Definizione di differenziale [separato]
... non so se è la sezione adatta per fare osservazioni, ma negli appunti segnalati da Camillo non mi convince la definizione di differenziale.
Risposte
Da quanto vedo è quella standard.
Puoi dire esattamente cosa non ti convince?
Puoi dire esattamente cosa non ti convince?
Chiamare differenziale l'applicazione lineare $L$, dire cioè che: la derivata è il differenziale, il gradiente è il differenziale, lo Jacobiano è il differenziale ecc. ;
da Tonelli in avanti (e anche prima) il differenziale è: un'applicazione lineare per un infinitesimo, quindi formato da due cose.
Che l'esistenza dell'applicazione lineare implica la differenziabilità è una cosa, ma il differenziale è un'altra.
Per carità uno può anche chiamare la sedia, tavolo; ma le cose sono diverse.
da Tonelli in avanti (e anche prima) il differenziale è: un'applicazione lineare per un infinitesimo, quindi formato da due cose.
Che l'esistenza dell'applicazione lineare implica la differenziabilità è una cosa, ma il differenziale è un'altra.
Per carità uno può anche chiamare la sedia, tavolo; ma le cose sono diverse.
OK, vedo che è solo un tuo problema: sei rimasto a Tonelli. Bravissimo matematico, sia chiaro. Il suo "metodo diretto" mi piace.
Ma il differenziale è esattamente quello detto negli appunti. Una applicazione lineare.
Ma il differenziale è esattamente quello detto negli appunti. Una applicazione lineare.
Come era definito il differenziale prima dell'avvento delle applicazioni lineari ?
Ho cercato ma non ho trovato niente di soddisfacente...forse come $df=f'(x)dx $
Ho cercato ma non ho trovato niente di soddisfacente...forse come $df=f'(x)dx $

Che sia un'applicazione lineare, non ci piove. Per la definizione di differenziabilità, sì; per la definizione di differenziale, no. Non facciamo revisionismo matematico.
Lo so che sotto l'influsso dei 'barbari' anglosassoni tutto si è appiattito e si sta appiattendo, ma almeno rispettiamo la tradizione matematica italiana.
Con questo ho detto tutto e non spenderò più alcuna parola sull'argomento.
Lo so che sotto l'influsso dei 'barbari' anglosassoni tutto si è appiattito e si sta appiattendo, ma almeno rispettiamo la tradizione matematica italiana.
Con questo ho detto tutto e non spenderò più alcuna parola sull'argomento.
"GIBI":
Che sia un'applicazione lineare, non ci piove. Per la definizione di differenziabilità, sì; per la definizione di differenziale, no. Non facciamo revisionismo matematico.
Lo so che sotto l'influsso dei 'barbari' anglosassoni tutto si è appiattito e si sta appiattendo, ma almeno rispettiamo la tradizione matematica italiana.
Con questo ho detto tutto e non spenderò più alcuna parola sull'argomento.
Mi spiace, ma stai parlando di cose che non conosci.
E' da un bel po' che gli infinitesimi sono spariti dall'analisi matematica e dalla matematica tout court (tranne che per la cosiddetta analisi non standard, che si basa su modelli non standard dei numeri reali). Guarda, basterebbe persino (sic!) leggere l'incipit della voce che wikipedia dedica all'argomento "infinitesini".
Purtroppo non c'è verso di definirli in modo coerente, nell'ambito della matematica classica (e della logica dei predicati del secondo ordine, quella che viene usata nella "matematica di tutti i giorni"). E così i matematici sono stati obbligati a toglierli di mezzo. Non si usano più. Così come il flogisto, la teoria degli umori, la terra piatta...
"Wikipedia":
Gli infinitesimi davano però luogo a problemi logici e nel XIX secolo Augustin-Louis Cauchy e Karl Weierstrass rifondarono l'analisi matematica eliminandone ogni riferimento; derivate e integrali venivano così ad essere definiti come limiti e non come rapporti o somme di entità infinitesime.
Nella seconda metà del XX secolo gli infinitesimi sono stati recuperati, in una prospettiva rigorosa, da Abraham Robinson, nella formulazione di quella che lui chiamò analisi non standard.
Esprimiamo cordoglio per le famiglie degli infinitesimi e per chi ha avuto modo di creare legami affettivi con essi in vita.
Quindi, domando, in analisi si parla di infinitesimi solamente in dipendenza della presenza di un limite? (mi vengono in mente gli o-piccolo, ad esempio).
"... , la terra piatta... "
... grazie della risposta. Anche se ti parrà strano le cose che hai scritto le conoscevo.
Il problema è che a me occorre la Terra piatta. Come fare senza disturbare l'amico Abraham e non essere subissato dagli anatemi di quegli strani ceffi che la gente chiama matematici?
Boh, dovrò inventarmi qualcosa.
... grazie della risposta. Anche se ti parrà strano le cose che hai scritto le conoscevo.
Il problema è che a me occorre la Terra piatta. Come fare senza disturbare l'amico Abraham e non essere subissato dagli anatemi di quegli strani ceffi che la gente chiama matematici?
Boh, dovrò inventarmi qualcosa.
Comunque, col rischio di sbagliarmi, penso che da una parte abbia ragione GIBI. Non tanto riguardo agli infinitesimi, lì non obbietto poichè non mi considero abbastanza addetto ai lavori; mi riferisco al tono della conversazione, poichè speravo che lo spirito dell'innovatore fosse quello di "aggiornare", con spiegazioni corpose o comunque rimandandovi (Internet darà pure una mano) coloro che appartengono ad un modo di pensare "scorretto" dal punto di vista formale (formale nel vero senso hilbertiano); invece qui vedo quasi un emarginazione, che pare un pò imitare alcuni comportamenti religiosi, che io cerco di rifuggire proprio con la matematica. Parlo con una certa umiltà, quindi, non mi aspetto di vedere alzarsi un polverone, anzi, vorrei avere un effetto contrario.
ObServer, i predicozzi falli ad altri. Dai un'occhiata alla storia dei contributi di GIBI e miei, e magari capirai tante cose.
Sul merito, segnalo:
https://www.matematicamente.it/forum/chi ... t=standard
Sul merito, segnalo:
https://www.matematicamente.it/forum/chi ... t=standard
"Fioravante Patrone":
ObServer, i predicozzi falli ad altri. Dai un'occhiata alla storia dei contributi di GIBI e miei, e magari capirai tante cose.
Sul merito, segnalo:
https://www.matematicamente.it/forum/chi ... t=standard
Tra le tante cose avevo già letto quel thread, e sto cercando di farmi una cultura in materia; ho anche visitato il tuo sito e mi sono reso conto benissimo dei contributi che hai dato e dai in generale; però, non sono utilizzabili come "bonus" per trattare gli altri come ci pare e conviene. Tutto qui. Per quanto ho visto sull'argomento fino ad oggi, noto che hai anche ragione sulla questione degli infinitesimi, però questo modo di fare non mi pare sinceramente sano, e non si giustifica nè con un "cattivissimo" scritto sotto il nome utente, nè coi successi di una vita; resta la mia opinione, quindi, non interessa formalmente nessuno all'infuori di me. Chiudo con l'OT anche per rispetto all'OP, e perchè non voglio generare flame. Se non ti dispiace, in futuro ti risponderò in privato.
[mod="Steven"]Per evitare di intasare il topic delle dispense, che ha altra finalità, ho separato questa discussione.
Le dispense di Camillo cui GIBI fa riferimento sono qua
https://www.matematicamente.it/forum/topic-t53695.html
[/mod]
Le dispense di Camillo cui GIBI fa riferimento sono qua
https://www.matematicamente.it/forum/topic-t53695.html
[/mod]
"GIBI":
Chiamare differenziale l'applicazione lineare $L$, dire cioè che: la derivata è il differenziale, il gradiente è il differenziale, lo Jacobiano è il differenziale ecc. ;
da Tonelli in avanti (e anche prima) il differenziale è: un'applicazione lineare per un infinitesimo, quindi formato da due cose.
Chiamare differenziale l'applicazione lineare non vuole dire che la derivata è il differenziale (per rimanere al caso più semplice).
Infatti, se $f:RR \to RR$ è derivabile in $x$, il differenziale non è $f'(x)$, ma l'applicazione lineare
$L : RR \to RR$ definita da $L(h) = f'(x)\cdot h$.
Se poi vuoi pensare che $h$ sia un infinitesimo, liberissimo di farlo (ma $h$ è un qualsiasi numero reale).
Dal tuo intervento mi sembra che tu confonda un'applicazione lineare con una matrice (o forse sono io che non ho capito il tuo intervento).
Ottimo lavoro Steven.
Quanto a Rigel, non hai colto il senso dei miei rilievi (in verità un po' criptici e troppo informali), tuttavia l'intervento di FP ha compendiato benissimo il nocciolo della questione.
Quanto a Rigel, non hai colto il senso dei miei rilievi (in verità un po' criptici e troppo informali), tuttavia l'intervento di FP ha compendiato benissimo il nocciolo della questione.
Questa diversità di opinioni sull'uso degli infinitesimi in matematica, e soprattutto nelle definizioni, non cesserà mai. La cosa che mi colpisce è che non si tratta di opinioni... o meglio nella fattispecie non si può definire il differenziale come prodotto tra la derivata prima e un "infinitesimo", semplicemente perchè gli infinitesimi non sono definiti (almeno in contesto classico, come FP diceva). Abbiamo alle spalle più di 400 anni di analisi matematica e dobbiamo imparare dalla storia: quello che va colto in questa storia è che l'uso degli infinitesimi aiutano a capire, ma non a formalizzare i discorsi. E' poi anche un discorso di coerenza: perchè uno vuole a tutti i costi usare gli infinitesimi? allora già che ci siamo facciamo tutta la matematica come 400 anni fa...
... se eliminiamo gli infinitesimi come entità propria e li facciamo rientrare dalla finestra (cosa che si è sempre quasi fatto) come limite "potenziale" (una nuova entità) di variabili che tendono a zero: $lim_(x\to x_o) f(x)=0$, non c'è più alcuna disputa.
Lo so che non è la stessa cosa, ma almeno diamo in senso alle parole.
Lo so che non è la stessa cosa, ma almeno diamo in senso alle parole.
"GIBI":
Segnalo sull'argomento:
http://www.mat.uniroma1.it/people/troia ... 2_cap1.pdf
Grazie per aver citato questi appunti, dove si leggono le stesse cose di quelli (di Paola Trebeschi) citati da Camillo. D'altronde, mi avrebbe stupito non poco vedere Troianiello scrivere di "differenziale come prodotto tra la derivata prima e un "infinitesimo"", come dice Luca.Lussardi.
Intellegenti pauca.