La formula del cambiamento di variabile per fisici
La formula a cui mi riferisco è questa:
$int_Bf(y)"d"y=int_Af(Phi(y))|J_Phi(x)|"d"x$, dove $A, B$ sono opportuni aperti di $RR^n$, $Phi:A\toB$ è un diffeomorfismo e $J_Phi$ è il suo determinante Jacobiano.
Su alcuni libri di fisica che sto consultando, però, a questa formula non ci si riferisce così. Piuttosto lì si fa un discorso di "cubetti infinitesimi" che purtroppo non riesco a capire. So che non è rigoroso ma credo possa essere di aiuto per l'intuizione; qualcuno avrebbe voglia di spiegarlo?
$int_Bf(y)"d"y=int_Af(Phi(y))|J_Phi(x)|"d"x$, dove $A, B$ sono opportuni aperti di $RR^n$, $Phi:A\toB$ è un diffeomorfismo e $J_Phi$ è il suo determinante Jacobiano.
Su alcuni libri di fisica che sto consultando, però, a questa formula non ci si riferisce così. Piuttosto lì si fa un discorso di "cubetti infinitesimi" che purtroppo non riesco a capire. So che non è rigoroso ma credo possa essere di aiuto per l'intuizione; qualcuno avrebbe voglia di spiegarlo?
Risposte
Immaginiamo di essere in $RR^3$.
Lo jacobiano ti dice quanto vale il valore dello volume di un cubetto che si trasforma soggetto ad una applicazione lineare (che è la approx lineare della trasformazione).
Puoi farti un esempio in $RR^2$, giocherellando con un quadratino.
Non so se mi sono capito
Quanto ai "cubetti infinitesimi" c'è l'idea intuitiva di spezzare l'integrale su tanti cubettini piccoli. E più divengono piccoli, meglio funge l'approssimazione.
Lo jacobiano ti dice quanto vale il valore dello volume di un cubetto che si trasforma soggetto ad una applicazione lineare (che è la approx lineare della trasformazione).
Puoi farti un esempio in $RR^2$, giocherellando con un quadratino.
Non so se mi sono capito

Quanto ai "cubetti infinitesimi" c'è l'idea intuitiva di spezzare l'integrale su tanti cubettini piccoli. E più divengono piccoli, meglio funge l'approssimazione.
Quindi, Fioravante, correggimi se sbaglio... Per un fisico una trasformazione differenziabile è quella che "manda infinitesimi in infinitesimi"? Per esempio:
$e^x$ è differenziabile intorno a $0$ perché manda un "segmentino infinitesimo" centrato nell'origine in un "segmentino infinitesimo" centrato in $1$;
invece $sqrt(x)$ non è differenziabile intorno a $0$ perché "manda un segmentino infinitesimo in un segmento di lunghezza finita"?
$e^x$ è differenziabile intorno a $0$ perché manda un "segmentino infinitesimo" centrato nell'origine in un "segmentino infinitesimo" centrato in $1$;
invece $sqrt(x)$ non è differenziabile intorno a $0$ perché "manda un segmentino infinitesimo in un segmento di lunghezza finita"?
Ossilvio!
Non farmi parlare da fisico, che balbetto.
Credo che sia vero "il viceversa". Cioè, se una trasformazione è differenziabile, allora manda robe infinitesime in robe infinitesime. Non cedo che si pongano il problema come lo vedi tu.
Ma penso che la cosa sia più specifica. Dire che $f$ è differenziabile, vuol dire che il suo differenziale approssima bene localmente la $f$. E quindi, se mi muovo "in un piccolo intorno" (o considero un "piccolo segmento", piccolo "quadratino", etc...) posso sostituire ad $f$ il differenziale. Quindi il cubettino elementare (?) di volume si tasformerà in un poliedro sciancato, ma del tutto descritto dal differenziale di $f$ (e per il volume mi serve lo jacobiano). E così via.
Direi che fin qui, dove regna l'intuizione, matematici (analisti) e fisici parlino la stessa lingua. Poi le stade si separano. I matematici si mettono a usare la epsilondeltineria, mentre i fisici hanno sviluppato un'arte sopraffina nel lavoare con oggetti "infinitesimi" (che loro solo vedono, che sappiamo bene "non esistono", etc.) e far tornare i conti esattamente come tornano quelli dei pedanti matematici.
A dire il vero ho il sospetto (fondato, secondo me) che i fisici stiano tranquilli perché ci sono i matematici che si scrificano per loro sull'altare della precisione.
Non farmi parlare da fisico, che balbetto.
Credo che sia vero "il viceversa". Cioè, se una trasformazione è differenziabile, allora manda robe infinitesime in robe infinitesime. Non cedo che si pongano il problema come lo vedi tu.
Ma penso che la cosa sia più specifica. Dire che $f$ è differenziabile, vuol dire che il suo differenziale approssima bene localmente la $f$. E quindi, se mi muovo "in un piccolo intorno" (o considero un "piccolo segmento", piccolo "quadratino", etc...) posso sostituire ad $f$ il differenziale. Quindi il cubettino elementare (?) di volume si tasformerà in un poliedro sciancato, ma del tutto descritto dal differenziale di $f$ (e per il volume mi serve lo jacobiano). E così via.
Direi che fin qui, dove regna l'intuizione, matematici (analisti) e fisici parlino la stessa lingua. Poi le stade si separano. I matematici si mettono a usare la epsilondeltineria, mentre i fisici hanno sviluppato un'arte sopraffina nel lavoare con oggetti "infinitesimi" (che loro solo vedono, che sappiamo bene "non esistono", etc.) e far tornare i conti esattamente come tornano quelli dei pedanti matematici.
A dire il vero ho il sospetto (fondato, secondo me) che i fisici stiano tranquilli perché ci sono i matematici che si scrificano per loro sull'altare della precisione.
"dissonance":
Quindi, Fioravante, correggimi se sbaglio... Per un fisico una trasformazione differenziabile è quella che "manda infinitesimi in infinitesimi"? Per esempio:
$e^x$ è differenziabile intorno a $0$ perché manda un "segmentino infinitesimo" centrato nell'origine in un "segmentino infinitesimo" centrato in $1$;
invece $sqrt(x)$ non è differenziabile intorno a $0$ perché "manda un segmentino infinitesimo in un segmento di lunghezza finita"?
Mi pare che quella che dici tu sia una nozione di continuita' - non vedo come la radice mandi segmenti infinitesimi in segmenti di lunghezza finita

Pero' nelle mappe differenziabili c'e' un "controllo lineare" tra le dimensioni in partenza e in arrivo - insomma le mappe differenziabili son quelle che sono localmente lineari
(forse sarebbe meglio dire affini). E qui credo che, matematici o fisici, si debba concordare. Poi su come intepretare/dimostrare le formule ...
"Fioravante Patrone":
mentre i fisici hanno sviluppato un'arte sopraffina nel lavoare con oggetti "infinitesimi" (che loro solo vedono, che sappiamo bene "non esistono", etc.) e far tornare i conti esattamente come tornano quelli dei pedanti matematici.
A dire il vero ho il sospetto (fondato, secondo me) che i fisici stiano tranquilli perché ci sono i matematici che si scrificano per loro sull'altare della precisione.
Sacrosantissima verità.
"dissonance":
...Piuttosto lì si fa un discorso di "cubetti infinitesimi" che purtroppo non riesco a capire. So che non è rigoroso ma credo possa essere di aiuto per l'intuizione; qualcuno avrebbe voglia di spiegarlo?
In generale, le grandezze fisiche sono considerate infinitesime se sono rappresentabili con variabili che hanno per limite $0$.
Nello spazio euclideo tridimensionale, un elemento di volume è per definizione:
$dV= |J(x',y',z')|\Delta x'\Delta y'\Delta z'$
Se usiamo coordinate cartesiane ordinarie, l'elemento di volume si riduce a $dV= \Delta x\Delta y\Delta z$
Nella definizione, si intende che la regione di spazio occupata dal volume si possa descrivere attraverso le ordinarie coordinate cartesiane $x,y,z$, oppure con coordinate curvilinee generali $x', y', z'$, legate tra loro da un diffeomorfismo:
$x=x(x',y',z')$
$y=y(x',y',z')$
$z=z(x',y',z')$
Evidentemente, risulta:
$lim_(((\Delta x'),(\Delta y'),(\Delta z'))->((0),(0),(0)))|J(x',y',z')|\Delta x'\Delta y'\Delta z' = 0$
Per definizione di limite, ciò significa che $0
Quindi l'elemento di volume $dV$ è un "volume infinitesimo" (cioè una variabile che può diventare arbitrariamente piccola ma non nulla), in quanto ha per limite lo $0$.
Ecco, questa delucidazione la trovo utile. Quindi l'integrale si fa in $dV$, e ogni sistema di coordinate ha una formula di trasformazione per questo $dV$, se capisco bene. Mi pare coerente con quanto trovo scritto.