LOGICA GEOMETRICA

metrixo
Un saluto a tutti,
ricercando k-words inerenti la logica del Novecento per trovare riferimenti web e testi sulle logiche monovalenti e polivalenti, mi sono imbattuto in un sito dell'Università di Roma3 http://logica.uniroma3.it/uif/ nel quale viene fatto riferimento a logiche geometriche o ad una geometria della logica. Io non sono espertissimo in materia, sono ai primi studi, e ciò che conoscono della logica che più si avvicina alla geometria è il quadrato logico di Aristotele delle inferenze immediate e la sua rivisitazione post logica di Frege, ma di geometria della cognizione ho qualche falla...
Avete idee a riguardo? Opinioni?

Grazie e un saluto

Risposte
killing_buddha
Tutto parte dal riconoscere cos'e' stato (parte del)l'intuizionismo. Andiamo a parare essenzialmente nel solito posto (che cerca di rispondere a tutte le domande per volta): il concetto di "punto" non va bene se sposi una prospettiva costruttivista. In poche parole, gli aperti di uno spazio topologico formano un'algebra di Heyting (ti rimando ovunque per reperire la definizione), e sono dotati di un operatore "quasi-complementare", diciamo \(x \mapsto \lnot x\), che soddisfa a una proprieta' particolare, \(\lnot\lnot\lnot x = \lnot x\) (che NON implica \(\lnot\lnot x = x$).

Negli spazi topologici questo operatore manda un aperto nell'interno del suo complementare insiemistico, e fa allora “perdere” tutto ciò che è "troppo piccolo per essere osservato". Alla luce di cio' e' meglio pensare che lo spazio "fisico" sia partizionato in _tre_ regioni distinte, e invece di tracciare la differenza usuale tra osservabile e non osservabile (un insieme in un universo, dove un punto si trova, e il suo complementare, dove non si trova), se ne traccia una diversa, dove si differenzia l’osservabile dal non refutabile (un insieme dove un punto sicuramente si trova, uno dove sicuramente non si trova, e una “intercapedine” su cui non abbiamo potere ermeneutico). Invece dei punti di uno spazio, tu fisicamente guardi sempre gli aperti di un opportuno reticolo che lo topologizza; credo fosse quello che Poincare' e Painleve' hanno penato tanto per cercare di intuire, e la fonte del loro imbarazzo nello scrivere queste parole.

Come si correla questo con la logica? Con la teoria dei fasci, ovvio! Chris Heunen, James Vicary, e molti altri logici si sono occupati tutti quanti di questa parte "fisica" della logica [con Wheeler, sono convinto che la Fisica sia nient'altro che una branca della geometria]: il primo assieme a Benno Van der Bergh e' uno degli inventori del macchinario dei "topos di bohr". Il quale interessa ai logici essenzialmente per due motivi: primo, da' la speranza che metodi costruttivi servan davvero in working Mathematics; secondo, permette di attaccare per via costruttiva una costruzione trasversale come la dualita' di Gel'fand per cui spazi topologici compatti = C*-alg commutative unitarie. Cosa succede se sostituisco gli spazi con robe peggiori? Se sostituisco le algebre con cose diverse, per esempio gli anelli, Grothendieck insegna che dall'altra parte ci sono gli schemi. Se tolgo la commutativita' alle C*-algebre parte il macchinario della geometria non commutativa. Cosa succede se pastrugno ancora? Il problema era ambito di ricerca fino a qualche anno fa, ma ti confesso che non ho seguito piu' la faccenda. C'e' un paio di articoli di Coquand e Banaschewski a questo tema, se ti interessa li ritrovero'.

"Si', ma cos' e la geometria di quei posti?"

Bella domanda. Mi faccio da parte per le elucubrazioni che vanno oltre la pura speculazione, ma ho studiato qualcosa, provo a darti un'idea che non ha pretesa di rigore.

Uno sa (?) che i fasci su uno spazio corrispondono a opportuni fibrati (la corrispondenza in un verso prende semplicemente il fascio delle sezioni locali di un fibrato; dall'altra parte prendi l'unione di tutte le spighe del fascio e le topologizzi nel modo (unico) che certe funzioni diventino vere sezioni, che quindi hanno le proprieta' di fascio). Perche' questa cosa serve in logica? si chiede uno. La risposta per sommi capi e' che la nozione di "aperto" in geometria e la nozione di "vero" in logica sono sintatticamente simili; la risposta piu' precisa e' che il concetto di cui sopra per cui siamo interessati agli aperti piu' che ai punti trova la sua massima sistemazione nel concetto di topos di Grothendieck, che altro non e' (via il teorema di caratterizzazione di Giraud) che una categoria di fasci su un sito.

Uno puo' caratterizzare i topos in due modi:
1) la "giusta" generalizzazione del concetto di spazio topologico a contesti dove "ricopro cose che non sono insiemi";
2) la giusta generalizzazione di un modello costruttivo della teoria degli insiemi.
e scoprire poi che le due nozioni di topos sono equivalenti, trovando quindi nella saccoccia una semantica interna (non prettamente insiemistica: si chiama semantica di Kripke-Joyal) in cui derivare dei risultati di geometria, e una geometria generalizzata in cui ottenere per mezzo del caro vecchio "abstract nonsense" i teoremi classici con la garanzia che questi risultati valgano formalmente anche altrove. Nella semantica interna di un topos si puo' fare una logica che e' intrinsecamente non-booleana, nel senso che un topos booleano (dove cioe' il classificatore dei sottoggetti sia un'algebra di Boole) e' piuttosto banale: ti lascio verificare che uno spazio topologico la cui topologia sia un'algebra booleana e' piuttosto banale (perlomeno geometricamente, perche' il filtro degli intorni di x e' semplicemente... {x}).

Altri motivi per cui la nozione di topos e' essenziale in logica sono legati ancora al costruttivismo, alla luce dell'inerente struttura non-booleana di un topos non banale: se un asserto espresso in ZF e' vero costruttivamente, deve essere vero in ogni modello costruttivo della teoria, cioe' in ogni topos. Se trovo un topos dove quell'asserto non vale, allora so che non posso derivarlo costruttivamente, e che quindi in qualche anfratto sperduto dipende dall'assioma della scelta in una delle sue mille politrope forme. Utile, perche' per esempio e' solo grazie a metodi topos teoretici di questo tipo che sappiamo che l'hyp del continuo e' indipendente da ZF: Cohen ha semplicemente (!) costruito un topos dotato di un analogo dell'insieme \(\mathbb N\) dei naturali, e una catena di monomorfismi stretti \(\mathbb N \to X \to P(\mathbb N)\), violando la minimalita' del continuo tra i cardinali maggiori di $\omega$, e quindi mostrando che si puo' fare una ZF senza ipotesi del continuo. Godel ha dimostrato che se ne puo' fare una con, e quindi l'assioma e' indipendente da ZF.

Quello che geometricamente c'e' sotto la coperta e' che i fasci sono fibrati, ma c'e' di piu': uno puo' definire cosi' certi insiemi sfumati, o "Omega-insiemi" e accorgersi che sono in equivalenza con la categoria dei fibrati, e quindi dei fasci.
Solitamente nelle applicazioni (perche' e' prevedibile che una cosa del genere sia applicabile in computer science) l'insieme dei valori sfumati di verita' e' un reticolo totalmente ordinato. Matematicamente parlando il giusto grado di generalita' da chiedergli e' minore/diverso: serve un'algebra di Heyting.
...a questo punto dovrebbe essertisi accesa la lampadina: l'idea e' che un fibrato $E \to X$ vada mandato funtorialmente in un insieme sfumato dall'algebra di Heyting degli aperti dello spazio di base, \(U \subseteq X\). Quindi ecco la tua geometria degli insiemi dove non vale il terzo escluso: sono fasci, o equivalentemente fibrati, sull'algebra di Heyting degli aperti di un certo spazio (ovviamente la domanda che nasce e': ogni algebra di Heyting e' l'algebra degl aperti di X per qualche X? Beh, non sempre, ma abbastanza spesso da permetterti di dire si' con sufficiente convinzione a una cena di gala).

Abbastanza pazzesco, vero?

metrixo
Grazie killing_buddha per l'esauriente e itinerante risposta, e per i link posti. Un'idea più approfondita sulla geometria della logica rispetto prima l'ho ora.

Un saluto

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