Semplicissimo!!
Sia g una funzione continua e y soluzione dell'equazione differenziale y'=g(y). Mostrare che y non ammette punti di minimo e/o massimo propri.
p.s. non sono in possesso della soluzione.
Saluti, Ubermensch
p.s. non sono in possesso della soluzione.
Saluti, Ubermensch
Risposte
caro ubermensch
il motivo per il quale una soluzione dell'equazione differenziale...
y'=g(y) [1]
... non ha punti di massimo o di minimo 'propriamente detti' è evidente se la si risolve. Procedendo alla separazione delle variabili si ha...
dy/g(y)= dx [2]
... da cui...
Int dy/g(y)= x + c [3]
... ove c è una 'costante arbitraria'. Osservando i passaggi effettuati, scopriamo che perchè sia possibile la procedura risolvente deve essere necessariamente g(y)<> 0 per ogni y, ossia la derivata di y(x) non si deve annullare mai. Da ciò deriva facilmente l'asserto...
cordiali saluti
lupo grigio
il motivo per il quale una soluzione dell'equazione differenziale...
y'=g(y) [1]
... non ha punti di massimo o di minimo 'propriamente detti' è evidente se la si risolve. Procedendo alla separazione delle variabili si ha...
dy/g(y)= dx [2]
... da cui...
Int dy/g(y)= x + c [3]
... ove c è una 'costante arbitraria'. Osservando i passaggi effettuati, scopriamo che perchè sia possibile la procedura risolvente deve essere necessariamente g(y)<> 0 per ogni y, ossia la derivata di y(x) non si deve annullare mai. Da ciò deriva facilmente l'asserto...
cordiali saluti
lupo grigio

C'e' da dire che la procedura risolvente funziona solo nel caso in cui g non si annulli; Supponiamo quindi che y abbia massimo o minimo locale in x_0; allora y'(x_0)=0, e quindi g(y(x_0))=0, ovvero g ha uno zero in y(x_0). Consideriamo allora la funzione costante y(x)=y(x_0); essa e' soluzione del problema, in quanto ha derivata 0=g(y(x_0)), e quindi e' la sola soluzione passante per (x_0,y(x_0)); ne segue che y e' la soluzione (localmente) costante, quindi x_0 non e' di massimo o minimo proprio.
Luca Lussardi
http://www.llussardi.it
Luca Lussardi
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Per evitare equivoci sarebbe necessario specificare non solo che g(y) non è identicamente nulla [nel qual caso la soluzione sarebbe y=c, con c=costante... e quindi anche in tal caso non vi sono massimi nè minimi...], ma anche che essa è a un solo valore. Il motivo di ciò sarà evidente da un semplice controesempio...
y'= y^1/2 [1]
Applicando la procedura già vista si trova che la soluzione è...
y=1/4*(x+c)^2 [2]
... con c la solita 'costante arbitraria'. E' evidente che la soluzione trovata ha un minimo in x=-c e tale minimo vale zero. La funzione g(y) dell'esempio appena visto [g(y)=y^1/2] non è però ad un solo valore e pertanto non è a rigore una funzione continua, come vuole l'ipotesi formulata da ubermensch...
cordiali saluti!...
lupo grigio
y'= y^1/2 [1]
Applicando la procedura già vista si trova che la soluzione è...
y=1/4*(x+c)^2 [2]
... con c la solita 'costante arbitraria'. E' evidente che la soluzione trovata ha un minimo in x=-c e tale minimo vale zero. La funzione g(y) dell'esempio appena visto [g(y)=y^1/2] non è però ad un solo valore e pertanto non è a rigore una funzione continua, come vuole l'ipotesi formulata da ubermensch...
cordiali saluti!...
lupo grigio

scusate ragazzi ma non sono d'accordo sulle vostre soluzioni; tutti e due utilizzate il fatto che se una funzione ha un minimo o un massimo proprio allora la sua derivata è nulla. ciò in generale non è vero: supponiamo infatti che la y sia definita su un intervallo chiuso e limitato allora in un punto di eventuale minimo (o massimo) ad un estremo la funzione potrebbe non avere derivata nulla.
fra l'altro la difficoltà che ho trovato io nella risoluzione del problema è proprio nella interpretazione del "minimo proprio"; se assumiamo che debba essere interno all'intervallo le vostre soluzioni sembrerebbero corrette; ma credo che tale assunzione non debba essere fatta, in quanto, parole del mio professore: "vi do da risolvere questo problema per stimolarvi poichè è molto difficile"; quindi, o il prof ci ritiene degli scemi, oppure c'è da inventarsi qualcos'altro.
comunque, domani, che rivedo questo prof., gli chiedo cosa intende per punti di minimo (o massimo) propri e, semmai, vi farò sapere.
saluti, ubermensch
fra l'altro la difficoltà che ho trovato io nella risoluzione del problema è proprio nella interpretazione del "minimo proprio"; se assumiamo che debba essere interno all'intervallo le vostre soluzioni sembrerebbero corrette; ma credo che tale assunzione non debba essere fatta, in quanto, parole del mio professore: "vi do da risolvere questo problema per stimolarvi poichè è molto difficile"; quindi, o il prof ci ritiene degli scemi, oppure c'è da inventarsi qualcos'altro.
comunque, domani, che rivedo questo prof., gli chiedo cosa intende per punti di minimo (o massimo) propri e, semmai, vi farò sapere.
saluti, ubermensch
Attenzione: l'intervallo massimale della soluzione e' sempre aperto, quindi non hai punti di bordo. Ne segue che la tua argomentazione circa gli eventuali punti di bordo non sussiste.
Luca Lussardi
http://www.llussardi.it
Luca Lussardi
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.....bah.....
mi fido della tua autorità ma non conosco ancora nessun risultato che mi garantisca una cosa del genere.
grazie, comunque.
saluti
mi fido della tua autorità ma non conosco ancora nessun risultato che mi garantisca una cosa del genere.
grazie, comunque.
saluti
E' il risultato fondamentale sulle soluzioni massimali di equazioni differenziali ordinarie, non puoi non conoscerlo. L'intervallo massimale e' aperto, non puo' essere chiuso, a meno che non sia tutto R. Quindi se y soluzione massimale ha in x_0 punto di massimo o minimo locale allora y'(x_0)=0, ecc....
Luca Lussardi
http://www.llussardi.it
Luca Lussardi
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ho appena cominciato un corso serio di equazioni differenziali; sinora abbiamo solo accennato le soluzioni in certi casi particolari in altri corsi.
comunque, scusate la testardaggine, ma c'è ancora qualcosa che non mi torna.
1) tu, Luca, utilizzi l'unicità della soluzione che non è garantita dalla sola ipotesi di continuità della g.
2) non mi è chiaro cosa intende dire lupogrigio quando dice che g(y)=sqrt(y) non è ad un sol valore; analizzando infatti l'equazione y'=sqrt(y) mi verrebbe da dire che, se ad esempio y(0)=0, allora abbiamo le due soluzioni:1) y=0 identicamente in R; 2) y=0 in (-inf,0) e y=(x^2)/4 in [0, inf) che sono entrambe di classe 1 ovunque e soddisfacenti la condizione iniziale.
ovviamente neanche in questo caso non troviamo un minimo (o un massimo) proprio, ma comunque tanto per dire che secondo me non possiamo utilizzare l'unicità (neanche locale) della soluzione.
saluti, ubermensch
comunque, scusate la testardaggine, ma c'è ancora qualcosa che non mi torna.
1) tu, Luca, utilizzi l'unicità della soluzione che non è garantita dalla sola ipotesi di continuità della g.
2) non mi è chiaro cosa intende dire lupogrigio quando dice che g(y)=sqrt(y) non è ad un sol valore; analizzando infatti l'equazione y'=sqrt(y) mi verrebbe da dire che, se ad esempio y(0)=0, allora abbiamo le due soluzioni:1) y=0 identicamente in R; 2) y=0 in (-inf,0) e y=(x^2)/4 in [0, inf) che sono entrambe di classe 1 ovunque e soddisfacenti la condizione iniziale.
ovviamente neanche in questo caso non troviamo un minimo (o un massimo) proprio, ma comunque tanto per dire che secondo me non possiamo utilizzare l'unicità (neanche locale) della soluzione.
saluti, ubermensch
Hai ragione, io mi sono messo nel contesto solito di un problema di Cauchy del primo ordine; e' giusto che la sola continuita' di g non garantisce l'unicita' della soluzione, anche di quella locale. Forse allora si puo' procedere cosi': la soluzione costante c'e'; ora supponiamo che ci sia un'altra soluzione y che ha nel punto critico x_0 trovato un massimo proprio. Allora dovrebbe esistere y_10 e g(y_1)<0: infatti y_1 ha due preimmagini sull'asse x, una per la quale y cresce e l'altra per la quale y decresce. Quindi si ha un assurdo.
Luca Lussardi
http://www.llussardi.it
Luca Lussardi
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cari amici
il problema posto dal ‘prof’ di ubermensch è sicuramente interessante e merita di essere discusso in dettaglio. A titolo di chiarimento ho ritenuto opportuno specificare che, ammesso che sia vera la tesi che si vuole dimostrare e cioè che una soluzione [anzi ogni soluzione] dell’equazione…
y’=g(y) [1]
… con g(y) funzione continua non ha massimi o minimi ‘propri’ [parole testuali di ubermench…], occorre specificare che g(y) deve necessariamente essere ad un solo valore. Il motivo di ciò è ovvio se si esamina l’esempio da me proposto, nel quale è…
y’=g(y)= sqrt (y) [2]
… la cui soluzione generale è…
y(x)= ¼*(x+c)^2 [3]
Il problema posto dalla funzione ‘radice quadrata’ è che ad essa possono corrispondere due valori, uno positivo e l’altro negativo. Se esaminiamo ad esempio la soluzione particolare che si ottiene ponendo nella [3] c=0, per ogni valore di y(xo)=y(-xo)= ¼*xo^2 con xo>0 vi saranno due valori di y’ pari a ½*xo e –1/2*xo, a meno che non sia diversamente specificato…
La questione credo poi sia ancora più complessa, come ci si può rendere conto da quest’altro esempio, che vede ancora protagonista la ‘radice quadrata’. Sia…
y’= sqrt(1-y^2) [4]
Procedendo in maniera ‘standard’ di trova che la soluzione generale è…
y(x)= sin(x+alfa) [5]
… in cui alfa è una ‘costante arbitraria’ per la quale, essendo un angolo, ho scelto un nome più appropriato. Certo affermare che tale soluzione non ammette massimi né minimi sarebbe… diciamo così… a little surprising…
cordiali saluti
lupo grigio
il problema posto dal ‘prof’ di ubermensch è sicuramente interessante e merita di essere discusso in dettaglio. A titolo di chiarimento ho ritenuto opportuno specificare che, ammesso che sia vera la tesi che si vuole dimostrare e cioè che una soluzione [anzi ogni soluzione] dell’equazione…
y’=g(y) [1]
… con g(y) funzione continua non ha massimi o minimi ‘propri’ [parole testuali di ubermench…], occorre specificare che g(y) deve necessariamente essere ad un solo valore. Il motivo di ciò è ovvio se si esamina l’esempio da me proposto, nel quale è…
y’=g(y)= sqrt (y) [2]
… la cui soluzione generale è…
y(x)= ¼*(x+c)^2 [3]
Il problema posto dalla funzione ‘radice quadrata’ è che ad essa possono corrispondere due valori, uno positivo e l’altro negativo. Se esaminiamo ad esempio la soluzione particolare che si ottiene ponendo nella [3] c=0, per ogni valore di y(xo)=y(-xo)= ¼*xo^2 con xo>0 vi saranno due valori di y’ pari a ½*xo e –1/2*xo, a meno che non sia diversamente specificato…
La questione credo poi sia ancora più complessa, come ci si può rendere conto da quest’altro esempio, che vede ancora protagonista la ‘radice quadrata’. Sia…
y’= sqrt(1-y^2) [4]
Procedendo in maniera ‘standard’ di trova che la soluzione generale è…
y(x)= sin(x+alfa) [5]
… in cui alfa è una ‘costante arbitraria’ per la quale, essendo un angolo, ho scelto un nome più appropriato. Certo affermare che tale soluzione non ammette massimi né minimi sarebbe… diciamo così… a little surprising…
cordiali saluti
lupo grigio

Non capisco perche' ti soffermi su "ad un solo valore"; g e' una funzione, quind per ogni y g(y) e' univocamente determinato.
Luca Lussardi
http://www.llussardi.it
Luca Lussardi
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E' probabile che, da ingegnere che sono, il mio linguaggio non sia dei più esatti e possa dar luogo a cattive interpretazioni. Per esprimere il concetto di singlevalued function e multivalued function vorrà dire che riporterò quanto scritto in http://mathworld.wolfram.com/BranchCut.html...
Da notare che non solo si riporta il vcaso della funzione 'radice quadrata', ma si parla dei problemi di 'discontinuità' che le funzioni 'non a singolo valore' possono presentare...
Branch Cut
A branch cut is a curve (with ends either open, closed, half-open) in the complex plane across which an analytic multivalued function is discontinuous. For convenience, branch cuts are often taken as lines or line segments. Branch cuts (even those consisting of curves) are also known as cut lines (Arfken 1985, p. 397), slits (Kahan 1987), or branch lines.
For example, consider the function z^2 which maps each complex number z to a well-defined number . Its inverse function sqrt (z) , on the other hand, maps, for example, the value z = 1 to +/-1 . While a unique principal value can be chosen for such functions (in this case, the principal square root is the positive one), the choices cannot be made continuous over the whole complex plane. Instead, lines of discontinuity must occur. The most common approach for dealing with these discontinuities is the adoption of so-called branch cuts. In general, branch cuts are not unique, but are instead chosen by convention to give simple analytic properties (Kahan 1987). Some functions have a relatively simple branch cut structure, while branch cuts for other functions are extremely complicated.
cordiali saluti
lupo grigio
Da notare che non solo si riporta il vcaso della funzione 'radice quadrata', ma si parla dei problemi di 'discontinuità' che le funzioni 'non a singolo valore' possono presentare...
Branch Cut
A branch cut is a curve (with ends either open, closed, half-open) in the complex plane across which an analytic multivalued function is discontinuous. For convenience, branch cuts are often taken as lines or line segments. Branch cuts (even those consisting of curves) are also known as cut lines (Arfken 1985, p. 397), slits (Kahan 1987), or branch lines.
For example, consider the function z^2 which maps each complex number z to a well-defined number . Its inverse function sqrt (z) , on the other hand, maps, for example, the value z = 1 to +/-1 . While a unique principal value can be chosen for such functions (in this case, the principal square root is the positive one), the choices cannot be made continuous over the whole complex plane. Instead, lines of discontinuity must occur. The most common approach for dealing with these discontinuities is the adoption of so-called branch cuts. In general, branch cuts are not unique, but are instead chosen by convention to give simple analytic properties (Kahan 1987). Some functions have a relatively simple branch cut structure, while branch cuts for other functions are extremely complicated.
cordiali saluti
lupo grigio

Certo, lo so che ci sono "funzioni" a piu' valori. Ma una funzione, per definizione, associa ad x uno ed un solo y. Quelle cose a piu' valori non sono funzioni, anche se a volte con abuso di linguaggio qualcuno le chiama funzioni polidrome.
Luca Lussardi
http://www.llussardi.it
Luca Lussardi
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Capisco che certi argomenti non siano tanto graditi a certi ‘puristi’ della matematica, ma ‘quelle cose a più valori’ [che certo non saranno delle ‘funzioni’ in senso stretto…] di fatto esistono e occorre spesso im pratica fare i conti con esse…
Torniamo per un momento ancora alla nostra equazione…
y’=sqrt(y) [1]
… e per semplicità gli aggiungiamo la ‘condizione al contorno di ubermensch’ y(0)=0. Procedendo con la tecnica standard si trova che una funzione che soddisfa la [1] è…
y(x)= ¼*x^2 [2]
… che vedete riprodotta nella figura seguente…

Il problema a questo punto è il seguente: per ogni valore di y si intende che vi sia un solo valore di y’ oppure no?… Ad esempio per y=1/4 occorre prendere per buono y’=1/2 oppure la coppia di valori y’=+/-1/2?… E evidente che la soluzione del problema sarà differente, e non di poco, nei due casi e cioè…
a)se y’(1/4) = ½ la soluzione sarà y= ¼*x^2 per x>0, y=0 per x<0
b)se y’(1/4)=+/-1/2 la soluzione sarà y=1/4*x^2 per –00
L’esempio mi pare se non altro che chiarisca il fatto che per la soluzione corretta dell’equazione y’=g(y) stabilire che g(y) sia o no ‘a singolo valore’ non è del tutto irrilevante…
cordiali saluti!…
lupo grigio
Torniamo per un momento ancora alla nostra equazione…
y’=sqrt(y) [1]
… e per semplicità gli aggiungiamo la ‘condizione al contorno di ubermensch’ y(0)=0. Procedendo con la tecnica standard si trova che una funzione che soddisfa la [1] è…
y(x)= ¼*x^2 [2]
… che vedete riprodotta nella figura seguente…

Il problema a questo punto è il seguente: per ogni valore di y si intende che vi sia un solo valore di y’ oppure no?… Ad esempio per y=1/4 occorre prendere per buono y’=1/2 oppure la coppia di valori y’=+/-1/2?… E evidente che la soluzione del problema sarà differente, e non di poco, nei due casi e cioè…
a)se y’(1/4) = ½ la soluzione sarà y= ¼*x^2 per x>0, y=0 per x<0
b)se y’(1/4)=+/-1/2 la soluzione sarà y=1/4*x^2 per –00
L’esempio mi pare se non altro che chiarisca il fatto che per la soluzione corretta dell’equazione y’=g(y) stabilire che g(y) sia o no ‘a singolo valore’ non è del tutto irrilevante…
cordiali saluti!…
lupo grigio

Non riesco a vedere la figura postata da lupo grigio il 12/3.
Camillo
Camillo
OK tutto a posto
Camillo
Camillo
Caro Lupo grigio, quando scrivi "radice quadrata" di qualcosa non intendi quei numeri che elevati al quadrato danno il radicando, bensi' quel solo numero positivo che verifica cio': questa e' la definizione di radice quadrata. Ad esempio la radice quadrata di 4 e' 2, non +/-2. Quindi nell'equazione che hai postato y' e'sempre una quantita' positiva, non puo' essere negativa.
Tornando all'equazione proposta, si e' detto nelle ipotesi che g e' una funzione (continua). Ne segue che i problemi sollevati riguardo ad applicazioni a piu' valori non sussistono (almeno in questa sede di discussione).
Luca Lussardi
http://www.llussardi.it
Tornando all'equazione proposta, si e' detto nelle ipotesi che g e' una funzione (continua). Ne segue che i problemi sollevati riguardo ad applicazioni a piu' valori non sussistono (almeno in questa sede di discussione).
Luca Lussardi
http://www.llussardi.it
cari amici
sono lieto di segnalare alla vostra attenzione la seguente pagina web…
http://www.mat.uniroma2.it/~benfatto/MR1.pdf
Si tratta di una ’dispensa’ preparata dal prof. Giuseppe Benfatto dell’Università ‘Tor Vergata’, che tratta in maniera assai brillante [almeno a mio modo di vedere…] proprio il problema su cui ci stiamo arrovellando. La dispensa tratta in di problemi di meccanica ‘unidimensionali’ [nei quali cioè di descrive il moto di un punto materiale di massa m vincolato a muoversi in una sola dimensione…] e in particolare l’attenzione è rivolta ai ‘moti conservativi’, ossia quei moti che non dissipano energia. Premettendo che consiglio la lettura del testo, ecco qui un assai breve sunto della tecnica assai originale adottata dal prof. Benfatto per la soluzione di tali problemi. Il moto sia descritto dalla fondamentale e ben nota equazione di secondo ordine…
m*x’’(t)=f(x) (1)
… nella quale la forza che agisce sul punto materiale dipende unicamente dalla sua posizione. In questo caso, possiamo ‘energia’ del punto materiale come…
E= ½*m*x’^2 + V(x) (2)
… nella quale V(x) è una ‘funzione potenziale’ definita come…
V(x) = - Int [0
Se il moto del punto materiale è decritto dalla (1) si dimostra rapidamente che E è costante [cioè non si ha dissipazione di energia…] e in questo caso è possibile ridurre la (1) a una equazione del primo ordine. Dal semplice sviluppo della (2) si ottiene infatti…
x’(t)= g(x)= +/- sqrt [2/m*[E-v(x)]] (4)
... ove il termine ‘+/-‘ sta chiaramente ad indicare che g(x) è una funzione a due valori [uno positivo e uno negativo…] della variabile x. E’ evidente che l’equazione (4) è del tutto identica all’equazione che ubermensch ci ha segnalato nell’apertura del thread…
Proviamo ad applicare la (4) alla soluzione di un problema classico, quello del ‘pendolo unidimensionale’…

Un punto materiale di massa m è collegato ad una molla avente coefficiente di elasticità pari a k. Sia x=0 la posizione nella quale la forza di richiamo della molla egualia, con segno opposto però, la forza di gravità. Supponiamo ora di compiere un lavoro sul punto materiale posizionandolo all’istante t=0 nel punto di coordinata x=l. Successivamente si lasci libero il punto materiale di muoversi. L’equazione del moto sarà…
m*x’’= -k*x (5)
… con le condizioni iniziali x(0)=l e x’(0)=0. Per riscrivere l’equazione del moto nella forma (4) occorre calcolare il potenziale V(x) e l’energia E. Un semplice calcolo fornisce per il potenziale…
V(x)= Int [0
... e per l’energia…
E= ½*k/l^2 (7)
L’equazione del moto diverrà quindi…
x’= +/- sqrt [k/(m*l^2)*(1-l^2/x^2)] (7)
Come si integra l’equazione (7) lo abbiamo già visto. Si scrive…
sqrt (m/k) *Int 1/(1-l^2/x^2)/l^2*dx= t+alfa (8)
... ovvero…
x(t)= l*sin [sqrt(k/m)*t+ alfa] (9)
... che con la condizione iniziale x(0)=l diviene…
x(t)=l*cos[sqrt(k/m)*t] (10)
Si è trovato in definitiva il classico e ben noto risultato, ovvero che il pendolo oscillerà con periodo T=sqrt (m/k). Tra breve conto magari di proporre altri esempi. Penso proprio che quello, assai semplice in vero, cha abbiamo testè esaminato aiuti molto a far chiarezza sul problema generale, in particolare sulla necessità imprescindibile del ricorso a fuznioni a più valori nella soluzione di problemi di questo tipo…
cordiali saluti
lupo grigio
sono lieto di segnalare alla vostra attenzione la seguente pagina web…
http://www.mat.uniroma2.it/~benfatto/MR1.pdf
Si tratta di una ’dispensa’ preparata dal prof. Giuseppe Benfatto dell’Università ‘Tor Vergata’, che tratta in maniera assai brillante [almeno a mio modo di vedere…] proprio il problema su cui ci stiamo arrovellando. La dispensa tratta in di problemi di meccanica ‘unidimensionali’ [nei quali cioè di descrive il moto di un punto materiale di massa m vincolato a muoversi in una sola dimensione…] e in particolare l’attenzione è rivolta ai ‘moti conservativi’, ossia quei moti che non dissipano energia. Premettendo che consiglio la lettura del testo, ecco qui un assai breve sunto della tecnica assai originale adottata dal prof. Benfatto per la soluzione di tali problemi. Il moto sia descritto dalla fondamentale e ben nota equazione di secondo ordine…
m*x’’(t)=f(x) (1)
… nella quale la forza che agisce sul punto materiale dipende unicamente dalla sua posizione. In questo caso, possiamo ‘energia’ del punto materiale come…
E= ½*m*x’^2 + V(x) (2)
… nella quale V(x) è una ‘funzione potenziale’ definita come…
V(x) = - Int [0
Se il moto del punto materiale è decritto dalla (1) si dimostra rapidamente che E è costante [cioè non si ha dissipazione di energia…] e in questo caso è possibile ridurre la (1) a una equazione del primo ordine. Dal semplice sviluppo della (2) si ottiene infatti…
x’(t)= g(x)= +/- sqrt [2/m*[E-v(x)]] (4)
... ove il termine ‘+/-‘ sta chiaramente ad indicare che g(x) è una funzione a due valori [uno positivo e uno negativo…] della variabile x. E’ evidente che l’equazione (4) è del tutto identica all’equazione che ubermensch ci ha segnalato nell’apertura del thread…
Proviamo ad applicare la (4) alla soluzione di un problema classico, quello del ‘pendolo unidimensionale’…
Un punto materiale di massa m è collegato ad una molla avente coefficiente di elasticità pari a k. Sia x=0 la posizione nella quale la forza di richiamo della molla egualia, con segno opposto però, la forza di gravità. Supponiamo ora di compiere un lavoro sul punto materiale posizionandolo all’istante t=0 nel punto di coordinata x=l. Successivamente si lasci libero il punto materiale di muoversi. L’equazione del moto sarà…
m*x’’= -k*x (5)
… con le condizioni iniziali x(0)=l e x’(0)=0. Per riscrivere l’equazione del moto nella forma (4) occorre calcolare il potenziale V(x) e l’energia E. Un semplice calcolo fornisce per il potenziale…
V(x)= Int [0
... e per l’energia…
E= ½*k/l^2 (7)
L’equazione del moto diverrà quindi…
x’= +/- sqrt [k/(m*l^2)*(1-l^2/x^2)] (7)
Come si integra l’equazione (7) lo abbiamo già visto. Si scrive…
sqrt (m/k) *Int 1/(1-l^2/x^2)/l^2*dx= t+alfa (8)
... ovvero…
x(t)= l*sin [sqrt(k/m)*t+ alfa] (9)
... che con la condizione iniziale x(0)=l diviene…
x(t)=l*cos[sqrt(k/m)*t] (10)
Si è trovato in definitiva il classico e ben noto risultato, ovvero che il pendolo oscillerà con periodo T=sqrt (m/k). Tra breve conto magari di proporre altri esempi. Penso proprio che quello, assai semplice in vero, cha abbiamo testè esaminato aiuti molto a far chiarezza sul problema generale, in particolare sulla necessità imprescindibile del ricorso a fuznioni a più valori nella soluzione di problemi di questo tipo…
cordiali saluti
lupo grigio
