Carica puntiformi e ddp
Ha senso calcolare la ddp di due cariche identiche puntiformi positive?
A mio avviso no, poichè dovrei calcolare i potenziali "nelle" due cariche, e applicando la formula del potenziale $ phi(r) =1/(4 pi epsilon) 1/r $ , questo verrebbe infinito nei due punti dove ci sono le cariche.
Sto sbagliando?
Eventualmente mi potreste spiegare come si fa e come sarebbe quindi l'andamento della ddp in funzione della distanza.
A mio avviso no, poichè dovrei calcolare i potenziali "nelle" due cariche, e applicando la formula del potenziale $ phi(r) =1/(4 pi epsilon) 1/r $ , questo verrebbe infinito nei due punti dove ci sono le cariche.
Sto sbagliando?
Eventualmente mi potreste spiegare come si fa e come sarebbe quindi l'andamento della ddp in funzione della distanza.
Risposte
Non ti ho capito...certo che ha senso calcolare la d.d.p tra due cariche, basta fare:
$DeltaV=1/(4piepsilon_(0)r)(q_(1)-q_(2))$
$DeltaV=1/(4piepsilon_(0)r)(q_(1)-q_(2))$
Attenzione... non si può calcolare il potenziale esattamente "sulla" carica che genera il campo elettrico: in quel punto avremmo un potenziale infinito, tant'è che è per spostare una carica "su" un altra occorrerebbe un lavoro infinito, cioè la cosa è materialmente impossibile.
ehehehe Questo è un problema molto importante in quanto evidenzia le situazioni patologiche del modello classico...questi infiniti nell'energia danno molto fastidio, e si è cercato di eliminarli tramite le procedure di rinormalizzazione...in particolare Feymann ci ha lavorato attentamente. Il problema è sulla natuta stessa delle cariche elementari.
Cito dal "Landau, Teoria dei campi"
Il problema nasce dal fatto che se in corrispondenza della particella "puntiforme" l'energia diventa infinita, ne consegue che anche la massa è infinita ( perchè per la nota legge relativistica un osservatore solidale con l'elettrone puntiforme vede solo il termine E=m*c^2, essendo per lui fermo il corpo) e non è possibile stabilire se tutta la massa dell'elettrone sia o no elettromagnetica (cioè legata all'energia elettromgnetica della particella).
dal punto di vista puramente formale la proprietà dell'elettrone di avere massa finita può essere spiegata introducendo una massa infinita negativa di origine non elettromagnetica che compensi la massa elettromagnetica infinita.(questa è la rinormalizzazione)
La natura del problema è che la energia infinita appare nel momento che si considera una carica puntiforme, quindi è un problema proprio della teoria classica. Si può stimare una raggio minimo, detto "raggio dell'elettrone" che determina i limiti dell'applicabilità dell'elettrodinamica classica.
Se immaginiamo che l'elettrone abbia un raggio $R_0$ allora la sua energia potenziale propria è dell'ordine di grandezza di $e^2/R_0$ ma allo stesso tempo deve essere anche lo stesso ordine di grandezza di $m*c^2$;
dunque $R_0~~e^2/(m*c^2)$ Questa è la stima del limite di validità della teoria classica.
Il problema nasce dal fatto che se in corrispondenza della particella "puntiforme" l'energia diventa infinita, ne consegue che anche la massa è infinita ( perchè per la nota legge relativistica un osservatore solidale con l'elettrone puntiforme vede solo il termine E=m*c^2, essendo per lui fermo il corpo) e non è possibile stabilire se tutta la massa dell'elettrone sia o no elettromagnetica (cioè legata all'energia elettromgnetica della particella).
dal punto di vista puramente formale la proprietà dell'elettrone di avere massa finita può essere spiegata introducendo una massa infinita negativa di origine non elettromagnetica che compensi la massa elettromagnetica infinita.(questa è la rinormalizzazione)
La natura del problema è che la energia infinita appare nel momento che si considera una carica puntiforme, quindi è un problema proprio della teoria classica. Si può stimare una raggio minimo, detto "raggio dell'elettrone" che determina i limiti dell'applicabilità dell'elettrodinamica classica.
Se immaginiamo che l'elettrone abbia un raggio $R_0$ allora la sua energia potenziale propria è dell'ordine di grandezza di $e^2/R_0$ ma allo stesso tempo deve essere anche lo stesso ordine di grandezza di $m*c^2$;
dunque $R_0~~e^2/(m*c^2)$ Questa è la stima del limite di validità della teoria classica.