Sull'equazione funzionale $f(x + y) = f(x) + f(y)$
Per tutti voi appassionati di teoria della misura, un problema preso da un articolo originale di Banach:
Sia $f$ una funzione misurabile tale che $f(x + y) = f(x) + f(y)$ identicamente. Allora $f(x) = kx$ per qualche $k$ reale.
Sia $f$ una funzione misurabile tale che $f(x + y) = f(x) + f(y)$ identicamente. Allora $f(x) = kx$ per qualche $k$ reale.
Risposte
Non sapevo ci fosse la teoria della misura dietro. In realtà, una cosa del genere si incontra molto spesso nei corsi di ingegneria, quando si studiano i sistemi lineari e stazionari. Tralasciando la stazionarietà, si dice che un sistema è lineare se e solo se vale il principio di sovrapposizione degli effetti.
Per fare un esempio, ipotizziamo che la risposta di un sistema al segnale di ingresso $x_1$ sia una funzione $y_1$ e che la risposta al segnale $x_2$ sia una funzione $y_2$. Se vale il principio di sovrapposizione degli effetti, possiamo dire che l'uscita del sistema al segnale $x_1 + x_2$ è data dalla funzione $y_1 + y_2$.
In realtà, il principio di sovrapposizione degli effetti tiene conto anche degli stati iniziali di un sistema ed è più generale, poiché vale per qualunque combinazione lineare di segnali di ingresso e stati iniziali (secondo gli stessi coefficienti).
A questo punto mi azzardo a dire che forse si potrebbe generalizzare e che quindi dovrebbe valere una cosa del tipo:
Sia $f$ una funzione misurabile tale che $f(c_1x + c_2y) = c_1f(x) + c_2f(y)$ identicamente e per ogni $c_1, c_2 in RR$. Allora $f(x) = kx$ per qualche $k$ reale.
Qualcuno può confermarlo?
Per fare un esempio, ipotizziamo che la risposta di un sistema al segnale di ingresso $x_1$ sia una funzione $y_1$ e che la risposta al segnale $x_2$ sia una funzione $y_2$. Se vale il principio di sovrapposizione degli effetti, possiamo dire che l'uscita del sistema al segnale $x_1 + x_2$ è data dalla funzione $y_1 + y_2$.
In realtà, il principio di sovrapposizione degli effetti tiene conto anche degli stati iniziali di un sistema ed è più generale, poiché vale per qualunque combinazione lineare di segnali di ingresso e stati iniziali (secondo gli stessi coefficienti).
A questo punto mi azzardo a dire che forse si potrebbe generalizzare e che quindi dovrebbe valere una cosa del tipo:
Sia $f$ una funzione misurabile tale che $f(c_1x + c_2y) = c_1f(x) + c_2f(y)$ identicamente e per ogni $c_1, c_2 in RR$. Allora $f(x) = kx$ per qualche $k$ reale.
Qualcuno può confermarlo?
Mi sa che qui non ti serve la misurabilità, viene che la funzione è lineare. Invece se supponi solo l'additività il lemma di Zorn ti permette di costruire una funzione additiva ma non omogenea, quindi non lineare. Evidentemente tale funzione costruita in modo così astratto non è misurabile.
La misurabilità serve per dimostrare la continuità su $RR$. In che senso non serve?
Senza l'ipotesi di misurabilità si può dimostrare la tesi per tutti gli $x \in QQ$. Da $x=y=0$ e $y=-x$ si ha $f(0)=0$ e $f(-x)=-f(x)$. Quindi sia ora $x>0$. Ponendo $x=y$ si ottiene $f(2x)=2f(x)$ e, per induzione, $f(nx)=nf(x)$, per tutti gli $n \in NN$. Per $x=m/n$ razionale si ha, sostituendo nell'ultima funzionale, $f(n*x)=f(m*1) \implies nf(x)=mf(1) \implies f(x)=m/nf(1)$. Con $f(1)=c$, si ottiene quindi $f(x)=cx$, per tutti gli $x$ razionali.
Per dimostrare la continuità, si può fare anche senza il teorema di Lusin, se non vado errato.
Senza l'ipotesi di misurabilità si può dimostrare la tesi per tutti gli $x \in QQ$. Da $x=y=0$ e $y=-x$ si ha $f(0)=0$ e $f(-x)=-f(x)$. Quindi sia ora $x>0$. Ponendo $x=y$ si ottiene $f(2x)=2f(x)$ e, per induzione, $f(nx)=nf(x)$, per tutti gli $n \in NN$. Per $x=m/n$ razionale si ha, sostituendo nell'ultima funzionale, $f(n*x)=f(m*1) \implies nf(x)=mf(1) \implies f(x)=m/nf(1)$. Con $f(1)=c$, si ottiene quindi $f(x)=cx$, per tutti gli $x$ razionali.
Per dimostrare la continuità, si può fare anche senza il teorema di Lusin, se non vado errato.
@TomSawyer
Luca.Lussardi si riferiva al post di Koldar, che presuppone la linearità. Mentre la questione posta da Sandokan chiede di ottenere la linearità (la $f$ di Sandokan è definita su $RR$, naturalmente) a partire dalla sola additività.
Per passare al problema di Kroldar, questo è un problema da ingegneri, ergo...
Sia $f:RR -> RR$, lineare.
Definisco $k=f(1)$. La tesi segue dalla linearità.
Come si vede, la misurabilità non serve.
Serve che $f$ sia definita su $RR$, naturalmente (anche per dare senso a $f(x)=kx$). Tutto qui.
edit: ho cancellato "Dove $V$ è un qualsiasi spazio vettoriale su $RR$." che non c'entrava niente...
Luca.Lussardi si riferiva al post di Koldar, che presuppone la linearità. Mentre la questione posta da Sandokan chiede di ottenere la linearità (la $f$ di Sandokan è definita su $RR$, naturalmente) a partire dalla sola additività.
Per passare al problema di Kroldar, questo è un problema da ingegneri, ergo...

Sia $f:RR -> RR$, lineare.
Definisco $k=f(1)$. La tesi segue dalla linearità.
Come si vede, la misurabilità non serve.
Serve che $f$ sia definita su $RR$, naturalmente (anche per dare senso a $f(x)=kx$). Tutto qui.
edit: ho cancellato "Dove $V$ è un qualsiasi spazio vettoriale su $RR$." che non c'entrava niente...
Pensavo si riferisse al post di Sandokan, ok.
Per la continuità, mi sembra un procedimento abbastanza standard (che ho visto da altre parti) il seguente. La convoluzione di una funzione misurabile con una funzione $\eta(x)$, $C^\infty$ a supporto compatto, è continua. Si prenda allora la convoluzione $(e^(i f) \circ \eta) (x)= Le^(i f(x))$, con $L$ un integrale non importante per il problema.
Come si è visto, la $f(x)$ è lineare sui razionali, quindi si ha $(e^(i f) \circ \eta)(q)=Le^(i f(1)q)$, per ogni $q \in QQ$. Poiché la convoluzione è continua, si ha anche $(e^(i f) \circ \eta)(x)=Le^(i f(1)x)=Le^(i f(x))$. Quindi, per ogni $x \in RR$, $e^(i f(x))=e^(i f(1)x)$, cioè esiste un intero $t(x)$ tale che $f(x)=f(1)x+2\pi i t(x)$. Poi si dimostra che $t(x)=0$ e si finisce.
Per la continuità, mi sembra un procedimento abbastanza standard (che ho visto da altre parti) il seguente. La convoluzione di una funzione misurabile con una funzione $\eta(x)$, $C^\infty$ a supporto compatto, è continua. Si prenda allora la convoluzione $(e^(i f) \circ \eta) (x)= Le^(i f(x))$, con $L$ un integrale non importante per il problema.
Come si è visto, la $f(x)$ è lineare sui razionali, quindi si ha $(e^(i f) \circ \eta)(q)=Le^(i f(1)q)$, per ogni $q \in QQ$. Poiché la convoluzione è continua, si ha anche $(e^(i f) \circ \eta)(x)=Le^(i f(1)x)=Le^(i f(x))$. Quindi, per ogni $x \in RR$, $e^(i f(x))=e^(i f(1)x)$, cioè esiste un intero $t(x)$ tale che $f(x)=f(1)x+2\pi i t(x)$. Poi si dimostra che $t(x)=0$ e si finisce.