Continuità, uniforme continuità e continuità Lipschitziana
Salve a tutti, vorrei avere una conferma riguardo alla distinzione tra le varie definizioni di continuità. Capisco che le differenze sono sottili (soprattutto per quanto riguarda l'uniforme continuità e la continuità Lipschitziana) ma sostanziali.
Ad ogni modo, cerco di farvi capire... se ho capito
Intanto, partendo dalle definizioni:
Sia $ f:A\subseteq\mathbb{R}\rightarrow\mathbb{R} $
è continua $ AA a\inA $ se $ AA \varepsilon > 0 $ $ \exists \delta > 0 $ t.c. $ AAb\inA : |a - b|<\delta \Rightarrow |f(a) - f(b)|<\varepsilon $
a parole: per qualsiasi elemento appartenente ad un intervallo in cui è definita la funzione (non necessariamente il dominio), e posto un qualsiasi $ \varepsilon > 0 $, esiste sempre (almeno) un certo valore $ \delta $ strettamente positivo tale che, preso un qualsiasi altro elemento di quell'intervallo la cui distanza dal primo è minore di $ \delta $, la differenza tra le corrispettive uscite della funzione è minore di quel $ \varepsilon $ fissato.
In pratica, qui diciamo che, punto per punto, e fissando all'inizio un certo valore (che si suppone indefinitamente piccolo), per qualsiasi punto appartenente all'intervallo, la cui distanza dal primo è inferiore ad un $ \delta $ che però è conseguente alla scelta del punto, la distanza tra le loro uscite è inferiore a quel valore indefinitamente piccolo fissato. Per questo motivo, questa è una proprietà puntuale, che è sempre vera nell'intervallo $ A $ ma i cui "dettagli" sono definiti dalla scelta del punto in cui valutarla. Infatti $ \delta $ dipende da $ \varepsilon $ (e ci può stare) ma soprattutto dal punto $ a $. Ciò che ci dice la proprietà è semplicemente che per due punti mai "troppo lontani", le immagini della funzione nei due punti sono quanto più vicine. Una funzione continua non avrà quindi discontinuità a salto, perchè non è possibile fissare un $ \varepsilon $ quanto più piccolo si vuole e al contempo assicurarsi che tutti i punti distanti meno di $ \delta $ dal primo abbiano un'uscita distante meno di quel $ \varepsilon $ dall'uscita del primo (ed è importante dire: per tutti i punti distanti meno di $ \delta $ - immaginiamo una funzione che abbia una discontinuità a salto, e poi torni rapidamente al valore prima della discontinuità. Senza questa condizione potremmo considerarla continua).
Da ciò consegue che per una funzione continua (ed è condizione necessaria e sufficiente), il limite per $ x \rightarrow x_{0} $ (sia da destra che da sinistra*) della funzione è proprio pari a $ f(x_{0}) $ stesso, perchè ci sarà sempre, nell'intorno (destro e sinistro) di $ x_{0} $ privato di $ x_{0} $ stesso, un punto la cui uscita è "molto vicina" a $ f(x_{0}) $.
* : ci si potrebbe limitare a considerare una continuità "monolatera", cioè solo da destra o da sinistra, cosa che si è "costretti" a fare quando la funzione è definita in un intervallo chiuso $ [a, b] $
è uniformemente continua in $ A $ se $ AA \varepsilon > 0 $ $ \exists \delta > 0 $ t.c. $ AA a, b \in A : |a - b| < \delta \Rightarrow |f(a) - f(b)| < \varepsilon $
a parole: per ogni $ \varepsilon > 0 $ fissato esiste (almeno) un valore $ \delta $ strettamente positivo tale che, presi due punti qualsiasi dell'intervallo $ A $, distanti tra loro meno di $ \delta $, la differenza tra le loro uscite è minore di quel valore $ \varepsilon $ fissato.
Questa proprietà, a differenza della precedente, non ha carattere puntuale (che è un dettaglio importantissimo), ma almeno locale (eventualmente globale). In pratica, questo significa che, avendo fissato un certo valore (eventualmente piccolo), è sempre possibile trovare un altro valore $ \delta $ per cui si possono sempre prendere due punti qualsiasi distanti meno di $ \delta $ per cui le loro uscite si discostano meno di quel $ \varepsilon $ fissato. Insomma, è sempre possibile trovare uno scostamento $ \varepsilon $ massimo per l'intera funzione. Una conseguenza di ciò è che la funzione non può quindi presentare asintoti verticali.
è Lipschitziana in $ A $ se $ \exists L > 0 $ t.c. $ AA a, b \in A : |f(a) - f(b)| \leq L|a - b| $
a parole: esiste una costante $ L $ strettamente positiva tale che, presi due punti qualsiasi dell'intervallo, la distanza tra le loro uscite è minore o uguale della distanza tra i due punti moltiplicata per la costante $ L $.
Inizialmente ho avuto difficoltà a capire la reale differenza tra questa definizione e la precedente. Entrambe, infatti, prevedono che la funzione "non varii troppo", ma, con qualche dubbio, credo di aver capito la sottile differenza. La continuità Lipschitziana lega la variazione di una funzione alla distanza tra i due punti in cui essa è valutata, lungo tutto l'intervallo in cui la proprietà vale, con una costante di proporzionalità determinata "una volta per tutte" (di cui si sceglie quella più piccola possibile). La disequazione si può anche riscrivere nella seguente forma:
$ |\frac{f(a) - f(b)}{a - b}| \leq L $
cioè, il rapporto incrementale (in valore assoluto) della funzione, per qualsiasi coppia di punti (che siano "vicini" o "lontani", e situati in qualsiasi regione dell'intervallo), è sempre limitato superiormente da un valore $ L $. Nell'uniforme continuità, si determina prima la massima variazione e poi da essa si individuano i punti in cui valutarla, la cui distanza non sarà mai superiore a $ \delta $, determinato però dal valore della $ \epsilon $ scelta. Per questo motivo, una funzione che presenta un flesso a tangente verticale non sarà Lipschitziana: in prossimità del flesso, per quanto grande possa essere la costante $ L $, è sempre possibile trovare due punti ravvicinati (tali che $ L|a - b| \rightarrow 0 $) tali che la proprietà non è verificata. Il punto di flesso a tangente verticale è invece ininfluente ai fini dell'uniforme continuità, proprio poichè per questa proprietà si ragiona "a ritroso", cioè siamo "noi" a decidere entro quale limite la funzione debba variare.
Giusto?
Ad ogni modo, cerco di farvi capire... se ho capito

Intanto, partendo dalle definizioni:
Sia $ f:A\subseteq\mathbb{R}\rightarrow\mathbb{R} $
a parole: per qualsiasi elemento appartenente ad un intervallo in cui è definita la funzione (non necessariamente il dominio), e posto un qualsiasi $ \varepsilon > 0 $, esiste sempre (almeno) un certo valore $ \delta $ strettamente positivo tale che, preso un qualsiasi altro elemento di quell'intervallo la cui distanza dal primo è minore di $ \delta $, la differenza tra le corrispettive uscite della funzione è minore di quel $ \varepsilon $ fissato.
In pratica, qui diciamo che, punto per punto, e fissando all'inizio un certo valore (che si suppone indefinitamente piccolo), per qualsiasi punto appartenente all'intervallo, la cui distanza dal primo è inferiore ad un $ \delta $ che però è conseguente alla scelta del punto, la distanza tra le loro uscite è inferiore a quel valore indefinitamente piccolo fissato. Per questo motivo, questa è una proprietà puntuale, che è sempre vera nell'intervallo $ A $ ma i cui "dettagli" sono definiti dalla scelta del punto in cui valutarla. Infatti $ \delta $ dipende da $ \varepsilon $ (e ci può stare) ma soprattutto dal punto $ a $. Ciò che ci dice la proprietà è semplicemente che per due punti mai "troppo lontani", le immagini della funzione nei due punti sono quanto più vicine. Una funzione continua non avrà quindi discontinuità a salto, perchè non è possibile fissare un $ \varepsilon $ quanto più piccolo si vuole e al contempo assicurarsi che tutti i punti distanti meno di $ \delta $ dal primo abbiano un'uscita distante meno di quel $ \varepsilon $ dall'uscita del primo (ed è importante dire: per tutti i punti distanti meno di $ \delta $ - immaginiamo una funzione che abbia una discontinuità a salto, e poi torni rapidamente al valore prima della discontinuità. Senza questa condizione potremmo considerarla continua).
Da ciò consegue che per una funzione continua (ed è condizione necessaria e sufficiente), il limite per $ x \rightarrow x_{0} $ (sia da destra che da sinistra*) della funzione è proprio pari a $ f(x_{0}) $ stesso, perchè ci sarà sempre, nell'intorno (destro e sinistro) di $ x_{0} $ privato di $ x_{0} $ stesso, un punto la cui uscita è "molto vicina" a $ f(x_{0}) $.
* : ci si potrebbe limitare a considerare una continuità "monolatera", cioè solo da destra o da sinistra, cosa che si è "costretti" a fare quando la funzione è definita in un intervallo chiuso $ [a, b] $
a parole: per ogni $ \varepsilon > 0 $ fissato esiste (almeno) un valore $ \delta $ strettamente positivo tale che, presi due punti qualsiasi dell'intervallo $ A $, distanti tra loro meno di $ \delta $, la differenza tra le loro uscite è minore di quel valore $ \varepsilon $ fissato.
Questa proprietà, a differenza della precedente, non ha carattere puntuale (che è un dettaglio importantissimo), ma almeno locale (eventualmente globale). In pratica, questo significa che, avendo fissato un certo valore (eventualmente piccolo), è sempre possibile trovare un altro valore $ \delta $ per cui si possono sempre prendere due punti qualsiasi distanti meno di $ \delta $ per cui le loro uscite si discostano meno di quel $ \varepsilon $ fissato. Insomma, è sempre possibile trovare uno scostamento $ \varepsilon $ massimo per l'intera funzione. Una conseguenza di ciò è che la funzione non può quindi presentare asintoti verticali.
a parole: esiste una costante $ L $ strettamente positiva tale che, presi due punti qualsiasi dell'intervallo, la distanza tra le loro uscite è minore o uguale della distanza tra i due punti moltiplicata per la costante $ L $.
Inizialmente ho avuto difficoltà a capire la reale differenza tra questa definizione e la precedente. Entrambe, infatti, prevedono che la funzione "non varii troppo", ma, con qualche dubbio, credo di aver capito la sottile differenza. La continuità Lipschitziana lega la variazione di una funzione alla distanza tra i due punti in cui essa è valutata, lungo tutto l'intervallo in cui la proprietà vale, con una costante di proporzionalità determinata "una volta per tutte" (di cui si sceglie quella più piccola possibile). La disequazione si può anche riscrivere nella seguente forma:
$ |\frac{f(a) - f(b)}{a - b}| \leq L $
cioè, il rapporto incrementale (in valore assoluto) della funzione, per qualsiasi coppia di punti (che siano "vicini" o "lontani", e situati in qualsiasi regione dell'intervallo), è sempre limitato superiormente da un valore $ L $. Nell'uniforme continuità, si determina prima la massima variazione e poi da essa si individuano i punti in cui valutarla, la cui distanza non sarà mai superiore a $ \delta $, determinato però dal valore della $ \epsilon $ scelta. Per questo motivo, una funzione che presenta un flesso a tangente verticale non sarà Lipschitziana: in prossimità del flesso, per quanto grande possa essere la costante $ L $, è sempre possibile trovare due punti ravvicinati (tali che $ L|a - b| \rightarrow 0 $) tali che la proprietà non è verificata. Il punto di flesso a tangente verticale è invece ininfluente ai fini dell'uniforme continuità, proprio poichè per questa proprietà si ragiona "a ritroso", cioè siamo "noi" a decidere entro quale limite la funzione debba variare.
Giusto?
Risposte
Hai fatto bene a scrivere, cosi' facendo si fissano molto le idee. Sono punti di vista strettamente personali, quindi alla domanda finale "giusto?" non posso rispondere, e tra l'altro non penso neanche che ti farebbe bene. Credo infatti che l'aspetto intuitivo della matematica non si possa completamente insegnare e neanche condividere con gli altri. Quindi devi fare da te, portandoti dietro la tua intuizione e perfezionandola ogni volta che ti accorgerai che essa è insufficiente. Prova a iniziare confrontandola con il punto di vista di questa pagina.