Forme differenziali (di nuovo).
Salve a tutti, volevo semplicemente chiedervi se avete del materiale sulle forme differenziali. Magari qualche esempio che esuli dal differenziale di una funzione e dal determinare se è una forma è esatta o meno. Non capisco il senso profondo dell'argomento e non riesco a trovare, nemmeno qui sul forum, dei post soddisfacenti sull'argomento.
Vi scrivo inoltre qualche domanda e/o ragionamento che ho formulato, forse superflui o semplicemente mal posti o fuori luogo in questo contesto, così magari mi dite se mi sto facendo troppi problemi inutilmente o se non ho capito qualcosa...
Una forma differenziale è una funzione: $\omega: A sub RR^n \to (RR^n)^(*)$, dove $(RR^n)^(*)$ indica lo spazio duale di $RR^n$ che associa ad ogni punto di A un funzionale lineare. Ora, un funzionale lineare è un oggetto che agisce sui vettori e mi restituisce uno scalare in output, quindi una forma differenziale può agire sui vettori e anzi, se non lo facesse che senso avrebbe definirla? Ora mi chiedo, il differenziale di una funzione, che cos'è? L'esistenza della differenziabilità è legata all'esistenza del piano tangente, ma senza entrare troppo in quest'altro discorso, ciò che rende diverso il differenziale dal gradiente è che il primo è, appunto, una forma differenziale e il secondo un vettore (giusto?). Se allora c'è l'esigenza di fare una tale distinzione e faccio agire il differenziale su un vettore generico, cosa ottengo? Scrivendo il differenziale come combinazione lineare (con coefficienti $(delf)/(delx_i)$, ovvero $df=\sum_{i=1}^N(delf)/(delx_i)*dx_i$) della base canonica del duale e facendo agire questo oggetto su un vettore, otterrei un qualcosa di identico al prodotto scalare fra il gradiente e questo generico vettore. Ovvero:
$h in RR^n$ & $f: A sub RR^n \to RR$, con $x_0 in A sub RR^n$
$df(x_0)(h)=\sum_{i=1}^N(delf)/(delx_i)(x_0)*dx_i(h)=\sum_{i=1}^N(delf)/(delx_i)(x_0)(h_i)$
$\leftrightarrow$ $(Df(x_0),h)=
((delf)/(delx_1)(x_10),(delf)/(delx_2)(x_20),...,(delf)/(delx_N)(x_N0))*(h_1,h_2,...,h_n)
= Df(x_0)*h= \sum_{i=1}^N(delf)/(delx_i)(x_0)*(h_i)$
Ammesso che sia così, c'è un motivo per ciò avviene? Il tutto è coerente se vedo il differenziale come covettore e quindi "il suo agire" su un altro vettore come un prodotto riga-colonna? E quindi alla fine, questa quantità serve a quantificare quanto è "forte" la variazione della funzione nella direzione di questo generico vettore? Cioè se trovo che il gradiente di una funzione, valutato in $x in C sub RR^n$, e un generico vettore $h in RR^n$ hanno prodotto scalare uguale a $|Df(x)|*|h|$ so che sono nella direzione in cui la funzione ha una variazione molto forte. Ma se tutte queste cose le posso fare anche col gradiente, allora a che mi serve il differenziale?
Vi scrivo inoltre qualche domanda e/o ragionamento che ho formulato, forse superflui o semplicemente mal posti o fuori luogo in questo contesto, così magari mi dite se mi sto facendo troppi problemi inutilmente o se non ho capito qualcosa...
Una forma differenziale è una funzione: $\omega: A sub RR^n \to (RR^n)^(*)$, dove $(RR^n)^(*)$ indica lo spazio duale di $RR^n$ che associa ad ogni punto di A un funzionale lineare. Ora, un funzionale lineare è un oggetto che agisce sui vettori e mi restituisce uno scalare in output, quindi una forma differenziale può agire sui vettori e anzi, se non lo facesse che senso avrebbe definirla? Ora mi chiedo, il differenziale di una funzione, che cos'è? L'esistenza della differenziabilità è legata all'esistenza del piano tangente, ma senza entrare troppo in quest'altro discorso, ciò che rende diverso il differenziale dal gradiente è che il primo è, appunto, una forma differenziale e il secondo un vettore (giusto?). Se allora c'è l'esigenza di fare una tale distinzione e faccio agire il differenziale su un vettore generico, cosa ottengo? Scrivendo il differenziale come combinazione lineare (con coefficienti $(delf)/(delx_i)$, ovvero $df=\sum_{i=1}^N(delf)/(delx_i)*dx_i$) della base canonica del duale e facendo agire questo oggetto su un vettore, otterrei un qualcosa di identico al prodotto scalare fra il gradiente e questo generico vettore. Ovvero:
$h in RR^n$ & $f: A sub RR^n \to RR$, con $x_0 in A sub RR^n$
$df(x_0)(h)=\sum_{i=1}^N(delf)/(delx_i)(x_0)*dx_i(h)=\sum_{i=1}^N(delf)/(delx_i)(x_0)(h_i)$
$\leftrightarrow$ $(Df(x_0),h)=
((delf)/(delx_1)(x_10),(delf)/(delx_2)(x_20),...,(delf)/(delx_N)(x_N0))*(h_1,h_2,...,h_n)
= Df(x_0)*h= \sum_{i=1}^N(delf)/(delx_i)(x_0)*(h_i)$
Ammesso che sia così, c'è un motivo per ciò avviene? Il tutto è coerente se vedo il differenziale come covettore e quindi "il suo agire" su un altro vettore come un prodotto riga-colonna? E quindi alla fine, questa quantità serve a quantificare quanto è "forte" la variazione della funzione nella direzione di questo generico vettore? Cioè se trovo che il gradiente di una funzione, valutato in $x in C sub RR^n$, e un generico vettore $h in RR^n$ hanno prodotto scalare uguale a $|Df(x)|*|h|$ so che sono nella direzione in cui la funzione ha una variazione molto forte. Ma se tutte queste cose le posso fare anche col gradiente, allora a che mi serve il differenziale?
Risposte
Sono andato a rivedere il concetto di differenziale, in particolare su questi ottimi appunti http://www.batmath.it/matematica/0-appu ... nziale.pdf
Mi sono chiarito alcune cose, ora devo solo legare tutto ciò che si dice in prima battuta sul differenziale nella cornice delle forme differenziali. Innanzitutto Luciano Battaia rimarca più volte che il differenziale è una funzione dell'incremento della variabile indipendente, una volta fissato $x_0$. Essendo una funzione lineare, anzi proprio quella che rende l'errore un infinitesimo di ordine superiore rispetto all'incremento h della variabile indipendente, ed essendo questa diversa in base al punto $x_0$ scelto, avrò che, in generale, posso associare ad ogni punto del grafico di una funzione questo funzionale ( e quindi è una forma differenziale per definizione). In quest'ottica $x_0$ è un punto del dominio e il differenziale in $x_0$ l'elemento nel duale di $RR^n$ e quindi se gli "do in pasto" un vettore, non sto facendo altro che calcolare l'incremento nella direzione del vettore sul piano tangente al grafico in $x_0$, tutto corretto?
Per quanto riguarda gradiente e differenziale invece, ho innanzitutto che l'esistenza delle derivate direzionali non implica la differenziabilità, mentre è vero il viceversa. Quindi il concetto di differenziale appare fondamentale e prioritario su quello di gradiente e invece la relazione che intercorre fra i due è semplicemente esprimibile come:
$df_\vec(x_o)(\vecx-\vecx_0)=\grad f(\vec x_0)*(\vecx-\vec x_0) $
Quindi sì, "dare in pasto" il vettore $\vec h = \vecx-\vec x_0$ alla forma differenziale equivale a fare il prodotto scalare fra tale vettore e il gradiente di $f$ valutato in $\vec x_0$
A questo punto quindi la scrittura formale, per le funzioni reali di variabile reale: $df=f'(x)dx$ sta a significare che, se impropriamente ragiono in "termini vettoriali" considerando le variabili come vettori ad una componente, il differenziale applicato ad un vettore $\vec h=h\hat i$ ne prende l'unica componente $dx(\vec h)=h_1=h$ e quindi $df_\vec(x_0)(h)=f'(x_0)*h$ (se mi metto in $x_0$) ed il tutto è coerente con l'interpretazione geometrica di derivata (coefficiente angolare del grafico della funzione lineare che chiamo differenziale, ovvero della retta tangente al grafico in $x_0$) come tangente dell'angolo formato dalla retta tangente e l'asse delle $x$ che moltiplicata per il "cateto" di lunghezza h mi fornisce l'altro cateto che non è nient'altro che l'incremento calcolato lungo tale retta, giusto?
Quindi il concetto di forma differenziale mi serve a gestire una sorta di "doppia dipendenza" del differenziale. La dipendenza dal punto nel quale verifica la condizione tramite la quale è definito e la dipendenza dalla sua variabile (l'incremento) di cui è funzione lineare.
Mi sono chiarito alcune cose, ora devo solo legare tutto ciò che si dice in prima battuta sul differenziale nella cornice delle forme differenziali. Innanzitutto Luciano Battaia rimarca più volte che il differenziale è una funzione dell'incremento della variabile indipendente, una volta fissato $x_0$. Essendo una funzione lineare, anzi proprio quella che rende l'errore un infinitesimo di ordine superiore rispetto all'incremento h della variabile indipendente, ed essendo questa diversa in base al punto $x_0$ scelto, avrò che, in generale, posso associare ad ogni punto del grafico di una funzione questo funzionale ( e quindi è una forma differenziale per definizione). In quest'ottica $x_0$ è un punto del dominio e il differenziale in $x_0$ l'elemento nel duale di $RR^n$ e quindi se gli "do in pasto" un vettore, non sto facendo altro che calcolare l'incremento nella direzione del vettore sul piano tangente al grafico in $x_0$, tutto corretto?
Per quanto riguarda gradiente e differenziale invece, ho innanzitutto che l'esistenza delle derivate direzionali non implica la differenziabilità, mentre è vero il viceversa. Quindi il concetto di differenziale appare fondamentale e prioritario su quello di gradiente e invece la relazione che intercorre fra i due è semplicemente esprimibile come:
$df_\vec(x_o)(\vecx-\vecx_0)=\grad f(\vec x_0)*(\vecx-\vec x_0) $
Quindi sì, "dare in pasto" il vettore $\vec h = \vecx-\vec x_0$ alla forma differenziale equivale a fare il prodotto scalare fra tale vettore e il gradiente di $f$ valutato in $\vec x_0$
A questo punto quindi la scrittura formale, per le funzioni reali di variabile reale: $df=f'(x)dx$ sta a significare che, se impropriamente ragiono in "termini vettoriali" considerando le variabili come vettori ad una componente, il differenziale applicato ad un vettore $\vec h=h\hat i$ ne prende l'unica componente $dx(\vec h)=h_1=h$ e quindi $df_\vec(x_0)(h)=f'(x_0)*h$ (se mi metto in $x_0$) ed il tutto è coerente con l'interpretazione geometrica di derivata (coefficiente angolare del grafico della funzione lineare che chiamo differenziale, ovvero della retta tangente al grafico in $x_0$) come tangente dell'angolo formato dalla retta tangente e l'asse delle $x$ che moltiplicata per il "cateto" di lunghezza h mi fornisce l'altro cateto che non è nient'altro che l'incremento calcolato lungo tale retta, giusto?
Quindi il concetto di forma differenziale mi serve a gestire una sorta di "doppia dipendenza" del differenziale. La dipendenza dal punto nel quale verifica la condizione tramite la quale è definito e la dipendenza dalla sua variabile (l'incremento) di cui è funzione lineare.