Matematica e realtà
Ciao a tutti apro questo post per fare una dichiarazione che mi fa un pò vergognare la quale non trova un senso se non con una risposta formale di cui non ho di che fare:
Io non riesco a "vedere" gli integrali e le derivate.
Non riesco a farmi bastare quella definizione e quell'uso tramite i
simboli se non "vedo" prima quello che rappresentano nel reale.
Mi viene detto:
"gli integrali servono per calcolare le aree" ed io mi chiedo: " ok come calcolo l'area di un oggetto davanti me?"... Non trovo modo. Poi mi si dice che con gli integrali trovo la primitiva, ok e cosa ci faccio con primitiva nella realtà?
Dove posso vedere questa primitiva ? É poi le derivate... Che sono l'opposto degl'integrali... l'azione opposta a calcolare delle aree?
mi vien ripetuto che ci posso calcolare la velocità, ok e poi? La tangente di una curva, ok e poi? Dove sono le derivate nella realtà? Che potere o io con questi strumenti? Cosa rappresentano materialmente?
Da dove sono nati questi strumenti? Qual'è é stato il problema reale che li ha generati?
Scusate, è solo uno stupido sfogo perché non riesco più a continuare ad eseguire meccanismi come un robot senza un perché o azioni ripetute che mi vengono date senza qualcosa di realmente palpabile o una seria spiegazione.
Guardate sarei anche felice se conosceste dei libri in cui trovare ciò così da non dovervi far fare una spiegazione immensa di un mondo che non ho ben compreso.
5° superiore
Io non riesco a "vedere" gli integrali e le derivate.
Non riesco a farmi bastare quella definizione e quell'uso tramite i
simboli se non "vedo" prima quello che rappresentano nel reale.
Mi viene detto:
"gli integrali servono per calcolare le aree" ed io mi chiedo: " ok come calcolo l'area di un oggetto davanti me?"... Non trovo modo. Poi mi si dice che con gli integrali trovo la primitiva, ok e cosa ci faccio con primitiva nella realtà?
Dove posso vedere questa primitiva ? É poi le derivate... Che sono l'opposto degl'integrali... l'azione opposta a calcolare delle aree?
mi vien ripetuto che ci posso calcolare la velocità, ok e poi? La tangente di una curva, ok e poi? Dove sono le derivate nella realtà? Che potere o io con questi strumenti? Cosa rappresentano materialmente?
Da dove sono nati questi strumenti? Qual'è é stato il problema reale che li ha generati?
Scusate, è solo uno stupido sfogo perché non riesco più a continuare ad eseguire meccanismi come un robot senza un perché o azioni ripetute che mi vengono date senza qualcosa di realmente palpabile o una seria spiegazione.
Guardate sarei anche felice se conosceste dei libri in cui trovare ciò così da non dovervi far fare una spiegazione immensa di un mondo che non ho ben compreso.
5° superiore
Risposte
Ciao e benvenuto nel forum
Non so se questa sia la sezione corretta in cui fare queste domande, ma comunque io ci provo a darti una risposta... tanto più che anche a me (e credo anche a tutti quelli che amano la matematica) piace capirla e non applicarla meccanicamente senza sapere cosa si sta facendo.
Partiamo dall'ultima domanda, che è un po' il riassunto di tutte le altre:
Purtroppo non so dirti con certezza storicamente quale sia stato il problema reale che ha portato allo sviluppo di questi argomenti... per quello che ne so io il calcolo differenziale (derivate) è stato sviluppato da Newton (1642 - 1727) e Leibniz (1646 - 1716) nella seconda metà del 1600, mentre si stavano scrivendo le leggi della meccanica classica che governano il moto dei corpi celesti. Le "derivate" di quei tempi però erano concettualmente molto diverse, e sono state formalizzate per come le conosciamo noi solo successivamente da Cauchy (1789 - 1857) utilizzando il concetto di limite. Per quanto riguarda il calcolo integrale invece (sempre per quello che ne so io), bisogna aspettare Riemann (1826 - 1866). Se non ricordo male si tratta di una sua tesi di geometria in cui si presentava appunto il problema di calcolare le aree.
Questo è per quanto riguarda l'aspetto storico. Invece per quanto riguarda l'aspetto pratico, io questi argomenti me li sono motivati così:
Per quanto riguarda le derivate, direi che la definizione "sono l'opposto degli integrali" fa un po' schifo
Se questa è stata la risposta del/della tuo/tua prof, direi che si merita una tirata d'orecchie.
Se la definizione che ti hanno dato di derivata di una funzione definita su di un intervallo $I$ a valori in $\mathbb{R}$ in un punto $t_0$ interno ad $I$ è
\[
\lim_{h\to 0}\frac{f(t_0+h)-f(t_0)}{h},
\]
allora (come dici tu) si può immaginare che la variabile $t$ sia il tempo, mentre la variabile dipendente $x=f(t)$ sia la posizione di un punto lungo una retta al tempo $t$. Ad esempio, se $f(t)=t^2$, allora al tempo $t=3$ avremo che la posizione sarà $f(t)=f(3)=3^2=9$. Ora, quando abbiamo un moto rettilineo uniforme di un punto, per calcolare la velocità a cui si muove il punto possiamo prendere due istanti $t_1$ e $t_2$ e le rispettive posizioni $x_1$ e $x_2$ e calcolare la velocità come distanza/tempo, ovvero $\frac{x_2-x_1}{t_2-t_1}$ (supponendo $t_1
\[
\frac{x_2-x_1}{t_2-t_1}=\frac{3^2-0^2}{3-0}=\frac{9}{3}=3m/s.
\]
Calcoliamo ora la velocità istantanea all'istante $t_0$ (prendi ad esempio $t_0=1$). Dato che con il metodo distanza/tempo riusciamo a calcolare solo la velocità media e non quella istantanea, per "approssimare" al meglio questo calcolo andiamo a calcolare la velocità media del punto tra l'istante $t_0$ e $t_h=t_0+h$, ove $h$ è un valore piccolissimo. Stiamo cioè calcolando qual è la velocità media tra l'istante $t_0$ e un suo vicinissimo istante $t_h$. La velocità media è data da
\[
\frac{f(t_h)-f(t_0)}{t_h-t_0}=\frac{f(t_0+h)-f(t_0)}{(t_0+h)-t_0}=\frac{f(t_0+h)-f(t_0)}{h}=\frac{(t_0+h)^2-t_0^2}{h} \\
=\frac{t_0^2+2t_0h+h^2-t_0^2}{h}=\frac{h(2t_0+h)}{h} =2t_0+h.
\]
Come abbiamo detto questa è un'approssimazione, e intuitivamente sarà tanto più precisa quanto piccolo sarà $h$... e dunque per prendere il valore esatto (e non più un'approssimazione), basta fare il limite per $h$ che tende a zero, ottenendo così
\[
\lim_{h\to 0}\frac{f(t_0+h)-f(t_0)}{h}=\lim_{h\to 0} 2t_0+h=2t_0.
\]
Se, come avevamo supposto sopra, poniamo $t_0=1$, allora la velocità all'istante $1s$ sarà $2t_0=2\cdot 1=2m/s$.
Quindi dalla necessità di dover calcolare la velocità istantanea, ci siamo imbattuti in questo limite che si chiama derivata.
Spero che fin qui sia tutto chiaro... non so di preciso le tue conoscenze e spero di non aver reso le cose difficili.
Nel caso avessi bisogno di chiarimenti su questa parte, chiedi pure.
Per quanto riguarda la parte sugli integrali, te la scrivo un'altra volta (spero a breve nei prossimi giorni)

Non so se questa sia la sezione corretta in cui fare queste domande, ma comunque io ci provo a darti una risposta... tanto più che anche a me (e credo anche a tutti quelli che amano la matematica) piace capirla e non applicarla meccanicamente senza sapere cosa si sta facendo.
Partiamo dall'ultima domanda, che è un po' il riassunto di tutte le altre:
"MARK TWAIN":
Da dove sono nati questi strumenti? Qual'è é stato il problema reale che li ha generati?
Purtroppo non so dirti con certezza storicamente quale sia stato il problema reale che ha portato allo sviluppo di questi argomenti... per quello che ne so io il calcolo differenziale (derivate) è stato sviluppato da Newton (1642 - 1727) e Leibniz (1646 - 1716) nella seconda metà del 1600, mentre si stavano scrivendo le leggi della meccanica classica che governano il moto dei corpi celesti. Le "derivate" di quei tempi però erano concettualmente molto diverse, e sono state formalizzate per come le conosciamo noi solo successivamente da Cauchy (1789 - 1857) utilizzando il concetto di limite. Per quanto riguarda il calcolo integrale invece (sempre per quello che ne so io), bisogna aspettare Riemann (1826 - 1866). Se non ricordo male si tratta di una sua tesi di geometria in cui si presentava appunto il problema di calcolare le aree.
Questo è per quanto riguarda l'aspetto storico. Invece per quanto riguarda l'aspetto pratico, io questi argomenti me li sono motivati così:
Per quanto riguarda le derivate, direi che la definizione "sono l'opposto degli integrali" fa un po' schifo

Se la definizione che ti hanno dato di derivata di una funzione definita su di un intervallo $I$ a valori in $\mathbb{R}$ in un punto $t_0$ interno ad $I$ è
\[
\lim_{h\to 0}\frac{f(t_0+h)-f(t_0)}{h},
\]
allora (come dici tu) si può immaginare che la variabile $t$ sia il tempo, mentre la variabile dipendente $x=f(t)$ sia la posizione di un punto lungo una retta al tempo $t$. Ad esempio, se $f(t)=t^2$, allora al tempo $t=3$ avremo che la posizione sarà $f(t)=f(3)=3^2=9$. Ora, quando abbiamo un moto rettilineo uniforme di un punto, per calcolare la velocità a cui si muove il punto possiamo prendere due istanti $t_1$ e $t_2$ e le rispettive posizioni $x_1$ e $x_2$ e calcolare la velocità come distanza/tempo, ovvero $\frac{x_2-x_1}{t_2-t_1}$ (supponendo $t_1
\frac{x_2-x_1}{t_2-t_1}=\frac{3^2-0^2}{3-0}=\frac{9}{3}=3m/s.
\]
Calcoliamo ora la velocità istantanea all'istante $t_0$ (prendi ad esempio $t_0=1$). Dato che con il metodo distanza/tempo riusciamo a calcolare solo la velocità media e non quella istantanea, per "approssimare" al meglio questo calcolo andiamo a calcolare la velocità media del punto tra l'istante $t_0$ e $t_h=t_0+h$, ove $h$ è un valore piccolissimo. Stiamo cioè calcolando qual è la velocità media tra l'istante $t_0$ e un suo vicinissimo istante $t_h$. La velocità media è data da
\[
\frac{f(t_h)-f(t_0)}{t_h-t_0}=\frac{f(t_0+h)-f(t_0)}{(t_0+h)-t_0}=\frac{f(t_0+h)-f(t_0)}{h}=\frac{(t_0+h)^2-t_0^2}{h} \\
=\frac{t_0^2+2t_0h+h^2-t_0^2}{h}=\frac{h(2t_0+h)}{h} =2t_0+h.
\]
Come abbiamo detto questa è un'approssimazione, e intuitivamente sarà tanto più precisa quanto piccolo sarà $h$... e dunque per prendere il valore esatto (e non più un'approssimazione), basta fare il limite per $h$ che tende a zero, ottenendo così
\[
\lim_{h\to 0}\frac{f(t_0+h)-f(t_0)}{h}=\lim_{h\to 0} 2t_0+h=2t_0.
\]
Se, come avevamo supposto sopra, poniamo $t_0=1$, allora la velocità all'istante $1s$ sarà $2t_0=2\cdot 1=2m/s$.
Quindi dalla necessità di dover calcolare la velocità istantanea, ci siamo imbattuti in questo limite che si chiama derivata.
Spero che fin qui sia tutto chiaro... non so di preciso le tue conoscenze e spero di non aver reso le cose difficili.
Nel caso avessi bisogno di chiarimenti su questa parte, chiedi pure.
Per quanto riguarda la parte sugli integrali, te la scrivo un'altra volta (spero a breve nei prossimi giorni)


Grazie sei molto bravo, adesso però mi fai venire voglia di aspettare la spiegazione di integrali perché é interessante come spieghi, per ora ho capito, nulla di complicato.
"Le "derivate" di quei tempi però erano concettualmente molto diverse, e sono state formalizzate per come le conosciamo noi solo successivamente da Cauchy "
questa cosa che hai detto mi interessa molto, dove potrei trovare libri con la vecchia concezione di derivata? É poi, che significato assume la derivata dimostrata da Cauchy? ha puntato esclusivamente ad una rigorosità matematica allontanandosi dall'applicazione per cui é nata? Se fosse così non ricadiamo in un girone infernale infinito in cui si crea matematica per risolvere altra matematica? La realtà dove andrebbe a finire? Oppure questa rigorosità é necessaria affinche questo strumento sia universale?
Mi sembra di fare più filosofia che matematica, accidenti
"Le "derivate" di quei tempi però erano concettualmente molto diverse, e sono state formalizzate per come le conosciamo noi solo successivamente da Cauchy "
questa cosa che hai detto mi interessa molto, dove potrei trovare libri con la vecchia concezione di derivata? É poi, che significato assume la derivata dimostrata da Cauchy? ha puntato esclusivamente ad una rigorosità matematica allontanandosi dall'applicazione per cui é nata? Se fosse così non ricadiamo in un girone infernale infinito in cui si crea matematica per risolvere altra matematica? La realtà dove andrebbe a finire? Oppure questa rigorosità é necessaria affinche questo strumento sia universale?
Mi sembra di fare più filosofia che matematica, accidenti
La realtà lasciala agli ingegneri
voler legare gli oggetti matematici ad una idea intuitiva è un enorme freno alla loro comprensione. O peggio, la porta di ingresso a pratiche blasfeme come l'analisi numerica o la finanza

"killing_buddha":
La realtà lasciala agli ingegnerivoler legare gli oggetti matematici ad una idea intuitiva è un enorme freno alla loro comprensione. O peggio, la porta di ingresso a pratiche blasfeme come l'analisi numerica o la finanza
ma legarci a oggetti non intuitivi non è al coltempo un freno per noi (uomini) ? perché a confronto della matematica mi sentirei "sbagliato" dato il mio modus operandi.
il fine dunque non è più la comprensione della realtà? e poi senza i cosiddetti problemi reali, la matematica sarebbe veramente arrivata a questo punto? nel senso, l'uomo sarebbe stato capace mentalmente, nella storia passata, di adoperare energie per iniziare a costruire un oggetto fine a se stesso e non applicabile?
« La Matematica insegna a calcolare il valore numerico delle incognite che si presentano nei problemi pratici. Questo è lo scopo ultimo di tutte le teorie, analitiche, geometriche e meccaniche. Queste, nelle nostre scuole, devono essere coronate dal calcolo numerico, onde porne in luce il significato e l'applicazione. »
(Giuseppe Peano, Prefazione al volume Tavole Numeriche)
peccato che attualmente non è così...
Pensi che tu possa vederti passare di fronte rette, piani e superfici di vario genere?
La matematica è una scienza astratta, studia ciò che è concepito al suo interno e penso sia superfluo andare a trovare aforismi romantici per descriverla.
Si è trovato il modo di rappresentare la realtà attraverso la matematica, la fisica, la chimica.. ma la rappresentazione è ben diversa dall’essenza di qualcosa perché noi ci limitiamo a studiare qualcosa di cui non conosciamo effettivamente la natura.
Se tu volessi una circonferenza nella realtà, ti metteresti a disegnare su un foglio quel luogo che conosciamo tutti, ma se ci pensi bene quella sarà una corona circolare visto che il bordo di una circonferenza non potresti vederlo.
Il problema per molti c’è bisogno di guardare con gli occhi, di vedere.
Cosa ti fa pensare che il capire qualcosa per mezzo degli occhi non ti distorca la concezione stessa della cosa?
la derivata in un punto è il coeff... si ok, ma più profondamente cosa è? Ci sono in mezzo limiti, proprietà metriche, topologiche.. non stiamo parlando di qualcosa di così spiccio come un ‘coefficiente angolare’.
Vedere qualcosa e chiedersi cosa rappresenti, può aver senso.
Cercare di capire qualcosa senza sapere come sia saltato fuori, penso sia inutile.
Comunque non è necessario parlare con eccessivo rigore, molto spesso si usa anche un linguaggio molto colloquiale e informale per discutere di argomenti matematici.
Come tutte le lingue però ha una sua dizione, una sua grammatica, una sua simbologia e in certi contesti va rispettata. Certamente non puoi andare da un bambino e dirgli che i naturali hanno una struttura di monoide commutativo rispetto alla somma e cose del genere, oppure solo perché usi frequentemente dire ‘se avessi’ al posto di ‘se avrei’ potrai andare a disquisire di letteratura(anzi molto spesso le lingue parlate sono la più potente forma di classismo, ma dettagli).
Qualora a te interessi parlare di matematica a medio-decenti livelli è opportuno che tu sappia parlare con disinvoltura in matematichese e non farti prendere dal panico per quanto ogni tanto saltino fuori simboli del tipo: $prod,sum,int,(partial(*))/(partialvec(v))$ e simili, rappresentano solo una natura stringata di una frase.
Prima sicuramente la matematica era quasi del tutto utilizzata per concepire la geometria spiccia, contare le capre e cose simili, ma ora è molto fine a se stessa. Non è che risolvere la congettura sui quadrati magici ti rivelerà il senso della vita... ed è bello proprio per questo! Personalmente sono un amante della teoria, dei teoremi e delle dimostrazioni più che degli esercizi e nonostante questo nutro una forte passione per la finanza(killing me la sono presa sul personale
) che è anch’essa una branca della matematica che non ti spiega nulla della realtà.
La matematica è una scienza astratta, studia ciò che è concepito al suo interno e penso sia superfluo andare a trovare aforismi romantici per descriverla.
Si è trovato il modo di rappresentare la realtà attraverso la matematica, la fisica, la chimica.. ma la rappresentazione è ben diversa dall’essenza di qualcosa perché noi ci limitiamo a studiare qualcosa di cui non conosciamo effettivamente la natura.
Se tu volessi una circonferenza nella realtà, ti metteresti a disegnare su un foglio quel luogo che conosciamo tutti, ma se ci pensi bene quella sarà una corona circolare visto che il bordo di una circonferenza non potresti vederlo.
Il problema per molti c’è bisogno di guardare con gli occhi, di vedere.
Cosa ti fa pensare che il capire qualcosa per mezzo degli occhi non ti distorca la concezione stessa della cosa?
la derivata in un punto è il coeff... si ok, ma più profondamente cosa è? Ci sono in mezzo limiti, proprietà metriche, topologiche.. non stiamo parlando di qualcosa di così spiccio come un ‘coefficiente angolare’.
Vedere qualcosa e chiedersi cosa rappresenti, può aver senso.
Cercare di capire qualcosa senza sapere come sia saltato fuori, penso sia inutile.
Comunque non è necessario parlare con eccessivo rigore, molto spesso si usa anche un linguaggio molto colloquiale e informale per discutere di argomenti matematici.
Come tutte le lingue però ha una sua dizione, una sua grammatica, una sua simbologia e in certi contesti va rispettata. Certamente non puoi andare da un bambino e dirgli che i naturali hanno una struttura di monoide commutativo rispetto alla somma e cose del genere, oppure solo perché usi frequentemente dire ‘se avessi’ al posto di ‘se avrei’ potrai andare a disquisire di letteratura(anzi molto spesso le lingue parlate sono la più potente forma di classismo, ma dettagli).
Qualora a te interessi parlare di matematica a medio-decenti livelli è opportuno che tu sappia parlare con disinvoltura in matematichese e non farti prendere dal panico per quanto ogni tanto saltino fuori simboli del tipo: $prod,sum,int,(partial(*))/(partialvec(v))$ e simili, rappresentano solo una natura stringata di una frase.
Prima sicuramente la matematica era quasi del tutto utilizzata per concepire la geometria spiccia, contare le capre e cose simili, ma ora è molto fine a se stessa. Non è che risolvere la congettura sui quadrati magici ti rivelerà il senso della vita... ed è bello proprio per questo! Personalmente sono un amante della teoria, dei teoremi e delle dimostrazioni più che degli esercizi e nonostante questo nutro una forte passione per la finanza(killing me la sono presa sul personale

Boh... a me questa domanda era sembrata interessante. Al di là del fatto che le spiegazioni completamente concrete non possono essere rigorose e che quindi bisogna ad un certo punto astrarre, a me sarebbe piaciuto se i miei professori mi avessero sempre fatto un'introduzione per contestualizzare ciò che avrebbero spiegato poco dopo a suon di definizioni e teoremi... perché avrebbero stimolato molto di più il mio interesse.
E comunque nessuno si mette a scrivere matematica per folgorazione divina... si parte sempre da un problema che si vuole risolvere. La soluzione di quel problema può avere un'utilità o meno nella vita quotidiana ma comunque il punto di partenza è il voler risolvere quel problema (come ad esempio voler risolvere un quadrato magico).
No mi spiace, non saprei indicarti nessun libro.
In pratica finito il medioevo è iniziato un periodo di scoperte scientifiche (pian pianino ci si stava ribellando alla chiesa cattolica
), ma essendo da parecchio tempo che la matematica era bandita (perché accusata di venir usata per l'astrologia), i matematici dell'epoca erano dei pionieri. Si facevano scoperte su scoperte, dimostrandole in modo più o meno rigoroso perché non è che ci fosse uno standard di quanto esatte dovessero essere le dimostrazioni (l'ultimo che aveva studiato il rigore della logica applicato alla geometria credo fosse Euclide). In questo contesto è nata "la derivata".
Successivamente con il passar del tempo questo "standard" che inizialmente non c'era ha iniziato a crearsi, quindi ad un certo punto Cauchy ha formalizzato mediante la sua definizione di limite (che non esisteva ai tempi di Newton e Leibniz) il concetto di derivata.
Ora veniamo agli integrali.
Anche qui spero di essere chiaro come mi hai detto di essere stato nelle derivate
nel caso fai pure altre domande.
Gli integrali a cui ti riferisci tu sono una categoria molto ristretta di integrali, cioè gli integrali di Riemann per funzioni reali di variabile reale. Intuitivamente, possiamo dire che servono per calcolare le aree sottese ai grafici di funzioni (come ho detto prima) reali in una variabile reale. Quella che ti propongo è appunto quest'interpretazione geometrica. Si potrebbero benissimo interpretare in senso fisico quando ci si ritrova ad usarli per calcolare (ad esempio) il lavoro di una forza.
Innanzitutto diamo per scontato di aver davanti agli occhi un foglio su cui c'è disegnato il grafico di una funzione $f$ (spero nessuno abbia da ridire per questo approccio grafico
) diciamo "decente", cioè che di quelle di cui ti chiedono di disegnare il grafico in quinta superiore. Diamo anche per scontato che noi sappiamo cosa intendiamo quando diciamo "area sottesa al grafico di una funzione". Facendo finta che valgano tutte queste cose, ora vogliamo calcolare il valore di quest'area.
Per definizione il valore dell'area sottesa al grafico di $f$ tra le ascisse $a$ e $b$ decidiamo di chiamarlo
\[
\int_a^b f(t) dt,
\]
e poi definiamo la funzione $F:[a,b]\to \mathbb{R}$ che ad ogni punto $x\in [a,b]$ associa il valore dell'area sottesa al grafico di $f$ tra i punti $a$ e $x$ (tale funzione si chiama funzione integrale). In formule per ogni $x\in[a,b]$ definiamo
\[
F(x)=\int_a^xf(t)dt.
\]
Facciamo un esempio. Se $a=0$, $b=10$ e $f(t)=5$ (funzione costante) allora per ogni $x\in[0,10]$ si ha che
\[
F(x)=5\cdot x,
\]
che è l'area sottesa al grafico di $f$ tra i punti $0$ (ovvero $a$) e $x$.
Per definizione (cioè l'abbiamo deciso noi), quest'area la chiamiamo
\[
F(x)=\int_a^xf(t)dt=\int_0^x5dt.
\]
Una precisazione. L'area ha il segno, cioè nei settori in cui la funzione $f$ è negativa l'area sarà negativa. Ad esempio se fosse
\[
f(t)=
\left\{
\begin{matrix}
5 & \text{se } 0\leq x \leq 5\\
-5 & \text{se } 5
\end{matrix}
\right.
\]
allora $F(7)$ sarebbe $5\cdot 5+ (-5) \cdot 2=15$.
In pratica quando $f$ è positiva, $F$ è crescente, mentre quando $f$ è negativa $F$ è decrescente. Ti ricorda niente tutto questo??? Ad un matematico a questo punto dovrebbero suonare dei campanellini di allarme e chiedersi: "Non è che magari $f$ è la derivata di $F$"? La risposta è sì e la dimostrazione è quello che si chiama "Primo teorema fondamentale del calcolo integrale". Vediamone solo una dimostrazione intuitiva (grafica).
Vogliamo dimostrare che per ogni $x_0\in[a,b]$ si ha che
\[
F'(x_0)=\lim_{h\to 0}\frac{F(x_0+h)-F(x_0)}{h}=f(x_0)
\]
Per definizione $F(x_0+h)$ e $F(x_0)$ sono rispettivamente le aree sottese al grafico di $f$ tra i punti $a$, $x_0+h$ e $a$, $x_0$. Dunque $F(x_0+h)-F(x_0)$ risulta essere l'area sottesa al grafico di $f$ tra i punti $x_0$ e $x_0+h$. Quando $h$ è positivo e "molto piccolo", quest'area è molto simile (qui volutamente manca tutto il rigore matematico, perché come abbiamo detto questo è ciò che succede a livello intuitivo) all'area del rettangolo di base $h$ (che ha per estremi $x_0$ e $x_0+h$ e altezza $f(x_0)$. Quindi possiamo approssimare $F(x_0+h)-F(x_0)$ con $hf(x_0)$.
Quindi
\[
\frac{F(x_0+h)-F(x_0)}{h}=\frac{hf(x_0)}{h}=f(x_0),
\]
e dedurre quindi che effettivamente $F'(x)=f(x)$, cioè $f$ è la derivata di $F$, o in altre parole $F$ è una primitiva di $f$.
Ora, conoscendo $f$, il nostro obiettivo è sapere quanto vale $F(b)$, ovvero
\[
\int_a^bf(t)dt.
\]
Dato che $f$ la conosciamo, siamo capaci di calcolare una sua qualunque primitiva, che chiamiamo $g$. Dato che le primitive sono uniche a meno di costanti, dovrà per forza essere
\[
F(x)=g(x)+c \qquad \forall x \in [a,b].
\]
A questo punto chiediamoci: "quanto vale $F(a)$??? Per definizione il suo valore è la misura dell'area sottesa al grafico di $f$ dal punto $a$ al punto.......... $a$!!! e dunque $F(a)$ vale $0$, dunque $0=F(a)=g(a)+c$, da cui deduciamo che $c=-g(a)$. Ora il gioco è fatto
Infatti da qui è ovvio che $F(b)=g(b)+c=g(b)-g(a)$ (e questo si chiama "Secondo teorema fondamentale del calcolo integrale").
Ricapitolando, per calcolare l'area sottesa al grafico di una funzione $f$ tra i punti $a$ e $b$ dobbiamo trovare una sua qualunque primitiva $g$ e calcolare $g(b)-g(a)$.
E comunque nessuno si mette a scrivere matematica per folgorazione divina... si parte sempre da un problema che si vuole risolvere. La soluzione di quel problema può avere un'utilità o meno nella vita quotidiana ma comunque il punto di partenza è il voler risolvere quel problema (come ad esempio voler risolvere un quadrato magico).
"MARK TWAIN":
"Le "derivate" di quei tempi però erano concettualmente molto diverse, e sono state formalizzate per come le conosciamo noi solo successivamente da Cauchy "
questa cosa che hai detto mi interessa molto, dove potrei trovare libri con la vecchia concezione di derivata?
No mi spiace, non saprei indicarti nessun libro.
"MARK TWAIN":
E poi, che significato assume la derivata dimostrata da Cauchy? ha puntato esclusivamente ad una rigorosità matematica allontanandosi dall'applicazione per cui é nata? Se fosse così non ricadiamo in un girone infernale infinito in cui si crea matematica per risolvere altra matematica? La realtà dove andrebbe a finire? Oppure questa rigorosità é necessaria affinche questo strumento sia universale?
In pratica finito il medioevo è iniziato un periodo di scoperte scientifiche (pian pianino ci si stava ribellando alla chiesa cattolica

Successivamente con il passar del tempo questo "standard" che inizialmente non c'era ha iniziato a crearsi, quindi ad un certo punto Cauchy ha formalizzato mediante la sua definizione di limite (che non esisteva ai tempi di Newton e Leibniz) il concetto di derivata.
Ora veniamo agli integrali.
Anche qui spero di essere chiaro come mi hai detto di essere stato nelle derivate

Gli integrali a cui ti riferisci tu sono una categoria molto ristretta di integrali, cioè gli integrali di Riemann per funzioni reali di variabile reale. Intuitivamente, possiamo dire che servono per calcolare le aree sottese ai grafici di funzioni (come ho detto prima) reali in una variabile reale. Quella che ti propongo è appunto quest'interpretazione geometrica. Si potrebbero benissimo interpretare in senso fisico quando ci si ritrova ad usarli per calcolare (ad esempio) il lavoro di una forza.
Innanzitutto diamo per scontato di aver davanti agli occhi un foglio su cui c'è disegnato il grafico di una funzione $f$ (spero nessuno abbia da ridire per questo approccio grafico


Per definizione il valore dell'area sottesa al grafico di $f$ tra le ascisse $a$ e $b$ decidiamo di chiamarlo
\[
\int_a^b f(t) dt,
\]
e poi definiamo la funzione $F:[a,b]\to \mathbb{R}$ che ad ogni punto $x\in [a,b]$ associa il valore dell'area sottesa al grafico di $f$ tra i punti $a$ e $x$ (tale funzione si chiama funzione integrale). In formule per ogni $x\in[a,b]$ definiamo
\[
F(x)=\int_a^xf(t)dt.
\]
Facciamo un esempio. Se $a=0$, $b=10$ e $f(t)=5$ (funzione costante) allora per ogni $x\in[0,10]$ si ha che
\[
F(x)=5\cdot x,
\]
che è l'area sottesa al grafico di $f$ tra i punti $0$ (ovvero $a$) e $x$.
Per definizione (cioè l'abbiamo deciso noi), quest'area la chiamiamo
\[
F(x)=\int_a^xf(t)dt=\int_0^x5dt.
\]
Una precisazione. L'area ha il segno, cioè nei settori in cui la funzione $f$ è negativa l'area sarà negativa. Ad esempio se fosse
\[
f(t)=
\left\{
\begin{matrix}
5 & \text{se } 0\leq x \leq 5\\
-5 & \text{se } 5
\right.
\]
allora $F(7)$ sarebbe $5\cdot 5+ (-5) \cdot 2=15$.
In pratica quando $f$ è positiva, $F$ è crescente, mentre quando $f$ è negativa $F$ è decrescente. Ti ricorda niente tutto questo??? Ad un matematico a questo punto dovrebbero suonare dei campanellini di allarme e chiedersi: "Non è che magari $f$ è la derivata di $F$"? La risposta è sì e la dimostrazione è quello che si chiama "Primo teorema fondamentale del calcolo integrale". Vediamone solo una dimostrazione intuitiva (grafica).
Vogliamo dimostrare che per ogni $x_0\in[a,b]$ si ha che
\[
F'(x_0)=\lim_{h\to 0}\frac{F(x_0+h)-F(x_0)}{h}=f(x_0)
\]
Per definizione $F(x_0+h)$ e $F(x_0)$ sono rispettivamente le aree sottese al grafico di $f$ tra i punti $a$, $x_0+h$ e $a$, $x_0$. Dunque $F(x_0+h)-F(x_0)$ risulta essere l'area sottesa al grafico di $f$ tra i punti $x_0$ e $x_0+h$. Quando $h$ è positivo e "molto piccolo", quest'area è molto simile (qui volutamente manca tutto il rigore matematico, perché come abbiamo detto questo è ciò che succede a livello intuitivo) all'area del rettangolo di base $h$ (che ha per estremi $x_0$ e $x_0+h$ e altezza $f(x_0)$. Quindi possiamo approssimare $F(x_0+h)-F(x_0)$ con $hf(x_0)$.
Quindi
\[
\frac{F(x_0+h)-F(x_0)}{h}=\frac{hf(x_0)}{h}=f(x_0),
\]
e dedurre quindi che effettivamente $F'(x)=f(x)$, cioè $f$ è la derivata di $F$, o in altre parole $F$ è una primitiva di $f$.
Ora, conoscendo $f$, il nostro obiettivo è sapere quanto vale $F(b)$, ovvero
\[
\int_a^bf(t)dt.
\]
Dato che $f$ la conosciamo, siamo capaci di calcolare una sua qualunque primitiva, che chiamiamo $g$. Dato che le primitive sono uniche a meno di costanti, dovrà per forza essere
\[
F(x)=g(x)+c \qquad \forall x \in [a,b].
\]
A questo punto chiediamoci: "quanto vale $F(a)$??? Per definizione il suo valore è la misura dell'area sottesa al grafico di $f$ dal punto $a$ al punto.......... $a$!!! e dunque $F(a)$ vale $0$, dunque $0=F(a)=g(a)+c$, da cui deduciamo che $c=-g(a)$. Ora il gioco è fatto

Infatti da qui è ovvio che $F(b)=g(b)+c=g(b)-g(a)$ (e questo si chiama "Secondo teorema fondamentale del calcolo integrale").
Ricapitolando, per calcolare l'area sottesa al grafico di una funzione $f$ tra i punti $a$ e $b$ dobbiamo trovare una sua qualunque primitiva $g$ e calcolare $g(b)-g(a)$.


"killing_buddha":
La realtà lasciala agli ingegnerivoler legare gli oggetti matematici ad una idea intuitiva è un enorme freno alla loro comprensione. O peggio, la porta di ingresso a pratiche blasfeme come l'analisi numerica o la finanza
Ce l'hai così tanto con i poveri ingegneri eh?


Ciao buddha

"killing_buddha":
La realtà lasciala agli ingegnerivoler legare gli oggetti matematici ad una idea intuitiva è un enorme freno alla loro comprensione. O peggio, la porta di ingresso a pratiche blasfeme come l'analisi numerica o la finanza
Se le cose in matematica fossero tutte astratte, e se nessuno si prendesse la briga di applicarle nel mondo reale, allora la matematica non sarebbe tanto diversa dagli scacchi. È un bel gioco, ci perderei la vita a giocarci, ma non sarebbe solo per puro divertimento e agonismo ?
"Ernesto01":
[quote="killing_buddha"]La realtà lasciala agli ingegnerivoler legare gli oggetti matematici ad una idea intuitiva è un enorme freno alla loro comprensione. O peggio, la porta di ingresso a pratiche blasfeme come l'analisi numerica o la finanza
Se le cose in matematica fossero tutte astratte, e se nessuno si prendesse la briga di applicarle nel mondo reale, allora la matematica non sarebbe tanto diversa dagli scacchi. È un bel gioco, ci perderei la vita a giocarci, ma non sarebbe solo per puro divertimento e agonismo ?[/quote]
Che cos'è il mondo reale, che cos'è una applicazione, e in quale senso il linguaggio matematico "spiega" la realtà? Induce in essa significato (ma allora in quale senso le cose "esistono"? Chi esiste "per primo"?) oppure è solo uno strumento linguistico, un epifenomeno della percezione (ma allora perché possiamo slegarlo da essa e parlare di oggetti di cui non abbiamo esperienza e fare, a proposito di questi, asserzioni descrittive e predittive?)?
Ma più alla larga, esiste un argomento cogente che dimostra in maniera inappellabile che il cosmo, e tu in esso, non siate un figmento della mia immaginazione?
Sto dicendo questo: "la realtà" è il frutto di una approssimazione epistemologica dovuta a un metodo di stoccare le informazioni che ha interiorizzato talmente a fondo la media su ricorrenze percettive da confonderla con l'esistenza delle cose. Applicare il linguaggio alla realtà (ossia ridurre il linguaggio alla sua funzione descrittivo-predittiva) è vano quanto ridurre la realtà al solo linguaggio ("il mondo è tutto ciò che accade" VS "i limiti del mio mondo sono quelli del mio linguaggio").
La tua visione è molto filosofica, e ovviamente ognuno ha punti di vista diversi.
Per me esiste una societá, e ognuno contribuisce alla societá lavorando. Diciamo che accetto questo assioma.
Se il tuo lavoro fosse "non applicativo" non credo che verresti finanziato dallo stato, in quanto non forniresti alcun contributo alla tua societá.
Comunque sono fermamente convinto che qualsiasi risultato astratto in matematica sia, in modo diretto o indiretto, applicabile a problemi della società.
Per me esiste una societá, e ognuno contribuisce alla societá lavorando. Diciamo che accetto questo assioma.
Se il tuo lavoro fosse "non applicativo" non credo che verresti finanziato dallo stato, in quanto non forniresti alcun contributo alla tua societá.
Comunque sono fermamente convinto che qualsiasi risultato astratto in matematica sia, in modo diretto o indiretto, applicabile a problemi della società.
Sono in pieno accordo con Killing.
Beh anche questo è un tuo puto di vista e sono in totale disaccordo, puoi asserire che su un particolare argomento possano esistere almeno punti di vista diversi.
Sul fatto che una forchetta sia quantitativamente ‘una’, potremmo essere anche d’accordo tutti quanti(Killing no
)
Sul fatto che una forchetta sia metafisicamente una forchetta non ci metterei la mano sul fuoco.
"Ernesto01":
e ovviamente ognuno ha punti di vista diversi.
Beh anche questo è un tuo puto di vista e sono in totale disaccordo, puoi asserire che su un particolare argomento possano esistere almeno punti di vista diversi.
Sul fatto che una forchetta sia quantitativamente ‘una’, potremmo essere anche d’accordo tutti quanti(Killing no

Sul fatto che una forchetta sia metafisicamente una forchetta non ci metterei la mano sul fuoco.
Avevo scritto un papiro di sfogo per la tua risposta,ma dato che non voglio dar spettacolo penso che passerò per stavolta.
Bye
Dal punto di vista logico, se dici che "esistono diversi punti di vista" è falso, non puoi sostenere che "esistono diversi punti di vista" è un mio punto di vista.
Bye
Dal punto di vista logico, se dici che "esistono diversi punti di vista" è falso, non puoi sostenere che "esistono diversi punti di vista" è un mio punto di vista.
Ma no, dicci. Se io avessi evitato di dare spettacolo in passato mi sarei negato molto divertimento
"killing_buddha":
Ma no, dicci. Se avessi evitato di dare spettacolo in passato mi sarei negato molto divertimento
Se avessi (io) o se avessi (tu)? Falle della lingua italiana , purtroppo.
Effettivamente era ambiguo, ma a te mica ti conosco

Ho detto che possono esistere più di due punti di vista, ovvero che non necessariamente ogni persona ne abbia uno distinto.
Comunque sia non era un attacco, si sta discutendo e non c’è nulla di personale.
Comunque sia non era un attacco, si sta discutendo e non c’è nulla di personale.
@anto e @killing
Venite qua che vi do una bella forchettata e vedete come tornate alla realtà ...
@Ernesto
Evita di dargli corda ...
Cordialmente, Alex
Venite qua che vi do una bella forchettata e vedete come tornate alla realtà ...

@Ernesto
Evita di dargli corda ...

Cordialmente, Alex
Sempre il solito

"axpgn":
@anto e @killing
Venite qua che vi do una bella forchettata e vedete come tornate alla realtà ...
@Ernesto
Evita di dargli corda ...
Cordialmente, Alex
Tornare dove?
Te l'ho detto, vieni qui che vedi (e senti anche ...
) ... non ci sono solo le parole ...

