Definizione di applicazione differenziabile
Sto avendo problemi con la definizione di applicazione differenziabile tra varietà. Secondo il Sernesi 2, pag. 178: "una applicazione $F:X\toY$ di varietà differenziabili si dice differenziabile se per ogni carta $(U, phi)$ in X e $(V, psi)$ in Y risulta che la composizione $psicircFcircphi^(-1)$ è differenziabile come applicazione di $phi(U)\toRR^m$. [$m$ è la dimensione di Y]".
E vabbé, ma
1) chi gli dice che quella composizione abbia senso? Dovremmo supporre che l'immagine mediante $F$ di $U$ vada a finire in $V$, giusto?
2) se aggiungiamo questa ipotesi ($F(U)\subV$), chi ci garantisce che esistano carte fatte così? Mi spiego meglio: lui parla di carte, ma non specifica in quali atlanti le devo andare a pescare. Forse devo usare l'atlante massimale di $Y$? O basta scegliere atlanti qualunque?
P.S.: Forse ho capito come dovrei procedere. Come la mette lui, io capisco che la differenziabilità sia una proprietà ottenuta da una applicazione dopo aver superato un test di differenziabilità dopo essere stata composta con tutte le carte. Questo mi confonde.
Invece, forse è meglio definire il tutto così: $F$ è differenziabile se per ogni punto $p\inX$ troviamo una carta $(U, phi)$ in $X$ (in un atlante qualsiasi, che è come dire nell'atlante massimale di $X$) e una carta $(V, psi)$ in $Y$, con $f(U)\subV$, tali che la mappa $psicircfcircphi^(-1):phi(U)\to psi(V)$ è differenziabile (nel senso classico del calculus). Va meglio?
E vabbé, ma
1) chi gli dice che quella composizione abbia senso? Dovremmo supporre che l'immagine mediante $F$ di $U$ vada a finire in $V$, giusto?
2) se aggiungiamo questa ipotesi ($F(U)\subV$), chi ci garantisce che esistano carte fatte così? Mi spiego meglio: lui parla di carte, ma non specifica in quali atlanti le devo andare a pescare. Forse devo usare l'atlante massimale di $Y$? O basta scegliere atlanti qualunque?
P.S.: Forse ho capito come dovrei procedere. Come la mette lui, io capisco che la differenziabilità sia una proprietà ottenuta da una applicazione dopo aver superato un test di differenziabilità dopo essere stata composta con tutte le carte. Questo mi confonde.
Invece, forse è meglio definire il tutto così: $F$ è differenziabile se per ogni punto $p\inX$ troviamo una carta $(U, phi)$ in $X$ (in un atlante qualsiasi, che è come dire nell'atlante massimale di $X$) e una carta $(V, psi)$ in $Y$, con $f(U)\subV$, tali che la mappa $psicircfcircphi^(-1):phi(U)\to psi(V)$ è differenziabile (nel senso classico del calculus). Va meglio?
Risposte
Magari è più facile guardare direttamente ad un esercizio. Chiamo $X$ la varietà differenziabile $RR$ definita dall'atlante $A={(RR, t^3)}$, $Y$ invece è $RR$ con la struttura di varietà differenziabile ordinaria (un atlante è ${(RR, "id")}$). Voglio dimostrare che $X$ e $Y$ sono diffeomorfe.
E qua si vede se ho capito bene: infatti io direi che è proprio l'applicazione $f:X\toY$, $t\mapstot^3$ ad essere un diffeomorfismo. Infatti è invertibile e differenziabile nei due versi. Verifichiamolo: presa la carta in $X$ $(RR, t^3)$, quella in $Y$ $(RR, "id")$, componiamo: $"id"circfcirc(cdot^3)^(-1)$ e otteniamo l'identità che è differenziabile. Ora prendiamo $f^(-1):Y\toX$. Scegliamo sempre le stesse carte: otteniamo nuovamente l'identità, e quindi anche $f^(-1)$ è differenziabile in ogni punto. Segue che $f$ è un diffeomorfismo $X\toY$. Se qualcuno ha un istante di pazienza mi potrebbe dire se va bene?
E qua si vede se ho capito bene: infatti io direi che è proprio l'applicazione $f:X\toY$, $t\mapstot^3$ ad essere un diffeomorfismo. Infatti è invertibile e differenziabile nei due versi. Verifichiamolo: presa la carta in $X$ $(RR, t^3)$, quella in $Y$ $(RR, "id")$, componiamo: $"id"circfcirc(cdot^3)^(-1)$ e otteniamo l'identità che è differenziabile. Ora prendiamo $f^(-1):Y\toX$. Scegliamo sempre le stesse carte: otteniamo nuovamente l'identità, e quindi anche $f^(-1)$ è differenziabile in ogni punto. Segue che $f$ è un diffeomorfismo $X\toY$. Se qualcuno ha un istante di pazienza mi potrebbe dire se va bene?
Vabbé, mi rendo conto di aver fatto confusione. Provo a mettere la cosa in maniera più diretta: se $M$, $M'$ sono varietà differenziabili (reali) e $f:M\toM'$, che significa dire che $f$ è differenziabile?
Purtroppo non ho il tempo e forse le capacità per rispondere ai tuoi dubbi, in compenso ti riporto la definizione che trovo sulle dispense di un corso di geometria riemanniana, che mi pare sia molto simile a quella che hai proposto nel tuo primo messaggio, spero possa essere d'aiuto.
Siano $M^n$ e $N^m$ due varietà differenziabili. Sia ${(U_\alpha, \phi_\alpha)}$ un atlante massimale della prima e ${(V_\beta, \psi_\beta)}$ un atlante massimale della seconda. Sia $F: M^n \to N^m$ un'applicazione da $M^n$ a $N^m$. L'applicazione $F$ è detta differenziabile in un punto $p \in M^n$ se esistono una carta $(U_\alpha, \phi_\alpha)$ di $M^n$ con $p \in \phi_\alpha(U_\alpha)$ ed una carta $(V_\beta, \psi_\beta)$ di $N^m$ con $F(\phi_\alpha(U_\alpha)) \sub \psi_\beta(V_\beta)$ tali che la funzione $\psi_\beta^(-1) \circ F \circ \phi_\alpha: U_\alpha \to V_\beta$ sia differenziabile.
Siano $M^n$ e $N^m$ due varietà differenziabili. Sia ${(U_\alpha, \phi_\alpha)}$ un atlante massimale della prima e ${(V_\beta, \psi_\beta)}$ un atlante massimale della seconda. Sia $F: M^n \to N^m$ un'applicazione da $M^n$ a $N^m$. L'applicazione $F$ è detta differenziabile in un punto $p \in M^n$ se esistono una carta $(U_\alpha, \phi_\alpha)$ di $M^n$ con $p \in \phi_\alpha(U_\alpha)$ ed una carta $(V_\beta, \psi_\beta)$ di $N^m$ con $F(\phi_\alpha(U_\alpha)) \sub \psi_\beta(V_\beta)$ tali che la funzione $\psi_\beta^(-1) \circ F \circ \phi_\alpha: U_\alpha \to V_\beta$ sia differenziabile.
Perfetto: è proprio quello che volevo sapere. Per come era posta nel libro che citavo, la definizione mi sembrava dipendente dalla scelta di un atlante. Questo mi stava confondendo. Grazie!