Chiarimenti su equazioni differenziali
Salve, ci sono delle cose sulle equazioni differenziali che non mi sono ben chiare.
Prendiamo ad esempio l'equazione $x(1+y^2)y'-3=0$. Per risolvere l'equazione, io ipotizzo che esista una $y(x)$ e un intervallo $I$ tali che $x(1+(y(x))^2)y'(x)-3=0$, al variare di $x$ in $I$, sia un'identità.
Domanda: se l'equazione non ammette soluzioni, allora procedendo dovrei giungere ad una contraddizione?
L'identità di prima si può riscrivere come $(1+(y(x))^2)y'(x)=3/x$, tuttavia se nell'intervallo $I$ c'è anche lo zero non è più vero che quella precedente è un'identità al variare di $x$ in $I$: infatti, se $I$ contiene lo zero al secondo membro otterrei $3/0$. Il libro dal quale ho preso l'esercizio non si fa troppi problemi e divide entrambi i membri dell'identità per $x$ senza dire nulla, tuttavia la cosa non mi convince. Che ne pensate?
Fatto questo, quando vado ad integrare entrambi i membri di $(1+(y(x))^2)y'(x)=3/x$ mi sorgono dei dubbi sulla costante di integrazione. Infatti, detta $F_1$ la primitiva del primo membro e $F_2$ quella del secondo membro, è vero che $F_1=F_2$ è un'identità, però se quando integro ci metto anche le costanti, cioè scrivo $F_1+C_1=F_2+C_2$, quest'ultima è un'identità solo se assegno alle costanti uno stesso valore; se assegno alle due costanti due valori diversi l'uguaglianza non è più vera o sbaglio?
Vi ringrazio per i chiarimenti.
Prendiamo ad esempio l'equazione $x(1+y^2)y'-3=0$. Per risolvere l'equazione, io ipotizzo che esista una $y(x)$ e un intervallo $I$ tali che $x(1+(y(x))^2)y'(x)-3=0$, al variare di $x$ in $I$, sia un'identità.
Domanda: se l'equazione non ammette soluzioni, allora procedendo dovrei giungere ad una contraddizione?
L'identità di prima si può riscrivere come $(1+(y(x))^2)y'(x)=3/x$, tuttavia se nell'intervallo $I$ c'è anche lo zero non è più vero che quella precedente è un'identità al variare di $x$ in $I$: infatti, se $I$ contiene lo zero al secondo membro otterrei $3/0$. Il libro dal quale ho preso l'esercizio non si fa troppi problemi e divide entrambi i membri dell'identità per $x$ senza dire nulla, tuttavia la cosa non mi convince. Che ne pensate?
Fatto questo, quando vado ad integrare entrambi i membri di $(1+(y(x))^2)y'(x)=3/x$ mi sorgono dei dubbi sulla costante di integrazione. Infatti, detta $F_1$ la primitiva del primo membro e $F_2$ quella del secondo membro, è vero che $F_1=F_2$ è un'identità, però se quando integro ci metto anche le costanti, cioè scrivo $F_1+C_1=F_2+C_2$, quest'ultima è un'identità solo se assegno alle costanti uno stesso valore; se assegno alle due costanti due valori diversi l'uguaglianza non è più vera o sbaglio?
Vi ringrazio per i chiarimenti.
Risposte
Ciao. Se metti $x=0$ nell'equazione iniziale trovi già un assurdo, $0-3=0$. Quindi puoi dare per scontato a priori che $x$ sia diverso da $0$.
Scusa ma, quando dici che $F_1$ è la primitiva del primo membro e $F_2$ è quella del secondo membro, di quali primitive stai parlando? Voglio dire, sono già definite a meno di una costante additiva.
@lisdap: stai facendo un po' di confusione, riguardo al secondo problema, forse
Prova a vederla cosi. Prendiamo l'equazione differenziale (a variabili separabili)
\[y'=x\]
Senza essere troppo formali, ci stiamo chiedendo quali funzioni $y(x)$ abbiano derivata $x$. Bene, la risposta la otteniamo calcolando
\[\int x\, dx\]
ottenendo $y=x^2/2+C$ (*). Ora proviamo invece a risolvere l'equazione con il solito metodo:
\[\int y'\, dx=\int dy=\int x \,dx\]
che ci dà
\[ y+C_1=\frac{1}{2}x^2+C_2\]
Che "risposta" abbiamo ottenuto?? Le funzioni aventi derivata uguale ad $x$ sono tutte quelle funzioni $y(x)$ che sommate ad una costante ($C_1$ per intenderci) sono uguali a $1/2x^2$ più un'altra costante ($C_2$).
Non ti pare che la risposta sia la stessa che abbiamo ottenuto col primo metodo?
Infatti, ti basta portare $C_1$ all'altro membro per ottenere
\[y=\frac{1}{2}x^2+(C_2-C_1)\qquad (1)\]
Ora, se $C_1$ e $C_2$ sono due costanti, evidentemente $C_2-C_1$ è ancora una costante! E nessuno ci vieta di chiamare $C$ questa loro differenza
Quindi, posto $C : =C_2-C_1\in RR$, la $(1)$ diventa
\[y=\frac{1}{2}x^2+C\]
e coincide, come vedi, con (*), della cui veridicità penso tu sia convinto
Fatto tutto sto bordello di discorso, se non sbaglio il Bramanti spiega 'sto "fatto" qui, e consiglia, per praticità, di non mettercela proprio la costante d'integrazione nell'integrale a primo membro, per le ragioni che abbiamo visto.
Ciao!
Giuseppe

\[y'=x\]
Senza essere troppo formali, ci stiamo chiedendo quali funzioni $y(x)$ abbiano derivata $x$. Bene, la risposta la otteniamo calcolando
\[\int x\, dx\]
ottenendo $y=x^2/2+C$ (*). Ora proviamo invece a risolvere l'equazione con il solito metodo:
\[\int y'\, dx=\int dy=\int x \,dx\]
che ci dà
\[ y+C_1=\frac{1}{2}x^2+C_2\]
Che "risposta" abbiamo ottenuto?? Le funzioni aventi derivata uguale ad $x$ sono tutte quelle funzioni $y(x)$ che sommate ad una costante ($C_1$ per intenderci) sono uguali a $1/2x^2$ più un'altra costante ($C_2$).
Non ti pare che la risposta sia la stessa che abbiamo ottenuto col primo metodo?

Infatti, ti basta portare $C_1$ all'altro membro per ottenere
\[y=\frac{1}{2}x^2+(C_2-C_1)\qquad (1)\]
Ora, se $C_1$ e $C_2$ sono due costanti, evidentemente $C_2-C_1$ è ancora una costante! E nessuno ci vieta di chiamare $C$ questa loro differenza

\[y=\frac{1}{2}x^2+C\]
e coincide, come vedi, con (*), della cui veridicità penso tu sia convinto

Fatto tutto sto bordello di discorso, se non sbaglio il Bramanti spiega 'sto "fatto" qui, e consiglia, per praticità, di non mettercela proprio la costante d'integrazione nell'integrale a primo membro, per le ragioni che abbiamo visto.
Ciao!
Giuseppe
Ciao Plepp, grazie della risposta, ragionando un pò su sulla questione credo di non avere più grossi dubbi.
Supponiamo di avere un'equazione differenziale a variabili separabili $y'=a(x)b(y)$ e di aver trovato per via sperimentale una soluzione $y(x)$ su un certo intervallo $I$ (come spesso accade in Fisica). Supponiamo inoltre che per nessun $x in I$ si verifica che $b(y(x))=0$.
L'obiettivo del matematico è capire in che modo è possibile arrivare alla $y(x)$ che il fisico ha ricavato per via sperimentale.
Il matematico, dunque, osserva che, essendo $y(x)$ soluzione su $I$ dell'equazione, $y'(x)=a(x)*b(y(x))$ è un'identità per ogni $x in I$. Inoltre, anche $(y'(x))/(b(y(x)))=a(x)$ lo è. A questo punto, l'obiettivo è liberarsi delle derivate prime $y'(x)$. Per fare ciò, posso calcolare gli integrali indefiniti di entrambi i membri, cioè, rispettivamente $int (y'(x))/(b(y(x)))dx=B(x)+C_1$ e $int a(x)dx=A(x)+C_2$. Possiamo dunque uguagliare le due primitive, ottenendo l'equazione $B(x)+C_1=A(x)+C_2 -> B(x)=A(x)+C$, nell'incognita $C$ .
Fatto ciò, per individuare la $y(x)$ trovata dal fisico, il matematico osserva che ha bisogno di sapere che valore assegnare alla costante $C$ in modo che soddisfi l'equazione $B(x)=A(x)+C$ . Tale valore può essere ricavato tramite la conoscenza, oltre all'espressione analitica dell'equazione, di un'ulteriore informazione, che deve essere presente nella formulazione del problema. Assegnato il giusto valore $c$ a $C$, il matematico può tentare di riscrivere l'identità $B(x)=A(x)+c$ nella forma $y(x)=D(x)$ e dunque giungere alla soluzione trovata dal fisico. Seguendo questo procedimento abbiamo dunque mostrato l'algoritmo da seguire per giungere alla soluzione di un'equazione differenziale a variabili separabili ed evidenziato che è necessario conoscere, oltre all'espressione dell'equazione, anche un'ulteriore informazione, detta condizione iniziale.
Consideriamo ora $B(x)=A(x)+C$, dove $B(x)$ è la primitiva senza costante di integrazione di $(y'(x))/(b(y(x)))$ e $A(x)$ la primitiva senza aggiunta della costante di $a(x)$. Nel caso sopra descritto, $y(x)$ era una funzione di cui conoscevo l'espressione analitica e mi sono preoccupato di trovare il valore da assegnare a $C$ per risolvere l'equazione $B(x)=A(x)+C$. Ora invece potrei considerare il caso opposto, e cioè, assegnato un valore $c$ alla costante $C$, vedere se c'è una $y(x)$ che soddisfa l'equazione: ciò significa che $y(x)$ è un'altra particolare soluzione dell'equazione differenziale. In definitiva, data $B(x)=A(x)+C$ potrei tentare di riscriverla come $y(x)=D(x,C)$: al variare di $C$ in un dominio opportuno, si ottengono tutte le varie soluzioni particolari $D(x,C)$.
Che ne pensi? Troppo lungo
?
Grazie e buona giornata!
Supponiamo di avere un'equazione differenziale a variabili separabili $y'=a(x)b(y)$ e di aver trovato per via sperimentale una soluzione $y(x)$ su un certo intervallo $I$ (come spesso accade in Fisica). Supponiamo inoltre che per nessun $x in I$ si verifica che $b(y(x))=0$.
L'obiettivo del matematico è capire in che modo è possibile arrivare alla $y(x)$ che il fisico ha ricavato per via sperimentale.
Il matematico, dunque, osserva che, essendo $y(x)$ soluzione su $I$ dell'equazione, $y'(x)=a(x)*b(y(x))$ è un'identità per ogni $x in I$. Inoltre, anche $(y'(x))/(b(y(x)))=a(x)$ lo è. A questo punto, l'obiettivo è liberarsi delle derivate prime $y'(x)$. Per fare ciò, posso calcolare gli integrali indefiniti di entrambi i membri, cioè, rispettivamente $int (y'(x))/(b(y(x)))dx=B(x)+C_1$ e $int a(x)dx=A(x)+C_2$. Possiamo dunque uguagliare le due primitive, ottenendo l'equazione $B(x)+C_1=A(x)+C_2 -> B(x)=A(x)+C$, nell'incognita $C$ .
Fatto ciò, per individuare la $y(x)$ trovata dal fisico, il matematico osserva che ha bisogno di sapere che valore assegnare alla costante $C$ in modo che soddisfi l'equazione $B(x)=A(x)+C$ . Tale valore può essere ricavato tramite la conoscenza, oltre all'espressione analitica dell'equazione, di un'ulteriore informazione, che deve essere presente nella formulazione del problema. Assegnato il giusto valore $c$ a $C$, il matematico può tentare di riscrivere l'identità $B(x)=A(x)+c$ nella forma $y(x)=D(x)$ e dunque giungere alla soluzione trovata dal fisico. Seguendo questo procedimento abbiamo dunque mostrato l'algoritmo da seguire per giungere alla soluzione di un'equazione differenziale a variabili separabili ed evidenziato che è necessario conoscere, oltre all'espressione dell'equazione, anche un'ulteriore informazione, detta condizione iniziale.
Consideriamo ora $B(x)=A(x)+C$, dove $B(x)$ è la primitiva senza costante di integrazione di $(y'(x))/(b(y(x)))$ e $A(x)$ la primitiva senza aggiunta della costante di $a(x)$. Nel caso sopra descritto, $y(x)$ era una funzione di cui conoscevo l'espressione analitica e mi sono preoccupato di trovare il valore da assegnare a $C$ per risolvere l'equazione $B(x)=A(x)+C$. Ora invece potrei considerare il caso opposto, e cioè, assegnato un valore $c$ alla costante $C$, vedere se c'è una $y(x)$ che soddisfa l'equazione: ciò significa che $y(x)$ è un'altra particolare soluzione dell'equazione differenziale. In definitiva, data $B(x)=A(x)+C$ potrei tentare di riscriverla come $y(x)=D(x,C)$: al variare di $C$ in un dominio opportuno, si ottengono tutte le varie soluzioni particolari $D(x,C)$.
Che ne pensi? Troppo lungo

Grazie e buona giornata!
Penso che matematicamente, il disorso abbia poco senso.
Matematicamente, una EDO non si risolve senza assegnare opportune condizioni che servono a determinarne (possibilmente in modo univoco) le soluzioni.
Quindi cercare di risolvere una EDO integrando indefinitamente è poco sensato.
Per quanto concerne la risoluzione matematicamente corretta di una EDO, vedi qui.
Matematicamente, una EDO non si risolve senza assegnare opportune condizioni che servono a determinarne (possibilmente in modo univoco) le soluzioni.
Quindi cercare di risolvere una EDO integrando indefinitamente è poco sensato.
Per quanto concerne la risoluzione matematicamente corretta di una EDO, vedi qui.
"gugo82":
Penso che matematicamente, il disorso abbia poco senso.
Matematicamente, una EDO non si risolve senza assegnare opportune condizioni che servono a determinarne (possibilmente in modo univoco) le soluzioni.
Ciao, nel mio post precedente ho scritto, infatti:
"...il matematico osserva che ha bisogno di sapere che valore assegnare alla costante $C$ in modo che soddisfi l'equazione $B(x)=A(x)+C$ . Tale valore può essere ricavato tramite la conoscenza, oltre all'espressione analitica dell'equazione, di un'ulteriore informazione, che deve essere presente nella formulazione del problema."
Non mi sono spiegato bene, evidentemente.
Un matematico, se procede in maniera corretta nella soluzione di una EDO a variabili separabili, non arriva mai a qualcosa del tipo \(B(y(x))=A(x)+C\)* con \(C\) da determinare, poiché la costante giusta gli viene "gratis" dall'uso degli integrali definiti con estremo variabile.
__________
* Qui c'è un errore nella tua scrittura. Se scrivi \(B(x)=A(x)+C\) non evidenzi che il primo membro dipende esplicitamente da \(y(x)\)... Quindi, come fai a determinare la soluzione della EDO?
Un matematico, se procede in maniera corretta nella soluzione di una EDO a variabili separabili, non arriva mai a qualcosa del tipo \(B(y(x))=A(x)+C\)* con \(C\) da determinare, poiché la costante giusta gli viene "gratis" dall'uso degli integrali definiti con estremo variabile.
__________
* Qui c'è un errore nella tua scrittura. Se scrivi \(B(x)=A(x)+C\) non evidenzi che il primo membro dipende esplicitamente da \(y(x)\)... Quindi, come fai a determinare la soluzione della EDO?
Io penso che il concetto di "integrale indefinito" faccia davvero più danni che altro... Dovrebbe almeno rimanere confinato alle superiori.
lisdap a proposito quando hai tempo riguardati questo topic ché c'era qualcosa che non andava in quello che hai scritto urang-utang-nell-integrazione-per-sostituzione-t95545.html.

lisdap a proposito quando hai tempo riguardati questo topic ché c'era qualcosa che non andava in quello che hai scritto urang-utang-nell-integrazione-per-sostituzione-t95545.html.
"gugo82":
Non mi sono spiegato bene, evidentemente.
Un matematico, se procede in maniera corretta nella soluzione di una EDO a variabili separabili, non arriva mai a qualcosa del tipo \(B(y(x))=A(x)+C\)* con \(C\) da determinare, poiché la costante giusta gli viene "gratis" dall'uso degli integrali definiti con estremo variabile.
__________
* Qui c'è un errore nella tua scrittura. Se scrivi \(B(x)=A(x)+C\) non evidenzi che il primo membro dipende esplicitamente da \(y(x)\)... Quindi, come fai a determinare la soluzione della EDO?
Dentro $B(x)$ c'è anche la $y(x)$, solo che non sapevo in che modo scriverlo.
Riguardo la questione precedente dell'integrale definito, il mio libro non dice nulla in proposito.
Non ho afferrato quello che intendi, gugo. Dove posso approfondire?
E tu yellow, perchè dici che il concetto di integrale indefinito fa più male che bene?
Ragazzi, più cerco di ragionare sulle cose e più ho l'impressione di rimanere "fregato"...

Già una volta ti ho consigliato delle dispense di Fiorvante sull'argomento...
Pensavo le avessi già guardate, ma sei sempre fonte di sorprese!
Pensavo le avessi già guardate, ma sei sempre fonte di sorprese!
Però, prima di guardare altrove, io vorrei capire perchè il mio libro (bramanti pagani salsa analisi 2) dice una cosa e Fioravante Patrone ( e voi) un'altra.
Il vecchio pagani-salsa mi introduce l'integrale indefinito come un caso particolare di integrale definito, il bramanti-pagani-salsa come il libro delle superiori. Non ci sto capendo più niente.
Vorrei sapere da yellow qualcosa di più sull'integrale indefinito e sul perchè ha scritto ciò che ha scritto.
In più, gradirei che tu, gugo, mi facessi notare (come già hai fatto del resto) ciò che c'è di sbagliato nel post che ho scritto oggi pomeriggio. Solo così, forse, comprenderò i miei errori.
Grazie.
Il vecchio pagani-salsa mi introduce l'integrale indefinito come un caso particolare di integrale definito, il bramanti-pagani-salsa come il libro delle superiori. Non ci sto capendo più niente.
Vorrei sapere da yellow qualcosa di più sull'integrale indefinito e sul perchè ha scritto ciò che ha scritto.
In più, gradirei che tu, gugo, mi facessi notare (come già hai fatto del resto) ciò che c'è di sbagliato nel post che ho scritto oggi pomeriggio. Solo così, forse, comprenderò i miei errori.
Grazie.
Siete spariti tutti?

Mah ho avuto poco tempo in questi giorni, e poi sinceramente questo topic nemmeno lo ho nemmeno letto, era un commento en passant che mi è venuto naturale ribadire dopo l'altro topic, che ho linkato nel post precedente e che non ti sei degnato di riguardare.
Comunque secondo me confonde le idee per vari motivi:
1) A dispetto del nome e del simbolo NON è un integrale e questo spesso non è abbastanza chiaro.
2) La notazione è poco chiara e poco funzionale.
3) Fa parte di quella matematica in cui si trattano le funzioni un po' come espressioni algebriche, senza curarsi del dominio in cui si sta lavorando ecc.
E' inutile perché nel caso in cui $f$ sia una funzione integrabile definita su un intervallo $I$ che ammetta una primitiva, grazie al TFC per averne una è sufficiente scrivere $F(x)=\int_a^x f(t)dt$ con $ainI$, che è molto meglio perché la variabile appare in maniera più esplicita (nell'altro caso come la scrivi una composizione di funzioni?). Inoltre come dice Gugo nei problemi di questo tipo ma penso anche altrove, se risolti per bene, semplicemente non arrivano gli integrali indefiniti. Se hai un'identità di funzioni puoi integrarle entrambe da $a$ a $x$, che senso ha prendere questa generica primitiva?
Poi boh non sono assolutamente un esperto, ci saranno dei casi in cui l'estrazione di primitive è meglio farla in modo più astratto, ma trovo che come nome e notazione l'integrale indefinito confonda solo le idee chi sta imparando l'analisi.
Conosco solo di nome i libri che citi, ma non mi stupisce che l'approccio più serio sia nella versione vecchia pre-riforma.

Comunque secondo me confonde le idee per vari motivi:
1) A dispetto del nome e del simbolo NON è un integrale e questo spesso non è abbastanza chiaro.
2) La notazione è poco chiara e poco funzionale.
3) Fa parte di quella matematica in cui si trattano le funzioni un po' come espressioni algebriche, senza curarsi del dominio in cui si sta lavorando ecc.
E' inutile perché nel caso in cui $f$ sia una funzione integrabile definita su un intervallo $I$ che ammetta una primitiva, grazie al TFC per averne una è sufficiente scrivere $F(x)=\int_a^x f(t)dt$ con $ainI$, che è molto meglio perché la variabile appare in maniera più esplicita (nell'altro caso come la scrivi una composizione di funzioni?). Inoltre come dice Gugo nei problemi di questo tipo ma penso anche altrove, se risolti per bene, semplicemente non arrivano gli integrali indefiniti. Se hai un'identità di funzioni puoi integrarle entrambe da $a$ a $x$, che senso ha prendere questa generica primitiva?
Poi boh non sono assolutamente un esperto, ci saranno dei casi in cui l'estrazione di primitive è meglio farla in modo più astratto, ma trovo che come nome e notazione l'integrale indefinito confonda solo le idee chi sta imparando l'analisi.
Conosco solo di nome i libri che citi, ma non mi stupisce che l'approccio più serio sia nella versione vecchia pre-riforma.