Comportamento di un uomo su un treno che accelera II.

turtle87crociato
Provo a tradurre in termini matematici tutto ciò che ho detto in altre discussioni precedenti sui miei dubbi a proposito di ciò che avviene in sistemi di riferimento non inerziali a corpi non solidali con questo sistema. Probabilmente le risposte saranno sempre le stesse già ricevute, probabilmente saranno parzialmente insoddisfacenti (per colpa mia, ovviamente, perché devo ancora capire bene, e non so se ci riuscirò, cosa sia la fisica intimamente), probabilmente molti saranno incuriositi dal titolo e poi scoraggiati dalle corbellerie che annuncio con tanta enfasi. Molti altri mi considereranno un cretino, che non vuole capire (e ne avranno ben ragione, non mi offenderei), perché ho postato diecimila discussioni tutte simili.

Ieri mi è venuto in mente come provare a ripartire per mettere ordine sui principi della dinamica e le loro implicazioni. Parto da un esempio pratico, quello già esposto altrove, del treno che all’improvviso accelera o decelera.

Dunque, supponiamo che il treno si muova di moto rettilineo uniforme rispetto a un sistema di riferimento solidale con la Terra. Secondo l'osservatore sulla Terra, l'uomo nel treno si muoverà di moto rettilineo uniforme, e quindi il sistema di riferimento del treno sarà inerziale. In questo caso avviene che la velocità che ha il treno rispetto ad un osservatore sulla Terra "si trasmette" al personaggio presente sul treno: ad istanti $t_1$ e $t_2$ successivi, la variazione di posizione del treno nell'intervallo $\Delta t= t_2-t_1$ viene avvertita dall'uomo sul treno istantaneamente, ovvero contemporaneamente a come l'avverte il treno. Il principio di inerzia sarà confermato da ciò che avviene sperimentalmente, sia nel sistema di riferimento inerziale rappresentato dal treno che in quello rappresentato dalla Terra, perché il corpo sarà fermo secondo il sistema di riferimento del treno, e in moto con velocità costante in quello rappresentato dalla Terra.

All’improvviso il treno accelera. Quindi accade che, tra due istanti successivi $t_1$ e $t_2$, la velocità del treno cambia. L'uomo sul treno avverte il cambiamento non istantaneamente, ma dopo un istante $t + \Delta t$: se avvertisse il cambiamento di moto istantaneamente, come l’intuizione, quella legata immediatamente all’ esperienza (ovvero immediatamente legata ai sensi, come prima parte della mente in grado di effettuare un processo di astrazione) mi suggerisce, allora il corpo accelererebbe insieme al treno, rimanendo fermo. Il principio di inerzia sarebbe quindi esteso ulteriormente, a qualunque sistema in moto relativo costante rispetto ad un altro, e non semplicemente a “velocità relativa costante” l’uno rispetto all’altro.

Alla luce di quanto scritto, perché le due variazioni si trasmettono in un caso simultaneamente, in un altro caso non simultaneamente, dal treno al corpo? Se il corpo non è solidale con il treno (attaccato, appiccicato ad esso), perché in due casi avvengono cose diverse? E’ una di quelle domande da fare al Padreterno, cioè una cosa da accettare e basta, e da giustificare a posteriori con un procedimento che partendo dal principio, indimostrabile, tenta di spiegare la realtà, oppure c’è da riflettere su questa apparente intuizione comune?

E’ possibile che Galileo ebbe un’ intuizione diversa dalla mia, che mi pare così razionalmente “pulita”? Oppure l’intuizione che Galileo ebbe fu solo quella della palla sul piano, e non quella che spiega il comportamento dell’uomo sul treno?

Galileo riuscì solo razionalmente, mediante dimostrazioni che sono più matematiche (legate alla logica) che fisiche (basate sulle osservazioni dei fenomeni fisici solo posteriormente ricondotti a matematica), partendo da una piccola-grande intuizione (l’esperimento ideale del piano perfettamente liscio etc. etc.), apparentemente distaccata (anzi, a me pare proprio distaccata!) dal principio, a costruire tutta la fenomenologia che gli confermò il principio, oppure la sua intuizione in qualche modo già “racchiude”, intuitivamente quindi, tutto ciò che si verifica e conferma il principio d’inerzia?
La conquista, in tal caso legata alla possibilità di spiegare la “verità” di ciò che avviene nel treno, è arrivata per piccoli gradi, talvolta anche “apparentemente separati da un punto di vista intuitivo”? (Come praticamente avviene in matematica dove, intuendo i punti per la prima volta, non mi sognerei di intuire che il volume della sfera si calcola in un certo modo, ma potrei arrivarci solo scoprendo prima l’esistenza di linea, di curvilinea, di rotazione della linea curva, di tangenti, di raggio, etc., e poi legando, quasi costruissi partendo dal primo mattone per formare una casa di cui non ho coscienza alla posa del primo mattone.). Oppure, in fisica, nel caso specifico del principio di inerzia, la prima intuizione (palla su piano perfettamente liscio) ha dato vita intuitivamente, “istantaneamente”, alla spiegazione consueta che si fa di questo principio, e cioè a quella in cui vengono considerati due sistemi in moto l’uno rispetto all’altro con velocità relativa costante, con punti che se sono fermi da una parte sono fermi anche dall’altra e con le leggi covarianti. E se sì, come, quali sono i passaggi logici che portano da una piccola esperienza ideale a concepire un principio con tante implicazioni?
A proposito di quest’ultimo punto cercherò di essere più chiaro. Se io penso a una palla che si muove (non voglio paragonarmi a Galileo, ma semplicemente cercare di ripercorrere la sua strada “logica”) con velocità costante su un piano, non mi viene in mente “subito” l’idea di velocità relativa che credo stia alla base del principio di relatività, a sua volta alla base del principio di inerzia, perché considera relativi anche i concetti di quiete e moto, a seconda del sistema di riferimento utilizzato dall’osservatore. Mi viene quindi da immaginare un uomo di scienza dell’epoca post galileiana, quindi post- pubblicazione dei tre principi (relatività, e prima due leggi di Newton) nei suoi esperimenti mentali: prima ripete l’ esperimento ideale, poi si chiede, rifacendosi all’idea che un corpo “inizialmente” debba rimanere fermo, da dove sia partito il moto infine si chiede che senso abbia farsi questa domanda dalla risposta inconoscibile (si sarebbe dovuti assistere al Big- Bang per poter provare a rispondere!), infine giunge a considerare la relatività dei concetti di moto e quiete, e quindi a concepire la relatività, e il principio di inerzia: da qui, l’uomo di scienza, finalmente giunto a maturazione metodologica, arriverebbe a concepire l’assurdità delle domande che prima si faceva. Come potrete ben intuire, io mi sento ben lontano dall’arrivare a questa maturazione metodologica. I dubbi sono sempre quelli di Aristotele, sono ancora fermo nella mia storia individuale al quindicesimo secolo.

Ogni uomo, a mio giudizio, prima di interessarsi di fisica post- rivoluzione scientifica, è un po’ Aristotele. Infatti, egli considerava i concetti assoluti di stasi (assenza di forze), di “origine dei moti” (con tutte le implicazioni relative ad un’ entità superiore in grado di essere “causa finale” del movimento), e a chiunque, anche a Galileo, che altrimenti non avrebbe avuto lo stimolo per scoprire cose nuove, sono venute prima alla mente le considerazioni del filosofo greco, e poi quel senso di insoddisfazione che lo ha spinto a negare le concezioni aristoteliche: l’intuizione intellettuale fa parte di qualcosa di razionale in noi, ma la ragione si rifà sempre ai sensi, che sono la prima forma di conoscenza per gli uomini; la stessa ragione sa elevarsi, ma deve comunque partire da un grado di razionalità inferiore, quello intimamente legato alla sfera percettivo- sensoriale.

Insomma, chi vuole aiutarmi per l’ennesima volta (in realtà è la prima volta, perché per chi ha dei dubbi ogni riformulazione di quanto si vuole chiedere è un nuovo tentativo)?

Risposte
*pizzaf40
Devo ammettere che non ho più letto da "Galileo riuscì solo razionalmente" :wink: ma per la storia del treno, credo che l'uomo e il corpo solidale al treno abbiano la capacità di sentire istantaneamente entrambi l'accelerazione, solo che l'uomo è vicolato al treno in maniera instabile (immagina come se fosse in equilibrio su un punto) e quindi quando sente l'accelerazione deve adattare la sua posizione in maniera da compensare l'accelerazione per non cadere (ha il baricentro più alto del terreno, ed è attraverso il terreno che l'accelerazione gli si manifesta essendo l'unico contatto), mentre il corpo è vincolato in maniera rigida e non necessità di adattarsi...se una persona è legata ad un muro del treno, si comporta come un oggetto del treno vincolato ad esso proprio per questo.

Un caso analogo potrebbe essere la bicicletta...se sei in treno in equilibrio su una bici con la ruota davanti rivolta verso il finestrino, al momento in cui il treno accelera ti cappotti perchè non hai avuto in anticipo la notizia dell'accelerazione per poterti adattare....se invece sei in bici per strada e fai una curva, pieghi la bici per fare in modo di compensare l'accelerazione centripeta...ma solo grazie al fatto che tu sapevi in anticipo che facevi la curva, quindi hai potuto preparare una risposta dinamica. Quindi a mio parere si trasferisce sempre istantaneamente, ma se sei vincolato non ti devi preoccupare di reagire, mentre se sei labile devi avere un'informazione in anticipo per poter stare nel tuo posto senza reagire...

strangolatoremancino
Scusa mi piacerebbe aiutarti ma faccio un poco di fatica a seguire il tuo discorso

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