Sottoalgebra di $ C^0[0,2 pi]$
Ciao a tutti, spero di aver centrato la sezione.
Stavo ragionando su questo concetto che ho intravisto e cercavo chiarificazioni,
$ { e^(jnt)}n in ZZ $ è una sottoalgebra di $ C^0[0,2 pi] $ che separa i punti e denso in esso rispetto alla norma del sup e la norma in $L^2$,
inanzitutto in che senso separa i punti in $[0,2 pi] $?
di una sottoalgebra so solo che che è un sottoinsieme di una algebra che conserva le caratteristiche, quando ho cercato qualche riga mi sono confuso ancora di più perchè parlava di immagine dell'omomorfismo iniettivo.
Stavo ragionando su questo concetto che ho intravisto e cercavo chiarificazioni,
$ { e^(jnt)}n in ZZ $ è una sottoalgebra di $ C^0[0,2 pi] $ che separa i punti e denso in esso rispetto alla norma del sup e la norma in $L^2$,
inanzitutto in che senso separa i punti in $[0,2 pi] $?
di una sottoalgebra so solo che che è un sottoinsieme di una algebra che conserva le caratteristiche, quando ho cercato qualche riga mi sono confuso ancora di più perchè parlava di immagine dell'omomorfismo iniettivo.
Risposte
[mod="Martino"]Sposto in analisi matematica.[/mod]
La famiglia [tex]$\{ e^{\jmath n t}\}_{n\in \mathbb{Z}}$[/tex] non è nemmeno un sottospazio vettoriale di [tex]$C([0,2\pi])$[/tex], quindi mi pare difficile che sia una sottoalgebra...
Più probabilmente si sta considerando l'insieme [tex]$\mathcal{E}:=\text{span} \{ e^{\jmath n t}\}_{n\in \mathbb{Z}}$[/tex] di tutte le combinazioni lineari a coefficienti complessi delle funzioni di [tex]$\{ e^{\jmath n t}\}_{n\in \mathbb{Z}}$[/tex].
Che [tex]$\mathcal{E}$[/tex] sia un sottospazio vettoriale di [tex]$C([0,2\pi])$[/tex] è evidente, quindi bisogna solo chiarire cosa si intende per sottoalgebra.
Si può vedere qui che, rozzamente parlando, un'algebra è uno spazio vettoriale dotato di una moltiplicazione interna che è compatibile con le altre due operazioni (cioè somma e prodotto per lo scalare).
Per dotare [tex]$C([0,2\pi])$[/tex] della struttura di algebra, bisogna quindi introdurre una moltiplicazione tra funzioni di [tex]$C([0,2\pi])$[/tex]: questo si può fare usando il prodotto puntuale:
[tex]f*g(t):=f(t)g(t)[/tex].
Si dimostra facilmente che [tex]*[/tex] è un'operazione interna a [tex]$C([0,2\pi])$[/tex] (ossia che [tex]$f*g\in C([0,2\pi])$[/tex] se [tex]$f,g\in C([0,2\pi])$[/tex]), che è associativa (ossia che [tex]$(f*g)*h=f*(g*h)$[/tex]), che è commutativa, che è distributiva rispetto alla somma (i.e., [tex]$f*(g+h)=f*g+f*h$[/tex]), che commuta col prodotto per lo scalare (cioè [tex]$f*(\lambda g)=\lambda(f*g)=(\lambda f)*g$[/tex]); quindi [tex]$\big( C([0,2\pi]),+,\cdot ,*\big)$[/tex] (ove $\cdot$ è il prodotto scalare) è un'algebra su [tex]$\mathbb{C}$[/tex].
La famiglia [tex]$\mathcal{E}$[/tex] è stabile rispetto a [tex]$*$[/tex], nel senso che se [tex]$\phi_n,\phi_m \in \mathcal{E}$[/tex] allora [tex]$\phi_n*\phi_m \in \mathcal{E}$[/tex] (basta svolgere il prodotto che definisce [tex]$\phi_n*\phi_m (t)$[/tex] per rendersene conto) e chiaramente tutte le varie proprietà viste prima per [tex]$*$[/tex] valgono anche quando si pensa la moltiplicazione come ristretta solo ad [tex]$\mathcal{E}$[/tex]; ergo [tex]$\mathcal{E}$[/tex] è una sottoalgebra di [tex]$C([0,2\pi])$[/tex].
Infine, dire che [tex]$\mathcal{E}$[/tex] separa i punti di [tex]$[0,2\pi]$[/tex] significa semplicemente che per ogni coppia di punti [tex]$x\neq y\in [0,2\pi]$[/tex] esiste almeno una [tex]$\phi \in \mathcal{E}$[/tex] tale che [tex]$\phi (x)\neq \phi (y)$[/tex].
Più probabilmente si sta considerando l'insieme [tex]$\mathcal{E}:=\text{span} \{ e^{\jmath n t}\}_{n\in \mathbb{Z}}$[/tex] di tutte le combinazioni lineari a coefficienti complessi delle funzioni di [tex]$\{ e^{\jmath n t}\}_{n\in \mathbb{Z}}$[/tex].
Che [tex]$\mathcal{E}$[/tex] sia un sottospazio vettoriale di [tex]$C([0,2\pi])$[/tex] è evidente, quindi bisogna solo chiarire cosa si intende per sottoalgebra.
Si può vedere qui che, rozzamente parlando, un'algebra è uno spazio vettoriale dotato di una moltiplicazione interna che è compatibile con le altre due operazioni (cioè somma e prodotto per lo scalare).
Per dotare [tex]$C([0,2\pi])$[/tex] della struttura di algebra, bisogna quindi introdurre una moltiplicazione tra funzioni di [tex]$C([0,2\pi])$[/tex]: questo si può fare usando il prodotto puntuale:
[tex]f*g(t):=f(t)g(t)[/tex].
Si dimostra facilmente che [tex]*[/tex] è un'operazione interna a [tex]$C([0,2\pi])$[/tex] (ossia che [tex]$f*g\in C([0,2\pi])$[/tex] se [tex]$f,g\in C([0,2\pi])$[/tex]), che è associativa (ossia che [tex]$(f*g)*h=f*(g*h)$[/tex]), che è commutativa, che è distributiva rispetto alla somma (i.e., [tex]$f*(g+h)=f*g+f*h$[/tex]), che commuta col prodotto per lo scalare (cioè [tex]$f*(\lambda g)=\lambda(f*g)=(\lambda f)*g$[/tex]); quindi [tex]$\big( C([0,2\pi]),+,\cdot ,*\big)$[/tex] (ove $\cdot$ è il prodotto scalare) è un'algebra su [tex]$\mathbb{C}$[/tex].
La famiglia [tex]$\mathcal{E}$[/tex] è stabile rispetto a [tex]$*$[/tex], nel senso che se [tex]$\phi_n,\phi_m \in \mathcal{E}$[/tex] allora [tex]$\phi_n*\phi_m \in \mathcal{E}$[/tex] (basta svolgere il prodotto che definisce [tex]$\phi_n*\phi_m (t)$[/tex] per rendersene conto) e chiaramente tutte le varie proprietà viste prima per [tex]$*$[/tex] valgono anche quando si pensa la moltiplicazione come ristretta solo ad [tex]$\mathcal{E}$[/tex]; ergo [tex]$\mathcal{E}$[/tex] è una sottoalgebra di [tex]$C([0,2\pi])$[/tex].
Infine, dire che [tex]$\mathcal{E}$[/tex] separa i punti di [tex]$[0,2\pi]$[/tex] significa semplicemente che per ogni coppia di punti [tex]$x\neq y\in [0,2\pi]$[/tex] esiste almeno una [tex]$\phi \in \mathcal{E}$[/tex] tale che [tex]$\phi (x)\neq \phi (y)$[/tex].
Tutto giusto, naturalmente, ma secondo me nel problema originario ci si riferiva ad algebre relative al prodotto puntuale, ovvero alla ipotesi del teorema di Stone-Weierstrass.
Vabbè... Se il prodotto è quello puntuale allora la cosa è ancora più semplice.
Grazie giulio82, adesso so come costruire una struttura algebrica su $ CC $ partendo dalle funzioni continue su un compatto.
Dissonance ho cercato ed è proprio quel teorema che mi ha chiarito.
Se non sbaglio posso declamarla così:
$C[a,b]$ con la norma del sup è una Bannach-algebra (un algebra associativa e spazio di bannach tale che $||fg||<=||f|||g|| V f,g$)
Per Stone-Weierstrass se $X$ è un compatto di Hausdorff e $Y$ è una sottoalgebra in $C(X)$ che contiene una funzione constante non nulla,
se ne separa punti allora $Y$ è denso in $C(X)$.
Per cui lo spazio dei polinomi in $C[a,b]$ forma una sottoalgebra, chiusa rispetto alla moliplicazione e per il teorema di Stone Weierstrass questa sottoalgebra
è densa in $C[a,b]$
Dissonance ho cercato ed è proprio quel teorema che mi ha chiarito.
Se non sbaglio posso declamarla così:
$C[a,b]$ con la norma del sup è una Bannach-algebra (un algebra associativa e spazio di bannach tale che $||fg||<=||f|||g|| V f,g$)
Per Stone-Weierstrass se $X$ è un compatto di Hausdorff e $Y$ è una sottoalgebra in $C(X)$ che contiene una funzione constante non nulla,
se ne separa punti allora $Y$ è denso in $C(X)$.
Per cui lo spazio dei polinomi in $C[a,b]$ forma una sottoalgebra, chiusa rispetto alla moliplicazione e per il teorema di Stone Weierstrass questa sottoalgebra
è densa in $C[a,b]$
Si grosso modo è così ma stai attento che c'è una importante sottigliezza: questa versione del teorema di Stone-Weierstrass vale solo per spazi di funzioni a valori reali. Ci sono controesempi standard nel caso complesso: per esempio se prendi $D$ un disco chiuso del piano complesso, lo spazio $H(D°)nnC(D)$ delle funzioni olomorfe su $D°$ e continue fin sul bordo è una sottoalgebra di $C(D)$ che separa i punti e contiene le costanti, ma non è densa in $C(D)$. Infatti il limite uniforme di una successione di funzioni olomorfe è ancora una funzione olomorfa e quindi non si possono approssimare con funzioni olomorfe tutte le funzioni continue.
Nel caso complesso occorre aggiungere una ipotesi: occorre che la sottoalgebra sia autoconiugata, ovvero che contenga i coniugati di tutti i propri membri.
Nel caso complesso occorre aggiungere una ipotesi: occorre che la sottoalgebra sia autoconiugata, ovvero che contenga i coniugati di tutti i propri membri.
dissonance questo che hai detto è fantastico! ti ringrazio. Come hai notato nell'altro posto, la mia conoscenza di analisi complessa è imbarazzante al momento, ma quando ho un pò più di tempo voglio approfondirla, sto studiando un pò di analisi di fourier non troppo a fondo, mi chiedevo se ci sono altri esempi così lampanti che stravolgono concetti,se si passa come adesso, dal reale al complesso?che è utile tenere a mente?
Non si può fare un sommario così, su due piedi. Ci sono tante analogie, dovute al fatto che sia $RR$ sia $CC$ sono campi dotati di topologia, e tantissime differenze, dovute al fatto che $RR$ e $CC$ sono molto diversi sia dal punto di vista algebrico (un esempio su tutti: in $CC$ si possono prendere le radici quadrate di tutti i numeri) sia dal punto di vista topologico (non ha nessun senso dire che un numero complesso è negativo, per esempio).
Scusa, mi sono espresso male non mi riferivo nella materia in toto, per lo più, nella più spicciola analizi funzionale o in collegamento con serie e trasformate di fourier, ma forse non ci sono altri casi singolari così eclatanti, e semplicemente l'analisi su quel campo, come tu dicevi, sono completamente diverse.
Per questo, penso sempre di più di seguirmi un corso di analisi complessa a matematica l'anno prossimo:).Ciao grazie
Per questo, penso sempre di più di seguirmi un corso di analisi complessa a matematica l'anno prossimo:).Ciao grazie