Criteri di arresto per metodi iterativi stazionari, alcuni dubbi?
Salve gente, oggi (in realtà in parte anche ieri) mi sono ritrovato ad affrontare il problema dei criteri di arresto per i metodi iterativi stazionari per la risoluzione di sistemi lineari, per intenderci i metodi di Jacobi e Gauss-Seidel (quelli più moderni sono trascurati). Se nella parte di teoria, e anche nella applicazione pratica mi ci sono trovato bene, il mio libro è pessimo quando si tratta di affrontare l'argomento da cui proviene il titolo. Riporto, andando a memoria dal mio studio, quello che ho appreso:
A questo punto vi propongo i mie dubbi:
Come si arriva a definire in quel modo i criteri di arresto per gli ultimi due? Nel senso, a me verrebbe di verificare ad esempio il fatto che il residuo sia piccolo richiedendo che una delle sue norme sia più piccola di una data tolleranza, ad esempio:
\(\begin{Vmatrix} Ax_k - b \end{Vmatrix} < \text{t}_r\)
Il libro non fornisce alcuna spiegazione su come si arrivi a questa forma ma ne dà solamente una giustificazione...
Che vantaggio fornisce impiegare un controllo che funge sia da relativo che assoluto?
Inoltre, come si passa dalla penultima relazione nello spoiler all'ultima?
Grazie!
A questo punto vi propongo i mie dubbi:
Come si arriva a definire in quel modo i criteri di arresto per gli ultimi due? Nel senso, a me verrebbe di verificare ad esempio il fatto che il residuo sia piccolo richiedendo che una delle sue norme sia più piccola di una data tolleranza, ad esempio:
\(\begin{Vmatrix} Ax_k - b \end{Vmatrix} < \text{t}_r\)
Il libro non fornisce alcuna spiegazione su come si arrivi a questa forma ma ne dà solamente una giustificazione...
Che vantaggio fornisce impiegare un controllo che funge sia da relativo che assoluto?
Inoltre, come si passa dalla penultima relazione nello spoiler all'ultima?
Grazie!
Risposte
Ciao, puoi specificare più chiaramente quali formule non hai capito?
Semplicemente non mi è chiaro come si arriva a dire che \(\begin{Vmatrix}Ax-b\end{Vmatrix} < t_r\begin{Vmatrix}b\end{Vmatrix}+t_a\). Nel senso che constatare la sua correttezza in casi particolari mi torna facile. Non mi è invece immediato immaginarmi che qualcuno si sia svegliato dal sonno partorendo questa formula a caso e constatando che "funzionava". Sono interessato a capire come nasce questa formulazione.
È il classico concetto di errore assoluto e relativo: è tanto un errore di un millimetro? Se stai misurando un raggio atomico, sì; se stai misurando la distanza terra-sole, no. Il primo pezzo è importante quando \(b\) è grande in norma, e ti dice esattamente questo.
Su questo c'ero: il modo in cui funziona mi è chiaro. Se all'esame mi viene chiesto di esporre i criteri di arresto mi sembra semplicemente brutto spiattellare in faccia la formula e spiegare perché è così. Il mio approccio tipicamente è invece costruttivo, cioè arrivo alla formula spiegando le motivazioni che portano a costruirla così e non in altri modi. È questo che mi interesserebbe capire.
Sicuramente ci sono altri modi possibili - e validi. Secondo me ti stai arrovellando il cervello per niente: è un criterio d'arresto, si sceglie arbitrariamente con un po' di buon senso.
Una soluzione è buona quando il residuo è "piccolo". Però di nuovo se \(||b||\) è grande può essere troppo restrittivo che il residuo sia minore di un numero piccolo scelto da te, cioè
\[
||Ax-b|| \le t_a.
\]
È allora meglio chiedere che il residuo normalizzato sia minore di un numero piccolo scelto da te, cioè
\[
\frac{||Ax-b||}{||b||} \le t_r.
\]
Un modo di mettere insieme le due cose è il criterio con la somma delle due, che tenta di essere una cosa che va bene più o meno in tutti i casi.
Una soluzione è buona quando il residuo è "piccolo". Però di nuovo se \(||b||\) è grande può essere troppo restrittivo che il residuo sia minore di un numero piccolo scelto da te, cioè
\[
||Ax-b|| \le t_a.
\]
È allora meglio chiedere che il residuo normalizzato sia minore di un numero piccolo scelto da te, cioè
\[
\frac{||Ax-b||}{||b||} \le t_r.
\]
Un modo di mettere insieme le due cose è il criterio con la somma delle due, che tenta di essere una cosa che va bene più o meno in tutti i casi.