Differenziale ed Operatori lineari
Buonasera a tutti,
io vorrei porre un quesito su quella che a me pare un ambiguità presente in molti testi, e portata avanti anche da altrettanti docenti.
Dunque per definizione si afferma che data una funzione, diciamo $f:\R^n\to \R^m$ allora essa si dice differenziabile in un punto del suo dominio $x_0$ se esiste un operatore lineare $T_{x_0}$ tale per cui $f(x_0+h)-f(x_0)=T_{x_0}(h)+o(||h||)$ .
Tale operatore se esiste è unico e prende il nome di differenziale, tant'è che spesso viene indicato con $df(x_0)$.
Ed è qui che vorrei approfondire.
Partiamo da una funzione di una variabile, quindi $f:\R\to \R$ allora la differenziabilità equivale alla derivabilità e tutti sappiamo valere la prima formula dell'incremento finito che afferma che $f(x_0+h)-f(x_0)=f'(x_0)h+o(h)$ in questo caso i testi definiscono differenziale $df(x_0)=f'(x_0)h$ quindi in sostanza il differenziale parrebbe essere l'operatore lineare $T(h)$, infatti gli operatori lineari in $\R$ sono le rette omogenee, e tutto torna.
Tuttavia una volta passati al caso generico il differenziale viene identificato con la matrice jacobiana della funzione, cioè $J_{f}(x_0)=df(x_0)$ in questo caso il differenziale diventa una matrice $m\times n$ ; ed è qui che mi pare nasca un ambiguità, perché la matrice jacobiana dovrebbe semplicemente essere la matrice rappresentativa, rispetto alla base scelta, dell'operatore lineare $T$; ma l'operatore lineare in se dovrebbe essere dato dal prodotto $J_{f}(x_0)*h$ dove $h$ in questo caso sarà un vettore colonna con $n$ righe quindi il differenziale dovrebbe essere uguale a tale prodotto (cioè dovrebbe essere un vettore colonna con $m$ righe) e non uguale alla sola matrice jacobiana, perché se così non fosse e cioè $df=J$ allora nel caso $m=1$ ed $ n=1$ otterremmo che $df(x_0)=f'(x_0)$ che non è un operatore lineare, ma è una costante; quindi secondo me qualcosa non quadra.
Quindi chi è giusto che sia $df$? sto forse facendo qualche importante errore di concetto che non vedo?
Questa è la mia personale riflessione, a voi la palla.
io vorrei porre un quesito su quella che a me pare un ambiguità presente in molti testi, e portata avanti anche da altrettanti docenti.
Dunque per definizione si afferma che data una funzione, diciamo $f:\R^n\to \R^m$ allora essa si dice differenziabile in un punto del suo dominio $x_0$ se esiste un operatore lineare $T_{x_0}$ tale per cui $f(x_0+h)-f(x_0)=T_{x_0}(h)+o(||h||)$ .
Tale operatore se esiste è unico e prende il nome di differenziale, tant'è che spesso viene indicato con $df(x_0)$.
Ed è qui che vorrei approfondire.
Partiamo da una funzione di una variabile, quindi $f:\R\to \R$ allora la differenziabilità equivale alla derivabilità e tutti sappiamo valere la prima formula dell'incremento finito che afferma che $f(x_0+h)-f(x_0)=f'(x_0)h+o(h)$ in questo caso i testi definiscono differenziale $df(x_0)=f'(x_0)h$ quindi in sostanza il differenziale parrebbe essere l'operatore lineare $T(h)$, infatti gli operatori lineari in $\R$ sono le rette omogenee, e tutto torna.
Tuttavia una volta passati al caso generico il differenziale viene identificato con la matrice jacobiana della funzione, cioè $J_{f}(x_0)=df(x_0)$ in questo caso il differenziale diventa una matrice $m\times n$ ; ed è qui che mi pare nasca un ambiguità, perché la matrice jacobiana dovrebbe semplicemente essere la matrice rappresentativa, rispetto alla base scelta, dell'operatore lineare $T$; ma l'operatore lineare in se dovrebbe essere dato dal prodotto $J_{f}(x_0)*h$ dove $h$ in questo caso sarà un vettore colonna con $n$ righe quindi il differenziale dovrebbe essere uguale a tale prodotto (cioè dovrebbe essere un vettore colonna con $m$ righe) e non uguale alla sola matrice jacobiana, perché se così non fosse e cioè $df=J$ allora nel caso $m=1$ ed $ n=1$ otterremmo che $df(x_0)=f'(x_0)$ che non è un operatore lineare, ma è una costante; quindi secondo me qualcosa non quadra.
Quindi chi è giusto che sia $df$? sto forse facendo qualche importante errore di concetto che non vedo?
Questa è la mia personale riflessione, a voi la palla.
Risposte
La risposta è strasuperovvia.
Il differenziale è un operatore lineare. Lo jacobiano ne è la matrice di rappresentazione rispetto alle basi canoniche.
Mi preoccupa se ci sono libri e prof (di analisi, eh, non dei fisici magari) che fanno confusione.
Il differenziale è un operatore lineare. Lo jacobiano ne è la matrice di rappresentazione rispetto alle basi canoniche.
Mi preoccupa se ci sono libri e prof (di analisi, eh, non dei fisici magari) che fanno confusione.
Quindi il differenziale dovrebbe essere :
$$
df(x_0)=J_{f}(x_0)\cdot h
$$
è corretto ?
$$
df(x_0)=J_{f}(x_0)\cdot h
$$
è corretto ?
Noooooooooooo
Quello che tu hai scritto è il valore del differenziale nel punto $h$.
Il differenziale è questa funzione (lineare), definita usando la sua rappresentazione mediante le basi canoniche:
\[ h \mapsto J_{f}(x_0)\cdot h \]
Ovvero:
\[ df(x_0)(h) = J_{f}(x_0)\cdot h \]
Insomma, stesso "errore" che si fa quando si dice: sia $f(x)$ una/la funzione...

Quello che tu hai scritto è il valore del differenziale nel punto $h$.
Il differenziale è questa funzione (lineare), definita usando la sua rappresentazione mediante le basi canoniche:
\[ h \mapsto J_{f}(x_0)\cdot h \]
Ovvero:
\[ df(x_0)(h) = J_{f}(x_0)\cdot h \]
Insomma, stesso "errore" che si fa quando si dice: sia $f(x)$ una/la funzione...

allora non è vero che il differenziale di una funzione di una variabile è $df(x_0)=f'(x_0)h$ ! giusto?
"Bossmer":
allora non è vero che il differenziale di una funzione di una variabile è $df(x_0)=f'(x_0)h$ ! giusto?
Ovvio che no, la scrittura a destra ci dice quanto vale il differenziale nel punto $h$.
Se è vero che spesso non si sta a sottilizzare e si parla della "funzione $f(x)$", cosa che personalmente non faccio, ma tollero, mi sembra davvero inaccettabile la scrittura da te riportata.
Cioè, se uno mi dicesse che il differenziale $f$ in $x_0$ è $f'(x_0)h$, non mi straccerei le vesti (rientra nello stesso tipo di abuso di notazioni, così frequentemente usato).
Ma se uno mi dice o mi scrive $df(x_0)=f'(x_0)h$, questo mi dà (molto) fastidio. Perché non c'è motivo per non usare una scrittura corretta: $df(x_0)(h)=f'(x_0)h$.
Oh! grazie! e una cosa è chiarita per sempre!
Adesso vorrei chiarire un altro dettaglio allora. Scrivere $df(x_0)=J_{f}(x_0)$ è un abuso di notazione giusto???
Adesso vorrei chiarire un altro dettaglio allora. Scrivere $df(x_0)=J_{f}(x_0)$ è un abuso di notazione giusto???
"Bossmer":
Oh! grazie! e una cosa è chiarita per sempre!
Solo un diamante è per sempre
"Bossmer":
Adesso vorrei chiarire un altro dettaglio allora. Scrivere $df(x_0)=J_{f}(x_0)$ è un abuso di notazione giusto???
Certo.
A sinitra abbiamo un operatore lineare, a destra una matrice.
Diciamo che ci si capisce, tra persone svezzate, ma eviterei questo abuso. Finché si lavora nel piattume di $R^n$, si può dare per scontato che (come dicevo qualche post fa) stiamo usando le basi canoniche... Ma se lavoriamo con varietà, le cui carte locali starnazzano, può essere che le basi che scelgo io son diverse da quelle che scegli tu. Diciamo che abbiamo degli jacobiani personalizzati. Mentre la $df$ è la stessa sia per te che per me.
"Fioravante Patrone":
Solo un diamante è per sempre.
Nemmeno un diamante è per sempre


Oooh Direi che ci siamo! Adesso tutto torna!
Per finire, quale sarebbe la notazione corretta per indicare il legame fra un operatore lineare(tipo il differenziale) e la sua matrice rappresentativa?
"Bossmer":
[quote="Fioravante Patrone"]
Solo un diamante è per sempre.
Nemmeno un diamante è per sempre


Diavolo! Mi vuoi dire che la pubblicità mente?
"Bossmer":
Per finire, quale sarebbe la notazione corretta per indicare il legame fra un operatore lineare(tipo il differenziale) e la sua matrice rappresentativa?
Siano $V, W$ spazi vettoriali (di dimensione finita su $R$, per farla breve, e aggiungiamo che le dimensioni siano rispettivamente $n$ ed $m$) e sia $L:V -> W$ operatore lineare.
Siano $R, S$ basi ordinate(*) rispettivamente di $V$ e $W$ e sia $M$ la matrice di rappresentazione di $L$ rispetto a queste due basi.
Allora, per ogni $v \in V$:
$L(v)$ è il vettore di $W$ le cui coordinate rispetto a $S$ sono date da $M \cdot E$ ($\cdot$ indica ovviamente il prodotto righe per colonne), dove $E$ è la matrice n*1 le cui celle sono le coordinate di $v$ rispetto alla base $R$
(*) ordinate sennò la matrice $M$ cambia (permutazioni di righe e colonne) a seconda di come elenchiamo gli elementi di $R$ ed $S$
Non so se ho risposto alla tua domanda... E' che non è solo una questione di notazioni. Bisogna fissare per bene i paletti. Diciamo che $L(v) = M \cdot E$, con tutte le precisazioni fatte sopra.
PS: se mi posso permettere, potrebbe essere utile fare un paio di esempi. Primo: prendere una semplice applicazione lineare da $R^2$ in $R^2$ e vedere cosa succede se si prendono due basi (diverse) non canoniche. Secondo: prendere come V i polinomi di grado minore o uguale a due, W quelli di grado minore o uguale a 1, $L$ l'operazione di derivazione. Vedere un po' cosa succede prendendo basi "ragionevoli" su $V$ e $W$
"Fioravante Patrone":
[quote="Bossmer"][quote="Fioravante Patrone"]
Solo un diamante è per sempre.
Nemmeno un diamante è per sempre


Diavolo! Mi vuoi dire che la pubblicità mente? [/quote]
E già fra milioni di anni tutti i diamanti che gelosamente conservi li potrai al massimo temperare ed usare come matite

"Fioravante Patrone":
$L(v)$ è il vettore di $W$ le cui coordinate rispetto a $S$ sono date da $M \cdot V$ ($\cdot$ indica ovviamente il prodotto righe per colonne), dove $V$ è la matrice n*1 le cui celle sono le coordinate di $V$ rispetto alla base $R$
[...]
Non so se ho risposto alla tua domanda... E' che non è solo una questione di notazioni. Bisogna fissare per bene i paletti. Diciamo che $L(v) = M \cdot V$, con tutte le precisazioni fatte sopra.
Non vorrei sbagliare ma tutte le $V$ che hai scritto in queste righe non dovrebbero essere $v$ ?
Comunque adesso provo a figurarmi gli esempi che mi hai suggerito e vedo se mi tornano le cose.
"Bossmer":
Per finire, quale sarebbe la notazione corretta per indicare il legame fra un operatore lineare(tipo il differenziale) e la sua matrice rappresentativa?
Se ne vedono di diverse, tra le più diffuse (se $T: V \to W$ è l'applicazione lineare,e \(\mathcal{B}\) e \(\mathcal{C}\) le basi su $V$ e $W$):
\[[T]_\mathcal{B}^\mathcal{C} \quad \mathscr{M}_\mathcal{B}^\mathcal{C}(T)\]
oppure quando la scelta delle basi è chiara:
\[[T] \quad \mathscr{M}(T) \quad A_T \quad M_T\]
però non c'è uno standard e, data la pesantezza delle notazioni, spesso si tralascia la scelta delle basi ove non è indispensabile.
EDIT:
Per essere più formali si potrebbero introdurre gli isomorfismi standard \([\cdot]_A: V \to \mathbb{R}^n\), \([\cdot]_B: W \to \mathbb{R}^m\) e \([\cdot]_A^B: L(V,W) \to M_{n\times m}( \mathbb{R})\) dove $A$ e $B$ sono basi degli spazi e si potrebbe scrivere l'equazione "astratta":
\[T(v) = w\]
quella "concreta"
\[[T]_A^B [v]_A = [w]_B\]
e quella che le collega:
\[[T(v)]_B = [T]_A^B [v]_A \quad \text{ovvero} \quad T(v) = [[T]_A^B [v]_A]_B^{-1}\]
Tralasciando le basi avresti:
\[T(v) = [[T][v]]^{-1}\]
"Bossmer":
...
[quote="Fioravante Patrone"]
$L(v)$ è il vettore di $W$ le cui coordinate rispetto a $S$ sono date da $M \cdot V$ ($\cdot$ indica ovviamente il prodotto righe per colonne), dove $V$ è la matrice n*1 le cui celle sono le coordinate di $V$ rispetto alla base $R$
[...]
Non so se ho risposto alla tua domanda... E' che non è solo una questione di notazioni. Bisogna fissare per bene i paletti. Diciamo che $L(v) = M \cdot V$, con tutte le precisazioni fatte sopra.
Non vorrei sbagliare ma tutte le $V$ che hai scritto in queste righe non dovrebbero essere $v$ ?
...
[/quote]
Ho corretto, avevo fatto due errori:
- avevo scritto una "V" al posto di "v"
- usavo la stessa lettera per lo spazio vettoriale V e per la matrice n*1 V, il che non è per niente bello... Ho corretto chiamando "E" la matrice n*1