$ int_(a)^(b) f(x) dx= - int_(b)^(a) f(x) dx $
La giustificazione "algebrica" di questa proprietà è ovvia, ma riguardo al suo significato geometrico ho un paio di domande:
1) l'interpretazione dell'integrale definito come approssimazione dell'area sottesa al grafico di f(x) nell'intervallo tra a e b è compatibile con questa proprietà? Perché l'area tra a e b oppure l'area tra b e a dovrebbe essere la stessa cosa, a meno di non introdurre un "verso"
2) normalmente scrivo gli integrali mettendo in basso l'estremo più piccolo: $ int_(2)^(3) f(x) dx$. Ma potrei scrivere $int_(8)^(2) g(x) dx $? (stando alla proprietà sopra, sì)
3) Supponiamo di fare una sostituzione in $ int_(0)^(1) (1-x) dx$. Pongo $t = 1 - x$, quindi $dx/dt = -1$. E' corretta la seguente scrittura?
$int_(0)^(1) (1-x) dx = int_(1)^(0) t (-1) dt = - int_(0)^(1) t (-1) dt = int_(0)^(1) t dt$?
Grazie mille.
1) l'interpretazione dell'integrale definito come approssimazione dell'area sottesa al grafico di f(x) nell'intervallo tra a e b è compatibile con questa proprietà? Perché l'area tra a e b oppure l'area tra b e a dovrebbe essere la stessa cosa, a meno di non introdurre un "verso"
2) normalmente scrivo gli integrali mettendo in basso l'estremo più piccolo: $ int_(2)^(3) f(x) dx$. Ma potrei scrivere $int_(8)^(2) g(x) dx $? (stando alla proprietà sopra, sì)
3) Supponiamo di fare una sostituzione in $ int_(0)^(1) (1-x) dx$. Pongo $t = 1 - x$, quindi $dx/dt = -1$. E' corretta la seguente scrittura?
$int_(0)^(1) (1-x) dx = int_(1)^(0) t (-1) dt = - int_(0)^(1) t (-1) dt = int_(0)^(1) t dt$?
Grazie mille.
Risposte
Questa proprietà è un trucco formale che serve solo a far tornare i conti nella teoria ingenua che è l'integrazione di Riemann, non ha alcun significato profondo che non sia forzato, ha senso solo relativamente alla teoria stessa ed è quello che hai intuito del "verso". Infatti, la proprietà sparisce non appena si introduce una teoria dell'integrazione che si fondi sulla teoria della misura. La scrittura che proponi al punto 2) è corretta (ma resta inusuale). Sui passaggi al punto 3) direi che non ci sia niente da dire, sono ovviamente corretti.
Ne approfitto per lanciare un OT:
Se qualche professore che passa di qui avesse voglia di spiegarmi che senso ha continuare a spiegare nelle università l'integrazione di Riemann (e che senso ha avuto spiegarla negli ultimi ottant'anni) mi toglierebbe una grossa curiosità.
Ne approfitto per lanciare un OT:
Se qualche professore che passa di qui avesse voglia di spiegarmi che senso ha continuare a spiegare nelle università l'integrazione di Riemann (e che senso ha avuto spiegarla negli ultimi ottant'anni) mi toglierebbe una grossa curiosità.
Secondo me invece la scrittura al punto due non è corretta. Mi spiego meglio: non si può calcolare quell'integrale, non senza far ricorso alla proprietà del titolo. L'integrale di Riemann infatti si definisce come $int_a^b f(x)dx$ sull'intervallo $[a,b]$. Non ha invece senso definirlo sull'intervallo $[b,a]$ con $b>a$: almeno questo è quello che ho sempre sentito sostenere nei corsi di Analisi.
Per quanto riguarda la domanda di Epimenide, non sono un professore ma mi pare che la scelta di insegnare l'integrale di Riemann sia più che sensata: può essere un po' "ingenuo" e incompleto, ma non ha bisogno di un background di Teoria di Misura così ampio e profondo, il che lo rende adatto all'insegnamento nelle scuole superiori e a tutti coloro che la matematica la toccano solo superficialmente e all'integrale di Riemann si fermano. La pretesa di partire da Lebesgue sarebbe come chiedere di insegnare l'algebra del primo anno d'università al posto dell'algebra di base, perché più generale: è sicuramente vero, ma un ragazzo delle medie come potrebbe coglierne le sfumature necessarie a interiorizzare la materia?
Per quanto riguarda la domanda di Epimenide, non sono un professore ma mi pare che la scelta di insegnare l'integrale di Riemann sia più che sensata: può essere un po' "ingenuo" e incompleto, ma non ha bisogno di un background di Teoria di Misura così ampio e profondo, il che lo rende adatto all'insegnamento nelle scuole superiori e a tutti coloro che la matematica la toccano solo superficialmente e all'integrale di Riemann si fermano. La pretesa di partire da Lebesgue sarebbe come chiedere di insegnare l'algebra del primo anno d'università al posto dell'algebra di base, perché più generale: è sicuramente vero, ma un ragazzo delle medie come potrebbe coglierne le sfumature necessarie a interiorizzare la materia?
"Epimenide93":
Infatti, la proprietà sparisce non appena si introduce una teoria dell'integrazione che si fondi sulla teoria della misura.
La proprietà non sparisce, è solo che ha poco senso quando lavori su spazi più generici. In termini più generici, equivale a dire che se fai cambi di variabile che cambiano l'orientamento allora cambia anche il segno dell'integrale di ogni funzione.
È comunque poco più che una scelta di notazione, di fatto già inclusa nelle altre proprietà dell'integrale.
"Frink":
(...) non si può calcolare quell'integrale, non senza far ricorso alla proprietà del titolo (...)
Appunto, ma la proprietà c'è ed è ben definita, dove sta il problema?
"Frink":
lo rende adatto all'insegnamento nelle scuole superiori
Su questo non ho niente da dire, infatti ho parlato di università.
"Frink":
non ha bisogno di un background di Teoria di Misura così ampio e profondo
Per parlare d'integrazione non serve questa gran mole di teoria della misura, sono sufficienti le basi. Il tempo risparmiato al primo anno non facendo l'integrazione di Riemann lo si potrebbe spendere proprio per trattare dette basi.
"Frink":
tutti coloro che la matematica la toccano solo superficialmente e all'integrale di Riemann si fermano.
Tipo? (Non è una domanda sarcastica.) Per quel che so qualsiasi applicazione scientifica o ingegneristica prima o poi si trova a dover sguazzare in \(L^2\) o quantomeno a dover trattare l'integrazione multipla (che richiede comunque conoscenze di teoria della misura). Tanto vale spiegare nelle ingegnerie l'integrale di Riemann in termini di funzioni semplici rispetto alla misura Peano-Jordan fin dall'inizio e fare direttamente l'integrazione secondo Lebesgue negli altri corsi scientifici. Cos'è che non torna nel mio ragionamento?
"Frink":
La pretesa di partire da Lebesgue sarebbe come chiedere di insegnare l'algebra del primo anno d'università al posto dell'algebra di base, perché più generale: è sicuramente vero, ma un ragazzo delle medie come potrebbe coglierne le sfumature necessarie a interiorizzare la materia?
A parte che non ho parlato di partire da Lebesgue, se davvero c'è qualcuno a cui non serve si potrebbe fare solo Riemann, ma almeno farlo come si deve (cioè considerandolo l'integrale associato alla misura di Peano-Jordan), sinceramente non vedo dove stia il problema nel partire da Lebesgue, non mi risulta che la teoria classica dell'integrazione di Riemann sia in un qualsiasi modo propedeutica allo studio della teoria della misura. Lo studio sulla ricerca delle primitive (gli "integrali indefiniti") lo si può cominciare molto prima senza collegarlo da subito al calcolo degli integrali (o magari enunciando il teorema fondamentale del calcolo e rimandando la dimostrazione al secondo anno), e quella è la parte manuale, ma la parte teorica dell'integrazione di Riemann resta, dal mio punto di vista, completamente inutile.
"vict85":
La proprietà non sparisce, è solo che ha poco senso quando lavori su spazi più generici. In termini più generici, equivale a dire che se fai cambi di variabile che cambiano l'orientamento allora cambia anche il segno dell'integrale di ogni funzione.
Hai ragione, la mia affermazione non era del tutto esatta. Comunque "ha poco senso" al punto che non mi pare se ne faccia mai uso in qualche dimostrazione, da un punto di vista teorico se una funzione è misurabile hai sempre tutto quello che ti serve "senza dover spostare nulla". Concordo sul fatto che
"vict85":
È comunque poco più che una scelta di notazione, di fatto già inclusa nelle altre proprietà dell'integrale.
"Epimenide93":
Ne approfitto per lanciare un OT:
Se qualche professore che passa di qui avesse voglia di spiegarmi che senso ha continuare a spiegare nelle università l'integrazione di Riemann (e che senso ha avuto spiegarla negli ultimi ottant'anni) mi toglierebbe una grossa curiosità.
Se lo chiedono anche alcuni professori di analisi. Ma non lo sostituirebbero con l'integrale di Lebesgue, ma con l'integrale di Henstock-Kurzweil (più nuovo ancora), che per ogni spazio è potente almeno come quello di Lebesgue e che ha una definizione pressoché uguale a Riemann (sono diverse le condizioni che imponi sui punti).
Quest'ultimo tipo di integrale ha vari problemi, che trovi su wiki. In particolare lo spazio delle funzioni Henstock-Kurzweil è più brutto di quello di Lebesgue e in particolar modo non permette di sfruttare a pieno l'analisi funzionale come invece fa egregiamente Lebesgue.
D'altra parte la derivata di ogni funzione derivabile è integrabile, cosa che non è vera neanche in Lebesgue. Inoltre la sua definizione elimina la distinzione tra integrale ‘proprio’ e ‘improprio’ degli integrali di Riemann rendendo il tutto più naturale.
"Epimenide93":
Tipo? (Non è una domanda sarcastica.) Per quel che so qualsiasi applicazione scientifica o ingegneristica prima o poi si trova a dover sguazzare in \(L^2\) o quantomeno a dover trattare l'integrazione multipla (che richiede comunque conoscenze di teoria della misura). Tanto vale spiegare nelle ingegnerie l'integrale di Riemann in termini di funzioni semplici rispetto alla misura Peano-Jordan fin dall'inizio e fare direttamente l'integrazione secondo Lebesgue negli altri corsi scientifici. Cos'è che non torna nel mio ragionamento?
Senza parlare di Ingegneri o Fisici, ci sono mestieri come l'architetto o il Commercialista che necessitano (o necessiterebbero) di una minima base di calcolo integrale per fare bene il proprio mestiere. Stesso motivo per cui sarebbe bene insegnarlo ai biologi, ai medici e in tutte le facoltà scientifiche che in linea di massima preparano per la ricerca, altrimenti ci si ritrova a parlare di cose come questa (ed è successo davvero).
Per quanto riguarda il resto: non è certo propedeutica nel senso stretto, ma credo che sia utile nel formare la mente dello studente medio, che non sempre al primo/secondo anno ha la capacità di astrazione necessaria ad affrontare un buon corso introduttivo alla teoria della misura. Questi poi sono ragionamenti teorici, c'è sicuramente chi si troverebbe meglio e ci saranno università che trattano così male l'integrale di Riemann che sarebbe meglio cominciare subito con la misura di P-J. Secondo me però la caratterizzazione per somme inf e somme sup non è da buttar via, perché esemplifica un concetto piuttosto intuitivo e risponde ad una domanda che tutti ci siamo fatti almeno una volta nella vita, prima di sentirne parlare. La formazione teorica può, secondo me, venire dopo (e parlo da studente di matematica, incredibile

"Epimenide93":
TrA parte che non ho parlato di partire da Lebesgue, se davvero c'è qualcuno a cui non serve si potrebbe fare solo Riemann, ma almeno farlo come si deve (cioè considerandolo l'integrale associato alla misura di Peano-Jordan), sinceramente non vedo dove stia il problema nel partire da Lebesgue, non mi risulta che la teoria classica dell'integrazione di Riemann sia in un qualsiasi modo propedeutica allo studio della teoria della misura. Lo studio sulla ricerca delle primitive (gli "integrali indefiniti") lo si può cominciare molto prima senza collegarlo da subito al calcolo degli integrali (o magari enunciando il teorema fondamentale del calcolo e rimandando la dimostrazione al secondo anno), e quella è la parte manuale, ma la parte teorica dell'integrazione di Riemann resta, dal mio punto di vista, completamente inutile.
Tra l'altro mi è capitato recentemente di ripassarmi gli integrali dato che non li facevo da un po' e per certi versi non sono mai neanche stato molto bravi a farli e mi sono trovato di fronte a notazioni pessime. Per gli integrali indefiniti è comune scrivere \(\displaystyle \int f(x)\,dx \) andando contro il fatto che la variabile dopo il \(\displaystyle d \) è muta e viene assorbita dall'integrale. Di fatto ciò che si intende è \(\displaystyle \int_a^x f(x)\,dx \) dove \(\displaystyle a \) è scelto in modo che sia nel dominio e \(\displaystyle x \) viene supposto variare prima e dopo \(\displaystyle a \) (questa è tra l'altro la vera ragione per la proprietà della discussione).
Ma è evidente che non puoi dire che risolvi gli integrali definiti usando quelli indefiniti che non sono altro che integrali definiti in cui un estremo è variabile. Semplicemente inventarsi una nuova notazione è così difficile!? Che ne so \(\displaystyle \mathrm{Prim}_x f \).
"vict85":
Se lo chiedono anche alcuni professori di analisi. Ma non lo sostituirebbero con l'integrale di Lebesgue, ma con l'integrale di Henstock-Kurzweil (...)
Tutto molto interessante, grazie mille!
"Frink":
Senza parlare di Ingegneri o Fisici, ci sono mestieri come l'architetto o il Commercialista che necessitano (o necessiterebbero) di una minima base di calcolo integrale per fare bene il proprio mestiere. Stesso motivo per cui sarebbe bene insegnarlo ai biologi, ai medici e in tutte le facoltà scientifiche che in linea di massima preparano per la ricerca, altrimenti ci si ritrova a parlare di cose come questa (ed è successo davvero).
Il fatto è esilarante, ma tu mi parli di insegnare una cosa a gente che (per lo meno in Italia) ancora non la studia, e qui potrei essere d'accordo con te, io parlo di migliorare un insegnamento che già viene effettuato.
"Frink":
La caratterizzazione per somme inf e somme sup non è da buttar via, perché esemplifica un concetto piuttosto intuitivo e risponde ad una domanda che tutti ci siamo fatti almeno una volta nella vita, prima di sentirne parlare. La formazione teorica può, secondo me, venire dopo (e parlo da studente di matematica, incredibile).
Concordo, (anch'io studio matematica ed ho proposto di enunciare un teorema il primo anno e dimostrarlo il secondo), ma tra i tanti approcci possibili per definire l'integrale di Lebesgue ce n'è anche uno che passa per delle somme inferiori e superiori (vedi ad esempio An Introduction to Measure Theory di Terence Tao) opportunamente definite. Per parlare di rettangolini c'è sempre il corso di Calcolo Numerico

"vict85":
Tra l'altro mi è capitato recentemente (...)
Concordo in toto, la storiella degli "integrali indefiniti" è una cosa atroce.
"Frink":
Stesso motivo per cui sarebbe bene insegnarlo ai biologi, ai medici e in tutte le facoltà scientifiche che in linea di massima preparano per la ricerca, altrimenti ci si ritrova a parlare di cose come questa (ed è successo davvero).
In realtà il tizio ha riinventato qualcosa di molto più banale e la cosa che è preoccupante è che sia stato pubblicato.
Comunque, tornando IT, dare un verso agli integrali viene dalla scuola dei geometri: la funzione integranda viene considerata come una forma differenziale, che si integra su un cammino orientato. La scuola degli analisti invece considera l'integrazione come fatta rispetto ad una misura, ossia come una somma pesata, che quindi non vede l'orientazione perché la somma è commutativa.
La prima interpretazione in effetti c'entra poco con le aree sotto la curva. Se si adotta la prima interpretazione è meglio pensare all'integrale in altri termini, ad esempio come un lavoro (fisico). Se mi arrampico per una salita con la bicicletta non faccio la stessa fatica che farei scendendo dalla stessa salita. Anzi, se scendo ricevo una quantità di energia cinetica che è esattamente pari all'energia che mi tocca sudare per salire. Questo perché mentre salgo o scendo con la bici sto calcolando un integrale nel senso dei geometri.
La prima interpretazione in effetti c'entra poco con le aree sotto la curva. Se si adotta la prima interpretazione è meglio pensare all'integrale in altri termini, ad esempio come un lavoro (fisico). Se mi arrampico per una salita con la bicicletta non faccio la stessa fatica che farei scendendo dalla stessa salita. Anzi, se scendo ricevo una quantità di energia cinetica che è esattamente pari all'energia che mi tocca sudare per salire. Questo perché mentre salgo o scendo con la bici sto calcolando un integrale nel senso dei geometri.
È solo vero fino ad un certo punto. Anche analisti e fisici hanno il concetto di area negativa, tanto che puoi sottrarre aree tra di loro (in tutte le dimensioni). La differenza è che non parlano di orientamento perché le misure sono positive (in genere) e conviene mantenere commutativi i prodotti cartesiani di spazi positivi. Nota che in una varietà orientabile, ogni sottoinsieme compatto della varietà ha "misura" positiva (una volta fissata una forma di volume). D'altra parte esistono anche le misure con segno (tra le quali fanno parte tutte le misure della forma \(\displaystyle \mathbb{F}1_A = \int_A f\,dx \) ) e anche analisti e fisici usano Stokes. Inoltre la notazione l'hanno inventata gli analisi.
Come ho detto prima. La notazione serve a rendere la scrittura \(\displaystyle \int_a^b f\,dx + \int_b^c f\,dx = \int_a^cf\,dx \) vera per tutti i valori di \(\displaystyle b \) ed inoltre fa si che se \(\displaystyle f \) è integrabile e se \(\displaystyle F' = f \) allora abbia senso la scrittura \(\displaystyle f(x) = F(0) + \int_0^x f\,ds \) per ogni \(\displaystyle x \). Se si impone la scrittura con \(\displaystyle a\le b \) allora la scrittura sopra avrebbe senso solo per \(\displaystyle x \) positivi e si dovrebbe aggiungerne una seconda per \(\displaystyle x \) negativi. L'orientamento è solo la sua interpretazione in termini di Stokes.
Come ho detto prima. La notazione serve a rendere la scrittura \(\displaystyle \int_a^b f\,dx + \int_b^c f\,dx = \int_a^cf\,dx \) vera per tutti i valori di \(\displaystyle b \) ed inoltre fa si che se \(\displaystyle f \) è integrabile e se \(\displaystyle F' = f \) allora abbia senso la scrittura \(\displaystyle f(x) = F(0) + \int_0^x f\,ds \) per ogni \(\displaystyle x \). Se si impone la scrittura con \(\displaystyle a\le b \) allora la scrittura sopra avrebbe senso solo per \(\displaystyle x \) positivi e si dovrebbe aggiungerne una seconda per \(\displaystyle x \) negativi. L'orientamento è solo la sua interpretazione in termini di Stokes.