Invertibilità e monotonia

dissonance
Prendiamo una funzione $f:I\toJ$, $I, J$ intervalli reali. Se $f$ è invertibile, non vuol dire che sia anche monotona, chiaramente. Ma se aggiungiamo l'ipotesi che $f$ sia derivabile? In questo caso penso che l'invertibilità sia proprio equivalente alla monotonia (stretta), mi sbaglio?

Infine: e se richiediamo solo che $f$ sia continua? Intuitivamente, se una funzione è continua e invertibile, allora non può non essere monotona, ma faccio bene a fidarmi dell'intuizione?

Risposte
fu^2
no scusa se f è continua e invertibile basta prendere una retta con immagine e dominio ristretti a due aperti qualsiasi e questa funzione è invertibile ed è anche monotona... o sbaglio?

Fioravante Patrone1
Classico esercizio sulla continuità e th degli zeri (le derivate non c'entrano).
Se non è monotona, ti ritrovi tre punti da cui ricavi una contraddizione col teorema degli zeri.

Tipo:
f(0)=1
f(1)=3
f(2)=2

ma allora c'è punto tra 0 e 1 in cui f vale 2
contraddizione con l'invertibilità

a te il piacere di sistemare il tutto

Gaal Dornick
Ad esempio puoi vedere sul Buttazzo pag. 291 (difatto è quanto detto dal moderatore cattivissimo).

dissonance
Che fesso a non averci pensato!

Prendiamo $f:I\toJ$, con $I, J$ intervalli reali, continua. "f non è monotona" significa dire che $\existsx_1, x_2, y_1, y_2\in I$ dove $x_1f(y_2)$. Ritoccando un po' questa proposizione, possiamo costruire uno scenario del genere: $x_1
Perciò le funzioni continue e invertibili di intervalli reali sono esattamente le funzioni strettamente monotone. Invece se aumentiamo la dimensione degli spazi coinvolti (parlando ad esempio di funzioni $U\subRR^n\toRR^m$, con $U$ aperto) l'unica maniera di caratterizzare le funzioni invertibili è usare la differenziabilità?

Alexp1
Beh si, per una funzione $f:RR^n->RR^n$ puoi accertarti della sua invertibilità utilizzando il th di inversione locale o globale che ti permette di verificare se è un diffeomorfismo....mentre da $f:RR^n->RR^m$ ho paura che bisogna controllarsi tutto a "mano.

ViciousGoblin
"Alexp":
Beh si, per una funzione $f:RR^n->RR^n$ puoi accertarti della sua invertibilità utilizzando il th di inversione locale o globale che ti permette di verificare se è un diffeomorfismo....mentre da $f:RR^n->RR^m$ ho paura che bisogna controllarsi tutto a "mano.


C'e' un bel teorema, non elementare, detto "teorema di invarianza del dominio" (non ho mai capito perche') per cui se due aperti sono omeomorfi
(piu' in generale se due varieta' sono omeomorfe) allora hanno la stessa dimensione.
Cioe' se $U\subset RR^N$ e $V\subset RR^M$ sono aperti, se $f:U\to V$ e' invertibile e se $f$ ed $f^{-1}$ sono continue, allora $N=M$.

Alexp1
Ora che ci penso, non è che ha a che vedere col teorema del rango?

Non so di preciso, però è qualcosa del genere... se si ha una matrice $n,m$ con $n>m$ se il rango è pari a $m$ allora la dimensione del sottospazio delle righe coincide con la dimensione del sottospazio delle colonne (stessa cosa se si ha $nRR^m$ con $n
"ViciousGoblin":

C'e' un bel teorema, non elementare, detto "teorema di invarianza del dominio" (non ho mai capito perche') per cui se due aperti sono omeomorfi
(piu' in generale se due varieta' sono omeomorfe) allora hanno la stessa dimensione.
Cioe' se $U\subset RR^N$ e $V\subset RR^M$ sono aperti, se $f:U\to V$ e' invertibile e se $f$ ed $f^{-1}$ sono continue, allora $N=M$.


Ma nel caso in cui il problema sia proprio capire se l'applicazione è invertibile, questo teorema di invarianza del dominio non serve a nulla, o sbaglio? cioè questo teorema mi dice che se due varietà sono omeomorfe allora hanno stessa dimensione, ma se il mio problema è capire se sono omeomorfe?

ViciousGoblin
@Alexp

Hai perfettamente ragione a proposito del teorema del rango. Credo proprio che, sotto sotto, il teorema che ho citato (che si dimostra mediante il grado topologico) sia una versione
non lineare del teorema del rango.

Anche rispetto al secondo punto hai ragione in linea di principio - pero' concorderai che il teorema di cui stiamo parlando da' delle condizioni necessarie affinche' $f$ sia iniettiva.
Se $f$ manda un aperto di $RR^N$ in un aperto di $RR^M$ con $N\ne M$, allora $f$ non puo' essere iniettiva. Se $f$ e' definita su un aperto di $RR^N$ e va a finire in
$RR^M$ con $M
Ti riporto, per completezza, l'enunciato del teorema di invarianza del dominio (che avevo citato a memoria, e di cui ricordavo quella che e' una sua conseguenza)

Se $U$ e' un aperto di $RR^N$ ed $f:U\to R^N$ e' continua e iniettiva allora $f$ e' aperta (cioe' trasforma aperti in aperti); di conseguenza $V:=f(U)$ e' aperto e anche l'inversa
$f^{-1}:V\to U$ e' continua. Vedi http://en.wikipedia.org/wiki/Invariance_of_domain

Alexp1
In via definitiva, cosa si può dire?

Alexp1
Tornando dunque al quesito posto da "dissonance", ossia:

"dissonance":

Invece se aumentiamo la dimensione degli spazi coinvolti (parlando ad esempio di funzioni , con aperto) l'unica maniera di caratterizzare le funzioni invertibili è usare la differenziabilità?


per tirare le somme, su un'applicazione $f:RR^n->RR^m$, si può dire che:

- per i casi $n=m$ si può utilizzare i th di inversione locale o globale per identificare se esiste un diffeomorfismo.
- per i casi in cui si ha $n - mentre il caso $n>m$ non può essere invertibile.

Rispondi
Per rispondere a questa discussione devi prima effettuare il login.