Esercizio: spazio di Hilbert di funzioni olomorfe
Ho un esercizio che non so come concludere. Sarei grato se qualcuno mi desse qualche dritta.
Sia $\Omega \subseteq CC$ un aperto.
Sia $H = L^2 (Omega) \cap Hol(Omega,CC) = \{ f : Omega \rightarrow CC \ : \ f \ \text{olomorfa}, \ int_Omega \| f \|^2 < +oo \}$.
$H$ è un sottospazio vettoriale di $L^2 (Omega)$ e quindi ne eredita il prodotto scalare e la norma $\| \| \cdot \| \|_2$.
Voglio dimostrare, eventualmente con qualche ipotesi sull'aperto $Omega$, che $H$ è uno spazio di Hilbert.
Fatto 1: Per ogni $K \subseteq Omega$ compatto, esiste $C >=0$ tale che $forall h in H, \ \forall z in K, \ |h(z)| <= C \| \| h \| \|_2$.
Fatto 2: Se una successione $(f_n) \subseteq Hol(Omega,CC)$ di funzioni olomorfe converge uniformemente sui compatti di $Omega$,
allora converge puntualmente a una funzione olomorfa $f \in Hol(Omega,CC)$.
Veniamo alla dimostrazione che $H$ è di Hilbert; basta mostrare che sia completo. Allora sia $(f_n) \subseteq H$ successione di Cauchy per la norma $\| \| \cdot \| \|_2$.
Fisso ora $K \subseteq Omega$ compatto; per il fatto 1 applicato alle $f_n - f_m$ ho $\forall n,m \ \| \| f_n - f_m \| \|_{oo,K} \leq C \| \| f_n - f_m \| \|_2$; ma $(f_n)$ è di Cauchy per $\| \| \cdot \| \|_2$, quindi la successione $(f_n |_K)$ è di Cauchy nello spazio di Banach $(C^0 (K), \| \| \cdot \| \|_{oo, K})$, quindi converge uniformemente a una funzione continua $f_K$ su $K$.
Incollando le varie $f_K$ al variare di $K$, ottengo $f : Omega \rightarrow CC$ continua tale che le $f_n$ convergono uniformemente a $f$ sui compatti di $Omega$; ma allora per 2), si ha che $f$ è olomorfa.
Mi resta da provare che $f$ sta in $L^2 (Omega)$ e che le $f_n$ convergono a $f$ in norma $\| \| \cdot \| \|_2$. Qualcuno sa aiutarmi?
Sia $\Omega \subseteq CC$ un aperto.
Sia $H = L^2 (Omega) \cap Hol(Omega,CC) = \{ f : Omega \rightarrow CC \ : \ f \ \text{olomorfa}, \ int_Omega \| f \|^2 < +oo \}$.
$H$ è un sottospazio vettoriale di $L^2 (Omega)$ e quindi ne eredita il prodotto scalare e la norma $\| \| \cdot \| \|_2$.
Voglio dimostrare, eventualmente con qualche ipotesi sull'aperto $Omega$, che $H$ è uno spazio di Hilbert.
Fatto 1: Per ogni $K \subseteq Omega$ compatto, esiste $C >=0$ tale che $forall h in H, \ \forall z in K, \ |h(z)| <= C \| \| h \| \|_2$.
Fatto 2: Se una successione $(f_n) \subseteq Hol(Omega,CC)$ di funzioni olomorfe converge uniformemente sui compatti di $Omega$,
allora converge puntualmente a una funzione olomorfa $f \in Hol(Omega,CC)$.
Veniamo alla dimostrazione che $H$ è di Hilbert; basta mostrare che sia completo. Allora sia $(f_n) \subseteq H$ successione di Cauchy per la norma $\| \| \cdot \| \|_2$.
Fisso ora $K \subseteq Omega$ compatto; per il fatto 1 applicato alle $f_n - f_m$ ho $\forall n,m \ \| \| f_n - f_m \| \|_{oo,K} \leq C \| \| f_n - f_m \| \|_2$; ma $(f_n)$ è di Cauchy per $\| \| \cdot \| \|_2$, quindi la successione $(f_n |_K)$ è di Cauchy nello spazio di Banach $(C^0 (K), \| \| \cdot \| \|_{oo, K})$, quindi converge uniformemente a una funzione continua $f_K$ su $K$.
Incollando le varie $f_K$ al variare di $K$, ottengo $f : Omega \rightarrow CC$ continua tale che le $f_n$ convergono uniformemente a $f$ sui compatti di $Omega$; ma allora per 2), si ha che $f$ è olomorfa.
Mi resta da provare che $f$ sta in $L^2 (Omega)$ e che le $f_n$ convergono a $f$ in norma $\| \| \cdot \| \|_2$. Qualcuno sa aiutarmi?
Risposte
Non mi convince tanto questo tuo passaggio:
Comunque io suggerisco, anziché procedere con le successioni di Cauchy come stai facendo tu, di considerare $H$ come un sottospazio vettoriale di $L^2(Omega)$, e di mostrare che esso è chiuso. Il che ammonta a prendere una successione $u_n$ di funzioni olomorfe e a quadrato sommabile tale che $u_n\to u$ nel senso di $L^2$, e verificare: $u$ è olomorfa?
Ma tu sei sicuro che il risultato è vero? Visto così su due piedi mi verrebbe da rispondere di no. Ma d'altronde conosco poco la teoria delle funzioni olomorfe. [EDIT]E infatti, ragionandoci un po' su, ho cambiato idea.
$(f_n)$ è di Cauchy per $\| \| \cdot \| \|_2$, quindi la successione $(f_n |_K)$ è di Cauchy nello spazio di Banach $(C^0 (K), \| \| \cdot \| \|_{oo, K})$Una successione di $L^2$-Cauchy non ha obbligo di essere uniformemente di Cauchy. Ma forse non ho capito cosa intendi. [EDIT]Ah, no, ok ho capito. Questo non è vero in generale ma stai usando il Fatto 1.
Comunque io suggerisco, anziché procedere con le successioni di Cauchy come stai facendo tu, di considerare $H$ come un sottospazio vettoriale di $L^2(Omega)$, e di mostrare che esso è chiuso. Il che ammonta a prendere una successione $u_n$ di funzioni olomorfe e a quadrato sommabile tale che $u_n\to u$ nel senso di $L^2$, e verificare: $u$ è olomorfa?
Ma tu sei sicuro che il risultato è vero? Visto così su due piedi mi verrebbe da rispondere di no. Ma d'altronde conosco poco la teoria delle funzioni olomorfe. [EDIT]E infatti, ragionandoci un po' su, ho cambiato idea.
Provo...
Hai come ipotesi che [tex]$(f_n)$[/tex] è [tex]$||\cdot ||_{2,\Omega}$[/tex]-Cauchy in [tex]$H(\Omega)\subseteq L^2(\Omega)$[/tex]; quindi (per completezza di [tex]$L^2$[/tex]) esiste certamente una [tex]$\varphi \in L^2(\Omega)$[/tex] tale che [tex]$f_n\to \varphi$[/tex] in [tex]$||\cdot ||_{2,\Omega }$[/tex]; per noti fatti (cfr. Rudin, Real and Complex Analysis, Theorem 3.12), puoi affermare che da [tex]$(f_n)$[/tex] si può estrarre una sottosuccessione [tex]$(f_{n_k})$[/tex] tale che [tex]$f_{n_k}\to \varphi$[/tex] q.o. in [tex]$\Omega$[/tex].
D'altra parte, la [tex]$(f_{n_k})$[/tex] sta convergendo puntualmente in [tex]$\Omega$[/tex] anche verso [tex]$f$[/tex] (perchè si ha [tex]$f_n\to f$[/tex] ovunque in [tex]$\Omega$[/tex]); l'unicità del limite puntuale ti dice che [tex]$\varphi =f \in \text{Hol} (\Omega ;\mathbb{C})$[/tex] (va bene, forse a meno di ridefinire [tex]$\varphi$[/tex] su un insieme di misura nulla... Ma ciò non dovrebbe dar fastidio) quindi [tex]$\varphi \in L^2(\Omega) \cap \text{Hol} (\Omega ;\mathbb{C}) =H(\Omega)$[/tex].
Che ne dici?
Hai come ipotesi che [tex]$(f_n)$[/tex] è [tex]$||\cdot ||_{2,\Omega}$[/tex]-Cauchy in [tex]$H(\Omega)\subseteq L^2(\Omega)$[/tex]; quindi (per completezza di [tex]$L^2$[/tex]) esiste certamente una [tex]$\varphi \in L^2(\Omega)$[/tex] tale che [tex]$f_n\to \varphi$[/tex] in [tex]$||\cdot ||_{2,\Omega }$[/tex]; per noti fatti (cfr. Rudin, Real and Complex Analysis, Theorem 3.12), puoi affermare che da [tex]$(f_n)$[/tex] si può estrarre una sottosuccessione [tex]$(f_{n_k})$[/tex] tale che [tex]$f_{n_k}\to \varphi$[/tex] q.o. in [tex]$\Omega$[/tex].
D'altra parte, la [tex]$(f_{n_k})$[/tex] sta convergendo puntualmente in [tex]$\Omega$[/tex] anche verso [tex]$f$[/tex] (perchè si ha [tex]$f_n\to f$[/tex] ovunque in [tex]$\Omega$[/tex]); l'unicità del limite puntuale ti dice che [tex]$\varphi =f \in \text{Hol} (\Omega ;\mathbb{C})$[/tex] (va bene, forse a meno di ridefinire [tex]$\varphi$[/tex] su un insieme di misura nulla... Ma ciò non dovrebbe dar fastidio) quindi [tex]$\varphi \in L^2(\Omega) \cap \text{Hol} (\Omega ;\mathbb{C}) =H(\Omega)$[/tex].
Che ne dici?
"gugo82":
Che ne dici?
Perfetto! Infatti, sugli appunti presi in aula avevo scritto che esisteva il limite-$L^2$ delle $f_n$, ma poi mi ero perso questo ragionamento per collegare i due limiti.
Grazie mille!
Un'altra cosa, dato che ci sono, e che probabilmente sarà veramente sciocca: mi potete dare un controesempio all'implicazione $f_n \rightarrow f$ in $L^p$ $\Rightarrow$ $f_n \rightarrow f $ puntualmente q.o.?
Prego... Però l'ho inventata al momento, quindi controlla bene.

Oppure, per usare le notazioni di NightKnight: siano $u_n\inH,\ u\inL^2(Omega)$ tali che $u_n\tou$ nel senso di $L^2$. Per ogni $K\subset Omega$ compatto, usando il Fatto 1 abbiamo che
$||u_n-u||_{infty, K}<=C||u_n-u||_2\to 0$, quindi $u_n\to u$ uniformemente sui compatti. Applicando il teorema di Morera-Weierstrass (che NightKnight chiama Fatto 2) otteniamo che $u$ è olomorfa; quindi $H$ è chiuso in $L^2$ e quindi completo.
No?
[EDIT]Mentre scrivevo è successo di tutto!
Io ero rimasto alla soluzione di Gugo. Per quanto riguarda l'esempio di successione convergente nel senso di $L^p$ ma non puntualmente io in genere penso alla successione typewriter: https://www.matematicamente.it/forum/pos ... tml#286403 (vedi nota 2)
$||u_n-u||_{infty, K}<=C||u_n-u||_2\to 0$, quindi $u_n\to u$ uniformemente sui compatti. Applicando il teorema di Morera-Weierstrass (che NightKnight chiama Fatto 2) otteniamo che $u$ è olomorfa; quindi $H$ è chiuso in $L^2$ e quindi completo.
No?
[EDIT]Mentre scrivevo è successo di tutto!

E credo proprio di si dissonance. Bravo.
P.S.: Non sapevo che quel lemmino avesse un nome così roboante!
@NightKnight: Per dimostrare il fatto 1) si usa la proprietà di media, nevvero?
P.S.: Non sapevo che quel lemmino avesse un nome così roboante!

@NightKnight: Per dimostrare il fatto 1) si usa la proprietà di media, nevvero?
"gugo82":
quindi controlla bene.
Domani a mente lucida la riguardo per benino.
"dissonance":
No?
Mi sembra che funzioni anche la tua, ed è meno contorta della mia e di Gugo.
Una curiosità: l'esercitatore ha detto che se $Omega=B(0,1)$ allora $\{ z^n \}_{n >= 0}$ è una base hilbertiana per $H$. Che figata!
Un'altra osservazione: se avessi preso $C^k (Omega) \cap L^2 (Omega)$ con $k=0,1,...,oo$ non avrei potuto ottenere uno spazio di Hilbert perché le funzioni $C^k$ sono dense in $L^2$. Questo dice quanto sia forte la condizione di olomorfia.
Sul Cartan, il fatto 2 non ha nome, è solo una proposizione, che comunque si dimostra con il teorema di Morera (una funzione continua è olomorfa se e solo se la forma differenziale associata è chiusa)
Sì.
Prima dimostri che se $\bar{B(z_0,r)} \subseteq Omega$, allora $\| h(z_0) \| \leq 1/{\sqrt(pi) r } \| \| h \| \|_2$. E questo si fa usando la proprietà della media sulle palle e usando la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz.
Poi per avere la tesi basta prendere $C= 1/ {\sqrt(pi) \epsilon/2}$ dove $epsilon = dist( K, CC - Omega) >0$ perché $K, CC -Omega$ sono chiusi disgiunti di cui uno è compatto.
"gugo82":
Per dimostrare il fatto 1) si usa la proprietà di media, nevvero?
Sì.
Prima dimostri che se $\bar{B(z_0,r)} \subseteq Omega$, allora $\| h(z_0) \| \leq 1/{\sqrt(pi) r } \| \| h \| \|_2$. E questo si fa usando la proprietà della media sulle palle e usando la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz.
Poi per avere la tesi basta prendere $C= 1/ {\sqrt(pi) \epsilon/2}$ dove $epsilon = dist( K, CC - Omega) >0$ perché $K, CC -Omega$ sono chiusi disgiunti di cui uno è compatto.
"NightKnight":
[quote="gugo82"]Per dimostrare il fatto 1) si usa la proprietà di media, nevvero?
Sì.
Prima dimostri che se $\bar{B(z_0,r)} \subseteq Omega$, allora $\| h(z_0) \| \leq 1/{\sqrt(pi) r } \| \| h \| \|_2$. E questo si fa usando la proprietà della media sulle palle e usando la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz.
Poi per avere la tesi basta prendere $C= 1/ {\sqrt(pi) \epsilon/2}$ dove $epsilon = dist( K, CC - Omega) >0$ perché $K, CC -Omega$ sono chiusi disgiunti di cui uno è compatto.[/quote]
Ok, più o meno come credevo.
"NightKnight":
Una curiosità: l'esercitatore ha detto che se $Omega=B(0,1)$ allora $\{ z^n \}_{n >= 0}$ è una base hilbertiana per $H$. Che figata!
Se intendi ortonormale, non mi sembra, però boh... Non sono molto esperto di Analisi Complessa.
"NightKnight":
Un'altra osservazione: se avessi preso $C^k (Omega) \cap L^2 (Omega)$ con $k=0,1,...,oo$ non avrei potuto ottenere uno spazio di Hilbert perché le funzioni $C^k$ sono dense in $L^2$. Questo dice quanto sia forte la condizione di olomorfia.
In realtà è la proprietà di media ad essere fondamentale, non tanto l'olomorfia; credo che le stesse cose si possano dire per le funzioni armoniche reali... Si dovrebbero fare due conticini.
P.S.: Complex Analysis is boring.

Nel frattempo ho fatto fare a Maple un disegnino della successione typewriter:

sono solo pochi termini perché altrimenti mi bloccava tutto il sistema (eppure non mi pare ci sia da fare tanti conti; si vede che Maple ha problemi a gestire animazioni lunghe). Spero sia chiaro il concetto, che tra l'altro è molto semplice. Questa successione di funzioni $[0, 1]\toRR$ converge nel senso di $L^p$ con $1<=p

sono solo pochi termini perché altrimenti mi bloccava tutto il sistema (eppure non mi pare ci sia da fare tanti conti; si vede che Maple ha problemi a gestire animazioni lunghe). Spero sia chiaro il concetto, che tra l'altro è molto semplice. Questa successione di funzioni $[0, 1]\toRR$ converge nel senso di $L^p$ con $1<=p
E proprio per questo ho dovuto usare una sottosuccessione nel ragionamento di prima; altrimenti col cavolo che ci arrivavo... 
Successione typewriter... dissonance stasera sei proprio in vena di nomi sfiziosi!

Successione typewriter... dissonance stasera sei proprio in vena di nomi sfiziosi!

Ho riletto la dimostrazione di gugo: mi convince!
Mentre rileggendo la dimostrazione di dissonance, sono dubbioso sulla possibilità di applicare il Fatto1 alla funzione $u_n - u$, perché questa a priori non è olomorfa. Mentre il Fatto1 funziona solo per funzioni olomorfe.
Dovresti aver ragione: se $Omega \subseteq RR^n$ è un aperto allora $\{ f : Omega -> RR \ : \ f \ \text{armonica}, f \in L^2(Omega) \}$ è uno spazio di Hilbert con la norma $L^2$ a patto di dimostrare il seguente fatto:
Fatto: una successione di funzioni armoniche su $Omega$ che converge uniformemente su ogni compatto di $Omega$, converge puntualmente a una funzione armonica su $Omega$.
E' vero che la famiglia $\{ z^k \}_{k \geq 0}$ è una famiglia ortogonale massimale nello spazio di Hilbert $\{ f : B(0,1) -> CC \ : \ f \ \text{olomorfa}, \ f \in L^2 (B(0,1)) \}$; quindi opportunamente normalizzata è una famiglia ortonormale massimale cioè una base hilbertiana.
Ho capito il controesempio di dissonance di una successione di funzioni convergente in $L^p$, ma non puntualmente quasi ovunque.
Grazie a tutti!

PS: sul fatto che l'analisi complessa sia noiosa ci sarebbe molto da discutere......

Mentre rileggendo la dimostrazione di dissonance, sono dubbioso sulla possibilità di applicare il Fatto1 alla funzione $u_n - u$, perché questa a priori non è olomorfa. Mentre il Fatto1 funziona solo per funzioni olomorfe.
"gugo82":
In realtà è la proprietà di media ad essere fondamentale, non tanto l'olomorfia; credo che le stesse cose si possano dire per le funzioni armoniche reali... Si dovrebbero fare due conticini.
Dovresti aver ragione: se $Omega \subseteq RR^n$ è un aperto allora $\{ f : Omega -> RR \ : \ f \ \text{armonica}, f \in L^2(Omega) \}$ è uno spazio di Hilbert con la norma $L^2$ a patto di dimostrare il seguente fatto:
Fatto: una successione di funzioni armoniche su $Omega$ che converge uniformemente su ogni compatto di $Omega$, converge puntualmente a una funzione armonica su $Omega$.
"gugo82":
Se intendi ortonormale, non mi sembra, però boh...
E' vero che la famiglia $\{ z^k \}_{k \geq 0}$ è una famiglia ortogonale massimale nello spazio di Hilbert $\{ f : B(0,1) -> CC \ : \ f \ \text{olomorfa}, \ f \in L^2 (B(0,1)) \}$; quindi opportunamente normalizzata è una famiglia ortonormale massimale cioè una base hilbertiana.
Ho capito il controesempio di dissonance di una successione di funzioni convergente in $L^p$, ma non puntualmente quasi ovunque.
Grazie a tutti!


PS: sul fatto che l'analisi complessa sia noiosa ci sarebbe molto da discutere......

"NightKnight":Hai ragione. In pratica ho assunto tra le ipotesi pure la tesi. Così sono bravi tutti!
Mentre rileggendo la dimostrazione di dissonance, sono dubbioso sulla possibilità di applicare il Fatto1 alla funzione $u_n - u$, perché questa a priori non è olomorfa. Mentre il Fatto1 funziona solo per funzioni olomorfe.

"NightKnight":
Mentre rileggendo la dimostrazione di dissonance, sono dubbioso sulla possibilità di applicare il Fatto1 alla funzione $u_n - u$, perché questa a priori non è olomorfa. Mentre il Fatto1 funziona solo per funzioni olomorfe.
E già... Mi era sfuggito.
Il problema dell'Analisi Complessa è che si ha "poco spazio" per muoversi; infatti appena richiedi olomorfia hai subito analiticità, quindi troppa regolarità che non consente di passare, ad esempio, da una EDO/EDP ad un problema "più debole" (cosa che si è rivelata fruttuosissima nell'ultimo secolo).
"gugo82":
infatti appena richiedi olomorfia hai subito analiticità, quindi troppa regolarità che non consente di passare, ad esempio, da una EDO/EDP ad un problema "più debole" (cosa che si è rivelata fruttuosissima nell'ultimo secolo).
Purtroppo, non sono in grado di capire quest'osservazione: la mia conoscenza dell'analisi è molto limitata. Cosa intendi per problema "debole"?
Intendo un problema in cui si deve richiedere meno regolarità "a priori" sulle possibili soluzioni.
Cerco di spiegarmi con un esempio elementare da Analisi II.
Prendiamo le due formulazioni del problema di Cauchy relativo ad una EDO in forma normale [tex]$u^\prime =f(x,u)$[/tex] (che credo tu abbia già visto) con [tex]$f:\mathbb{R}^2\to \mathbb{R}$[/tex] continua:
(*) [tex]$\begin{cases} u^\prime =f(x,u) &\text{in $\mathbb{R}$} \\ u(x_0)=u_0\end{cases}$[/tex]
(**) [tex]$u(x)=u_0+\int_{x_0}^x f(t,u(t))\ \text{d} t$[/tex]
Per far funzionare "bene" (*) bisogna richiedere a priori che la funzione incognita sia almeno di classe [tex]$C^1$[/tex] (infatti se [tex]$u$[/tex] fosse in [tex]$C(\mathbb{R})$[/tex], l'uguaglianza [tex]$u^\prime =f(t,u)$[/tex] potrebbe non essere soddisfatta in tutti i punti di [tex]$\mathbb{R}$[/tex]).
Invece, per far funzionare (**), basta richiedere che [tex]$u$[/tex] sia in [tex]$C(\mathbb{R})$[/tex] (poiché a primo membro avremmo una funzione continua e pure a secondo membro).
Inoltre è evidente che tutte le soluzioni di (*) sono pure soluzioni di (**)...
Conveniamo allora di chiamare (*) formulazione "classica" del problema di Cauchy ed ogni soluzione [tex]$C^1(\mathbb{R})$[/tex] di (*) soluzione classica del problema; e di chiamare (**) formulazione "debole" del problema di Cauchy ed ogni soluzione di classe [tex]$C(\mathbb{R})$[/tex] di (**) soluzione debole.
In generale, se ho un problema relativo ad un'equazione differenziale (ordinaria o a derivate parziali) di ordine [tex]$N$[/tex], la formulazione che, per funzionare, richiede che le soluzioni vadano cercate in [tex]$C^N$[/tex] si dice formulazione classica; si chiama invece formulazione debole del problema ogni sua formulazione alternativa la quale, per funzionare, ha bisogno di richiedere che le soluzioni vadano ricercate in uno spazio più vasto di [tex]$C^N$[/tex] (ad esempio, in [tex]$C^{N-1}$[/tex], oppure in [tex]$C$[/tex] ovvero in qualche spazio di Sobolev [tex]$W^{k,p}$[/tex]...).
Torniamo al nostro esempio.
La cosa interessante è che (*) e (**) hanno lo stesso insieme di soluzioni, poiché si dimostra (facilmente) quanto segue:
La parte interessante di questo teoremino non è tanto l'implicazione [tex]$\Leftarrow$[/tex] (che è davvero evidente, come detto più su), quanto la [tex]$\Rightarrow$[/tex]: infatti si deve passare da una funzione [tex]$u \in C(\mathbb{R})$[/tex] ad una funzione con derivata prima continua.
E ciò è un passaggio tutt'altro che banale dal punto di vista concettuale, perchè "la maggior parte"* delle funzioni continue non è derivabile in alcun punto di [tex]$\mathbb{R}$[/tex] (e nemmeno quasi ovunque)!!!**
In generale, si chiama teorema di regolarità un risultato che consente di recuperare per una soluzione debole una regolarità pari a quella di una soluzione classica del medesimo problema.
Nel caso specifico il teorema di regolarità è semplice: basta applicare il Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale per rendersi conto che, comunque scelta [tex]$u\in C(\mathbb{R})$[/tex], la funzione [tex]$u_0+\int_{x_0}^x f(t,u(t))\ \text{d} t$[/tex] è derivabile con derivata pari a [tex]$f(x,u(x))$[/tex], quindi continua; presa [tex]$u$[/tex] che risolve il problema (**), si ha [tex]$u(x)=u_0+\int_{x_0}^x f(t,u(t))\ \text{d} t$[/tex] sicché [tex]$u$[/tex] è derivabile ed ha derivata prima [tex]$u^\prime (x)=f(x,u(x))$[/tex] continua.
Riassumendo, uno dei modi "moderni" per risolvere un problema relativo ad una equazione differenziale si può schematizzare come segue:
1) passare dalla formulazione classica ad una formulazione debole;
2) risolvere il problema debole;
3) dimostrare un teorema di regolarità per le soluzioni deboli;
4) dimostrare che una soluzione debole è pure una soluzione classica.
Di solito, il passo 1) si ottiene mediante qualche integrazione (da una EDO/EDP si passa ad un'equazione integrale, ad esempio integrando per parti, o ad un problema di minimo); il passo 2) si fa usando teoremi astratti di Analisi Funzionale (ad esempio, Lemma delle contrazioni, Teorema di Lax-Milgram, etc...) o di tipo Calcolo delle Variazioni; 3) è la parte più difficile e molto tecnica (ci sono articoli recenti in ambito regolarità che prendono 120 pagine!!!); 4) è la parte semplice, perchè usualmente il teorema di regolarità consente di ripercorrere a passo di gambero i passaggi fatti per ottenere 1).
Evidentemente in campo complesso è molto difficile indebolire un problema differenziale: infatti se hai un problema del second'ordine, lo indebolisci passando al primo ordine (ad esempio, soluzione forte di classe [tex]$C^2$[/tex] quindi soluzione debole di classe [tex]$C^1$[/tex]); ma per noti fatti se una funzione complessa è [tex]$C^1$[/tex] allora essa è automaticamente [tex]$C^\infty$[/tex]... Quindi "praticamente" non hai indebolito nulla, perchè cerchi soluzioni sempre nello stesso spazio funzionale.
Qui mi scatta la noia: servono molti più tecnicismi per lavorare con funzioni complesse in ambito differenziale e, per me, sono cose massimamente noiose.
Quando seguo un seminario su queste cose (è capitato un po' di volte, con roba tipo teoria KAM), mi trovo sbattuto in un'altra Matematica: praticamente non si vedono più le equazioni, si vedono solamente numerini che servono come frequenze per costruire serie di Fourier et similia (forse...) che non si sa da dove escan fuori; si deve stimare quanto è grande l'insieme dei numerini "buoni"; quante dimensioni ha; come si ramifica... Tutto questo per tentare di dimostrare l'esistenza di una soluzione, che non si può fare "direttamente" dall'equazione e spesso non salta fuori nemmeno.
(D'altra parte, l'Analisi Complessa torna molto utile in ambito Geometrico, dove si ha a che fare con mappe molto regolari... Ma questa è un'altra storia
)
__________
* Qui "la maggior parte" è inteso in un senso molto generalizzato, di natura topologica, e non c'entra (quasi) nulla la cardinalità.
** Di funzioni continue in [tex]$\mathbb{R}$[/tex] ma non derivabili in nessun punto esistono esempi classici (dovuti a Weierstrass e Van der Waerden).
*** EDIT: piccole modifiche qui e là.
Cerco di spiegarmi con un esempio elementare da Analisi II.
Prendiamo le due formulazioni del problema di Cauchy relativo ad una EDO in forma normale [tex]$u^\prime =f(x,u)$[/tex] (che credo tu abbia già visto) con [tex]$f:\mathbb{R}^2\to \mathbb{R}$[/tex] continua:
(*) [tex]$\begin{cases} u^\prime =f(x,u) &\text{in $\mathbb{R}$} \\ u(x_0)=u_0\end{cases}$[/tex]
(**) [tex]$u(x)=u_0+\int_{x_0}^x f(t,u(t))\ \text{d} t$[/tex]
Per far funzionare "bene" (*) bisogna richiedere a priori che la funzione incognita sia almeno di classe [tex]$C^1$[/tex] (infatti se [tex]$u$[/tex] fosse in [tex]$C(\mathbb{R})$[/tex], l'uguaglianza [tex]$u^\prime =f(t,u)$[/tex] potrebbe non essere soddisfatta in tutti i punti di [tex]$\mathbb{R}$[/tex]).
Invece, per far funzionare (**), basta richiedere che [tex]$u$[/tex] sia in [tex]$C(\mathbb{R})$[/tex] (poiché a primo membro avremmo una funzione continua e pure a secondo membro).
Inoltre è evidente che tutte le soluzioni di (*) sono pure soluzioni di (**)...
Conveniamo allora di chiamare (*) formulazione "classica" del problema di Cauchy ed ogni soluzione [tex]$C^1(\mathbb{R})$[/tex] di (*) soluzione classica del problema; e di chiamare (**) formulazione "debole" del problema di Cauchy ed ogni soluzione di classe [tex]$C(\mathbb{R})$[/tex] di (**) soluzione debole.
In generale, se ho un problema relativo ad un'equazione differenziale (ordinaria o a derivate parziali) di ordine [tex]$N$[/tex], la formulazione che, per funzionare, richiede che le soluzioni vadano cercate in [tex]$C^N$[/tex] si dice formulazione classica; si chiama invece formulazione debole del problema ogni sua formulazione alternativa la quale, per funzionare, ha bisogno di richiedere che le soluzioni vadano ricercate in uno spazio più vasto di [tex]$C^N$[/tex] (ad esempio, in [tex]$C^{N-1}$[/tex], oppure in [tex]$C$[/tex] ovvero in qualche spazio di Sobolev [tex]$W^{k,p}$[/tex]...).
Torniamo al nostro esempio.
La cosa interessante è che (*) e (**) hanno lo stesso insieme di soluzioni, poiché si dimostra (facilmente) quanto segue:
[tex]$u\in C(\mathbb{R})$[/tex] è soluzione di (**) se e solo se [tex]$u\in C^1(\mathbb{R})$[/tex] ed [tex]$u$[/tex] risolve (*).
La parte interessante di questo teoremino non è tanto l'implicazione [tex]$\Leftarrow$[/tex] (che è davvero evidente, come detto più su), quanto la [tex]$\Rightarrow$[/tex]: infatti si deve passare da una funzione [tex]$u \in C(\mathbb{R})$[/tex] ad una funzione con derivata prima continua.
E ciò è un passaggio tutt'altro che banale dal punto di vista concettuale, perchè "la maggior parte"* delle funzioni continue non è derivabile in alcun punto di [tex]$\mathbb{R}$[/tex] (e nemmeno quasi ovunque)!!!**
In generale, si chiama teorema di regolarità un risultato che consente di recuperare per una soluzione debole una regolarità pari a quella di una soluzione classica del medesimo problema.
Nel caso specifico il teorema di regolarità è semplice: basta applicare il Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale per rendersi conto che, comunque scelta [tex]$u\in C(\mathbb{R})$[/tex], la funzione [tex]$u_0+\int_{x_0}^x f(t,u(t))\ \text{d} t$[/tex] è derivabile con derivata pari a [tex]$f(x,u(x))$[/tex], quindi continua; presa [tex]$u$[/tex] che risolve il problema (**), si ha [tex]$u(x)=u_0+\int_{x_0}^x f(t,u(t))\ \text{d} t$[/tex] sicché [tex]$u$[/tex] è derivabile ed ha derivata prima [tex]$u^\prime (x)=f(x,u(x))$[/tex] continua.
Riassumendo, uno dei modi "moderni" per risolvere un problema relativo ad una equazione differenziale si può schematizzare come segue:
1) passare dalla formulazione classica ad una formulazione debole;
2) risolvere il problema debole;
3) dimostrare un teorema di regolarità per le soluzioni deboli;
4) dimostrare che una soluzione debole è pure una soluzione classica.
Di solito, il passo 1) si ottiene mediante qualche integrazione (da una EDO/EDP si passa ad un'equazione integrale, ad esempio integrando per parti, o ad un problema di minimo); il passo 2) si fa usando teoremi astratti di Analisi Funzionale (ad esempio, Lemma delle contrazioni, Teorema di Lax-Milgram, etc...) o di tipo Calcolo delle Variazioni; 3) è la parte più difficile e molto tecnica (ci sono articoli recenti in ambito regolarità che prendono 120 pagine!!!); 4) è la parte semplice, perchè usualmente il teorema di regolarità consente di ripercorrere a passo di gambero i passaggi fatti per ottenere 1).
Evidentemente in campo complesso è molto difficile indebolire un problema differenziale: infatti se hai un problema del second'ordine, lo indebolisci passando al primo ordine (ad esempio, soluzione forte di classe [tex]$C^2$[/tex] quindi soluzione debole di classe [tex]$C^1$[/tex]); ma per noti fatti se una funzione complessa è [tex]$C^1$[/tex] allora essa è automaticamente [tex]$C^\infty$[/tex]... Quindi "praticamente" non hai indebolito nulla, perchè cerchi soluzioni sempre nello stesso spazio funzionale.
Qui mi scatta la noia: servono molti più tecnicismi per lavorare con funzioni complesse in ambito differenziale e, per me, sono cose massimamente noiose.
Quando seguo un seminario su queste cose (è capitato un po' di volte, con roba tipo teoria KAM), mi trovo sbattuto in un'altra Matematica: praticamente non si vedono più le equazioni, si vedono solamente numerini che servono come frequenze per costruire serie di Fourier et similia (forse...) che non si sa da dove escan fuori; si deve stimare quanto è grande l'insieme dei numerini "buoni"; quante dimensioni ha; come si ramifica... Tutto questo per tentare di dimostrare l'esistenza di una soluzione, che non si può fare "direttamente" dall'equazione e spesso non salta fuori nemmeno.
(D'altra parte, l'Analisi Complessa torna molto utile in ambito Geometrico, dove si ha a che fare con mappe molto regolari... Ma questa è un'altra storia

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* Qui "la maggior parte" è inteso in un senso molto generalizzato, di natura topologica, e non c'entra (quasi) nulla la cardinalità.
** Di funzioni continue in [tex]$\mathbb{R}$[/tex] ma non derivabili in nessun punto esistono esempi classici (dovuti a Weierstrass e Van der Waerden).
*** EDIT: piccole modifiche qui e là.
"gugo82":
(D'altra parte, l'Analisi Complessa torna molto utile in ambito Geometrico, dove si ha a che fare con mappe molto regolari...)
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* Qui "la maggior parte" è inteso in un senso molto generalizzato, di natura topologica, e non c'entra (quasi) nulla la cardinalità.
** Di funzioni continue in [tex]$\mathbb{R}$[/tex] ma non derivabili in nessun punto esistono esempi classici (dovuti a Weierstrass e Van der Waerden).
Piu' o meno ho capito e ti ringrazio per l'esauriente risposta!

(*) Ho capito cosa intendi: ha a che fare con il teorema di Baire nello spazio delle funzioni continue.
"NightKnight":
Piu' o meno ho capito e ti ringrazio per l'esauriente risposta!
Prego.
"NightKnight":
[quote="gugo82"]* Qui "la maggior parte" è inteso in un senso molto generalizzato, di natura topologica, e non c'entra (quasi) nulla la cardinalità.
(*) Ho capito cosa intendi: ha a che fare con il teorema di Baire nello spazio delle funzioni continue.[/quote]
Esattamente.
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