Esperimento di Galileo sul piano inclinato.
Si tratta di capire una cosa riguardo a questo esperimento.
Lo ricapitolo per renderlo più chiaro a me e a chiunque voglia rispondermi. Inoltre, lo espongo per farmi eventualmente correggere ove ce ne fosse bisogno.
Dunque, Galileo fece questo esperimento per analizzare il modo dei gravi. Difatti, mediante il celebre esperimento mentale dei due gravi che mantenevano la stessa velocità uguale quando si univano, egli intuì che le concezioni aristoteliche sui gravi in caduta non erano valide. In realtà avrebbe fatto questo esperimento collegando un piano inclinato con un altro, in modo tale che la pallina usata come grave, una volta caduta ai piedi del primo, risalisse il secondo arrivando alla medesima altezza da cui era disceso.
Dunque, riscoprì lo strumento del piano inclinato.
Un grave, inizialmente fermo, posto sulla sommità del piano inclinato, e fatto cadere sulla superficie di esso, doveva essere analizzato valutando le posizioni corrispondenti agli istanti di tempo t, secondo una legge del tipo s(t), che associasse ai valori del tempo determinati valori dello spazio.
Per superare le difficoltà del tempo legate agli strumenti che egli usava nelle misurazioni, egli decise di sistemare dei campanelli che il moto in caduta raggiungeva ogni intervallo di tempo unitario (l'intervallo di tempo che intercorreva tra la caduta di due gocce d'acqua nell' orologio ad acqua). E si accorse che man mano che cadeva verso il basso, il grave utilizzato copriva, nell'intervallo di tempo che passava tra il suono di due campanelli, distanze progressivamente maggiori, secondo la "legge dei numeri dispari": se si faceva corrispondere la prima distanza ad un valore L considerato unitario, nei successivi istanti unitari il grave copriva distanze 3L, 5L, 7L, e così via.
La distanza L era funzione della pendenza (Y) del piano: L(Y).
Ora, era possibile collegare le varie relazioni sin qui esposte secondo la seguente legge: s=[L(Y)]t al quadrato.(relazione 1)
La legge trovata da Galileo è formalmente identica a quella di un moto uniformemente accelerato (quale è quello di un corpo soggetto alla forza di gravità, in caduta verso il basso): s=1/2 a t al quadrato (relazione 2).
Chiedo:
Visto che la 1 e la 2 sono formalmente corrette, come si può arrivare alla 2 partendo dalla 1? Mi spiego meglio. Le due relazioni sarebbero formalmente corrette per i motivi esposti di seguito: in un moto uniformemente accelerato, l'accelerazione è costante (e quindi sarà costante anche la sua metà, cioè a/2). Ma anche nella prima relazione, L è costante, una volta scelto Y. A questo punto mi chiedo come si sia fatto ad arrivare alla formulazione odierna della legge del moto uniformemente accelerato partendo da quella di Galileo.
Aggiungo un'altra cosa. Dopo la scoperta del calcolo infinitesimale, Newton formulò il concetto di accelerazione istantanea. Ebbene, arrivò ad un valore di questa accelerazione proprio uguale a 2L. a=2L => a/2=L.
Fu Newton a riformulare le leggi di Galileo dopo aver definito operativamente le "nuove" grandezze di velocità e accelerazione e aver discusso su di esse in intervalli infinitesimi? O è stato qualche altro dopo Newton? E' per questo che le leggi di Galileo adesso le conosciamo nella forma odierna? Perchè le due grandezze sono state nel frattempo definite operativamente (cosa che evidentemente Galileo non aveva fatto)? Possibile che sia stato possibile solo dopo la scoperta del calcolo infinitesimale, riformulare le leggi di Galileo come le conosciamo oggi?
Se devo essere più chiaro, ditemelo.
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Admin: appunti sul piano inclinato
test sul piano inclinato
Lo ricapitolo per renderlo più chiaro a me e a chiunque voglia rispondermi. Inoltre, lo espongo per farmi eventualmente correggere ove ce ne fosse bisogno.
Dunque, Galileo fece questo esperimento per analizzare il modo dei gravi. Difatti, mediante il celebre esperimento mentale dei due gravi che mantenevano la stessa velocità uguale quando si univano, egli intuì che le concezioni aristoteliche sui gravi in caduta non erano valide. In realtà avrebbe fatto questo esperimento collegando un piano inclinato con un altro, in modo tale che la pallina usata come grave, una volta caduta ai piedi del primo, risalisse il secondo arrivando alla medesima altezza da cui era disceso.
Dunque, riscoprì lo strumento del piano inclinato.
Un grave, inizialmente fermo, posto sulla sommità del piano inclinato, e fatto cadere sulla superficie di esso, doveva essere analizzato valutando le posizioni corrispondenti agli istanti di tempo t, secondo una legge del tipo s(t), che associasse ai valori del tempo determinati valori dello spazio.
Per superare le difficoltà del tempo legate agli strumenti che egli usava nelle misurazioni, egli decise di sistemare dei campanelli che il moto in caduta raggiungeva ogni intervallo di tempo unitario (l'intervallo di tempo che intercorreva tra la caduta di due gocce d'acqua nell' orologio ad acqua). E si accorse che man mano che cadeva verso il basso, il grave utilizzato copriva, nell'intervallo di tempo che passava tra il suono di due campanelli, distanze progressivamente maggiori, secondo la "legge dei numeri dispari": se si faceva corrispondere la prima distanza ad un valore L considerato unitario, nei successivi istanti unitari il grave copriva distanze 3L, 5L, 7L, e così via.
La distanza L era funzione della pendenza (Y) del piano: L(Y).
Ora, era possibile collegare le varie relazioni sin qui esposte secondo la seguente legge: s=[L(Y)]t al quadrato.(relazione 1)
La legge trovata da Galileo è formalmente identica a quella di un moto uniformemente accelerato (quale è quello di un corpo soggetto alla forza di gravità, in caduta verso il basso): s=1/2 a t al quadrato (relazione 2).
Chiedo:
Visto che la 1 e la 2 sono formalmente corrette, come si può arrivare alla 2 partendo dalla 1? Mi spiego meglio. Le due relazioni sarebbero formalmente corrette per i motivi esposti di seguito: in un moto uniformemente accelerato, l'accelerazione è costante (e quindi sarà costante anche la sua metà, cioè a/2). Ma anche nella prima relazione, L è costante, una volta scelto Y. A questo punto mi chiedo come si sia fatto ad arrivare alla formulazione odierna della legge del moto uniformemente accelerato partendo da quella di Galileo.
Aggiungo un'altra cosa. Dopo la scoperta del calcolo infinitesimale, Newton formulò il concetto di accelerazione istantanea. Ebbene, arrivò ad un valore di questa accelerazione proprio uguale a 2L. a=2L => a/2=L.
Fu Newton a riformulare le leggi di Galileo dopo aver definito operativamente le "nuove" grandezze di velocità e accelerazione e aver discusso su di esse in intervalli infinitesimi? O è stato qualche altro dopo Newton? E' per questo che le leggi di Galileo adesso le conosciamo nella forma odierna? Perchè le due grandezze sono state nel frattempo definite operativamente (cosa che evidentemente Galileo non aveva fatto)? Possibile che sia stato possibile solo dopo la scoperta del calcolo infinitesimale, riformulare le leggi di Galileo come le conosciamo oggi?
Se devo essere più chiaro, ditemelo.
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Admin: appunti sul piano inclinato
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Risposte
Personalmente non so la soluzione, ma mi verrebbe da pensare che la forma attuale sia stata ottenuta grazie al calcolo infinitesimale. Senza di quello si sapeva che la velocità è la variazione di spazio nel tempo e l'accelerazione la variazione di velocità nel tempo...quindi $s=vt$ e $v=at$ (anche se immagino non in questa forma), ma la prima si invalidava nel caso di $a ne 0$ perchè $v$ non era più costante...inoltre $s=Kt^2$.
Non so nulla di storia di queste scoperte, ma facendo questo ragionamento mi verrebbe quasi da dire che il calcolo infinitsimale sia stato inventato per risolvere questo problema
aggiornando così Galileo. Comunque non so neanche con certezza se c'era qualcosa tipo $v=at$...buh
Non so nulla di storia di queste scoperte, ma facendo questo ragionamento mi verrebbe quasi da dire che il calcolo infinitsimale sia stato inventato per risolvere questo problema


In effetti, il mio professore mi ha detto che il calcolo infinitesimale lo avrebbe inventato in realtà Newton, che stupiva i suoi contemporanei prevedendo cose che essi, non conoscendo il calcolo differenziale, non potevano prevedere. Poi Leibniz avrebbe sviluppato autonomi ragionamenti analoghi a quelli dell'autore dei Principia.
Aspettando altre risposte (perché mi farebbero bene alla salute, ricordiamolo), aggiungerò a breve (devo per forza imparare MathLab, ed era ora che lo facessi) una cosa a quanto già detto (che spero sia meno incomprensibile).
Aspettando altre risposte (perché mi farebbero bene alla salute, ricordiamolo), aggiungerò a breve (devo per forza imparare MathLab, ed era ora che lo facessi) una cosa a quanto già detto (che spero sia meno incomprensibile).