Polinomi
Sto cercando di riprendere l'argomento sui polinomi per capirne un pò di più.
Nella mia dispensa sono definiti come "una qualunque" espressione della forma [tex]a(x)=a_0 + a_1 x+ a_2 x^2 + ... +a_n x^n[/tex] con coefficienti complessi. Per maggiore generalità si denota l'insieme dei polinomi come [tex]\mathbb{K}[x][/tex] dove [tex]\mathbb{K}[/tex] è un generico campo, su cui poi si definiscono somma e prodotto tra polinomi, che dotano [tex]\mathbb{K}[/tex] della struttura di anello. Bene. Successivamente ci si riferisce ai polinomi come a delle successioni a supporto finito (in altri testi vengono chiamate successioni definitivamente nulle), cioè del tipo [tex](a_0,a_1,a_2, ... a_n,0,0,...)[/tex], ne viene definito il relativo anello [tex]\mathbb{K}^{(\mathbb{N})}[/tex] con le relative operazioni binarie di addizione e moltiplicazione, e questa struttura e isomorfa con la precedente.
Ora dato che quest'ultima definizione di polinomio sembra sia quella formale, vorrei capire quali "migliorie" ha rispetto alla precedente. Il fatto di denotare un polinomio come ennupla dei suoi coefficienti che vantaggi da, a parte non "vedere" l'incognita [tex]x[/tex]?
Grazie e scusate se l'argomento è banale, ma vorrei capirlo.
Nella mia dispensa sono definiti come "una qualunque" espressione della forma [tex]a(x)=a_0 + a_1 x+ a_2 x^2 + ... +a_n x^n[/tex] con coefficienti complessi. Per maggiore generalità si denota l'insieme dei polinomi come [tex]\mathbb{K}[x][/tex] dove [tex]\mathbb{K}[/tex] è un generico campo, su cui poi si definiscono somma e prodotto tra polinomi, che dotano [tex]\mathbb{K}[/tex] della struttura di anello. Bene. Successivamente ci si riferisce ai polinomi come a delle successioni a supporto finito (in altri testi vengono chiamate successioni definitivamente nulle), cioè del tipo [tex](a_0,a_1,a_2, ... a_n,0,0,...)[/tex], ne viene definito il relativo anello [tex]\mathbb{K}^{(\mathbb{N})}[/tex] con le relative operazioni binarie di addizione e moltiplicazione, e questa struttura e isomorfa con la precedente.
Ora dato che quest'ultima definizione di polinomio sembra sia quella formale, vorrei capire quali "migliorie" ha rispetto alla precedente. Il fatto di denotare un polinomio come ennupla dei suoi coefficienti che vantaggi da, a parte non "vedere" l'incognita [tex]x[/tex]?
Grazie e scusate se l'argomento è banale, ma vorrei capirlo.
Risposte
Sostanzialmente , penso, di giustificare , eliminare, la dicitura "scrittura formale".
Il percorso naturale tuttavia sarebbe definire i polinomi come successioni definitivamente nulle e poi introdurre la "scrittura formale". Ciò aiuterebbe a far capire, che alla fin fine, i gradi e le x non sono nient'altro che segnaposti.
Il percorso naturale tuttavia sarebbe definire i polinomi come successioni definitivamente nulle e poi introdurre la "scrittura formale". Ciò aiuterebbe a far capire, che alla fin fine, i gradi e le x non sono nient'altro che segnaposti.
Mi sembra riduttiva la cosa, voglio dire che se vedo un polinomio come funzione [tex]a(x)[/tex], dove l'immagine dipende proprio dall'incognita (sia come quantità e sia come grado), allora non riesco a "vederli" solo come segnaposti.
Anche io partirei dall'insieme delle successioni definitivamente nulle. [...] Dopo le dovute verifiche ed osservazioni, si scopre che un polinomio si può scrivere anche come $p = a_0 + a_1 x + ... + a_n x^n$ (avendo posto $x = ( 0 , 1 , 0 , 0 , ... )$).
Prima di tutto è bene capire che vedere un polinomio come una funzione è (in generale) sbagliato e considerare $x$ come un'incognita è fuorviante ($x$ si chiama indeterminata, ma è un oggetto abbastanza esplicito, come ho scritto sopra!). Piuttosto direi che un polinomio dà luogo ad una funzione.
Inoltre non so quanto sia corretto vedere la cosa in termini di migliorie... Posso dirti che la scrittura formale introdotta è estremamente comoda per lavorare con i polinomi.
Prima di tutto è bene capire che vedere un polinomio come una funzione è (in generale) sbagliato e considerare $x$ come un'incognita è fuorviante ($x$ si chiama indeterminata, ma è un oggetto abbastanza esplicito, come ho scritto sopra!). Piuttosto direi che un polinomio dà luogo ad una funzione.
Inoltre non so quanto sia corretto vedere la cosa in termini di migliorie... Posso dirti che la scrittura formale introdotta è estremamente comoda per lavorare con i polinomi.
"GundamRX91":
Mi sembra riduttiva la cosa, voglio dire che se vedo un polinomio come funzione [tex]a(x)[/tex], dove l'immagine dipende proprio dall'incognita (sia come quantità e sia come grado), allora non riesco a "vederli" solo come segnaposti.
Beh, è proprio questo il punto: un polinomio non è una funzione!
Un polinomio determina un'unica funzione polinomiale, ma non è vero il viceversa.
Ricordo che se \(p=(a_n)_{n\in \mathbb{N}}\) è un polinomio sul campo \(\mathbb{K}\) (ossia un elemento di \(c_{00}(\mathbb{K})\)), allora l'applicazione polinomiale determinata da \(p\) è quella che assegna:
\[
\mathbb{K}\ni x\mapsto \sum_{n=0}^\infty a_nx^n \in \mathbb{K}
\]
(la somma è ben definita, poiché \((a_n)\) è definitivamente nulla) che viene denotata anche con \(p(x)\).
In generale, polinomi distinti non determinano applicazioni polinomiali distinte, come mostra il seguente Esempio.
Pertanto, in generale, è assolutamente necessario distinguere tra "polinomio" ed "applicazione polinomiale".
In alcuni casi (tipicamente in \(\mathbb{R}\) o \(\mathbb{C}\)) operare questa distinzione sembra artificioso e non si capisce a cosa serva... Ma non si capisce perchè vale un notevolissimo teorema, detto Principio d'Identità dei Polinomi:
Sia \(\mathbb{K}\) un campo infinito.
Due polinomi \(p=(a_n),q=(b_n)\in \mathbb{K}[X]\) sono uguali se e solo se sono identicamente uguali le applicazioni polinomiali da essi determinate, cioè risulta:
\[
\forall n\in \mathbb{N},\ a_n=b_n \quad \Leftrightarrow \quad \forall x\in \mathbb{K},\ p(x)=q(x)\; .
\]
Questo teorema ti garantisce la possibilità di identificare i polinomi con le applicazioni polinomiali da essi determinati se il campo in cui prendi i coefficienti è infinito; ma in generale una identificazione del genere non è possibile (vedi Esempio).
Intanto grazie per le risposte 
Sono ancora abbastanza confuso, per cui ho bisogno di altri chiarimenti. Ad esempio (mantenendo l'identità tra polinomio e funzione polinomiale per semplicità) il polinomio [tex](2,0,0,...)[/tex] è uguale alla funzione polinomiale [tex]a(x)=2x^0=2[/tex] ? E il polinomio [tex](2,3,0,...)[/tex]è uguale alla funzione polinomiale [tex]a(x)=2x^0+3x^1=2+3x[/tex] ?

Sono ancora abbastanza confuso, per cui ho bisogno di altri chiarimenti. Ad esempio (mantenendo l'identità tra polinomio e funzione polinomiale per semplicità) il polinomio [tex](2,0,0,...)[/tex] è uguale alla funzione polinomiale [tex]a(x)=2x^0=2[/tex] ? E il polinomio [tex](2,3,0,...)[/tex]è uguale alla funzione polinomiale [tex]a(x)=2x^0+3x^1=2+3x[/tex] ?
Quelle che hai scritto sono le applicazioni polinomiali determinate dai tuoi polinomi, poiché hai semplicemente applicato la definizione di applicazione polinomiale che ho dato sopra (i.e., \(\mathbb{K}\ni x\mapsto \sum_{n=0}^\infty a_nx^n \in \mathbb{K}\)).
Ora, se sei in un campo in cui vale il PIP, puoi permetterti di identificare ognuno di quei polinomi con l'applicazione da esso determinata.
Altrimenti no.
Ora, se sei in un campo in cui vale il PIP, puoi permetterti di identificare ognuno di quei polinomi con l'applicazione da esso determinata.
Altrimenti no.
Scusami gugo, voglio vedere se ho capito con un altro esempio.
Sia [tex](0,2,0,...,0,..)[/tex] il mio polinomio in un campo [tex]\mathbb{K}[/tex], la cui applicazione polinomiale è [tex]a(x)=2x[/tex].
E' corretto scrivere:
[tex](0,2,0,...,0,..)=(2,0,0,...) \cdot (0,1,0,...)=[/tex]
[tex]=(2 \cdot 0,2 \cdot 1, 2 \cdot 0, ...) + (0 \cdot 0, 0 \cdot 1, 0 \cdot 0,...)+ .... = (0,2,0,...) + (0,0,0,...)=[/tex]
[tex]=(0+0,2+0,0+0,...)=(0,2,0,...)[/tex]
??
Sia [tex](0,2,0,...,0,..)[/tex] il mio polinomio in un campo [tex]\mathbb{K}[/tex], la cui applicazione polinomiale è [tex]a(x)=2x[/tex].
E' corretto scrivere:
[tex](0,2,0,...,0,..)=(2,0,0,...) \cdot (0,1,0,...)=[/tex]
[tex]=(2 \cdot 0,2 \cdot 1, 2 \cdot 0, ...) + (0 \cdot 0, 0 \cdot 1, 0 \cdot 0,...)+ .... = (0,2,0,...) + (0,0,0,...)=[/tex]
[tex]=(0+0,2+0,0+0,...)=(0,2,0,...)[/tex]
??
Ni...
La moltiplicazione tra polinomi è definita come segue: se \(p=(a_n), q=(b_n)\) sono due elementi di \(\mathbb{K}[X]\) (ossia due successioni definitivamente nulle a valori in \(\mathbb{K}\)), allora \(p\cdot q\) è la successione \((c_n)\) il cui generico elemento è:
\[
c_n:= \sum_{k=0}^n a_k\ b_{n-k}
\]
(quindi \(c_0=a_0b_0\), \(c_1=a_0b_1+a_1b_0\), \(c_2=a_0b_2+a_1b_1+a_2b_0\), etc...).
Non è difficile mostrare che se \(p\) e \(q\) sono polinomi, anche \(p\cdot q\) è un polinomio (ossia è una successione definitivamente nulla). Prova.
Nel tuo caso hai:
\[
p=(2,0,0,\ldots ,0,\ldots) \text{ e } q=(0,1,0,\ldots ,0,\ldots)
\]
quindi il generico coefficiente di \(p\cdot q\) è:
\[
c_n= \begin{cases}
2\ 0=0 &\text{, se } n=0\\
2\ 1+ 0\ 0 =2 &\text{, se } n=1\\
2\ 0 + 0\ 1+ 0\ 0+ \cdots +0\ 0 =0 &\text{, se } n\geq 2
\end{cases}
\]
dunque \(p\cdot q=a\).
Per familiarizzare con la nuova definizione di prodotto potresti provare che, definito il grado di \(p\neq o\) (qui \(o\) è il polinomio nullo) mediante:
\[
\nu (p) := \min \{ \nu \in \mathbb{N}:\ a_n=0 \text{ per ogni } n>\nu\}\; ,
\]
vale la classica regola di addizione dei gradi:
\[
p,q\neq o \qquad \Rightarrow \qquad \nu (p\cdot q) = \nu (p)+\nu (q).
\]
Inoltre, potresti provare che, definita la moltiplicazione come sopra e posto per definizione \(X^m:= (\delta_n^m)\) (qui \(\delta_n^m\) è di Kronecker e vale \(0\) se \(n\neq m\) ed \(1\) se \(n=m\)), allora per ogni polinomio \(p=(a_n)\neq o\) si ha:
\[
p=\sum_{n=0}^{\nu (p)} a_n\ X^n\; .
\]
La moltiplicazione tra polinomi è definita come segue: se \(p=(a_n), q=(b_n)\) sono due elementi di \(\mathbb{K}[X]\) (ossia due successioni definitivamente nulle a valori in \(\mathbb{K}\)), allora \(p\cdot q\) è la successione \((c_n)\) il cui generico elemento è:
\[
c_n:= \sum_{k=0}^n a_k\ b_{n-k}
\]
(quindi \(c_0=a_0b_0\), \(c_1=a_0b_1+a_1b_0\), \(c_2=a_0b_2+a_1b_1+a_2b_0\), etc...).
Non è difficile mostrare che se \(p\) e \(q\) sono polinomi, anche \(p\cdot q\) è un polinomio (ossia è una successione definitivamente nulla). Prova.
Nel tuo caso hai:
\[
p=(2,0,0,\ldots ,0,\ldots) \text{ e } q=(0,1,0,\ldots ,0,\ldots)
\]
quindi il generico coefficiente di \(p\cdot q\) è:
\[
c_n= \begin{cases}
2\ 0=0 &\text{, se } n=0\\
2\ 1+ 0\ 0 =2 &\text{, se } n=1\\
2\ 0 + 0\ 1+ 0\ 0+ \cdots +0\ 0 =0 &\text{, se } n\geq 2
\end{cases}
\]
dunque \(p\cdot q=a\).
Per familiarizzare con la nuova definizione di prodotto potresti provare che, definito il grado di \(p\neq o\) (qui \(o\) è il polinomio nullo) mediante:
\[
\nu (p) := \min \{ \nu \in \mathbb{N}:\ a_n=0 \text{ per ogni } n>\nu\}\; ,
\]
vale la classica regola di addizione dei gradi:
\[
p,q\neq o \qquad \Rightarrow \qquad \nu (p\cdot q) = \nu (p)+\nu (q).
\]
Inoltre, potresti provare che, definita la moltiplicazione come sopra e posto per definizione \(X^m:= (\delta_n^m)\) (qui \(\delta_n^m\) è di Kronecker e vale \(0\) se \(n\neq m\) ed \(1\) se \(n=m\)), allora per ogni polinomio \(p=(a_n)\neq o\) si ha:
\[
p=\sum_{n=0}^{\nu (p)} a_n\ X^n\; .
\]
Grazie gugo ora ho capito dove sbagliavo nella moltiplicazione 
Non mi è invece chiara la definizione di grado di un polinomio: [tex]\nu (p) := \min \{ \nu \in \mathbb{N}:\ a_n=0 \text{ per ogni } n>\nu\}\[/tex]....
Se [tex]p(x)=2x[/tex], giusto per giocare facile
, il grado dovrebbe essere [tex]\nu(p)=min\{0,1\}[/tex]

Non mi è invece chiara la definizione di grado di un polinomio: [tex]\nu (p) := \min \{ \nu \in \mathbb{N}:\ a_n=0 \text{ per ogni } n>\nu\}\[/tex]....
Se [tex]p(x)=2x[/tex], giusto per giocare facile



ni.
Vedila così. definiamo il supporto di una successione $(a_n)_(n\inNN)$ come
$SUP((a_n)_(n\inNN))={n \in NN | a_n!=0}$
Sia $f=(a_n)_(n \in NN)$ un polinomio . di definisce il grado di un polinomio
e si indica con $deg(f)=max{n\inNN|a_n!=0}$.
Nota che sotto questa definizione, il polinomio nullo ha supporto vuoto. E ciò diciamo che giustificherebbe il fatto che ad esso non si attribuisce un grado.
Vedila così. definiamo il supporto di una successione $(a_n)_(n\inNN)$ come
$SUP((a_n)_(n\inNN))={n \in NN | a_n!=0}$
Sia $f=(a_n)_(n \in NN)$ un polinomio . di definisce il grado di un polinomio
e si indica con $deg(f)=max{n\inNN|a_n!=0}$.
Nota che sotto questa definizione, il polinomio nullo ha supporto vuoto. E ciò diciamo che giustificherebbe il fatto che ad esso non si attribuisce un grado.
Ma allora la definizione di gugo non è il grado di polinomio? Non ci sto capendo nulla...
"GundamRX91":
Non mi è invece chiara la definizione di grado di un polinomio: [tex]\nu (p) := \min \{ \nu \in \mathbb{N}:\ a_n=0 \text{ per ogni } n>\nu\}\[/tex]...
"Kashaman":
Sia $f=(a_n)_(n \in NN)$ un polinomio . di definisce il grado di un polinomio
e si indica con $deg(f)=max{n\inNN|a_n!=0}$.
"GundamRX91":
Ma allora la definizione di gugo non è il grado di polinomio? Non ci sto capendo nulla...
Le due definizioni (quella che ho dato io e quella proposta da Kashaman) sono equivalenti.
Infatti non ci vuole molto a dimostrare che:
\[
\min \{ \nu \in \mathbb{N}:\ a_n=0 \text{ per ogni } n>\nu\} = \max \{ n\in \mathbb{N}:\ a_n\neq 0\}
\]
per ogni \(p=(a_n)\in \mathbb{K}[X]\setminus \{o\}\).
"GundamRX91":
Se [tex]p(x)=2x[/tex], giusto per giocare facile, il grado dovrebbe essere [tex]\nu(p)=min\{0,1\}[/tex]
![]()
Per il polinomio scelto hai:
\[
a_n:=\begin{cases} 2 &\text{, se } n=1\\
0 &\text{, altrimenti.}
\end{cases}
\]
Per quali \(\nu\) è vera la proprietà \(\forall n>\nu ,\ a_n=0\)?
Beh, per \(\nu =0\) non è vera, perchè \(a_1=2\neq 0\). Però essa è vera per \(\nu =1\), perchè \(a_2=a_3=a_4=\cdots =a_n=\cdots=0\); è vera per \(\nu =2\), perchè \(a_3=a_4=\cdots=a_n=\cdots =0\); è vera per \(\nu=3\), perchè \(a_4=\cdots =a_n=\cdots =0\); etc... In generale, la proprietà è vera per ogni \(\nu \geq 1\).
Quindi:
\[
\nu(p) := \min \{ \nu \in \mathbb{N}:\ a_n=0 \text{ per ogni } n>\nu\} = \min \{ 1,2,3,\ldots \} =1
\]
come ti aspettavi.
Grazie ancora gugo, ora ho capito che stavo valutando male la tua definizione di grado di polinomio.