Qualche def. di funzione parziale e di funzione totale

garnak.olegovitc1
Salve a tutti,
per la prima volta trovo scritto su un testo di algebra "funzione parziale", ho capito che questa è una funzione ma non riesco capire cosa ha di diverso o di particolare, purtroppo nel testo non è spiegato. Ma trovo anche "funzione totale". Insomma sia l'una che l'altra sono funzioni ma che cosa hanno di particolare?
Ringrazio anticipatamente! Intanto googlo un pò sul web :-D :-D
Cordiali saluti

Risposte
G.D.5
Siamo abituati a definire le applicazioni come corrispondenze tra insiemi non vuoti tali che per ogni elemento del primo insieme esista uno ed un solo elemento del secondo insieme tale che la coppia ordinata di prima coordinata l'elemento del primo insieme e seconda coordinata l'elemento del secondo insieme appartenga al grafico dell'applicazione.

In questo senso, la corrispondenza considerata deve sostanzialmente avere due connotazioni:
• essere definita su ogni elemento del primo insieme (dominio);
• essere univoca per gli elementi su cui essa è definita.

Un'applicazione parziale manca della prima connotazione. Laddove si introduca questa notazione (i.e. quella di applicazione parziale), un'applicazione si dice totale quando non manca della prima connotazione, ovvero quando è così come ordinariamente la si concepisce.

Per esempio: la corrispondenza di \(\mathbb{N}\) in \(\mathbb{N}\) definita dall'assegnazione \(x \mapsto \sqrt{x}\), non è un'applicazione nel senso ordinario della definizione giacché se \(x\) non è un quadrato perfetto la sua radice quadrata non è un numero naturale. Allora questa corrispondenza si può chiamare applicazione parziale, laddove noi siamo abituati a non considerarla un'applicazione. Chiamando questa corrispondenza in questo modo, la corrispondenza di \(\mathbb{N}\) in \(\mathbb{N}\) definita dall'assegnazione \(x \mapsto x+1\) è un'applicazione totale, laddove noi siamo abituati a chiamarla semplicemente applicazione.

Almeno questo è quello che ho imparato io, poi non so se esistono significati più precisi o particolari.

maurer
Aggiungo che, almeno classicamente, sono importanti le funzioni parziali per quanto non siamo così abituati a lavorarci. Ad esempio le applicazioni birazionali in geometria algebrica sono fondamentali: la classificazione delle curve viene (solitamente) fatta a meno di applicazioni birazionali. E le funzioni birazionali sono definite fuori da un chiuso (di Zariski).

Immagino che possano servire anche in altri settori della matematica, comunque.

hamming_burst
"maurer":
Immagino che possano servire anche in altri settori della matematica, comunque.

in informatica teorica son importanti. es. in semantica, calcolabilità con le funzioni ricorsive...

Piccola nota:
una funzione parziale può esser espressa come funzione totale aggiungendo un valore speciale al codominio.

es. \(\text{WiZaRd}: \mathbb{N} \rightharpoonup \mathbb{N}\) tk. \(\text{WiZaRd}(x)\downarrow = \sqrt x\)

$\downarrow$ sta per definita, per considerare solo le $x in P(x)$ dove $P()$ sone le proprietà scritte sopra (quadrato perfetto ....).

si può ridurre a funzione totale estendendo il codominio con un valore indefinito $\bot$.

\(\text{WiZaRd}^+: \mathbb{N} \rightarrow \mathbb{N}\cup \{\bot\}\)

tk. \(\text{WiZaRd}^+(x) =\) ${(\sqrt x\ if \x in P(x)),(\bot\ \text{other}):}$

maurer
Questo espediente formale a volte è particolarmente importante, altre volte però si rivela privo di un "vero significato". Ad esempio, le funzioni meromorfe su una superficie di Riemann possono essere interpretate come funzioni a valori in [tex]\mathbb P^1_\mathbb{C}[/tex], quindi si sta usando il trick suggerito da hamming_burst aggiungendo come valore speciale l'infinito.

Tuttavia, in dimensione maggiore di 1, benché sia sempre fattibile a livello formale, non si rispecchia più l'intuizione geometrica e quindi diventa, in questo contesto, un po' vuoto di significato.

hamming_burst
"maurer":
Questo espediente formale a volte è particolarmente importante, altre volte però si rivela privo di un "vero significato". Ad esempio, le funzioni meromorfe su una superficie di Riemann possono essere interpretate come funzioni a valori in [tex]\mathbb P^1_\mathbb{C}[/tex], quindi si sta usando il trick suggerito da hamming_burst aggiungendo come valore speciale l'infinito.

hai detto giusto è proprio un trick :D
Senza andar troppo OT, posso chiederi per cosa sta la notazione [tex]\mathbb P^1_\mathbb{C}[/tex]?

Tuttavia, in dimensione maggiore di 1, benché sia sempre fattibile a livello formale, non si rispecchia più l'intuizione geometrica e quindi diventa, in questo contesto, un po' vuoto di significato.

al contrario in semantica è una cosa che, a mio parere, parecchio fondamentale.
Essendoci una corrispondenza biunivoca tra la funzione parziale e la funzione totale riscritta, avere quella riduzione fa in modo che si possa parlare di funzione continua totale. Cioè si riesce ad avere la proprietà di continuità gratuitamente (sotto certe proprietà e strutture algebriche, si generano delle strutture chiamate spazi di funzione). Se corrisposta alla continuità dell'analisi che non è così facile da avere sempre, non è cosa da poco :-)

j18eos
Il simbolo \(\mathbb{P}^1_{\mathbb{C}}\) indica lo spazio proiettivo di dimensione \(1\) su \(\mathbb{C}\), o più sinteticamente indica la retta proiettiva complessa.

Non saprei dirti quanto sia corretto ciò che è scritto su wikipedia.en sugli spazi proiettivi complessi!

maurer
"hamming_burst":

Senza andar troppo OT, posso chiederi per cosa sta la notazione [tex]\mathbb P^1_\mathbb{C}[/tex]?

Come dice j18eos. Rapidamente, la costruzione è identica a quella dello spazio proiettivo reale, se lo conosci. Se non lo conosci, l'idea è questa (facciamo il caso reale perché per lo meno puoi visualizzarlo entro certi limiti): tu consideri uno spazio vettoriale, ad esempio il piano [tex]\mathbb R^2[/tex], lo privi dell'origine e poi introduci una relazione di equivalenza: due punti sono equivalenti se sono allineati con l'origine. La classe di equivalenza è per definizione la retta proiettiva reale.
Un altro modo per ottenerlo è: parti dalla retta reale e aggiungi un punto all'infinito (se vogliamo, in questo caso, stiamo facendo la compattificazione di Alexandrov). Più in generale, se consideriamo lo spazio vettoriale [tex]V[/tex] di dimensione n, aggiungi un "punto all'infinito" per ogni sottospazio di dimensione n-1.
Questa costruzione può essere ovviamente generalizzata: se invece di considerare i sottospazi di dimensione n-1 consideri quelli di dimensione k, ottieni la grassmaniana di ordine k.

"hamming_burst":

al contrario in semantica è una cosa che, a mio parere, parecchio fondamentale.
Essendoci una corrispondenza biunivoca tra la funzione parziale e la funzione totale riscritta, avere quella riduzione fa in modo che si possa parlare di funzione continua totale. Cioè si riesce ad avere la proprietà di continuità gratuitamente (sotto certe proprietà e strutture algebriche, si generano delle strutture chiamate spazi di funzione). Se corrisposta alla continuità dell'analisi che non è così facile da avere sempre, non è cosa da poco :-)

Questo è interessante, ma non ti seguo molto bene perché non so esattamente cosa sia la semantica. E' legata alla teoria dei modelli e all'interpretazioni delle formule del prim'ordine?

hamming_burst
"maurer":
Come dice j18eos. Rapidamente, la costruzione è identica a quella dello spazio proiettivo reale, se lo conosci. Se non lo conosci, l'idea è questa (facciamo il caso reale perché per lo meno puoi visualizzarlo entro certi limiti): tu consideri uno spazio vettoriale, ad esempio il piano [tex]\mathbb R^2[/tex], lo privi dell'origine e poi introduci una relazione di equivalenza: due punti sono equivalenti se sono allineati con l'origine. La classe di equivalenza è per definizione la retta proiettiva reale.
Un altro modo per ottenerlo è: parti dalla retta reale e aggiungi un punto all'infinito (se vogliamo, in questo caso, stiamo facendo la compattificazione di Alexandrov). Più in generale, se consideriamo lo spazio vettoriale [tex]V[/tex] di dimensione n, aggiungi un "punto all'infinito" per ogni sottospazio di dimensione n-1.
Questa costruzione può essere ovviamente generalizzata: se invece di considerare i sottospazi di dimensione n-1 consideri quelli di dimensione k, ottieni la grassmaniana di ordine k.

ti ringrazio, di sicuro non ho compreso a pieno, però un'intuizione c'è :-)

lo privi dell'origine e poi introduci una relazione di equivalenza: due punti sono equivalenti se sono allineati con l'origine

questo "inserimento" mi ricorda troppo un capitolo di un argomento che incontrai poco tempo fa. Forse dirò eresie o non c'etra nulla, ma lo chiedo: c'è una relazione con gli open set della topologia, in pratica una loro applicazione in questo argomento?

Questo è interessante, ma non ti seguo molto bene perché non so esattamente cosa sia la semantica. E' legata alla teoria dei modelli e all'interpretazioni delle formule del prim'ordine?

La semantica a cui mi riferisco è quella dell'Informatica teorica, in particolare la semantica denotazionale standard che utilizza particolari strutture algebriche chiamate CPO con minimo. Se vuoi i CPO vedili come dei POSET con la caratteristica che ogni catena al suo interno ha LUB (poset completi), oppure vedili come dei reticoli dove basta solo il LUB (in effetti ci son semantiche che utilizzano proprio i reticoli...).
Ed hai visto giusto alcuni teoremi utilizzano definizioni della teoria dei modelli :)

L'insieme delle regole che si basano sulle formulazioni del prim'ordine è anch'essa una semantica (diversa da quella che utilizzo io) mi pare vada sotto il nome di $\nu$-calcolo (o $\mu$-calcolo dovrei controllare).

Per legarci alle funzioni parziali, tramite quella riduzione a funzioni totali si creano degli spazi di funzione, questi spazi si dice essere ancora dei CPO, cioè diventano delle strutture algebriche malleabili con le stesse definizioni dei CPO normali. La continuità poi è così importante che se non fosse garantita certi linguaggi di programmazione manco esisterebbero. Ma qui oramai siamo più OT del fuori OT, ma tant'è :)

maurer
"hamming_burst":

questo "inserimento" mi ricorda troppo un capitolo di un argomento che incontrai poco tempo fa. Forse dirò eresie o non c'etra nulla, ma lo chiedo: c'è una relazione con gli open set della topologia, in pratica una loro applicazione in questo argomento?

No direi di no. Fino a questo punto la costruzione è puramente algebrica. Poi lo spazio proiettivo diventa uno spazio topologico (infatti, diventa addirittura una varietà differenziabile se siamo sui reali, una varietà complessa se siamo sui complessi) quando lo si doti della topologia quoziente rispetto alla mappa di proiezione [tex]\mathbb R^{n+1} \setminus \{\mathbf 0\} \to \mathbb P^n_{\mathbb R}[/tex]. E d'altra parte lo spazio proiettivo può essere dotato anche della topologia di Zariski (vedendolo come il Proj sull'anello dei polinomi in n+1 variabili, ma questa è roba di geometria degli schemi!). E' significativa, in sostanza, per il GAGA. Un esempio significativo che ha il pregio di non scomodare paroloni per essere enunciato: il lemma di Chow. Ogni sottovarietà analitica di [tex]\mathbb P^n_\mathbb{C}[/tex] è il luogo degli zeri di un ideale di polinomi omogenei. Stunning!

garnak.olegovitc1
Salve a tutti quanti :-D ,
googlando un pò sul web e leggendo le vostre risposte penso di aver capito. In sostanza, data una relazione binaria $C sube AxxB$, questa è una funzione binaria se $AAx,AAy,AAz( in C ^^ in C -> y=z)$, definendo il dominio di $C$ ($dom{C}$ utilizzo le parentesi graffe perchè è più sfizioso), alla maniera non dei category theorists, come l'insieme ${x|EEy( in C)}$, allora se $dom{C} sube A$ la funzione binaria è parziale, mentre se $dom{C} = A$ la funzione binaria è totale (si dice anche "ovunque definita in $A$").
Penso di non aver fatto errori. Una conferma mi sarebbe di grande aiuto! :?:
Anche perchè in una funzione parziale si include la possibilità che $dom{C}=A$ visto che per def. $dom{C} sube A$, e quindi una funzione totale è anche una funzione parziale?...
Per es., le operazioni interne ed esterne binarie vengono presentate, inizialmente, come funzioni totali, giusto?
Ringrazio anticipatamente! :)
Cordiali saluti

maurer
E' sostanzialmente corretto quello che hai detto. Visto che ti piace scrivere in formule, possiamo dire che:
[list=1]
[*:2p348eyt] una relazione [tex]C \subseteq A \times B[/tex] è ovunque definita se la formula chiusa [tex]\forall x \in A \exists y \in B \mid \langle x, y \rangle \in C[/tex] è vera (nel modello che stiamo considerando);[/*:m:2p348eyt]
[*:2p348eyt] una relazione [tex]C \subseteq A \times B[/tex] è funzionale se la formula chiusa [tex]\forall x \in A \: \forall y \in A \: \forall z \in B ((\langle x,z \rangle \in C \land \langle y, z \rangle \in C) \rightarrow x = y)[/tex];[/*:m:2p348eyt][/list:o:2p348eyt] è vera (nel modello che stiamo considerando).
Una relazione si dirà funzione (totale) se è ovunque definita e funzionale. Una relazione si dirà funzione parziale se è (a priori) solo funzionale.

garnak.olegovitc1
Salve maurer,

"maurer":
E' sostanzialmente corretto quello che hai detto. Visto che ti piace scrivere in formule, possiamo dire che:
[list=1]
[*:f9x1dhli] una relazione [tex]C \subseteq A \times B[/tex] è ovunque definita se la formula chiusa [tex]\forall x \in A \exists y \in B \mid \langle x, y \rangle \in C[/tex] è vera (nel modello che stiamo considerando);[/*:m:f9x1dhli]
[*:f9x1dhli] una relazione [tex]C \subseteq A \times B[/tex] è funzionale se la formula chiusa [tex]\forall x \in A \: \forall y \in A \: \forall z \in B ((\langle x,z \rangle \in C \land \langle y, z \rangle \in C) \rightarrow x = y)[/tex];[/*:m:f9x1dhli][/list:o:f9x1dhli] è vera (nel modello che stiamo considerando).
Una relazione si dirà funzione (totale) se è ovunque definita e funzionale. Una relazione si dirà funzione parziale se è (a priori) solo funzionale.


mi assicuri quindi che è del tutto equivalente a ciò detto da me nel precedente messaggio? Se così fosse allora ho la risposta all'esclamazione "Una conferma mi sarebbe di grande aiuto!".
Ed in merito alle altre mie domande:

"garnak.olegovitc":

Anche perchè in una funzione parziale si include la possibilità che $dom{C}=A$ visto che per def. $dom{C} sube A$, e quindi una funzione totale è anche una funzione parziale?...
Per es., le operazioni interne ed esterne binarie vengono presentate, inizialmente, come funzioni totali, giusto?
Ringrazio anticipatamente! :)
Cordiali saluti


mi puoi dire qualcosa? Sono giuste o vere?
Ringrazio anticipatamente!

Cordiali saluti

garnak.olegovitc1
Salve maurer,
riguardando un pò meglio, sono un pò perplesso :? :? , non sò su che cosa ma su qualcosa che mi sfugge sicuramente, sia di quello che ho scritto io sia di quello che hai scritto tu (con tutto il rispetto nei tuoi confronti).....
Dannazione, devo pensarci! :smt023 :smt023
Cordiali saluti

maurer
Ripeto, quello che hai scritto tu è giusto ed è equivalente a quello che ho scritto io.

Non mi è chiaro cosa ti lascia perplesso. Cerca di esprimere meglio il tuo dubbio.

In ogni caso, se la cosa che ti disturba è che le funzioni parziali possono essere totali, boh, non mi sembra un gran problema. Voglio dire, quante volte capita di fare discorsi del tipo "se [tex]f,g \colon \mathbb R \to \mathbb R[/tex] sono funzioni tali che [tex]f(x) \le g(x)[/tex] per ogni [tex]x \in \mathbb R[/tex] allora bla bla bla". Lì ci metti una disuguaglianza larga perché vuol dire che non ti interessa a priori che sia sempre stretta. Semplicemente stai considerando una situazione più vasta di casi!

Oppure: "sia [tex]G[/tex] un gruppo". In questo caso non scrivo "non necessariamente commutativo". Se non dico che è commutativo, è implicito che può non esserlo.

In matematica c'è sempre questa sottile linea: Grothendieck diceva (giustamente) che l'intera matematica è completamente banale, perché ogni affermazione segue in modo ovvio dalla riga precedente. Il problema è che se scrivessimo tutto il volume occupato diventerebbe enorme; davvero, è obiettivamente meglio essere un po' più elastici mentalmente e imparare a lasciar correre su certe distinzioni che non portano nulla di nuovo alla matematica! (Non è una predica, ma è un discorso che mi sento in dovere di ripeterti una volta ogni 3 post! :-D)

garnak.olegovitc1
Salve maurer,
la mia perplessità non è tanto nelle formalizzazioni da te poste, equivalenti alle mie, ma nell'approccio intuitivo seppur banale che cerco di intravedere in queste... E poi, cerco sempre di formalizzare le cose in modo da essere facilmente applicabili ai casi più generali senza creare, o avere, equivoci in questi....
Perdonami se mi sono espresso male, rileggendo il precedente messaggio vi è ragione di bacchettarmi per la mia, ammetto, maniacale scrupolisità (o altro).... ma il "pensarci" da me era inteso solamente come una mia visione d'insieme, non tanto come dubbio sulle tue delucidazioni. :smt023 :smt023 :smt023 :smt023 :smt023 :smt023 :smt023 :smt023
Cordiali saluti

P.S.=Per quanto riguarda sull'elasticità mentale condivido in parte come non in altra parte :-D :-D . Ma questa è un'altra storia.

maurer
Ok, ma non ho capito: hai risolto, adesso, o no?

Vedi, l'intuizione è una delle cose più difficili da imparare. Ogni volta che si inizia a studiare una nuova disciplina matematica ci sono 3 step fondamentali che vanno affrontati (secondo me):
[list=1]
[*:39m2tf7n] acquisizione del formalismo della disciplina;[/*:m:39m2tf7n]
[*:39m2tf7n] acquisizione di dimestichezza con i ragionamenti tipici della disciplina;[/*:m:39m2tf7n]
[*:39m2tf7n] acquisizione di un'intuizione interna alla disciplina.[/*:m:39m2tf7n][/list:o:39m2tf7n]
Sono in ordine di difficoltà. senza passare da 2. Questo percorso è corrisposto dal proprio atteggiamento quando si ragiona e si parla della disciplina in questione:
[list=1]
[*:39m2tf7n] nella prima fase si tende ad essere formali fino all'estremo perché, non sapendo come immaginarsi i concetti, ci si appiglia all'unica cosa disponibile, il formalismo;[/*:m:39m2tf7n]
[*:39m2tf7n] nella seconda fase si rilassa leggermente il formalismo; le notazioni tendono a semplificarsi un po' perché diventa chiaro che molte cose si possono dedurre dal contesto senza creare confusione;[/*:m:39m2tf7n]
[*:39m2tf7n] nella terza fase si ha l'epifania e si capisce come le cose vadano visualizzate; in questo momento si può rilassare quasi completamente il formalismo nei propri documenti, avendo la certezza di saper formalizzare correttamente all'occorrenza.[/*:m:39m2tf7n][/list:o:39m2tf7n]
Naturalmente l'intuizione da applicare varia moltissimo da disciplina a disciplina. Ogni volta è un lavoro nuovo (entro certi limiti di cui non voglio discutere qui).

La mia intuizione riguardante le "funzioni" (ossia le funzioni di insiemi) consiste semplicemente nei diagrammi di Eulero-Venn. E nella rappresentazione diagrammatica tipica delle categorie.

Facciamo un esempio concreto, più interessante della scrittura in simboli. Supponi che [tex]f \colon X \to Y[/tex] sia una funzione totale e che [tex]A \subsetneq X[/tex] sia un sottoinsieme proprio di [tex]X[/tex]. Che cos'è la restrizione di [tex]f[/tex] ad [tex]A[/tex]? E' una funzione parziale su X?

garnak.olegovitc1
Salve maurer,

"maurer":
. Supponi che [tex]f \colon X \to Y[/tex] sia una funzione totale e che [tex]A \subsetneq X[/tex] sia un sottoinsieme proprio di [tex]X[/tex]. Che cos'è la restrizione di [tex]f[/tex] ad [tex]A[/tex]? E' una funzione parziale su X?


ci provo, visto che per ipotesi la $f$ è totale e quindi $dom(f)=X$ allora, mi viene da dire intuitivamente che, anche la restrizione $f:A->Y$ è totale. :roll: :roll:


Penso invece che se $f:X->Y$ era parziale, la restrizione $f:A->Y$ potrebbe essere totale se si sceglie $A$ opportunamente, ovvero con il $dom(f)=A$. :roll: :roll:

Giusto?


Cordiali saluti

maurer
Giusto. E, vorrei sottolineare, se [tex]i \colon A \to X[/tex] è l'inclusione di [tex]A[/tex] in [tex]X[/tex], la mappa [tex]f_{\mid A}[/tex] è semplicemente [tex]f \circ i[/tex]. Quindi la giustificazione del fatto che la restrizione è totale che avrei voluto sentirti dire era: "sì perché la composizione di funzioni totali è totale".

Comunque va bene, ma trovo (intuitivamente) più chiaro il modo in cui l'ho detto adesso.

garnak.olegovitc1
Salve maurer,

"maurer":
Giusto. E, vorrei sottolineare, se [tex]i \colon A \to X[/tex] è l'inclusione di [tex]A[/tex] in [tex]X[/tex], la mappa [tex]f_{\mid A}[/tex] è semplicemente [tex]f \circ i[/tex]. Quindi la giustificazione del fatto che la restrizione è totale che avrei voluto sentirti dire era: "sì perché la composizione di funzioni totali è totale".

Comunque va bene, ma trovo (intuitivamente) più chiaro il modo in cui l'ho detto adesso.


vero, potevo usare la def. di funzione di inclusione, è molto meno intuitivo.. :smt023 :smt023
Cordiali saluti

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