Definizione di calore e I principio della termodinamica

singularity
Consideriamo un sistema termodinamico racchiuso da pareti adiabatiche, in modo tale che il sistema possa scambiare energia solo tramite lavoro termodinamico. Sul libro "Fisica Generale 1" del Focardi, dice che sperimentalmente : "quando un sistema subisce diverse trasformazioni adiabatiche tra uno stato $i$ e uno stato $f$, il lavoro termodinamico corrispondente $L_(if,ad)$ (lavoro adiabatico) risulta indipendente dalla trasformazione (pur sempre adiabatica)".

Quindi, posta la convenzione secondo cui:

il lavoro compiuto dal sistema è negativo
e il lavoro subito dal sistema è positivo

Possiamo affermare che tale lavoro si può esprimere come variazione di una funzione che dipende solamente dagli stati $i$ ed $f$ del sistema (e quindi una funzione di stato), a cui diamo il nome di Energia Interna (in analogia con il lavoro delle forze conservative e la variazione di Energia Potenziale in Meccanica). Quindi:

$L_(if,ad)=Delta E_0$

Inoltre, sempre dal Focardi: "eseguendo trasformazioni diverse che portano dallo stato $i$ allo stato $f$, si trovano sperimentalmente valori differenti sia dal corrispondente lavoro adiabatico sia fra loro".

Quindi $L_(if) != L_(if,ad)$ da cui:

$DeltaE_0 != L_if$ quindi $DeltaE_0 - L_if=Q$

La grandezza Q è quindi una grandezza con le dimensioni di un energia, caratteristica della trasformazione, a cui diamo il nome di Calore. Assegnata la convenzione secondo cui:

il calore assorbito dal sistema è positivo
il calore ceduto dal sistema è negativo

possiamo scrivere il Primo Principio della termodinamica nella forma:

$DeltaE_0 = L + Q$

Mi chiedo: è corretta come definizione di calore e/o come dimostrazione della Prima Legge della Termodinamica?

Risposte
donald_zeka
Mi pare proprio brutta...sul Rosati, "Fisica generale" procede diversamente. Innanzitutto parte dall'esperienza di Joule (principio di equivalenza), ossia data una trasformazione ciclica eseguita da un sistema termodinamico durante la quale il sistema scambia lavoro $L$ e calore $Q$ con l'esterno, allora esiste un rapporto costante tra $L$ e $Q$ universale e indipendente dal sistema considerato e dal tipo di trasformazione, questo rapporto costante si chiama equivalente meccanico della caloria: $J=L/Q$.
Risulta quindi che in una trasformazione ciclica $L=QJ$, supponiamo quindi di esprimere $Q$ con le stesse unità di misura di $L$ (nel rosati il calore era stato definito precedentemente alla trattazione sul primo principio e aveva come unità di misura la caloria), si ha: $L=Q$ in una trasformazione ciclica.

Consideriamo adesso due stati $A$ e $B$ di equilibrio e due trasformazioni qualsiasi (reversibili o irreversibili) $alpha$ e $beta$ che vanno da $A$ a $B$ e sia $gamma$ una trasformazione da $B$ a $A$, le due trasformazioni $alpha+gamma$ e $beta+gamma$ sono entrambe ciliche, siano quindi $Q_(alpha), L_(alpha), Q_(beta), L_(beta), Q_(gamma), L_(gamma)$ i calori e lavori coinvolti rispettivamente in $alpha$, $beta$ e $gamma$, in base al principio di equivalenza si ha:

$Q_(alpha)+Q_(gamma)=L_(alpha)+L_(gamma)$ (valido nella trasformazione ciclica $alpha+gamma$) ossia:
$Q_(alpha)-L_(alpha)=L_(gamma)-Q_(gamma)$

Stessa cosa vale per la trasformazione $beta+gamma$:

$Q_(beta)-L_(beta)=L_(gamma)-Q_(gamma)$

Quindi:

$Q_(beta)-L_(beta)=Q_(alpha)-L_(alpha)$

Essendo $alpha$ e $beta$ arbitrarie trasformazione tra $A$ e $B$, si conclude che la quantità $Q-L$ è indipendente dalla particolare trasformazione eseguita ma dipende solo dagli stati $A$ e $B$ di equilibrio finali delle due trasformazioni, esiste cioè una funzione $f(A,B)$ tale che:

$Q-L=f(A,B)$

Per una trasformazione che conduce da B a A quindi vale:

$Q-L=f(B,A)$

Sommano le due conclusioni precedenti, ricordando quindi che in una trasf. ciclica Q-L=0 si ha:

$f(A,B)=-f(B,A)$

Consideriamo ora una trasformazione da A a B che abbia uno stato intermedio $O$ fissato, si ha:

$Q-L=f(A,B)=f(A,O)+f(O,B)=f(A,O)-f(B,O)$

Posto $f(A,O)=-U(A)$ e $f(B,O)=-U(B)$ si ha:

$Q-L=U(B)-U(A)$

e $U$ viene chiamata energia interna del sistema

singularity
Grazie per la risposta, mi piace molto il metodo che hai usato per definire l'energia interna.

Volendo però definire anche il calore a partire dai due risultati sperimentali enunciati nel primo messaggio, la mia ti sembra una trattazione corretta? (al di là dell'opinabile eleganza e/o bellezza)

donald_zeka
Mah non saprei, se il libro non ha precedentemente parlato del calore, allora quale significato associa al termine "adiabatico", come si fa a dire che un processo è adiabatico prima ancora di dire cos'è il calore? Inoltre dice "in modo tale che il sistema possa scambiare energia solo tramite lavoro termodinamico" facendo presagire che si possa scambiare energia in modo diverso dal lavoro (ossia calore), ma questo, prima di definire il calore non ha senso...in pratica il libro sa già a cosa vuole arrivare (al calore) ma per arrivarci lo da per scontato...insomma se tu non sapessi niente sull'esistenza del calore, in che modo potresti parlare di adiabaticità e "scambiare energia solo tramite lavoro termodinamico"?

singularity
"Vulplasir":
Mah non saprei, se il libro non ha precedentemente parlato del calore, allora quale significato associa al termine "adiabatico", come si fa a dire che un processo è adiabatico prima ancora di dire cos'è il calore?


All'inizio del capitolo sulla Termodinamica, dopo aver definito lo stato di equilibrio termodinamico di un sistema, mette in evidenza la proprietà di due sistemi all' equilibrio i quali, messi a contatto tra loro, possono mutare i propri stati a seconda del tipo di parete che li separa. Dopodiché definisce le pareti diatermiche e adiabatiche (cito testualmente):

"Nel caso in cui due sistemi siano separati da una parete diatermica, si osserva che essa, salvo casi particolari, cambiano i loro stati ed evolvono spontaneamente fino a raggiungere nuovi stati di equilibrio. Le pareti diatermiche, quindi, consentono che fra i due sistemi si abbia una forma d'interazione, non meccanica. Questa interazione è detta di tipo termico. [...] Quando invece i sistemi sono separati da una parete adiabatica, permangono a lungo (idealmente, per sempre) nei loro stati iniziali, qualunque essi siano"

Neanche a me piace molto come modo di procedere... Però, nel tentativo di costruire un discorso coerente che parta dalla definizione di calore (magari attraverso la Calorimetria) e arrivi alla Prima Legge della termodinamica ti vorrei chiedere come il Rosati definisce il calore.

donald_zeka
Nel rosati a proposito del calore dice:
Per esperienza, se due corpi della stessa sostanza vengono messi a contatto termico, essi raggiungono la medesima temperatura di equilibrio secondo la relazione:

$m_1(T-T_1)=m_2(T_2-T)$

Se invece i corpi a contatto sono di sostanze diverse, la precedente non vale più, ma vale più in generale:

$m_1c_1(T-T_1)=m_2c_2(T_2-T)$

Essendo c un opportuno coefficiente di ogni corpo detto "calore specifico"

Se si pongono quindi n corpi a contatto termico, essi raggiungono l'equilibrio e vale:

$summ_ic_i(T-T_i)=0$

E la generica quantità $Q_i=m_ic_i(T-T_i)$ viene chiamata "quantità di calore"

Quindi se n corpi scambiano calore tra loro vale $sumQ_i=0$, ossia si dice che il sistema degli n corpi forma un "sistema adiabatico"

singularity
Ok, grazie :smt023

Vincenzo102
Questa può diventare una discussione interessante. Penso che si dovrebbe partire esponendo la migliore definizione di "sistema termodinamico". O almeno la più attuale. Ripercorrere le tappe essenziali fino al I principio con spirito critico. Non solo perché una rivisitazione critica fa sempre bene ma anche perché negli anni della fine dell'800 Mayer, Helmoholtz, Colding, Joule, Carnot, Rumford proprio studiando il calore formularono il fondamentalissimo principio di conservazione dell'energia.
Io ho per le mani un libro un po' datato (Il Resnick Halliday ed. 1967 ) e dice che per sistema si intende una qualunque "porzione di materia" che "nella nostra mente, teniamo separata dall'ambiente circostante". E' bella ma forse non molto soddisfacente. Che ne pensate?

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