[Teoria] Derivata direzionale e differenziale:idea intuitiva

Sk_Anonymous
Salve,

premesso che non ho ancora studiato (nè tantomeno dato) Analisi II (che è al primo semestre del secondo anno), e quindi le mie conoscenze di analisi si fermano dunque alle funzioni in una variabile e agli integrali "normali" (non mi chiedete una definizione di integrale normale), stiamo anticipando alcuni concetti di analisi (II) per l'esame di fisica.

Su wikipedia ho trovato la seguente definizione:

La derivata, e più in generale le derivate direzionali, permettono di calcolare il differenziale, ma sono due concetti da tener ben distinti. Le prime, calcolate in un punto, ci dicono di quanto varia la funzione al primo ordine lungo un determinato vettore; il differenziale (sempre calcolato in un punto) è l'applicazione lineare che associa a quel vettore la variazione al primo ordine.


Allora io ho capito perchè il differenziale è la variazione infinitesima della funzione. Cioè so dimostrare che il differenziale è l'incremento della funzione calcolato sulla retta tangente.
Non ho capito la parte in cui dice che la derivata calcolata in un punto ci dice di quanto varia la funzione al primo ordine. Essa ci dice il coefficente angolare della retta tangente alla funzione in quel punto, quindi può dare un'idea di quanto sia grande la variazione (maggiore è il coefficente angolare, maggiore sarà la variazione), ma non ci dice esattamente quanto sia tale variazione: per fare questo dobbiamo moltiplicare per l'incremento che consideriamo sull'asse x, ottenendo il differenziale. Forse è questo quello che vuole dire, cioè che la derivata dà l'idea intuitiva di quanto grande sia la variazione, ma non la variazione esatta?

Mi servirebbe anche per capire l'idea intuitiva di gradiente come vettore da percorrere per ottenere l'incremento massimo della funzione. Cioè non ho capito perchè un vettore che ha per componenti le tre derivate parziali (siamo nello spazio $R^3$) fornisce la direzione da percorrere per ottenere il massimo incremento della funzione.

Risposte
robbstark1
Quello che hai detto mi sembra ok.
Per quanto riguarda l'interpretazione geometrica del gradiente ci dovrei pensare. Per il momento ho solo una dimostrazione matematica, breve, ma non intuitiva.

Sk_Anonymous
Si dimostra che il gradiente in un punto è perpendicolare alla superficie di livello passante per quel punto.
Allora, intuitivamente, è ragionevole pensare che spostandomi nella direzione del gradiente io possa ottenere la massima variabilità della funzione.
In ogni modo, questa quantità al primo ordine, non è altro che il prodotto scalare tra il gradiente e la direzione lungo la quale ci si sposta.
Questo prodotto scalare è massimo se mi sposto nella direzione del gradiente, il coseno dell'angolo compreso vale 1.
L'enunciato rigoroso è quindi che la derivata direzionale è massima nella direzione del gradiente.
Tutto il resto è un po' grossolano. Io penso che questo basti e avanzi.

Raptorista1
Una interpretazione molto "visiva": il gradiente è, per definizione, un vettore costruito con le derivate parziali in un punto. In particolare, le tre componenti del gradiente sono a loro volta vettori. Quanto detto corrisponde, in formule a [tex]\displaystyle f = f(x,y,z) \Rightarrow \nabla f = \left(\frac{\partial f}{\partial x}, \frac{\partial f}{\partial y}, \frac{\partial f}{\partial z}\right) = \frac{\partial f}{\partial x} \hat i + \frac{\partial f}{\partial y} \hat j + \frac{\partial f}{\partial z} \hat k[/tex].
Torniamo alle parole: i moduli delle componenti di questo vettore sono le derivate parziali. Questo significa che maggiore è il modulo della derivata parziale in una singola direzione, maggiore sarà l'incremento della funzione in quella direzione. Visualizza ora un punto qualunque del grafico e traccia i tre vettori [tex]\frac{\partial f}{\partial x} \hat i, \frac{\partial f}{\partial y} \hat j, \frac{\partial f}{\partial z} \hat k[/tex]. L'ultimo passo è farne la somma vettoriale con la regola del parallelogramma [o, in questo caso, del parallelepipedo]: in questo modo vedi che la derivata parziale di modulo maggiore "tira di più" dalla propria parte. La somma delle tre è quindi la direzione di incremento massimo.

So che questa non è assolutamente una dimostrazione, ma ti può servire come concetto tampone in attesa della trattazione di analisi 2.

Spero di non aver scritto boiate :D

Sk_Anonymous
Non è corretto esprimere il concetto in questo modo. La strada da seguire è quella che avevo indicato precedentemente. Provo a spiegarmi meglio.
Consideriamo un punto nel dominio della funzione. Mentre nel caso delle funzioni di una sola variabile esiste solo una direzione rispetto alla quale definire il concetto di derivata, nel caso tridimensionale posso definire un analogo concetto lungo ogni direzione uscente da quel punto: il punto è il centro di un fascio di rette nello spazio che definiscono le direzioni lungo le quali derivare e il concetto di derivata si estende definendo il concetto di derivata direzionale. Quindi, ad ogni direzione nello spazio spiccata da quel punto associo una derivata che rappresenta la variazione della funzione al primo ordine come nel caso di una sola variabile. Esiste una formula secondo la quale la derivata direzionale in un punto è il prodotto scalare tra i due vettori gradiente e versore che identifca la direzione in quel punto. Ricordando anche l'interpretazione fisica del prodotto scalare, possiamo allora dire che la derivata direzionale lungo una particolare direzione altro non è che la componente del vettore gradiente lungo quella direzione. E quando quella componente risulterà massima? Quando la direzione è propria quella del gradiente medesimo e il valore della derivata direzionale sarà il modulo del gradiente, quindi la radice quadrata della somma dei quadrati delle componenti. Basta fare una figura con il vettore gradiente scelto a caso ma definito una volta per tutte e il versore della direzione che invece può assumere una qualsiasi direzione che parte da quel punto. Al ruotare del versore andate a vedere la componente del gradiente sul versore e avrete il valore della derivata direzionale al variare del versore. Quando il versore si sovrappone al gradiente la componente assumerà il valore massimo.

dissonance
"Raptorista":
Una interpretazione molto "visiva": il gradiente è, per definizione, un vettore costruito con le derivate parziali in un punto.
E' detto un po' male. Non è un vettore "costruito con le derivate parziali", è un vettore le cui componenti sono le derivate parziali.
In particolare, le tre componenti del gradiente sono a loro volta vettori.
No, no. Le "componenti" di un vettore sono degli scalari.
Torniamo alle parole: i moduli delle componenti di questo vettore sono le derivate parziali.
E no. Non i moduli, ma le componenti, sono le derivate parziali.

Insomma, l'idea va bene, il linguaggio un po' troppo sciatto.

Raptorista1
Avete ragione, a furia di voler semplificare ho tralasciato troppi concetti fondamentali XD
Chiedo scusa per quanto ho detto, farò più attenzione ;)

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