Limite....
é noto che su N non si possono fare i limiti a valori finiti, in quanto N non ammette punti di accumulazione al finito; d'altra parte, su R ciò è fattibile, perchè ogni reale è un punto di accumulazione per R; premesso questo, ecco la mia domanda:
si possono fare i limiti al finito su Q? difatti ogni razionale è un punto di accumulazione... d'altra parte, però Q non soddisfa l'assioma di completezza...
ciao, ubermensch
si possono fare i limiti al finito su Q? difatti ogni razionale è un punto di accumulazione... d'altra parte, però Q non soddisfa l'assioma di completezza...
ciao, ubermensch
Risposte
a occhio e croce direi di sì... se ti va male (cioè il limite è un numero reale ma non razionale) vuol dire che il limite non esiste. Del resto (tornando ai reali) anche il limite di x per x che tende a + infinito non è un numero reale ma l'operazione di limite ha perfettamente senso.
Ora la parola va ai matematici!
Ora la parola va ai matematici!
La definzione di limite, come quella di funzione continua, e' una definizione di tipo topologico, ovvero dipende dalla topologia messa sul dominio della funzione. Dare una topologia su un insieme significa dire quali sono gli aperti. Se consideriamo R dotato della topologia classica, ovvero quella indotta dalla distanza euclidea, allora vi sono 2 versioni per quanto riguarda il calcolo dei limiti: una versione, la piu' nota, e' che il limite per una funzione venga calcolato in un punto che e' di accumulazione per il dominio. Ne segue che la definizione non si applica ai punti isolati.
La seconda versione (che io ho studiato in Analisi I e II, ma personalmente non mi piace) afferma che il limite si calcola nei punti aderenti all'insieme, quindi anche nei punti isolati. Si dimostra, con questa definizione, che se f e' definita in c e se il limite di f per x che tende a c e' l, allora l=f(c); questo e' il motivo per cui a me non piace questo modo di vedere i limiti... cio' nonostante li ho studiati in questo modo.
Se uno vede cosi' le cose, le successioni hanno limite per n che tende ad un valore finito, e tale limite coincide con il termine della successione di quel posto.
Se invece uno prende la definizione classica, ovvero richiede che i limiti vadano fatti per i punti di accumulazione, allora, nella topologia classica, non ci si scappa... non si possono fare i limiti in N... dato un punto, esiste sempre un intorno che non contiene nessun intero (tolto il punto). In Q i limiti invece hanno senso, infatti un punto puo' essere di accumulazione per un dominio fatto da razionali: io prendo la funzione f(x)=x definita sui razionali del tipo 1/n, con n intero.
Allora 0 e' di accumulazione per il dominio di f, ne segue che il limite di f per n che tende a +infinito ha senso classicamente, e fa 0.
Luca.
La seconda versione (che io ho studiato in Analisi I e II, ma personalmente non mi piace) afferma che il limite si calcola nei punti aderenti all'insieme, quindi anche nei punti isolati. Si dimostra, con questa definizione, che se f e' definita in c e se il limite di f per x che tende a c e' l, allora l=f(c); questo e' il motivo per cui a me non piace questo modo di vedere i limiti... cio' nonostante li ho studiati in questo modo.
Se uno vede cosi' le cose, le successioni hanno limite per n che tende ad un valore finito, e tale limite coincide con il termine della successione di quel posto.
Se invece uno prende la definizione classica, ovvero richiede che i limiti vadano fatti per i punti di accumulazione, allora, nella topologia classica, non ci si scappa... non si possono fare i limiti in N... dato un punto, esiste sempre un intorno che non contiene nessun intero (tolto il punto). In Q i limiti invece hanno senso, infatti un punto puo' essere di accumulazione per un dominio fatto da razionali: io prendo la funzione f(x)=x definita sui razionali del tipo 1/n, con n intero.
Allora 0 e' di accumulazione per il dominio di f, ne segue che il limite di f per n che tende a +infinito ha senso classicamente, e fa 0.
Luca.
thank you!