Dubbi sulla regola della catena

singularity
Vi riporto testo e svolgimento di un esercizio:

Sia $f(x,y)=(g_1 (x^2 + cos(xy), 3y^2 - sin(x^2y)) , g_2 (x, phi (x,y)) , g_3 ( phi (x,y) - 1, y+1 ) )$

supponiamo di voler calcolare la Jacobiana di $f$ in $(0,0)$ sapendo che:
$ g in C^1 (R^2,R^3)$ , $phi in C^1(R^2,R)$.

Nel testo sono inoltre dati i valori di $phi(0,0)$ , $grad phi(0,0)$ e $Jg(0,1)$ , utili ad esplicitare $Jf(0,0)$, ma che non riporto poiché non c'entrano col mio dubbio

Svolgimento:

Prima di tutto osserviamo che deve essere $f in C^1(R^2,R^3)$ in quanto $f$ è composizione di funzioni di classe $C^1$ , ha quindi senso calcolare la sua Jacobiana.

Calcoliamo ad esempio la derivata di $f_3 (x,y) = g_3 (phi(x,y)-1,y+1)$ rispetto a x.

Poniamo $u(x,y):= phi(x,y)-1$ e $v(x,y):=y+1$ e partiamo ad applicare pedissequamente la regola della catena, secondo cui:

$(partial f_3(x,y))/(partial x) = (partial g_3(u(x,y),v(x,y)))/(partial u)(partial u(x,y))/(partial x) + (partial g_3(u(x,y),v(x,y)))/(partial v) (partial v(x,y))/(partial x)$

Inseriamo dentro i valori numerici, ci accorgiamo che i dati del testo sono proprio quelli che ci servono per esplicitare queste derivate e siamo tutti contenti.

Il problema è questo: durante questa operazione:

$(partial g_3(u(x,y),v(x,y)))/(partial u)$ viene trattato a tutti gli effetti come $(partial g_3(x,y))/(partial x)$

Intuitivamente è ok, me la immagino come la derivata di $g_3$ rispetto alla prima entrata, ma mi chiedo:

E' corretto dire che $(partial g_3(u(x,y),v(x,y)))/(partial u) = (partial g_3(x,y))/(partial x)$ ?

Anzi, mi chiedo proprio se abbia senso scrivere $(partial g_3(u(x,y),v(x,y)))/(partial u)$.

Spero si sia capito il mio dubbio e vi ringrazio in anticipo per le risposte.

Risposte
seb1
Non si è capito. :-D
$u\ne x\implies (partial g_3(u(x,y),v(x,y)))/(partial u)\ne(partial g_3(x,y))/(partial x)$.
Se intendi che derivando rispetto a funzioni tratti tali funzioni come variabili, certamente.

dissonance
È un po' una limitazione della notazione di Leibniz ([ot]della quale sono però un fan[/ot]). Una notazione più moderna sarebbe $D_1 g_3(u(x,y), v(x, y)$ , per specificare che stai derivando rispetto alla prima variabile di \(g\), e così ti togli dalla confusione di usare lo stesso simbolo per la variabile indipendente e per la variabile rispetto a cui derivi.

(Però alla fine conviene usare la notazione di Leibniz. Dopo essere cascato in questa trappola una decina di volte sviluppi un sesto senso che ti permette di fare quadrare i conti nel maneggiare le derivate).

singularity
Anzitutto grazie per le risposte. Le mie domande però erano queste:

Dato che la definizione di derivata parziale è quella di derivata lungo una direzione $v$ (un vettore), in cui $v=e_i$ cosa significa esattamente derivare rispetto a $u(x,y)$?

Una volta risolto il problema di cosa significa, perché nello svolgimento dell'esercizio di cui sopra, per esplicitare la derivata di $f_3$ rispetto a $x$, la cui espressione è

$(∂f_3(x,y))/(∂x)=(∂g_3(u(x,y),v(x,y)))/(∂u) (∂u(x,y))/(∂x) (∂g_3(u(x,y),v(x,y)))/(∂v) (∂v(x,y))/(∂x)$

al valore $(∂g_3(u(x,y),v(x,y)))/(∂u)$ viene sostituito quello di $(∂g_3(x,y))/(∂x)$ ? (Che è dato nel testo poichè è data la Jacobiana di $g$)

dissonance
La risposta è semplice: si tratta di notazioni. Data la funzione
\[\tag{1} f(x, y)=g(u(x, y), v(x, y)),\]
uno usa la notazione di Leibniz
\[
\frac{\partial g}{\partial u}
\]
per indicare la derivata di \(g\) rispetto alla prima variabile. Come dicevo, una notazione più moderna sarebbe \(D_1 g\), ma è meno comoda nella pratica. Nella pratica, infatti, uno usa spesso scrivere la (1) nella forma seguente:
\[
\begin{cases}
f(x, y) = g(u, v) \\
u=u(x, y) \\
v=v(x,y)
\end{cases}\]
e così facendo la regola della catena assume la forma compatta
\[\frac{\partial f}{\partial x} = \frac{\partial g}{\partial u}\frac{\partial u}{\partial x} + \frac{\partial g}{\partial v}\frac{\partial v}{\partial x}.\]

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