Derivata funzione pari

alBABInetto
Ho un dubbio come da titolo

Leggo che: sia f(x) pari allora

(1) $d/(dx)f(-x)=d/(dx)f(x)=f'(x)$ per parità

(2) tuttavia vale che $d/(dx)f(-x)=-f'(-x)$ per derivazione funzione composta

mettendo assieme: $f'(x)=-f'(-x)$ che è la definizione di funzione dispari (derivata prima)

Tuttavia qualcosa non mi torna infatti mi sembra applicare un "magheggio" errato, per derivazione della funzione composta avrei in (2):

$d/(dx)f(-x)$ chiamo $-x=y$ e quindi: $d/(dy)f(y)*d/(dx)y=d/(dy)f(y)*d/(dx)(-x)=-d/(dy)f(y)$ quindi quella che prima chiamavo -f'(-x) in realtà è $-d/(dy)f(y)=-g'(-x)$ perché non è la stessa f' trovata in (1) qui sto derivando f per dy, dovrei chiamarla g' (cioè con nome diverso) avendo derivato per dy e non per dx.
Insomma avrei $f'(x)=-g'(-x)$ e non come vorrei $f'(x)=-f'(-x)$.

Non capisco cosa sbaglio. Qualche aiuto?

Grazie :)

Risposte
Lebesgue
ti direi che in generale la derivata di una funzione pari (non costante) è dispari, così come l'integrale di una funzione dispari è pari.
Per esempio, prendiamo $f(x)=x^2$, il più banale esempio di funzione pari non costante, allora $f'(x)=x$ che è dispari.
Inoltre vale che $f(-x)=(-x)^2$ e si ha $f'(-x)=\frac{d}{dx} (-x)^2 =-2x=-f'(x)$.

Per farlo formalmente, sia $f$ pari e usiamo la definizione di derivata:
$f'(x)=\lim_{h\to 0} \frac{f(x+h)-f(x)}{h} $
Allora
$f'(-x)=\lim_{h\to 0} \frac{f(-x+h)-f(-x)}{h}$
Poniamo ora $k=-h$ e ho che:
$f'(-x)=\lim_{k\to 0} \frac{f(-x-k)-f(-x)}{-k}$
essendo $f$ pari, ho che:
$=-\frac{f(x+k)-f(x)}{k}=-f'(x)$

Bokonon
Che casinaro!
In generale $(df(-x))/dx=f'(-x)*(-1)=-f'(-x)$
Ma se la funzione è pari allora $(df(-x))/dx=(df(x))/dx$, ergo $(df(x))/dx=-f'(x)$
Anche dal punto di vista geometrico, se tracci le rette tangenti nei punti $(+-a,+-f(a))$ puoi facilmente renderti conto che, per una funzione pari, i coefficienti angolari, in valore assoluto, sono identici.

Va da se che la derivata di una funzione pari deve essere una funzione dispari (a meno del caso banale).

alBABInetto
Sì, esatto. Di fatto ho capito la faccenda ma non mi ritrovo in alcune considerazioni, probabilmente mi rendo conto che la non comprensione mi sorga su qualche dubbio sulla derivata composta. Vediamo se riesco a farmi capire.

La regola della catena ci dice che data $f(g(x))$ e chiamando $g(x)=y$ allora si svolge

$(df)/(dy)*(dy)/(dx)$ la notazione scritta sottointende la dimostrazione con i rapporti incrementali ma la uso per semplificare la domanda.

Ora poniamo il caso particolare e semplice di $f(g(x)):=3x^2$, in particolare $f(y)=3y$ e $y=x^2$ (certo era piu facile trattare 3 come costante, ma trattiamola come composizione: $3(x^2)$)

Se io svolgo $(df(t))/(dt)$ con $t in RR$ è evidente che ho la derivata di $Df(t)=D(3t)$ che è $f'(t)=3$ (**), molto bene.
Se ora affronto $(df(y))/(dy)$ è evidente che $y=x^2$ non essendo suriettiva ha $y in RR^+$

Ergo, se io svolgo la derivata $(df(y))/(dy)$, ossia la derivata di $3y$ come faccio a dire che sicuramente è $f'(y)=f'(t)$ trovata in (**).
Se rileggi il primo messaggi ti accorgerai che il mio dubbio è nel chiamare f' allo stesso modo quando sto derivando la funzione più esterna, di fatto mi sembra sbaglaito chiamarla f' io la chiamerei g' (cioè un nome a caso diverso da f') dato che il dominio di essa non sempre è tutto R come la funzione originale f(t)!

Spero di aver chiarito meglio :)

EDITO: visto ora l'aggiunta di bokonon, avevo scritto il messaggio per la prima risposta. Ma credo questo chiarimento aggiuntivo possa aiutare anche bokonon a rispondermi sul dubbio.

Vi ringrazio assai!

alBABInetto
@bokonon: si confermo, ho riletto il tuo messaggio ed è proprio quello che ho fatto al punto 1 e 2 (a parte un typo sul segno che mi sembra di vedere). Ma il dubbio non è lì, è nella parte seconda del primo messaggio come ho cercato di spiegare nella mia aggiunta qui sopra.

Lebesgue
"alBABInetto":

Ergo, se io svolgo la derivata $(df(y))/(dy)$, ossia la derivata di $3y$ come faccio a dire che sicuramente è $f'(y)=f'(t)$ trovata in (**).


Mmm non capisco il tuo dubbio.. hai semplicemente fatto un cambio di variabile, perché dovresti stare ottenendo qualcosa di diverso?
Conta che la derivata è definita come un limite, e nei limiti i cambi di variabile mi pare non ti creino particolari dubbi

alBABInetto
Usiamo l'esempio concreto:

Se ora affronto $(df(y))/(dy)$ è evidente che $y=x^2$ non essendo suriettiva ha $y in RR^+$


(usando la notazione e i nomi da me dati nel messaggio precedente)
Perché rispetto a f(t) con t che "corre" in R, y "corre" in R+. Domini diversi! Questa cosa mi crea dubbi sull'avere e chiamare nello stesso modo la derivata ottenuta.

Bokonon
"alBABInetto":

Ora poniamo il caso particolare e semplice di $f(g(x)):=3x^2$, in particolare $f(y)=3y$ e $y=x^2$ (certo era piu facile trattare 3 come costante, ma trattiamola come composizione: $3(x^2)$)

Secondo me ti incasini proprio con i cambi di variabile.
Se scrivi $f(y)=3y$ e $y=x^2$ allora $f(x)=3x^2$ e non $f[g(x))]=3x^2$

alBABInetto
Non dovrebbe essere
chiamo: fog=h
$f(y)=3y ∧ g(x)=y=x^2 => f(g(x))=h(x)=3x^2$?

*************

Tuttavia il mio errore non mi sembra soggiacere qui, perché quello che mi turba è piuttosto scrivere:

$(df(y))/(dy)=f'(y)$ in quanto $y in RR^+$ e a me di fatto sembra diverso dalla derivata: sia $t in RR$ $(df(t))/(dt)$ questa sì è $f'(t)$.
In brutta maniera per farmi capire $(df(y))/(dy)=(df(x^2))/(dx^2)!=(df(t))/(dt)$[nota]è una bruttura lo so, ma non so come rendere in modo migliore graficamente il punto dubbio, dato che a parole pare che non ci sono riuscito :oops:[/nota] nel nostro esempio di $3x^2$, rileggendo il mio secondo post in questa ottica forse è più chiaro quel che dicevo.

Bokonon
Sono solo lettere, tant'è che dovrai abituarti a non vedere (spesso e volentieri) cambi di variabili nei passaggi...bensì usare solo X.
Se preferisci, allora $f[y(x)]=3y(x)$ e $y(x)=x^2$ allora $f[y(x)]=h(x)=3x^2$
Dove $ f@y=h $

Il fatto di omettere le variabili per semplificare le scritture è anche una pratica comune.
Diventa deleteria IMHO quando le variabili saranno più di una.
Se ti crea confusione, tienile sempre.

alBABInetto
Esatto, ma non capisco come questo risolva il mio dubbio :-D è esattamente quello che ho scritto sopra gli asterischi.

Il mio dubbio, ripeto, credo sia sul dominio e il fatto che "derivo" (ripeto non so come spiegare meglio a parole) per $dx^2$, cioè insomma $x^2$ mi garantisce di essere SOLO in $RR^+$ e non in $RR$ (ciò si ripercuote sulla y che appunto è in R+), quindi la sua derivata è una funzione per lo meno con dominio diverso. Non posso richiamarla f'.


Bokonon
Ripartiamo daccapo. Abbiamo $f(y)=3y$ e diciamo che la $y in RR$, quindi l'immagine $f(y) in RR$.
Questo è vero se $y$ è una variabile indipendente.
Adesso ti dico No, non è così. $y$ dipende da un'altra variabile $x$ secondo la legge $y(x)=x^2$
Ovviamente assumo lo stesso campo per la $x in RR$. Questo implica che $y(x)>=0$ e di conseguenza anche la funzione composta $f[y(x)]>=0$. Abbiamo appena scoperto che la funzione composta dipende da $x$ e che la prima applicazione ha ristretto il codominio...che a sua volta diverrà il dominio della seconda applicazione.
$Y: (-oo,+oo) -> [0,+oo)$ e $F: [0,+oo) -> [0,+oo)$ infine $F@Y: (-oo,+oo) -> [0,+oo)$

Qual è il problema quindi? E soprattutto perchè scrivere una cosa raccapricciante come $(d f(x^2))/(dx^2)$?
La derivata è rispetto sempre ad una variabile.
$f(y)$ dipende da $y$, lapalissiano. Possiamo derivare rispetto ad $y$ e scrivere (correttamente) $(d(3y))/dy=3$.
$y(x)$ dipende da $x$. Possiamo derivare rispetto ad $x$ e scrivere $(d(x^2))/dx=2x$.
Ora, poichè abbiamo composto due funzioni, sappiamo che, in ultima analisi, $f[y(x)]=h(x)=3x^2$
Quindi $(d(3x^2))/dx=6x$

E se volessimo derivare $f[y(x)]$ direttamente rispetto a $x$? (Visto che alla fine dipende effettivamente da $x$).
Abbiamo scoperto la regola per la derivazione composta ovvero $(df)/dx=(d(3y))/dy*(d(3x^2))/dx=3*2x=6x$

Io non ho ancora capito dove ti intoppi :?

alBABInetto
E soprattutto perchè scrivere una cosa raccapricciante come $(d f(x^2))/(dx^2)$?


Per questo ho messo le mani avanti e ho detto che era un abuso di notazione (errato) ma per far capire il punto :-D, e mi sembra essere stato utile in quanto hai capito quello che intendevo[nota]prima battevi su un punto che non era il dubbio in sé, probabilmente per colpa mia che non mi ero spiegato egregiamente[/nota]: ha un dominio ristretto ai reali positivi.

Quello che hai scritto mi torna esattamente tutto, il punto però è questo: quando derivo una $f(t)$ con $t in RR$ è una una cosa.
Non capisco perché derivando $f(y)$ dove questa volta y è in R+ mi garantisca di ottenere la medesima derivata, ossia la medesima f' (funzione) ottenuta derivando una funzione una variabile che corre in tutto R. Voglio dire, il dominio è diverso: è ristretto! In generale non è vero che ottengo la stessa derivata (quanto meno potrei ottenere la medesima legge di corrispondenza ma un dominio differente, quindi una funzione differente a tutti gli effetti).

EDIT: forse il dubbio posso rimaneggiarlo così: vogliamo derivare $(df(t))/(dt)$ con $t in RR$, solitamente posso trovare derivate di funzioni come funzioni note, la classica $D(x^2)=2x$, molto bene.
Cosa mi garantisce che, restringendo il dominio di f(t), ossia prendendo $t in A ⊆ RR$ e derivando per t, ottengo come derivata la stessa funzione nota precedente (ottenuta derivando con t in R), solo che con dominio ristretto a sua volta?
Di fatto vorrei dimostrare questo, direi...

Lebesgue
"alBABInetto":

EDIT: forse il dubbio posso rimaneggiarlo così: vogliamo derivare $(df(t))/(dt)$ con $t in RR$, solitamente posso trovare derivate di funzioni come funzioni note, la classica $D(x^2)=2x$, molto bene.
Cosa mi garantisce che, restringendo il dominio di f(t), ossia prendendo $t in A ⊆ RR$ e derivando per t, ottengo come derivata la stessa funzione nota precedente (ottenuta derivando con t in R), solo che con dominio ristretto a sua volta?
Di fatto vorrei dimostrare questo, direi...


Secondo me stai facendo un casino assurdo, tra domini, cambi di variabile e definizione di derivata.

Prendiamo l'esempio di partenza: $f(x)=3x^2$, la cui derivata è $f'(x)=6x$.
Se considero $y(x)=x^2$, allora posso scrivere $f(y(x))=3y(x)$.
Ora tu vuoi dire che se io faccio $d/(dx) f(y)= d/(dx) f(x)$
Abbiamo che $f'(x)=6x$ è una derivata definita per tutti gli $x\in\mathbb(R)$, mentre $f'(y)$ tu dici essere definita solo per gli $y\in\mathbb(R)^+$

Secondo me ti stai confondendo col fatto che $y$ dipende dalla $x$!
Nel senso, quando tu vai a derivare $d/(dx) f(y)$ non derivi solo la funzione $f$ rispetto la variabile $y$, ma anche la funzione $y$ rispetto la variabile $x$!
Infatti per chain rule: $d/(dx) f(y)= (df(y))/(dy) \cdot (dy)/(dx) $.
E quando vai a calcolare $y'(x)$, questa è bene definita per tutte le $x$ reali.
Nel senso, secondo me tu stai facendo una enorme confusione sul vedere la funzione $f$ una volta dipendente solo da $y$ e una volta dipendente solo da $x$, ignorando che $y(x)$ dipende anche lei dalla $x$.

In ogni caso, per rispondere alla tua domanda, secondo te la funzione $f(x)=x^2$ con $x\in (0,+\infty)$ -quindi restringendo appunto il dominio delle $x$- è ancora derivabile?
La risposta è ovviamente sì, perché se una funzione è derivabile in un insieme $A$ è sicuramente derivabile anche in tutti gli aperti contenuti in $A$.
Le derivate si comportano bene per restrizioni, per capirci.

alBABInetto
"Lebesgue":

Le derivate si comportano bene per restrizioni, per capirci.

Certo, e lo vedo bene con tutti gli esempi classici... ma io sto dicendo che: andrebbe dimostrata questa congettura. In fin dei conti vorrei quello, discutendone qui mi son reso conto che il dubbio ultimo partiva da qui.

Per il resto, non credo sia lì il punto, è ovvio che in $d/(dx) f(y)= (df(y))/(dy) \cdot (dy)/(dx) $ ho y che dipende da x.
Il punto è proprio che non mi va giù lo scrivere:
$d/(dx) f(y)= (df(y))/(dy) \cdot (dy)/(dx)=f'(y)(dy)/(dx)$ che specializzato nel nostro caso dell'esempio $3x^2$ è: $f'(y)(dy)/(dx)=f'(y)*(-1)$ (non ho sostiutito f'(y) solo per far capire meglio dove mi incastro), e perché non mi va giù quel f'(y)? Perché come dicevo è su un dominio ristetto in $RR^+$ rispetto alla derivata fondamentale "ricavata" per $f(t), t in RR$
Ad ogni modo comunque chiamarla f'(y) è fuorviante perché di fatto non è f'(t), ha un dominio per lo meno ristretto. Quindi non è vero che ottengo la stessa funzione: la funzione è tale anche con il suo dominio annesso, altrimenti ho due funzioni diverse.

Insomma, il punto è volermi dimostrare quella affermazione del mio edit precedente che hai riassunto in "si comporta bene la derivata per restrizioni".

Lebesgue
"alBABInetto":


Insomma, il punto è volermi dimostrare quella affermazione del mio edit precedente che hai riassunto in "si comporta bene la derivata per restrizioni".


Il punto chiave (che è una cosa profonda) è che il differenziale (che coincide con la derivata nel caso 1-dimensionale) è un operatore definito in maniera locale, non globale, per cui è letteralmente per definizione il motivo per cui si comporta bene con le restrizioni: è una roba locale :)

Inoltre, il tuo dubbio a mio parere nasce dal voler insistere ad usare un cambio di variabili nella chain rule, ed i cambi di variabili si sa essere robe molto delicate: se vai a vedere bene, in realtà ottieni la stessa cosa, sostanzialmente perchè (ripeto per l'ennesima volta), la funzione $y(x)=x^2$ è definita per ogni $x\in\mathbb(R)$.
Tuttavia, quando fai il cambio di variabile e "vedi" solo $y$, ti sembra che la cosa sia definita solo per gli $y\ge 0$, ma in realtà, tornando indietro in $x$, sono esattamente la stessa derivata.
sottolineo : tornando indietro in $x$, ovvero NON lasciando la derivata espressa rispetto ad $y$, ma tutto rispetto ad $x$.
Se ci pensi bene, anche con gli integrali, quando fai un cambio di variabile, poi alla fine ritorni nella variabile originaria per esprimere il risultato.

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