Abraham Robinson e l'analisi non standard
Leibniz aveva calcolato le derivate introducendo il concetto di infinitesimo.
Weierstrass e Cauchy, avendo rilevato che gli infinitesimi di Leibniz erano diversi od oguali a zero a capriccio e secondo le necessità, li abolirono e riformularono l'Analisi, complicandola alquanto, introducendo la nozione di limite.
Nel 1966 Robinson ha ripreso il concetto di infinitesimo in questo modo:
chiamasi infinitesimo un numero dx tale che per ogni N naturale si ha che 0 minoredi dx minoredi 1/N.
Dicesi numero iperreale la somma di un numero reale (detto parte standard) e di un infinitesimo.
Nota che il numero iperreale dx è un punto isolato degli iperreali: tra 0 e dx non ci sono altri numeri, dunque l'insieme degli iperreali non è "continuo".
La derivata è definita come segue:
f'(x)=st((f(x+dx)-f(x))/dx),
con st si intende parte standard.
Vantaggi e pregi:
1) mi sembra un'analisi più attinente alla realtà fisica: due particelle che formano la materia possono essere vicine ad arbitrio, ma mai appiccicate. Inoltre in cinematica la velocità media è l'unica sperimentalmente osservabile, e la derivata secondo Robinson lo mette bene in evidenza.
2)è un'analisi molto molto più snella, avendo abolito la complicatissima nozione di limite. Molti teoremi diventano immediati.
Ci volevano tanti secoli per capirlo?
Weierstrass e Cauchy, avendo rilevato che gli infinitesimi di Leibniz erano diversi od oguali a zero a capriccio e secondo le necessità, li abolirono e riformularono l'Analisi, complicandola alquanto, introducendo la nozione di limite.
Nel 1966 Robinson ha ripreso il concetto di infinitesimo in questo modo:
chiamasi infinitesimo un numero dx tale che per ogni N naturale si ha che 0 minoredi dx minoredi 1/N.
Dicesi numero iperreale la somma di un numero reale (detto parte standard) e di un infinitesimo.
Nota che il numero iperreale dx è un punto isolato degli iperreali: tra 0 e dx non ci sono altri numeri, dunque l'insieme degli iperreali non è "continuo".
La derivata è definita come segue:
f'(x)=st((f(x+dx)-f(x))/dx),
con st si intende parte standard.
Vantaggi e pregi:
1) mi sembra un'analisi più attinente alla realtà fisica: due particelle che formano la materia possono essere vicine ad arbitrio, ma mai appiccicate. Inoltre in cinematica la velocità media è l'unica sperimentalmente osservabile, e la derivata secondo Robinson lo mette bene in evidenza.
2)è un'analisi molto molto più snella, avendo abolito la complicatissima nozione di limite. Molti teoremi diventano immediati.
Ci volevano tanti secoli per capirlo?
Risposte
"mysterium":
Nel 1966 Robinson ha ripreso il concetto di infinitesimo in questo modo:
chiamasi infinitesimo un numero dx tale che per ogni N naturale si ha che 0 minoredi dx minoredi 1/N.
cioè dx=0: un risultato degno di nota, non c'è che dire...
Beh se non viene utilizzata nelle applicazioni ci sarà qualche motivo...
Ad esempio, benché sia semplice ridimostrare i teoremi classici dell'analisi in questo ambito, temo che le cose si complichino notevolmente in dimensione maggiore di uno (parlo x sentito dire)...
Poi non sò se esistano gli equivalenti della teoria della misura e dell'analisi funzionale in analisi non standard. Senza questo "framework" è impensabile trattare i problemi moderni della matematica applicata...
Ad esempio, benché sia semplice ridimostrare i teoremi classici dell'analisi in questo ambito, temo che le cose si complichino notevolmente in dimensione maggiore di uno (parlo x sentito dire)...
Poi non sò se esistano gli equivalenti della teoria della misura e dell'analisi funzionale in analisi non standard. Senza questo "framework" è impensabile trattare i problemi moderni della matematica applicata...
"mysterium":
complicatissima nozione di limite
Complicatissima?

"mysterium":
Ci volevano tanti secoli per capirlo?
Ci sono voluti tanti secoli per riuscire a fondare rigorosamente l'analisi non standard. Gli strumenti indispensabili della teoria dei modelli sono diventati disponibili solo negli anni 50/60.
"Inmytime":
[quote="mysterium"]
Nel 1966 Robinson ha ripreso il concetto di infinitesimo in questo modo:
chiamasi infinitesimo un numero dx tale che per ogni N naturale si ha che 0 minoredi dx minoredi 1/N.
cioè dx=0: un risultato degno di nota, non c'è che dire...[/quote]
Attenzione: ho scritto che dx è strettamente compreso tra zero e 1/N, dunque NON è uguale a zero.
dx NON è un numero reale!
"david_e":
Beh se non viene utilizzata nelle applicazioni ci sarà qualche motivo...
Ad esempio, benché sia semplice ridimostrare i teoremi classici dell'analisi in questo ambito, temo che le cose si complichino notevolmente in dimensione maggiore di uno (parlo x sentito dire)...
Poi non sò se esistano gli equivalenti della teoria della misura e dell'analisi funzionale in analisi non standard. Senza questo "framework" è impensabile trattare i problemi moderni della matematica applicata...
In effetti si potrebbe pensare al vettore infinitesimo come vettore di modulo infinitesimo, ma definire una direzione come "infinitesima" mi sembra un po' arduo!

"Sandokan.":
[quote="mysterium"]complicatissima nozione di limite
Complicatissima?

"mysterium":
Ci volevano tanti secoli per capirlo?
Ci sono voluti tanti secoli per riuscire a fondare rigorosamente l'analisi non standard. Gli strumenti indispensabili della teoria dei modelli sono diventati disponibili solo negli anni 50/60.[/quote]
Beh, il limite è molto più facile a farsi che a dirsi.
Mi sono sempre chiesto come mai un concetto intuitivamente immediato come il limite necessitasse di una definizione un po' contorta, per quanto rigorosa. Senza parlare delle dimostrazioni di teoremi graficamente evidenti come quello di Weierstrass...
Esempio: il limite del prodotto è uguale al prodotto dei limiti.
Un po' antintuitivo e complicato dimostrarlo in modo standard...
Attenzione: ho scritto che dx è strettamente compreso tra zero e 1/N, dunque NON è uguale a zero.
dx NON è un numero reale!
d'accordo, allora non chiamarlo numero: per chi non conosce la teoria, questo può creare confusione. io personalmente la conosco solo per sentito dire, per cui non mi sbilancio in giudizi. mi pareva solo il caso di sottolineare l'abuso lessicale, tutto qui...
"mysterium":
Ci volevano tanti secoli per capirlo?
Per quel poco che so, trovo l'analisi non standard molto elegante. L'idea di base è semplice, ed è vero che molte definizioni sono più "naturali" rispetto all'analisi classica.
Quanto alla tua domanda... ti rispondo con altre domande. Era davvero così difficile associare ad un punto in un piano due coordinate? Eppure da Pitagora a Cartesio passano due millenni!
E poi... Era davvero così difficile capire che esistono anche funzioni discontinue? Che una funzione può essere continua ma non derivabile? Che una funzione può essere infinitamente derivabile, ma non sviluppabile in serie di Taylor? Che esistono anche altre funzioni, oltre a quelle analitiche? Che una serie di funzioni non necessariamente converge? Era davvero così difficile capire che non è possibile estendere agli insiemi infiniti le proprietà degli insiemi finiti? Eppure, per capire queste cose sono passati secoli, e fior di matematici, da Euler a Lagrange a Cauchy, hanno preso delle cantonate tremende (che oggi farebbero bocciare uno studente di Analisi 1 che sbagliasse queste cose all'esame!).
Una cosa, quando l'hai capita, è "facile", ma quello è il senno di poi!
Ciao,
L.
P.S. Se ti interessa consocere lo sviluppo storico di alcuni concetti dell'analisi (e vedere quanti "errori" sono stati compiuti dai matematici prima di arrivare alla formulazione "definitiva"): http://www.lorenzopantieri.net/LaTeX_fi ... uzioni.pdf
Anche io conosco molto poco l'Analisi Non-Standard, la trovo una teoria molto elegante, tuttavia voglio fare l'avvocato del diavolo... 
E' vero che molte definizioni e teoremi dell'analisi non-standard risultano più semplici degli equivalenti dell'analisi classica, ma a quale prezzo? Tutta la complessità è stata trasferita sui "numeri", a tal punto che per confrontare due iperreali è necessario ricorrere a oggetti come gli ultra-filtri, ovvero è necessario effettuare un numero infinito di operazioni... per quanto "antipatica" sia la definizione di limite, a questo punto, vale veramente la pena di costruire una ambientazione così complicata solo per semplificarla un po'?
Poi, io trovo che la teoria della misura già sia sufficientemente complicata a causa della ricchezza di $RR$ in ambito standard, mi chiedo che razza di oggetti possiamo aspettarci di trovare nell'insieme delle parti degli iperreali. Che cosa può diventare uno spazio L^p(*IR)?!? (mi pare sia *IR la notazione per l'insieme dei numeri iperreali).
Secondo me l'analisi non-standard è un'ottima scuola di pensiero e aiuta a comprendere meglio l'analisi classica, perché, magari, alcuni concetti sono più semplici da capire pensando in modo non-standard, ma per le applicazioni un po' più sofisticate temo risulti troppo complicata.
*** EDIT ***
Poi fare un corso vero e non naive sull'analisi non-standard al posto di Analisi I mi sembra una follia.

E' vero che molte definizioni e teoremi dell'analisi non-standard risultano più semplici degli equivalenti dell'analisi classica, ma a quale prezzo? Tutta la complessità è stata trasferita sui "numeri", a tal punto che per confrontare due iperreali è necessario ricorrere a oggetti come gli ultra-filtri, ovvero è necessario effettuare un numero infinito di operazioni... per quanto "antipatica" sia la definizione di limite, a questo punto, vale veramente la pena di costruire una ambientazione così complicata solo per semplificarla un po'?
Poi, io trovo che la teoria della misura già sia sufficientemente complicata a causa della ricchezza di $RR$ in ambito standard, mi chiedo che razza di oggetti possiamo aspettarci di trovare nell'insieme delle parti degli iperreali. Che cosa può diventare uno spazio L^p(*IR)?!? (mi pare sia *IR la notazione per l'insieme dei numeri iperreali).
Secondo me l'analisi non-standard è un'ottima scuola di pensiero e aiuta a comprendere meglio l'analisi classica, perché, magari, alcuni concetti sono più semplici da capire pensando in modo non-standard, ma per le applicazioni un po' più sofisticate temo risulti troppo complicata.
*** EDIT ***
Poi fare un corso vero e non naive sull'analisi non-standard al posto di Analisi I mi sembra una follia.
"david_e":
E' vero che molte definizioni e teoremi dell'analisi non-standard risultano più semplici degli equivalenti dell'analisi classica, ma a quale prezzo? Tutta la complessità è stata trasferita sui "numeri", a tal punto che per confrontare due iperreali è necessario ricorrere a oggetti come gli ultra-filtri, ovvero è necessario effettuare un numero infinito di operazioni... per quanto "antipatica" sia la definizione di limite, a questo punto, vale veramente la pena di costruire una ambientazione così complicata solo per semplificarla un po'?
...
Poi fare un corso vero e non naive sull'analisi non-standard al posto di Analisi I mi sembra una follia.
Vero: la definizione dell'insieme dei numeri iperreali (come insieme quoziente rispetto ad una "particolare" relazione di equivalenza sull'insieme delle successioni a valori razionali) è molto "astratta". Non credo proprio che una definizione così sia alla portata dello studente "medio" che frequenta un corso di Analisi 1!
Didatticamente parlando, sono d'accordo con te: la "complessità" della materia viene scaricata sull'insieme degli iperreali, mentre i concetti di fondo sono più semplici (il limite non esiste, più semplice di così! La derivata è la parte standard del rapporto incrementale; l'integrale è una somma di infiniti termini infinitesimi: bellissimo!).
Non credo proprio che qualcuno stia pensando di sostituire l'analisi classica con quella non-standard. Però un bel corso di approfondimento, per un matematico, ci può stare!
Ciao,
L.
e le equazioni differenziali... e la delta di dirac.... tutte le teorie sulle trasformate.... ????
"Supalova10":
e le equazioni differenziali... e la delta di dirac.... tutte le teorie sulle trasformate.... ????
Per quel poco che ne so, analisi classica e analisi non-standard sono teorie equivalenti: ad un teorema dell'una corrisponde un analogo teorema dell'altra. L'unica differenza tra le teorie è nella loro diversa impostazione.
Ciao,
L.
"mysterium":
...Nel 1966 Robinson ha ripreso il concetto di infinitesimo in questo modo:
chiamasi infinitesimo un numero dx tale che per ogni N naturale si ha che 0 minoredi dx minoredi 1/N.
Dicesi numero iperreale la somma di un numero reale (detto parte standard) e di un infinitesimo.
A mio modo di vedere, non c'è ragione di pensare agli infinitesimi come dei numeri.
Un infinitesimo, denotabile con $\epsilon$ oppure con $\Delta x$, è semplicemente una variabile che può essere sostituita con una qualsiasi successione infinitesima.
L'unico sforzo necessario è capire la definizione di successione infinitesima (positiva): una funzione $\epsilon_n$, definita sui numeri naturali, che assume definitivamente valori minori di qualunque numero positivo a (definitivamente significa per tutti gli indici n maggiori di un certo numero N che dipende dalla scelta di a).
A questo punto è semplicissimo mostrare decine di esempi di infinitesimi (sia positivi che negativi). Si può anche completare l'insieme degli infinitesimi aggiungendo lo 0, inteso come la successione $0_n = 0$ per ogni n. Si fa vedere facilmente che somme, differenze e prodotti di infinitesimi producono infinitesimi.
Il quoziente di due infinitesimi $\epsilon / \eta$ , con $\eta$ diverso da 0, può produrre invece uno dei tre risultati seguenti:
1) un infinitesimo, e allora si dice che $\epsilon$ è di ordine superiore a $\eta$
2) un numero reale non nullo + un infinitesimo, e allora si dice che $\epsilon$ e $\eta$ sono dello stesso ordine
3) un infinito (cioè il reciproco $1/\omega$ di un infinitesimo $\omega$, e allora si dice che $\eta$ è di ordine superiore a $\epsilon$
Il problema nell'uso degli infinitesimi alla maniera di Leibniz non sta tanto nel darne una definizione, quanto piuttosto nel giustificare una regola di "cancellazione" come questa:
$a + sin(\Deltax) = a+\Deltax = a + 0 = a$
A mio avviso, si tratta di un problema di semantica dei simboli (in assenza del concetto di limite).
Se stiamo interpretando i simboli qui sopra come successioni di numeri reali, allora non è giustificata nessuna cancellazione, perché le uguaglianze nemmeno sussistono.
Se invece i simboli qui sopra vogliono rappresentare due successioni che appartengono a una stessa classe di equivalenza, allora usare l'una o l'altra è indifferente. In tal caso l'uguaglianza va interpretata come un'equivalenza, e la regola di cancellazione è valida.
Non mi pare che sia necessario definire una classe di numeri iperreali per ottenere la stessa cosa.
p.s. Non userei la notazione $dx$ prima di aver introdotto la definizione di differenziale di una funzione.
Se si vuole essere coerenti con l'impostazione di Leibniz, allora si deve fondare il calcolo sul concetto di differenziale, e non di derivata (che da esso deriva, appunto).