Calcolo della derivata
La variazione della funzione può essere scritta come funzione di un termine lineare e di un resto.Per le funzioni affini il resto non compare.In un equazione di secondo grado invece il resto compare ma tende a zero più rapidamente del termine lineare.La derivata vuole studiare il limite del rapporto tra la variazione della quantità y e la quantità x .Il resto non gli interessa anche perchè per dx che va a 0 dovrebbe scomparire sempre.Ma questo resto che significato ha ? Non dovrebbe far parte della variazione di y? In generale cosa si intende con "La derivata come approssimazione lineare" ?? Grazie a tutti per le risposte..
ps : nel calcolo della derivata in un punto interno all'insieme di definizione si effettua un limite.Sul bordo dell'estremo di definizione si effettua un limite destro/sinistro.Ovviamente non è possibile muovere la variabile dove la funzione non è definita ma quando la muovo sia da destra che da sinistra perchè il punto è all'interno dell'insieme di definizione non sto più prendendo un punto P nel quale passa la retta secante (come anche sul punto P_0 nel quale calcolo la derivata) ma mi sto muovendo in due direzioni .. mi risulta più facile capire il concetto del calcolo di derivata sul bordo di un insieme di definizione.Se qualcuno ha capito cosa intendo saprebbe spiegarmi??
ps : nel calcolo della derivata in un punto interno all'insieme di definizione si effettua un limite.Sul bordo dell'estremo di definizione si effettua un limite destro/sinistro.Ovviamente non è possibile muovere la variabile dove la funzione non è definita ma quando la muovo sia da destra che da sinistra perchè il punto è all'interno dell'insieme di definizione non sto più prendendo un punto P nel quale passa la retta secante (come anche sul punto P_0 nel quale calcolo la derivata) ma mi sto muovendo in due direzioni .. mi risulta più facile capire il concetto del calcolo di derivata sul bordo di un insieme di definizione.Se qualcuno ha capito cosa intendo saprebbe spiegarmi??
Risposte
Problema impegnativo. Le domande che ti poni sono alla base della comprensione dell'analisi
(in particolare di termini come "funzione", "variazione", "limite"...) e si trascinano da secoli.
Quella che segue è la risposta "moderna" (in cui non ci sono i $dx$, a solo i limiti...), probabilmente
non è una "spiegazione", ma è una formalizzazione dei concetti scritti sopra (da cui peraltro
seguono delle regole di uso di tali oggetti, dicendo indirettamente cosa sono).
Si comincia dalla nozione di funzione (su cui ci sarebbe molto da riflettere), cioè una relazione $f$
che a ogni punto del dominio, detto PER ESEMPIO $x$, associa un risultato $f(x)$ nel codominio [questo modo di vedere
suggerisce qualcosa di dinamico, in realtà una funzione è una tabella, di solito infinita, di coppie $(x,f(x))$
- che poi è il grafico].
Tra le funzioni ci sono le funzioni lineari o quelle affini in cui la dipendenza $x\mapsto f(x)$ è del tipo
$x\mapsto mx +q$, dove $m$ e $q$ sono delle costanti.
Data una funzione e un punto del dominio si definisce il limite (non sto a scrivere la definizione). Il
limite è un numero (eventualmente infinito - rimaniamo un po' imprecisi su questo punto). Dunque gli infiniti
valori $(x,f(x))$ e il punto $x_0$ "producono un numero $l$ secondo certe regole. Naturalmente questa operazione
vuole rappresentare l'idea intuitiva per cui, quando la variabile indipendente si avvicina al punto prefissato
[sto intenzionalmente evitando si usare i simboli $x$, $x_0$ e $f(x)$], allora il risultato della funzione si
avvicina all limite. Se queste formalizzazioni di funzione e limite corrispondano o meno alle idee intuitive che
vogliamo rappresentare è un problema filosofico di cui si può discutere, però una volta accettate le regole del gioco
bisogna mantenerle. Nota tra l'altro che passando dalla funzione al suo limite si perdono un sacco di informazioni
dato che da $l$ non si possono certo ricostruire gli infiniti $(x,f(x))$.
Usando questo punto di vista il resto è abbastanza ovvio. Presa una funzione reale di variabile reale, chiamiamola $f$,
e un punto del dominio, chiamiamolo $x_0$ possiamo considerare tutte le rette che passano per $(x_0,y_0)$, che hanno
la forma $g_m(x)=f(x_0)+m(x-x_0)$, al variare di $m$. Queste rette sono altre funzioni, come pure è una funzione il resto
$r_m(x):=f(x)-g_m(x)$. Possiamo dire PER DEFINIZIONE che una di queste rette approssima la funzione se
$\lim_{x\to x_0}\frac{r_m(x)}{x-x_0}=0$. Naturalmente queta definizione segue un'idea intuitiva, che di solito si esprime dicendo
che il numeratore $f(x)-g_m(x)$ tende a zero "più rapidamente" del denominatore, cioè della distanza di $x$ da $x_0$.
Però, anche qui, l'idea intuitiva è solo un appoggio, quello che conta operativamente è la definizione.
Possiamo sempre chiederci se questa definizione rispecchi l'intuizione, ma non è un problema strettamente matematico.
Se c'è un $m$ per cui la retta individuata da $g_m$ approssima f (nel punto $x_0$), questo $m$ deve coincidere
con il limite del rapporto incrementale, cioè deve essere la derivata di $f$ nel punto $x_0$.
Mi fermo qui per ora
(in particolare di termini come "funzione", "variazione", "limite"...) e si trascinano da secoli.
Quella che segue è la risposta "moderna" (in cui non ci sono i $dx$, a solo i limiti...), probabilmente
non è una "spiegazione", ma è una formalizzazione dei concetti scritti sopra (da cui peraltro
seguono delle regole di uso di tali oggetti, dicendo indirettamente cosa sono).
Si comincia dalla nozione di funzione (su cui ci sarebbe molto da riflettere), cioè una relazione $f$
che a ogni punto del dominio, detto PER ESEMPIO $x$, associa un risultato $f(x)$ nel codominio [questo modo di vedere
suggerisce qualcosa di dinamico, in realtà una funzione è una tabella, di solito infinita, di coppie $(x,f(x))$
- che poi è il grafico].
Tra le funzioni ci sono le funzioni lineari o quelle affini in cui la dipendenza $x\mapsto f(x)$ è del tipo
$x\mapsto mx +q$, dove $m$ e $q$ sono delle costanti.
Data una funzione e un punto del dominio si definisce il limite (non sto a scrivere la definizione). Il
limite è un numero (eventualmente infinito - rimaniamo un po' imprecisi su questo punto). Dunque gli infiniti
valori $(x,f(x))$ e il punto $x_0$ "producono un numero $l$ secondo certe regole. Naturalmente questa operazione
vuole rappresentare l'idea intuitiva per cui, quando la variabile indipendente si avvicina al punto prefissato
[sto intenzionalmente evitando si usare i simboli $x$, $x_0$ e $f(x)$], allora il risultato della funzione si
avvicina all limite. Se queste formalizzazioni di funzione e limite corrispondano o meno alle idee intuitive che
vogliamo rappresentare è un problema filosofico di cui si può discutere, però una volta accettate le regole del gioco
bisogna mantenerle. Nota tra l'altro che passando dalla funzione al suo limite si perdono un sacco di informazioni
dato che da $l$ non si possono certo ricostruire gli infiniti $(x,f(x))$.
Usando questo punto di vista il resto è abbastanza ovvio. Presa una funzione reale di variabile reale, chiamiamola $f$,
e un punto del dominio, chiamiamolo $x_0$ possiamo considerare tutte le rette che passano per $(x_0,y_0)$, che hanno
la forma $g_m(x)=f(x_0)+m(x-x_0)$, al variare di $m$. Queste rette sono altre funzioni, come pure è una funzione il resto
$r_m(x):=f(x)-g_m(x)$. Possiamo dire PER DEFINIZIONE che una di queste rette approssima la funzione se
$\lim_{x\to x_0}\frac{r_m(x)}{x-x_0}=0$. Naturalmente queta definizione segue un'idea intuitiva, che di solito si esprime dicendo
che il numeratore $f(x)-g_m(x)$ tende a zero "più rapidamente" del denominatore, cioè della distanza di $x$ da $x_0$.
Però, anche qui, l'idea intuitiva è solo un appoggio, quello che conta operativamente è la definizione.
Possiamo sempre chiederci se questa definizione rispecchi l'intuizione, ma non è un problema strettamente matematico.
Se c'è un $m$ per cui la retta individuata da $g_m$ approssima f (nel punto $x_0$), questo $m$ deve coincidere
con il limite del rapporto incrementale, cioè deve essere la derivata di $f$ nel punto $x_0$.
Mi fermo qui per ora
