” fin quando l’ascensore rimane inerziale, ma se viene accelerato in una direzione gli oggetti “cadono” verso la direzione opposta tutti alla stessa maniera.
Quindi l’Equivalenza non deve essere dimostrata, semmai deve essere fatta vedere.
Perciò concordo con te che la descrizione che hai riportato non è delle più felici, forse.
Ti consiglio di leggere la “Relatività-Esposizione divulgativa” di Einstein ( ed Boringhieri) per la parte relativa agli esperimenti con l’ascensore.
E concordo con te, che il Principio di Equivalenza di Einstein ( che alla fine ingloba quello debole) è molto più sintetico e chiaro al riguardo: in un punto qualunque dello spaziotempo, si può considerare un riferimento locale, non rotante ed in caduta libera nel campo gravitazionale ivi esistente, nel quale le leggi della Fisica assumono la forma che viene data loro dalla Relatività Ristretta. Questi riferimenti sono detti appunto “inerziali locali”, e non si insiste mai abbastanza sul requisito della “località”.
Quindi, la curvatura globale dello spaziotempo per effetto della materia-energia diventa “piattezza locale” in ogni riferimento inerziale locale. E’ questo principio indispensabile, che Einstein ha assunto alla base della sua teoria della RG, e la teoria ne fa largo uso, con le sue equazioni tensoriali.
Conosci l’Inglese ? Ti posso mettere qui due pagine del libro di Rindler, dove la faccenda è descritta molto chiaramente.
Ciao.
Ti ringrazio navigatore per queste osservazioni e, visto che mi sembri esperto dell'argomento, senza voler abusare del tuo tempo e cortesia, ne approfitto per avere un paio di delucidazioni.
Mi è parso di capire che comunque Einstein abbia attinto la sua intuizione dal fatto sperimentale; il fatto che poi tu ponga tra parentesi che sia la forma debole indica per caso che il "significato recondito" è contenuto in quella forte?
Dunque, prima di Einstein (1) il fatto non era nulla più di una straordinaria coincidenza ed era per giunta confinato all'interno del campo gravitazionale; solo con Einstein (grazie anche a questi suoi esperimenti mentali) si è potuto visualizzare qualcosa che all'epoca non era fattibile: una prova in assenza di gravità che "certificava" un comportamento analogo. Mi domando tuttavia il significato del termine "fenomeno": si intende forse con questo la fenomenologia racchiusa nella forma forte del principio di equivalenza?
A tal proposito, considerando però che di tensori di Riemann non ho competenze così come dell'impostazione formale della RG che ha un apparato tecnico ben diverso dal caso speciale ( tanto che anche Einstein dovette studiare per utilizzarlo), le due pagine che hai gentilmente offerto di postare potrebbero essere utili.
(1) come affermato anche dal testo alla pagina che precede quella che ho citato e che pure ha contribuito a confondermi le idee rispetto alla descrizione dell'equivalenza che "rimaneva" in effetti in un'ottica classica, per via della constatazione/assunzione della costanza di g, per così dire però rinnovata o ampliata dall'esperimento di Einstein che la eleva al rango di postulato.
Ciò detto, fu il genio di Einstein ad afferrare il significato recondito di questa equivalenza tra mi ed mg , ed eleggerla a “Principio di equivalenza” ( ma questa è la forma debole ).
Mi è parso di capire che comunque Einstein abbia attinto la sua intuizione dal fatto sperimentale; il fatto che poi tu ponga tra parentesi che sia la forma debole indica per caso che il "significato recondito" è contenuto in quella forte?
Sempre Rindler riporta un pensiero di Einstein : “ E’stata l’idea più felice della mia vita, capire che Inerzia e Gravitazione sono due aspetti dello stesso fenomeno”
Dunque, prima di Einstein (1) il fatto non era nulla più di una straordinaria coincidenza ed era per giunta confinato all'interno del campo gravitazionale; solo con Einstein (grazie anche a questi suoi esperimenti mentali) si è potuto visualizzare qualcosa che all'epoca non era fattibile: una prova in assenza di gravità che "certificava" un comportamento analogo. Mi domando tuttavia il significato del termine "fenomeno": si intende forse con questo la fenomenologia racchiusa nella forma forte del principio di equivalenza?
A tal proposito, considerando però che di tensori di Riemann non ho competenze così come dell'impostazione formale della RG che ha un apparato tecnico ben diverso dal caso speciale ( tanto che anche Einstein dovette studiare per utilizzarlo), le due pagine che hai gentilmente offerto di postare potrebbero essere utili.
(1) come affermato anche dal testo alla pagina che precede quella che ho citato e che pure ha contribuito a confondermi le idee rispetto alla descrizione dell'equivalenza che "rimaneva" in effetti in un'ottica classica, per via della constatazione/assunzione della costanza di g, per così dire però rinnovata o ampliata dall'esperimento di Einstein che la eleva al rango di postulato.
filipp,
sono solo un appassionato della materia, diciamo che anni fa mi venne la voglia di impadronirmi tecnicamente e matematicamente della RG, oltre che della RR, poichè i libri divulgativi non mi bastavano più, e mi dedicai prima allo studio del calcolo tensoriale e della geometria differenziale, fino ad arrivare poi alle equazioni di campo di Einstein, che sono equazioni differenziali non lineari, e alla loro soluzione più famosa e tuttora considerata la più importante, quella di Schwarzschild. Ma il cammino è lungo.
Per tornare in argomento, col senno di poi, il principio di Equivalenza (in forma debole) sembra la scoperta dell'acqua calda : tutti i corpi in un campo gravitazionale che si possa ritenere uniforme a motivo della sua limitatezza "nello spazio e nel tempo" ( di qui la necessità del "locale") cadono con la stessa accelerazione ( questa è l'evidenza sperimentale d icui abbiamo parlato, che conduce a $m_i = m_g$ ).
Da qui Einstein, che non conosceva ancora i satelliti artificiali con gli astronauti dentro, e quindi faceva i suoi esperimenti mentali con gli ascensori, dedusse l'equivalenza tra Gravitazione ed Inerzia, come sappiamo.
L'aggettivo "recondito" l'ho usato io, forse a sproposito: è sempre meglio astenersi dal mettere aggettivi! Ma sarai d'accordo sul fatto che non è facile passare dal Principio in "forma debole" a dire che : " un campo gravitazionale è equivalente localmente ad un riferimento in moto accelerato. Quindi, per liberarci localmente della gravità, facciamo cadere liberamente il riferimento stesso, e dentro tale riferimento facciamo esperimenti di Fisica : troveremo le leggi della relatività ristretta per tali esperimenti ".
Chiedi qual è il significato del termine "fenomeno": penso si dovrebbe intendere come tale qualunque fatto fisico, nulla di "fenomenale" !
Ti dò alcuni link a dei corsi, che ho trovato utili . Uno è questo, in Inglese, dove ti segnalo il capitolo introduttivo e in particolare i paragrafi sul principio di Equivalenza e i riferimenti inerziali locali :
http://www.roma1.infn.it/teongrav/VALER ... 011_12.pdf
Un altro é questo , di Sean Carroll , che si trova su arxiv. org, di cui ti segnalo il cap 4 : puoi lasciar perdere la matematica.
http://arxiv.org/pdf/gr-qc/9712019.pdf
E poi , ti metto le pagine del libro di Rindler , che sono un pò più di due..
sono solo un appassionato della materia, diciamo che anni fa mi venne la voglia di impadronirmi tecnicamente e matematicamente della RG, oltre che della RR, poichè i libri divulgativi non mi bastavano più, e mi dedicai prima allo studio del calcolo tensoriale e della geometria differenziale, fino ad arrivare poi alle equazioni di campo di Einstein, che sono equazioni differenziali non lineari, e alla loro soluzione più famosa e tuttora considerata la più importante, quella di Schwarzschild. Ma il cammino è lungo.
Per tornare in argomento, col senno di poi, il principio di Equivalenza (in forma debole) sembra la scoperta dell'acqua calda : tutti i corpi in un campo gravitazionale che si possa ritenere uniforme a motivo della sua limitatezza "nello spazio e nel tempo" ( di qui la necessità del "locale") cadono con la stessa accelerazione ( questa è l'evidenza sperimentale d icui abbiamo parlato, che conduce a $m_i = m_g$ ).
Da qui Einstein, che non conosceva ancora i satelliti artificiali con gli astronauti dentro, e quindi faceva i suoi esperimenti mentali con gli ascensori, dedusse l'equivalenza tra Gravitazione ed Inerzia, come sappiamo.
L'aggettivo "recondito" l'ho usato io, forse a sproposito: è sempre meglio astenersi dal mettere aggettivi! Ma sarai d'accordo sul fatto che non è facile passare dal Principio in "forma debole" a dire che : " un campo gravitazionale è equivalente localmente ad un riferimento in moto accelerato. Quindi, per liberarci localmente della gravità, facciamo cadere liberamente il riferimento stesso, e dentro tale riferimento facciamo esperimenti di Fisica : troveremo le leggi della relatività ristretta per tali esperimenti ".
Chiedi qual è il significato del termine "fenomeno": penso si dovrebbe intendere come tale qualunque fatto fisico, nulla di "fenomenale" !
Ti dò alcuni link a dei corsi, che ho trovato utili . Uno è questo, in Inglese, dove ti segnalo il capitolo introduttivo e in particolare i paragrafi sul principio di Equivalenza e i riferimenti inerziali locali :
http://www.roma1.infn.it/teongrav/VALER ... 011_12.pdf
Un altro é questo , di Sean Carroll , che si trova su arxiv. org, di cui ti segnalo il cap 4 : puoi lasciar perdere la matematica.
http://arxiv.org/pdf/gr-qc/9712019.pdf
E poi , ti metto le pagine del libro di Rindler , che sono un pò più di due..