Convergenza assoluta e semplice di un integrale improprio
Salve, sono alle prese con il calcolo degli integrali impropri mediante la teoria dei residui.
Nelle dispense su cui studio ho incontrato spesso l'affermazione secondo cui un integrale del tipo: [tex]\int_{-\infty}^{+\infty} \frac{P(x)}{Q(x)}dx[/tex] , con P e Q polinomi primi tra loro e Q privo di zeri reali,
- converge assolutamente se GradoQ [tex]\geq[/tex] GradoP +2
- converge semplicemente se GradoQ = GradoP +1
Potreste spiegarmi come si perviene a queste conclusioni?
Grazie anticipatamente.
Nelle dispense su cui studio ho incontrato spesso l'affermazione secondo cui un integrale del tipo: [tex]\int_{-\infty}^{+\infty} \frac{P(x)}{Q(x)}dx[/tex] , con P e Q polinomi primi tra loro e Q privo di zeri reali,
- converge assolutamente se GradoQ [tex]\geq[/tex] GradoP +2
- converge semplicemente se GradoQ = GradoP +1
Potreste spiegarmi come si perviene a queste conclusioni?
Grazie anticipatamente.
Risposte
La domanda che fai non c'entra con il calcolo mediante residui, ma è una questione di Analisi I...
La prima è vera, in quanto $|(P(x))/(Q(x))|$ è positivo e dunque se il grado di Q è pari
al grado di P + 2 si ha che per $x->\pm oo$, $|(P(x))/(Q(x))| approx A/x^2$, con A una costante positiva,
dunque per il criterio del confronto asintotico, l'integrale converge. Se poi il grado di Q è più grande del grado di P + 2
a maggior ragione l'integrale convergerà, perché avremo
$|(P(x))/(Q(x))| approx A/x^alpha$ con $alpha>2$ la differenza tra il grado del denominatore e quello del numeratore.
La prima è vera, in quanto $|(P(x))/(Q(x))|$ è positivo e dunque se il grado di Q è pari
al grado di P + 2 si ha che per $x->\pm oo$, $|(P(x))/(Q(x))| approx A/x^2$, con A una costante positiva,
dunque per il criterio del confronto asintotico, l'integrale converge. Se poi il grado di Q è più grande del grado di P + 2
a maggior ragione l'integrale convergerà, perché avremo
$|(P(x))/(Q(x))| approx A/x^alpha$ con $alpha>2$ la differenza tra il grado del denominatore e quello del numeratore.
"fireball":
La domanda che fai non c'entra con il calcolo mediante residui, ma è una questione di Analisi I...
La seconda affermazione è falsa, basta prendere come controesempio $int_(-oo)^(+oo) x/(x^2+1) dx$ che non esiste.
La prima è vera, in quanto $|(P(x))/(Q(x))|$ è positivo e dunque se il grado di Q è pari
al grado di P + 2 si ha che per $x->\pm oo$, $|(P(x))/(Q(x))| approx A/x^2$, con A una costante positiva,
dunque per il criterio del confronto asintotico, l'integrale converge. Se poi il grado di Q è più grande del grado di P + 2
a maggior ragione l'integrale convergerà, perché avremo
$|(P(x))/(Q(x))| approx A/x^alpha$ con $alpha>2$ la differenza tra il grado del denominatore e quello del numeratore.
Ti ringrazio, devo aver interpretato male il testo allora.. ma in che senso $int_(-oo)^(+oo) x/(x^2+1) dx$ non esiste? Nella mia ignoranza sarei portato a calcolare quell'integrale come $ [\frac{1}{2} log(x^2 +1) ]_{-oo}^{+oo} = 0 $ .. è errato?
Sì, temo tu abbia ragione... E' errato però scriverlo così: devi calcolare $lim_(alpha->+oo) [1/2ln(1+(alpha)^2) - 1/2ln(1+(-alpha)^2)] = lim_(alpha->+oo) 0 = 0$.
Ci vuole un altro controesempio... A patto che la prima affermazione sia falsa, ma io penso sia falsa...
Ci vuole un altro controesempio... A patto che la prima affermazione sia falsa, ma io penso sia falsa...
Dunque, se Q non ha zeri reali allora necessariamente è di grado pari, perché se fosse di grado dispari, poiché Q è continua
(è un polinomio) e $lim_(x->+oo) Q(x) = +oo$, $lim_(x->-oo) Q(x) = -oo$, esiste almeno uno zero reale.
Quindi Q per forza dev'essere di grado pari... Però non saprei, detto questo, come provare che l'integrale su $RR$ del rapporto $(P(x))/(Q(x))$ converge...
(è un polinomio) e $lim_(x->+oo) Q(x) = +oo$, $lim_(x->-oo) Q(x) = -oo$, esiste almeno uno zero reale.
Quindi Q per forza dev'essere di grado pari... Però non saprei, detto questo, come provare che l'integrale su $RR$ del rapporto $(P(x))/(Q(x))$ converge...
E no, fireball, l'esempio che facevi è correttissimo: infatti la funzione [tex]$\frac{x}{1+x^2}$[/tex] non è integrabile impropriamente in [tex]$\mathbb{R}$[/tex].
Spiego. Dalla definizione, una funzione [tex]$f:\mathbb{R} \to \mathbb{R}$[/tex] è integrabile in senso improprio in [tex]$\mathbb{R}$[/tex] se e solo se essa è integrabile su ogni compatto [tex]$[a,b]$[/tex] e se esiste il limite:
\[
\lim_{a\to -\infty ,\ b\to +\infty} \int_a^b f(x)\ \text{d} x \qquad \text{(le variabili sono due!);}
\]
quest'ultima condizione equivale a dire che, comunque si scelga un punto [tex]$x_0\in \mathbb{R}$[/tex], non è in forma indeterminata la somma di limiti:
\[
\lim_{a\to -\infty} \int_a^{x_0} f(x)\ \text{d} x+\lim_{b\to +\infty} \int_{x_0}^b f(x)\ \text{d} x\; .
\]
Evidentemente, se una funzione [tex]$f$[/tex] è sommabile (ciò accade quando [tex]$|f|$[/tex] è impropriamente integrabile nel senso appena detto), allora essa è anche impropriamente integrabile ed i due integrali coincidono.
Nel caso in esame, la somma di limiti si presenta sempre nella forma indeterminata [tex]$\infty -\infty$[/tex], dunque [tex]$\frac{x}{1+x^2}$[/tex] non è integrabile in senso improprio.
Tuttavia esiste l'integrale improprio a valore principale di [tex]$\frac{x}{1+x^2}$[/tex]: tale integrale è quello che si ottiene integrando su intervalli del tipo [tex]$[-r,r]$[/tex] (con [tex]$r>0$[/tex]), che sono simmetrici rispetto a [tex]$0$[/tex], e poi prendendo il limite per [tex]$r\to +\infty$[/tex]; in formule, l'integrale a valore principale esteso ad [tex]$\mathbb{R}$[/tex] di una funzione [tex]$f:\mathbb{R} \to \mathbb{R}$[/tex] (che sia integrabile su ogni compatto) è definito ponendo:
\[
\text{V.P.} \int_{-\infty}^{+\infty} f(x)\ \text{d} x:=\lim_{r\to +\infty} \int_{-r}^r f(x)\ \text{d} x\; .
\]
Ora, è facile rendersi conto del fatto che l'esistenza dell'integrale a valore principale non è sufficiente a garantire l'integrabilità in senso improprio della [tex]$f$[/tex] (il controesempio è proprio la funzione scelta da fireball, che è dotata di integrale a valor principale, ma non è impropriamente integrabile né tantomeno sommabile in [tex]$\mathbb{R}$[/tex]).
D'altra parte, se una funzione è integrabile in senso improprio (ed a maggior ragione se essa è sommabile), allora esiste l'integrale a valore principale ed i due integrali coincidono.
Ricapitolando, si ha:
\[
f \text{ sommabile}\quad \Rightarrow\quad f \text{ impropriamente integrabile} \quad \Rightarrow\quad f \text{ integrabile nel senso del valor principale}
\]
ma le implicazioni non si invertono in generale.
La tecnica dei residui serve proprio a calcolare l'integrale a valor principale, che è "il più fetente" dei tre tipi d'integrali.
Se ci pensate un momento dal punto di vista storico, ciò è normale: infatti l'integrale a valor principale è stato inventato da Cauchy insieme alla tecnica dei residui, tempo prima che Riemann cominciasse a mettere a posto la teoria dell'integrazione (e venisse introdotta l'idea di integrale improprio) e molto tempo prima dei lavori di Lebesgue (cfr. qui, per un po' di storia).
Spiego. Dalla definizione, una funzione [tex]$f:\mathbb{R} \to \mathbb{R}$[/tex] è integrabile in senso improprio in [tex]$\mathbb{R}$[/tex] se e solo se essa è integrabile su ogni compatto [tex]$[a,b]$[/tex] e se esiste il limite:
\[
\lim_{a\to -\infty ,\ b\to +\infty} \int_a^b f(x)\ \text{d} x \qquad \text{(le variabili sono due!);}
\]
quest'ultima condizione equivale a dire che, comunque si scelga un punto [tex]$x_0\in \mathbb{R}$[/tex], non è in forma indeterminata la somma di limiti:
\[
\lim_{a\to -\infty} \int_a^{x_0} f(x)\ \text{d} x+\lim_{b\to +\infty} \int_{x_0}^b f(x)\ \text{d} x\; .
\]
Evidentemente, se una funzione [tex]$f$[/tex] è sommabile (ciò accade quando [tex]$|f|$[/tex] è impropriamente integrabile nel senso appena detto), allora essa è anche impropriamente integrabile ed i due integrali coincidono.
Nel caso in esame, la somma di limiti si presenta sempre nella forma indeterminata [tex]$\infty -\infty$[/tex], dunque [tex]$\frac{x}{1+x^2}$[/tex] non è integrabile in senso improprio.
Tuttavia esiste l'integrale improprio a valore principale di [tex]$\frac{x}{1+x^2}$[/tex]: tale integrale è quello che si ottiene integrando su intervalli del tipo [tex]$[-r,r]$[/tex] (con [tex]$r>0$[/tex]), che sono simmetrici rispetto a [tex]$0$[/tex], e poi prendendo il limite per [tex]$r\to +\infty$[/tex]; in formule, l'integrale a valore principale esteso ad [tex]$\mathbb{R}$[/tex] di una funzione [tex]$f:\mathbb{R} \to \mathbb{R}$[/tex] (che sia integrabile su ogni compatto) è definito ponendo:
\[
\text{V.P.} \int_{-\infty}^{+\infty} f(x)\ \text{d} x:=\lim_{r\to +\infty} \int_{-r}^r f(x)\ \text{d} x\; .
\]
Ora, è facile rendersi conto del fatto che l'esistenza dell'integrale a valore principale non è sufficiente a garantire l'integrabilità in senso improprio della [tex]$f$[/tex] (il controesempio è proprio la funzione scelta da fireball, che è dotata di integrale a valor principale, ma non è impropriamente integrabile né tantomeno sommabile in [tex]$\mathbb{R}$[/tex]).
D'altra parte, se una funzione è integrabile in senso improprio (ed a maggior ragione se essa è sommabile), allora esiste l'integrale a valore principale ed i due integrali coincidono.
Ricapitolando, si ha:
\[
f \text{ sommabile}\quad \Rightarrow\quad f \text{ impropriamente integrabile} \quad \Rightarrow\quad f \text{ integrabile nel senso del valor principale}
\]
ma le implicazioni non si invertono in generale.
La tecnica dei residui serve proprio a calcolare l'integrale a valor principale, che è "il più fetente" dei tre tipi d'integrali.
Se ci pensate un momento dal punto di vista storico, ciò è normale: infatti l'integrale a valor principale è stato inventato da Cauchy insieme alla tecnica dei residui, tempo prima che Riemann cominciasse a mettere a posto la teoria dell'integrazione (e venisse introdotta l'idea di integrale improprio) e molto tempo prima dei lavori di Lebesgue (cfr. qui, per un po' di storia).
"gugo82":
E no, fireball, l'esempio che facevi è correttissimo: infatti la funzione [tex]$\frac{x}{1+x^2}$[/tex] non è integrabile impropriamente in [tex]$\mathbb{R}$[/tex].
Spiego. Dalla definizione, una funzione [tex]$f:\mathbb{R} \to \mathbb{R}$[/tex] è integrabile in senso improprio in [tex]$\mathbb{R}$[/tex] se e solo se essa è integrabile su ogni compatto [tex]$[a,b]$[/tex] e se esiste il limite:
[tex]$\lim_{a\to -\infty \, b\to +\infty} \int_a^b f(x)\ \text{d} x$[/tex] (le variabili sono due!);
Già, sono andato a vederlo sul libro di Analisi I proprio un attimo fa...
Ma mi chiedo: perché non posso definire l'integrale improprio su $RR$ prendendo invece il compatto $[-a,a]$? Che problema ci sarebbe?
"gugo82":
La tecnica dei residui serve proprio a calcolare l'integrale a valor principale, che è "il più fetente" dei tre tipi d'integrali.
Oh, finalmente mi vedo confermata questa cosa!

E' lo stesso principio delle serie convergenti ma non assolutamente: convergono sì, ma solo se sommi gli addendi nell'ordine giusto, altrimenti possono farti qualsiasi scherzo (Teorema di Riemann-Dini). Così le funzioni integrabili solo nel senso del valore principale: l'integrale converge, ma solo se "sommi in questo ordine": $lim_{c\to\infty}\int_{-c}^cf(x)\,"d"x$, se sommi in un altro ordine fanno scherzi.
Ho capito, però perché non posso invece definire l'integrale improprio "classico" (senza valor principale) come [tex]$\lim_{c\to+\infty}\int_{-c}^{+c}f(x)\,\text{d}x[/tex] ? Quale problema avrei?
Dopo un'attenta rilettura, confermo di aver frainteso ciò che il testo intendeva dire: la seconda proposizione era relativa ad un caso particolare e non era posta come un criterio valido in generale!
@fireball: Prendi quello che sto per dire molto con le molle, chè ci ho pensato solo ora e non ho conferme.
Siano [tex]$f,g:\mathbb{R}\to \mathbb{R}$[/tex] due funzioni che differiscono per una traslazione, ossia tali che esiste un [tex]$x_0\in \mathbb{R} \setminus \{ 0\}$[/tex] tale che [tex]$g(x)=f(x-x_0)$[/tex]; senza ledere la generalità, supponiamo che [tex]$x_0>0$[/tex].
Intuizione vuole che se [tex]$f$[/tex] è integrabile, tale sia pure [tex]$g$[/tex] e che i due integrali coincidano (e quest'intuizione è supportata dalla rappresentazione grafica dell'integrale).
Supponiamo allora che [tex]$f$[/tex] sia integrabile nel senso del valore principale: in tal caso dovremmo avere anche [tex]$g$[/tex] integrabile nel senso del valore principale; ma:
[tex]$\int_{-r}^r g(x)\ \text{d} x=\int_{-r}^r f(x-x_0)\ \text{d} x \stackrel{y=x-x_0}{=} \int_{-(r+x_0)}^{r-x_0} f(y)\ \text{d} y = \int_{-(r+x_0)}^{r+x_0} f(y)\ \text{d} y -\int_{r-x_0}^{r+x_0} f(y)\ \text{d} y$[/tex]
e l'ultimo membro non può essere passato al limite per [tex]$r\to +\infty$[/tex] con facilità: il problema non è nel primo addendo ([tex]$\int_{-(r+x_0)}^{r+x_0} f$[/tex]), giacché esso convergerebbe al [tex]$\text{V.P.} \int_{-\infty}^{+\infty} f$[/tex], ma è evidentemente nel secondo addendo ([tex]$\int_{r-x_0}^{r+x_0} f$[/tex]), perchè la nuova definizione d'integrale non rende possibile calcolare tale limite.
Quindi l'esistenza di [tex]$\text{V.P.} \int_{-\infty}^{+\infty} g(x)\ \text{d} x$[/tex] non si può dedurre dall'esistenza di [tex]$\text{V.P.} \int_{-\infty}^{+\infty} f(x)\ \text{d} x$[/tex]; inoltre, anche se i due integrali esistessero, non potremmo asserire con certezza che essi siano uguali.
Siano [tex]$f,g:\mathbb{R}\to \mathbb{R}$[/tex] due funzioni che differiscono per una traslazione, ossia tali che esiste un [tex]$x_0\in \mathbb{R} \setminus \{ 0\}$[/tex] tale che [tex]$g(x)=f(x-x_0)$[/tex]; senza ledere la generalità, supponiamo che [tex]$x_0>0$[/tex].
Intuizione vuole che se [tex]$f$[/tex] è integrabile, tale sia pure [tex]$g$[/tex] e che i due integrali coincidano (e quest'intuizione è supportata dalla rappresentazione grafica dell'integrale).
Supponiamo allora che [tex]$f$[/tex] sia integrabile nel senso del valore principale: in tal caso dovremmo avere anche [tex]$g$[/tex] integrabile nel senso del valore principale; ma:
[tex]$\int_{-r}^r g(x)\ \text{d} x=\int_{-r}^r f(x-x_0)\ \text{d} x \stackrel{y=x-x_0}{=} \int_{-(r+x_0)}^{r-x_0} f(y)\ \text{d} y = \int_{-(r+x_0)}^{r+x_0} f(y)\ \text{d} y -\int_{r-x_0}^{r+x_0} f(y)\ \text{d} y$[/tex]
e l'ultimo membro non può essere passato al limite per [tex]$r\to +\infty$[/tex] con facilità: il problema non è nel primo addendo ([tex]$\int_{-(r+x_0)}^{r+x_0} f$[/tex]), giacché esso convergerebbe al [tex]$\text{V.P.} \int_{-\infty}^{+\infty} f$[/tex], ma è evidentemente nel secondo addendo ([tex]$\int_{r-x_0}^{r+x_0} f$[/tex]), perchè la nuova definizione d'integrale non rende possibile calcolare tale limite.
Quindi l'esistenza di [tex]$\text{V.P.} \int_{-\infty}^{+\infty} g(x)\ \text{d} x$[/tex] non si può dedurre dall'esistenza di [tex]$\text{V.P.} \int_{-\infty}^{+\infty} f(x)\ \text{d} x$[/tex]; inoltre, anche se i due integrali esistessero, non potremmo asserire con certezza che essi siano uguali.
Grazie mille gugo!
La prima intendi dire... Quella che dice che se [tex]\text{deg}(Q)=\text{deg}(P)+1[/tex] e Q non ha zeri reali, allora l'integrale converge semplicemente.
"eliotsbowe":
Dopo un'attenta rilettura, confermo di aver frainteso ciò che il testo intendeva dire: la seconda proposizione era relativa ad un caso particolare e non era posta come un criterio valido in generale!
La prima intendi dire... Quella che dice che se [tex]\text{deg}(Q)=\text{deg}(P)+1[/tex] e Q non ha zeri reali, allora l'integrale converge semplicemente.
"fireball":
Grazie mille gugo!
[quote="eliotsbowe"]Dopo un'attenta rilettura, confermo di aver frainteso ciò che il testo intendeva dire: la seconda proposizione era relativa ad un caso particolare e non era posta come un criterio valido in generale!
La prima intendi dire... Quella che dice che se [tex]\text{deg}(Q)=\text{deg}(P)+1[/tex] e Q non ha zeri reali, allora l'integrale converge semplicemente.[/quote]
Esatto..
Ragazzi continuando il discorso di calcolare il valor principale dell'integrale con la tecnica dei residui...
Nei miei appunti ho sempre che la funzione da integrare deve essere del tipo $f(z)*e^(c*t) c>0$
Questo lo sto studiando in analisi complessa...
PEr calcolare poi il valor principale, mi trovo prima i punti singolari isolati, poi traccio una semi circonferenza di raggio tale che racchiuda i suddetti punti. Successivamente passo ad calcolare la circuitazione sulla curva:
Essa è la somma del lavoro sulla curva e del lavoro fatto sull'asse. Passando tutto al limite per x->inf, verificando il Teorema di Jordan, l'integrale sulla curva è zero e resta soltanto:
$ lim_(z -> +oo) int_(-r)^(+r) p(z) dz $
Usando quindi il teorema dei residui, la circuitazione sulla semicirconferenza è uguale a:
$ int_(+OMEGA)^() p(z) dz $=2pi*i Sommatoria dei residui= $ lim_(z -> +oo) int_(-r)^(+r) p(z) dz $
E quindi uso i residui per calcolare il valor principale...
Solo che sto fatto di $e^(ict)$ mi sta mettendo i chiodi in fronte....
Nei miei appunti ho sempre che la funzione da integrare deve essere del tipo $f(z)*e^(c*t) c>0$
Questo lo sto studiando in analisi complessa...
PEr calcolare poi il valor principale, mi trovo prima i punti singolari isolati, poi traccio una semi circonferenza di raggio tale che racchiuda i suddetti punti. Successivamente passo ad calcolare la circuitazione sulla curva:
Essa è la somma del lavoro sulla curva e del lavoro fatto sull'asse. Passando tutto al limite per x->inf, verificando il Teorema di Jordan, l'integrale sulla curva è zero e resta soltanto:
$ lim_(z -> +oo) int_(-r)^(+r) p(z) dz $
Usando quindi il teorema dei residui, la circuitazione sulla semicirconferenza è uguale a:
$ int_(+OMEGA)^() p(z) dz $=2pi*i Sommatoria dei residui= $ lim_(z -> +oo) int_(-r)^(+r) p(z) dz $
E quindi uso i residui per calcolare il valor principale...
Solo che sto fatto di $e^(ict)$ mi sta mettendo i chiodi in fronte....