Approssimabilità ciclo qualsiasi con infiniti cicli diCarnot
Salve a tutti,
cercherò di essere quanto più chiaro possibile. Se non ci riuscirò, me ne scuso.
Dunque, sappiamo che una macchina termica che lavora per cicli può scambiare calore con $n$ sorgenti a diversa temperatura. Tale scambio di calore può essere formalizzato con $n$ cicli di Carnot, e si dimostra che vale la disuguaglianza
$\sum_{i=1}^N frac{Q_i}{T_i}$$<=$$0$, dove con $Q_i$ è indicato il calore scambiato con la sorgente $i$-esima e con $T_i$ la temperatura di questa sorgente.
A questo punto viene detto che la sommatoria può diventare integrale e che in particolare l'integrale si usa per trasformazioni nelle quali un sistema scambia calore con sorgenti a temperatura di poco differenti tra loro. In più, si dice che qualsiasi ciclo può essere approssimato con cicli di Carnot operanti tra queste stesse sorgenti dalla temperatura di poco differenti l'una dall'altra.
Cosa significa questo? Se qualsiasi grafico raffigurante un ciclo viene ad indicare l'evoluzione che un sistema termodinamico subisce in relazione alle grandezze di stato relative al diagramma scelto, come queste grandezze possono essere poste in relazione con la temperatura delle sorgenti che il sistema incontra?
Nel nostro caso a essere in relazione, mediante la funzione di stato, alle grandezze termodinamiche scelte in base alla scelta del tipo di coordinate scelto (es. Clapeyron), è la temperatura del sistema e non delle sorgenti con cui scambia calore. In un fenomeno non isotermo ci sono, quindi, piccole variazioni di temperatura del sistema, per trasformazioni quasi statiche; ma queste variazioni riguardano la temperatura del sistema, non hanno niente a che fare con le temperature delle infinite sorgenti!
cercherò di essere quanto più chiaro possibile. Se non ci riuscirò, me ne scuso.
Dunque, sappiamo che una macchina termica che lavora per cicli può scambiare calore con $n$ sorgenti a diversa temperatura. Tale scambio di calore può essere formalizzato con $n$ cicli di Carnot, e si dimostra che vale la disuguaglianza
$\sum_{i=1}^N frac{Q_i}{T_i}$$<=$$0$, dove con $Q_i$ è indicato il calore scambiato con la sorgente $i$-esima e con $T_i$ la temperatura di questa sorgente.
A questo punto viene detto che la sommatoria può diventare integrale e che in particolare l'integrale si usa per trasformazioni nelle quali un sistema scambia calore con sorgenti a temperatura di poco differenti tra loro. In più, si dice che qualsiasi ciclo può essere approssimato con cicli di Carnot operanti tra queste stesse sorgenti dalla temperatura di poco differenti l'una dall'altra.
Cosa significa questo? Se qualsiasi grafico raffigurante un ciclo viene ad indicare l'evoluzione che un sistema termodinamico subisce in relazione alle grandezze di stato relative al diagramma scelto, come queste grandezze possono essere poste in relazione con la temperatura delle sorgenti che il sistema incontra?
Nel nostro caso a essere in relazione, mediante la funzione di stato, alle grandezze termodinamiche scelte in base alla scelta del tipo di coordinate scelto (es. Clapeyron), è la temperatura del sistema e non delle sorgenti con cui scambia calore. In un fenomeno non isotermo ci sono, quindi, piccole variazioni di temperatura del sistema, per trasformazioni quasi statiche; ma queste variazioni riguardano la temperatura del sistema, non hanno niente a che fare con le temperature delle infinite sorgenti!
Risposte
Nel caso in cui si possa effettivamente definire una temperatura del sistema termodinamico, cioè per trasformazioni quasi statiche si ha che questa è "vicina" a quella della sorgente $T_i$. In questo caso può valere l'uguaglianza, se la trasformazione è anche reversibile.
Nel caso invece in cui non si possa definire una temperatura del sistema termodinamico (ma si possa comunque definire $T_i$ della sorgente) vale la disuguaglianza, che è soddisfatta da diversi valori, ottenuti da diverse trasformazioni che il sistema termodinamico può subire scambiando calore con la sorgente alla stessa temperatura $T_i$.
Riguado al fatto che un qualsiasi ciclo termodinamico possa essere approssimato con infiniti cicli di Carnot non mi risulta un'affermazione giusta, visto che i cicli di Carnot sono costituiti da trasformazioni reversibili. Mi risulta che soltanto i cicli reversibili possono essere approssimati in questa maniera.
Nel caso invece in cui non si possa definire una temperatura del sistema termodinamico (ma si possa comunque definire $T_i$ della sorgente) vale la disuguaglianza, che è soddisfatta da diversi valori, ottenuti da diverse trasformazioni che il sistema termodinamico può subire scambiando calore con la sorgente alla stessa temperatura $T_i$.
Riguado al fatto che un qualsiasi ciclo termodinamico possa essere approssimato con infiniti cicli di Carnot non mi risulta un'affermazione giusta, visto che i cicli di Carnot sono costituiti da trasformazioni reversibili. Mi risulta che soltanto i cicli reversibili possono essere approssimati in questa maniera.
Riguado al fatto che un qualsiasi ciclo termodinamico possa essere approssimato con infiniti cicli di Carnot non mi risulta un'affermazione giusta, visto che i cicli di Carnot sono costituiti da trasformazioni reversibili. Mi risulta che soltanto i cicli reversibili possono essere approssimati in questa maniera.
Beh, più che giusto, sarei dovuto essere più preciso.Comunque, sì, si intenda per trasformazione, in questo contesto, una trasformazione reversibile e nelle quali sia possibile definire le grandezze termodinamiche per il sistema nella sua interezza.
Quello che non capisco, comunque, è perchè, se una trasformazione è reversibile, la temperatura del sistema è uguale a quella della sorgente $T_i$. La definizione di trasformazione reversibile (quella secondo cui è possibile ripercorrere la trasformazione "nel senso inverso") non sembra dirmi niente a proposito di questa presunta uguaglianza tra tempertura del sistema e quella della sorgente. Allo stesso modo, se le trasformazioni reversibili sono una particolare categoria delle trasformazioni quasistatiche, non riesco a vedere il passaggio logico dal "quasi uguale" delle trasformazioni "solo quasistatiche" all'uguale delle trasformazioni "quasistatiche e anche reversibili".
Inoltre, ad ogni istante, il sistema può essere caratterizzato da uno scambio di calore con più sorgenti, di conseguenza non si saprebbe quale temperatura, tra tutte quelle delle sorgenti, scegliere come $T_i$.
La parola a te, nonsoxkè, e a chiunque voglia aiutarmi.
é proprio dalla definizione di trasformazione che si verifica che se ci fosse una differenza di temperatura tra sorgente e sistema termodinamico non trascurabile si verifica che la trasformazione non potrebbe essere reversibile.
Giusto un esempio: un gas perfetto si trova in un contenitore rigido e scambia calore con una sorgente a temperatura sufficientemente più alta. Dopo un po' di tempo si verifica che il gas raggiunge spontaneamente la temperatura della sorgente e si ha l'equilibrio. Si verifica anche che non è possibile riportare il gas allo stato iniziale cedendo la stessa quantità di calore, cioè riportando anche l'ambiente esterno alla condizione iniziale.
Si potrebbe per esempio comprimere il gas conferendogli una temperatura maggiore rispetto a quella della sorgente, permettendo uno scambio di calore inverso, fino ad uno stato termodinamico tale da raggiungere con una espansione adiabatica quasi statica lo stato iniziale, chiudendo il ciclo, ma in questo modo l'ambiente esterno non si troverebbe nella stessa condizione iniziale, visto che ha perso energia meccanica nel comprimere il gas.
Le definizioni di trasformazione quasi statica e di reversibile sono differenti.
In teoria secondo la definizione di trasformazione reversibile che mi è stata data, che non riguarda solo il sistema termodinamico stesso ma anche l'ambiente esterno, risulta che anche una trasformazione quasi statica può essere irreversibile con irreversibilità dovuta all'ambiente esterno.
Per essere chiaro: abbiamo un gas che si espande quasistaticamente e adiabaticamente in un cilindro munito di pistone. All'estremo del pistone viene esercitata una forza d'attrito, che varia opportunamente, che dissipa il lavoro prodotto dal fluido. Dal punto di vista della trasformazione subita dal fluido in termini di variazione dei parametri che definiscono il suo stato termodinamico è indifferente se ci sia una forza d'attrito o una forza conservativa, però stando alla definizione di trasformazione reversibile non è possibile riportare sia il sistema termodinamico che l'ambiente esterno allo stato iniziale, visto che, nel caso in cui la forza non sia conservativa, sarebbe necessaria una perdita di energia meccanica da parte dell'ambiente per ricomprimere il il fluido.
Non so se ci sono anche altri motivi per cui viene mantenuta la distinzione, per esempio non ho mai trattato di irreversibilità nelle trasformazioni in cui c'è una combustione, o in cui c'è dell'energia che può essere distribuita uniformemente all'interno del sistema attraverso ad esempio radiazioni elettromagnetiche...
Giusto un esempio: un gas perfetto si trova in un contenitore rigido e scambia calore con una sorgente a temperatura sufficientemente più alta. Dopo un po' di tempo si verifica che il gas raggiunge spontaneamente la temperatura della sorgente e si ha l'equilibrio. Si verifica anche che non è possibile riportare il gas allo stato iniziale cedendo la stessa quantità di calore, cioè riportando anche l'ambiente esterno alla condizione iniziale.
Si potrebbe per esempio comprimere il gas conferendogli una temperatura maggiore rispetto a quella della sorgente, permettendo uno scambio di calore inverso, fino ad uno stato termodinamico tale da raggiungere con una espansione adiabatica quasi statica lo stato iniziale, chiudendo il ciclo, ma in questo modo l'ambiente esterno non si troverebbe nella stessa condizione iniziale, visto che ha perso energia meccanica nel comprimere il gas.
Le definizioni di trasformazione quasi statica e di reversibile sono differenti.
In teoria secondo la definizione di trasformazione reversibile che mi è stata data, che non riguarda solo il sistema termodinamico stesso ma anche l'ambiente esterno, risulta che anche una trasformazione quasi statica può essere irreversibile con irreversibilità dovuta all'ambiente esterno.
Per essere chiaro: abbiamo un gas che si espande quasistaticamente e adiabaticamente in un cilindro munito di pistone. All'estremo del pistone viene esercitata una forza d'attrito, che varia opportunamente, che dissipa il lavoro prodotto dal fluido. Dal punto di vista della trasformazione subita dal fluido in termini di variazione dei parametri che definiscono il suo stato termodinamico è indifferente se ci sia una forza d'attrito o una forza conservativa, però stando alla definizione di trasformazione reversibile non è possibile riportare sia il sistema termodinamico che l'ambiente esterno allo stato iniziale, visto che, nel caso in cui la forza non sia conservativa, sarebbe necessaria una perdita di energia meccanica da parte dell'ambiente per ricomprimere il il fluido.
Non so se ci sono anche altri motivi per cui viene mantenuta la distinzione, per esempio non ho mai trattato di irreversibilità nelle trasformazioni in cui c'è una combustione, o in cui c'è dell'energia che può essere distribuita uniformemente all'interno del sistema attraverso ad esempio radiazioni elettromagnetiche...
Ciao nonsoxkè (a proposito, un nome ce l'avrai:-)), e grazie ancora per la risposta.
Ti scrivo ciò che leggo sul mio testo.
"Nel caso in cui un ciclo operi con un numero qualsivoglia di sorgenti a temperature $T_1, ..., T_n$, scambiando quantità di calore $Q_i$ si può scrivere la disuguaglianza $\sum_{i=1}^N frac{Q_i}{T_i}$$<=$$0$.
Del resto, un ciclo qualsiasi può essere approssimato da un insieme di cicli di Carnot operanti con sorgenti a temperature di poco diverse fra di loro. Al limite, la temperatura delle sorgenti può variare con continuità e se con $\delta Q$ si indica la quantità di calore elementare che nel ciclo viene scambiata con la sorgente a temperatura T, la disuguaglianza $\sum_{i=1}^N frac{Q_i}{T_i}$$<=$$0$ diventa la disuguaglianza di Clausius".
Ho sottolineato i punti che mi sono poco chiari, ancora adesso. Qui parla di ciclo qualsiasi, e non soltanto, quindi, di ciclo reversibile. Di conseguenza, stando all'interpretazione che riesco a dare alle tue parole della precedente risposta, la temperatura del sistema e quella delle sorgenti non devono necessariamente essere le stesse.
Quindi, rinnovo il mio dubbio di partenza. Come può essere spiegata la frase :
"Del resto, un ciclo qualsiasi può essere approssimato da un insieme di cicli di Carnot operanti con sorgenti a temperature di poco diverse fra di loro",
se le temperature delle sorgenti e quella del sistema "concettualmente" sono due cose diverse?
P.S.- Se due corpi (quindi se un sistema e una sorgente) hanno temperature uguali, come si fa ad aversi uno scambio di calore?
Posso concludere che l'uguaglianza delle temperature è in realtà un caso limite, nel senso che si considerano in realtà differenze infinitesime di temperatura per considerare lo scambio di calore praticamente (anche se non del tutto) reversibile?
Ti scrivo ciò che leggo sul mio testo.
"Nel caso in cui un ciclo operi con un numero qualsivoglia di sorgenti a temperature $T_1, ..., T_n$, scambiando quantità di calore $Q_i$ si può scrivere la disuguaglianza $\sum_{i=1}^N frac{Q_i}{T_i}$$<=$$0$.
Del resto, un ciclo qualsiasi può essere approssimato da un insieme di cicli di Carnot operanti con sorgenti a temperature di poco diverse fra di loro. Al limite, la temperatura delle sorgenti può variare con continuità e se con $\delta Q$ si indica la quantità di calore elementare che nel ciclo viene scambiata con la sorgente a temperatura T, la disuguaglianza $\sum_{i=1}^N frac{Q_i}{T_i}$$<=$$0$ diventa la disuguaglianza di Clausius".
Ho sottolineato i punti che mi sono poco chiari, ancora adesso. Qui parla di ciclo qualsiasi, e non soltanto, quindi, di ciclo reversibile. Di conseguenza, stando all'interpretazione che riesco a dare alle tue parole della precedente risposta, la temperatura del sistema e quella delle sorgenti non devono necessariamente essere le stesse.
Quindi, rinnovo il mio dubbio di partenza. Come può essere spiegata la frase :
"Del resto, un ciclo qualsiasi può essere approssimato da un insieme di cicli di Carnot operanti con sorgenti a temperature di poco diverse fra di loro",
se le temperature delle sorgenti e quella del sistema "concettualmente" sono due cose diverse?
P.S.- Se due corpi (quindi se un sistema e una sorgente) hanno temperature uguali, come si fa ad aversi uno scambio di calore?
Posso concludere che l'uguaglianza delle temperature è in realtà un caso limite, nel senso che si considerano in realtà differenze infinitesime di temperatura per considerare lo scambio di calore praticamente (anche se non del tutto) reversibile?
Ciao, mi chiamo Simone 
Riguardo all'affermazione che fa il tuo libro non sono daccordo, come ho già espresso, mi risulta che siano approssimabili soltanto trasformazioni cicliche reversibili.
Forse è spiegato un po' male nel libro ma credo di aver capito cosa intende, solo per visualizzare meglio e per capire più in fretta provo a spiegartelo sul diagramma T-s (temperatura entropia).
Consideriamo su questo diagramma una trasformazione ciclica reversibile qualsiasi, che sarà qui rappresentata da una curva chiusa. L'area racchiusa all'interno della curva si può vedere come scomposta in tante striscie verticali di spessore infinitesimo (scusa il linguaggio in realtà infinitesimo dovrebbe significare altro) che sono i cicli di Carnot di cui parla il tuo libro.
Tra un ciclo di Carnot e quello a fianco al diminuire dello spessore delle striscie si ha che le differenze delle temperature diminuiscono.
In teoria si potrebbero anche spezzare le striscie a piacere e creare nuovi cicli che sfruttano il lavoro e il calore di quelli adiacenti, o fare anche molto di peggio.
Che questo sia valido solo per le trasformazioni reversibili risulta dal fatto che solo per queste è valida la relazione $DeltaS=deltaQ/T$, per cui il lavoro prodotto in un ciclo di Carnot, facendo il bilancio da primo principio della termodinamica è dato da $L=DeltaS*DeltaT$ (con $S$ che è una funzione dei parametri di stato), per le trasformazioni irreversibili invece questa relazione non è valida, cioè avendo la stessa variazione dei parametri di stato si hanno un lavoro prodotto ed un calore scambiato diversi.

Riguardo all'affermazione che fa il tuo libro non sono daccordo, come ho già espresso, mi risulta che siano approssimabili soltanto trasformazioni cicliche reversibili.
Forse è spiegato un po' male nel libro ma credo di aver capito cosa intende, solo per visualizzare meglio e per capire più in fretta provo a spiegartelo sul diagramma T-s (temperatura entropia).
Consideriamo su questo diagramma una trasformazione ciclica reversibile qualsiasi, che sarà qui rappresentata da una curva chiusa. L'area racchiusa all'interno della curva si può vedere come scomposta in tante striscie verticali di spessore infinitesimo (scusa il linguaggio in realtà infinitesimo dovrebbe significare altro) che sono i cicli di Carnot di cui parla il tuo libro.
Tra un ciclo di Carnot e quello a fianco al diminuire dello spessore delle striscie si ha che le differenze delle temperature diminuiscono.
In teoria si potrebbero anche spezzare le striscie a piacere e creare nuovi cicli che sfruttano il lavoro e il calore di quelli adiacenti, o fare anche molto di peggio.
Che questo sia valido solo per le trasformazioni reversibili risulta dal fatto che solo per queste è valida la relazione $DeltaS=deltaQ/T$, per cui il lavoro prodotto in un ciclo di Carnot, facendo il bilancio da primo principio della termodinamica è dato da $L=DeltaS*DeltaT$ (con $S$ che è una funzione dei parametri di stato), per le trasformazioni irreversibili invece questa relazione non è valida, cioè avendo la stessa variazione dei parametri di stato si hanno un lavoro prodotto ed un calore scambiato diversi.
Ciao Simone, grazie per avermi risposto ancora.
Nel frattempo ho trovato un grafico che mi faceva vedere come scomporre un ciclo in infiniti cicli di Carnot. Volevo però capire meglio alcune cose.
Mi perdonerai per tanta insistenza, ma l'entropia è ancora un qualcosa di misterioso, credo agli occhi di molti. Un concetto di difficile interpretazione, anche perchè la sua interpretazione intuitiva è ben lontana dalla formula termodinamica utilizzata per calcolarla. Inoltre, l'entropia è un concetto che va ben oltre la relazione con i rendimenti termodinamici, immediata se si valuta la formula. Forse dovrei accontentarmi di non capire, onestamente non so nemmeno bene se ci sia qualcosa in più da capire. C'è però un sentimento di grossa confusione nella mia mente, se ci penso, e questi sono tutti tentativi per rimanere a galla nel tentativo di comprendere.
Per spiegare utilizzo non un piano $ T, S$ ma un piano di Clapeyron. Utilizzo questo piano perchè voglio cercare di capire bene il senso di un'approssimabilità, e il piano di Clapeyron è quello in cui generalmente si introducono i cicli di Carnot.
Dunque, un ciclo di Carnot è caratterizzato dall'avere una trasformazione che avviene utilizzando del calore, e perdendone.
Mi viene da pensare, suddividendo l'area del lavoro in infinite linee costituenti ciascuna le due adiabatiche di uno degli infiniti cicli di Carnot (che verrebbero a coincidere, al limite, giusto?), che il discorso relativo al calore impiegato e quello disperso sia sempre sottinteso in ogni trasformazione per il fatto che una qualsiasi produzione (perdonami l'orrore di questa espressione) di lavoro possa essere sempre immaginata come derivante da un'acquisizione e da una perdita di calore da parte del sistema. Di conseguenza, per trasformazioni reversibili (per le irreversibili rimando qui, perchè il discorso ritengo, come si capirà, vada ampliato: https://www.matematicamente.it/forum/cal ... 45168.html) è sempre possibile fare riferimento a scambi termici quando si parla di trasformazione termodinamica, proprio perchè il lavoro può essere sempre ricondotto, mediante l'approssimazione a cicli di Carnot, a scambi di calore, così come qualsiasi scambio di calore può essere identicamente ricondotto a scambi di calore.
In sostanza è questa l'inerenza che qualsiasi trasformazione termodinamica avrebbe con il rapporto $Q/T$ comunque inteso (inteso, cioè, nella forma di integrale e nella forma semplice di rapporto che si trova spesso su alcuni libri liceali). Poi, come dicevo in un'altra discussione, dovrei conoscere meglio come avviene un ciclo di Carnot. Ci sono molti dubbi legati ad alcune, apparenti incongruenze. Ad esempio, se del calore deve essere convertito in lavoro da parte di un sistema sottoposto ad una trasformazione isoterma, come si fa, se la trasformazione è isoterma (e quindi tra il termostato e il sistema c'è la stessa temperatura, perchè la temperatura iniziale del sistema deve essere pari a quella del termostato sempre, anche all'inizio quindi), ad aversi uno scambio di calore tra sistema e sorgenti, da convertire in lavoro?
Ma questa è un'altra storia
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Nel frattempo ho trovato un grafico che mi faceva vedere come scomporre un ciclo in infiniti cicli di Carnot. Volevo però capire meglio alcune cose.
Mi perdonerai per tanta insistenza, ma l'entropia è ancora un qualcosa di misterioso, credo agli occhi di molti. Un concetto di difficile interpretazione, anche perchè la sua interpretazione intuitiva è ben lontana dalla formula termodinamica utilizzata per calcolarla. Inoltre, l'entropia è un concetto che va ben oltre la relazione con i rendimenti termodinamici, immediata se si valuta la formula. Forse dovrei accontentarmi di non capire, onestamente non so nemmeno bene se ci sia qualcosa in più da capire. C'è però un sentimento di grossa confusione nella mia mente, se ci penso, e questi sono tutti tentativi per rimanere a galla nel tentativo di comprendere.
Per spiegare utilizzo non un piano $ T, S$ ma un piano di Clapeyron. Utilizzo questo piano perchè voglio cercare di capire bene il senso di un'approssimabilità, e il piano di Clapeyron è quello in cui generalmente si introducono i cicli di Carnot.
Dunque, un ciclo di Carnot è caratterizzato dall'avere una trasformazione che avviene utilizzando del calore, e perdendone.
Mi viene da pensare, suddividendo l'area del lavoro in infinite linee costituenti ciascuna le due adiabatiche di uno degli infiniti cicli di Carnot (che verrebbero a coincidere, al limite, giusto?), che il discorso relativo al calore impiegato e quello disperso sia sempre sottinteso in ogni trasformazione per il fatto che una qualsiasi produzione (perdonami l'orrore di questa espressione) di lavoro possa essere sempre immaginata come derivante da un'acquisizione e da una perdita di calore da parte del sistema. Di conseguenza, per trasformazioni reversibili (per le irreversibili rimando qui, perchè il discorso ritengo, come si capirà, vada ampliato: https://www.matematicamente.it/forum/cal ... 45168.html) è sempre possibile fare riferimento a scambi termici quando si parla di trasformazione termodinamica, proprio perchè il lavoro può essere sempre ricondotto, mediante l'approssimazione a cicli di Carnot, a scambi di calore, così come qualsiasi scambio di calore può essere identicamente ricondotto a scambi di calore.
In sostanza è questa l'inerenza che qualsiasi trasformazione termodinamica avrebbe con il rapporto $Q/T$ comunque inteso (inteso, cioè, nella forma di integrale e nella forma semplice di rapporto che si trova spesso su alcuni libri liceali). Poi, come dicevo in un'altra discussione, dovrei conoscere meglio come avviene un ciclo di Carnot. Ci sono molti dubbi legati ad alcune, apparenti incongruenze. Ad esempio, se del calore deve essere convertito in lavoro da parte di un sistema sottoposto ad una trasformazione isoterma, come si fa, se la trasformazione è isoterma (e quindi tra il termostato e il sistema c'è la stessa temperatura, perchè la temperatura iniziale del sistema deve essere pari a quella del termostato sempre, anche all'inizio quindi), ad aversi uno scambio di calore tra sistema e sorgenti, da convertire in lavoro?
Ma questa è un'altra storia
