Chiarimenti sul significato di A[Y]?
Salve,
Devo dimostrare usando la proprietà universale dell'anello dei polinomi che $A[X]~=A[Y]$, ma mi è venuto un dubbio sul significato di $A[Y]$ con Y indeterminata diversa da X.
Se definiamo l'anello dei polinomi come l'insieme delle successioni definitivamente nulle a valori nell'anello A e $X= (0,1,0,.....)$, qual è il significato di $A[Y]$ con Y indeterminata diversa da X?
Non può essere che anche $Y= (0,1,0,.....)$ altrimenti si avrebbe banalmente che $A[X]=A[Y]$.
Devo dimostrare usando la proprietà universale dell'anello dei polinomi che $A[X]~=A[Y]$, ma mi è venuto un dubbio sul significato di $A[Y]$ con Y indeterminata diversa da X.
Se definiamo l'anello dei polinomi come l'insieme delle successioni definitivamente nulle a valori nell'anello A e $X= (0,1,0,.....)$, qual è il significato di $A[Y]$ con Y indeterminata diversa da X?
Non può essere che anche $Y= (0,1,0,.....)$ altrimenti si avrebbe banalmente che $A[X]=A[Y]$.
Risposte
La definizione di \(A[X]\) come anello delle sucessioni \(a : \mathbb N \to R\) definitivamente nulle con due operazioni definite in un certo modo fà venire qualche perplessità sulla notazioni: perché \(A[X]\)? Ma perché \(X= (0,1,0,.....)\). Ah, be', allora \(A[X] = A[Y]\).
Anche se questa cosa sembra piovere dal niente, \(A[X]\) è l'anello di cose del tipo \(\sum_{n \in \mathbb N} a_n X^n\). Le cose qui sono delle espressioni costruite secondo certe regole sintattiche. Non ti preoccupare: più in là avrai gruppi di parole ottenute da un certo alfabeto e da una sintassi.
[strike]Poi, se vuoi usare la proprietà universale, \(A\) deve essere commutativo.[/strike] <- No, vedi giù.
Anche se questa cosa sembra piovere dal niente, \(A[X]\) è l'anello di cose del tipo \(\sum_{n \in \mathbb N} a_n X^n\). Le cose qui sono delle espressioni costruite secondo certe regole sintattiche. Non ti preoccupare: più in là avrai gruppi di parole ottenute da un certo alfabeto e da una sintassi.
[strike]Poi, se vuoi usare la proprietà universale, \(A\) deve essere commutativo.[/strike] <- No, vedi giù.
\(A[Y]\) significa semplicemente "quella cosa che soddisfa la proprietà universale dell'$A$-algebra libera su una indeterminata (l'insieme delle indeterminate è \(\{Y\}\), chiaramente isomorfo a \(\{X\}\)). Quello che devi mostrare è che per ogni altra $A$-algebra $R$ si abbia \(\hom(A[X],R)\overset{(1)}\cong|R|\overset{(2)}\cong\hom(A[Y],R)\) dove \(|R|\) è l'insieme degli elementi di $R$. Ossia, in altre parole, la scelta di un qualsiasi elemento di $R$ determina un unico omomorfismo di $A$-algebre \(f : A[X]\to R\), e un unico omomorfismo di $A$-algebre \(f : A[Y]\to R\).
Ora, tu vuoi provare che \(A[X]\cong A[Y]\): bene, sia $R=A[Y]$ nell'isomorfismo (1) di sopra, allora... Vice versa, similmente, sia \(R=A[X]\) nell'isomorfismo (2) di sopra, allora...
also,
Ora, tu vuoi provare che \(A[X]\cong A[Y]\): bene, sia $R=A[Y]$ nell'isomorfismo (1) di sopra, allora... Vice versa, similmente, sia \(R=A[X]\) nell'isomorfismo (2) di sopra, allora...
also,
$A$ deve essere commutativoNo, non deve. https://www.maths.ed.ac.uk/~v1ranick/papers/ore.pdf (oppure la monografia di Cohn "Skew fields", capitoli 1 e 2.)
"megas_archon":
also,$A$ deve essere commutativoNo, non deve.
No, infatti, un omomorfismo di anelli \(f : A \to R\) con \(R\) commutativo e un \(a \in R\) danno un solo omomorfismo \(\overline f : A[X] \to R\) che estende \(f\) e che manda \(X\) in \(a\). Che \(A\) può anche non essere commutativo si vede quando bisogna verificare che \(\overline f\) deve preservare il prodotto.
Stavo pensando al morfismo di valutazione \(v_\alpha : A[X] \to A\) indotto da \(1_A\) e \(\alpha\): \(A\) è commutativo se e solo se \(v_\alpha\) è omomorfismo di anelli.
Quindi nel contesto della dimostrazione che $A[X]~=A[Y]$ non ha senso definire $A[X]$ come l'anello delle successioni a valori in A definitivamente nulle, corretto?
Certo che ha senso, l'insieme delle successioni suddette è un modello che realizza un oggetto universale. Stai confondendo una proprietà universale, che determina univocamente un oggetto, con l'oggetto in quanto tale e come esso è costruito. Un po' come il prodotto tensore di spazi vettoriali (o l'anello degli interi...), la proprietà universale lo caratterizza univocamente, e poi uno lo implementa in un modo o in un altro.
E' proprio questo che vai dimostrando: che \(A[X]\) e \(A[Y]\) [sono "diversi", ma] hanno la stessa proprietà universale; quindi devono essere isomorfi.
Del resto, cosa significa esattamente "diversi"? L'insieme \(P=\{X\}\) e l'insieme \(Q=\{Y\}\) sono diversi solo perché hai dato nomi distinti ai due elementi, uno dei quali sta in $P$ (e non in $Q$) e l'altro in $Q$ (e non in $P$)... del resto, non esiste nessuna proprietà puramente matematica, ossia una proprietà che non sia "avere nomi diversi quando li chiamo" che è capace di distinguerli.
E' proprio questo che vai dimostrando: che \(A[X]\) e \(A[Y]\) [sono "diversi", ma] hanno la stessa proprietà universale; quindi devono essere isomorfi.
Del resto, cosa significa esattamente "diversi"? L'insieme \(P=\{X\}\) e l'insieme \(Q=\{Y\}\) sono diversi solo perché hai dato nomi distinti ai due elementi, uno dei quali sta in $P$ (e non in $Q$) e l'altro in $Q$ (e non in $P$)... del resto, non esiste nessuna proprietà puramente matematica, ossia una proprietà che non sia "avere nomi diversi quando li chiamo" che è capace di distinguerli.
Ok, grazie.
Adesso mi è chiaro che con A[X] non intende per forza l'anello delle successioni a valori in A definitivamente nulle ma in generale una struttura che soddisfa la proprietà universale.
Adesso mi è chiaro che con A[X] non intende per forza l'anello delle successioni a valori in A definitivamente nulle ma in generale una struttura che soddisfa la proprietà universale.
Non so perché un* sia portat* a ritenere più degna la definizione con le successioni definitivamente nulle piuttosto che quella delle “espressiioni formali” o altre perifrasi. Le successioni sono più belle?
Una proprietà universale dice cose su oggetto che però non è detto che esista effettivanente nella categoria su cui si lavora. Se accetti di fare matematica in un certo modo succede questo. Costruisco, se riesco, l'oggetto e noto che soddisfa una certa proprietà universale: ok, la cosa esiste ed ecco l'implementazione. In realtà è unica a meno di isomorfismo, quindi se provo un'altra costruzione ho la stessa cosa (= è isomorfo). Adesso? Posso dimenticare la costruzione concreta, perché la proprietà universale individua l'oggetto (tecnicamente, una classe di isomorfismo). Si perde nulla, bisogna solo cambiare modo di fare, il che non è poco e non è sempre facile.
Una proprietà universale dice cose su oggetto che però non è detto che esista effettivanente nella categoria su cui si lavora. Se accetti di fare matematica in un certo modo succede questo. Costruisco, se riesco, l'oggetto e noto che soddisfa una certa proprietà universale: ok, la cosa esiste ed ecco l'implementazione. In realtà è unica a meno di isomorfismo, quindi se provo un'altra costruzione ho la stessa cosa (= è isomorfo). Adesso? Posso dimenticare la costruzione concreta, perché la proprietà universale individua l'oggetto (tecnicamente, una classe di isomorfismo). Si perde nulla, bisogna solo cambiare modo di fare, il che non è poco e non è sempre facile.
"Indrjo Dedej":Il problema è: che cos'è di preciso una "espressione formale" o "scrittura formale" se non una perifrasi per "elemento della struttura libera di un dato tipo"? La costruzione di un oggetto universale non è mai un problema banale, proprio perché sapere che un oggetto esiste (anche avendone più di una descrizione equivalente), e sapere come è fatto, sono due problemi molto diversi.
Non so perché un* sia portat* a ritenere più degna la definizione con le successioni definitivamente nulle piuttosto che quella delle “espressiioni formali” o altre perifrasi. Le successioni sono più belle?
Il problema è: che cos'è di preciso una "espressione formale" o "scrittura formale" se non una perifrasi per "elemento della struttura libera di un dato tipo"?Certo. Ma le espressioni formali che solitamente si scrivono possono essere introdotte induttivamente. Poi sì, alla fine sono elementi di un oggetto universale. Ma non vale come dimostrazione di esistenza di oggetto che soddisfa una proprietà universale? È una costruzione molto concreta.
Ma le espressioni formali che solitamente si scrivono possono essere introdotte induttivamente.Dipende da cosa intendi con "induttivamente"; l'induzione da sola non basta (serve anche la coinduzione).
Una cosa tipo questa: gli elementi di \(R\) stanno in \(R[X]\); se \(a \in R\) e \(n \in \mathbb N, n \ge 1\), allora \(aX^n \in R[X]\); se \(p, q \in R[X]\), allora \(p+q \in R[X]\); nient'altro è in \(R[X]\). Poi bisogna quozientare un po', ma per introdurre l'insieme dei polinomi come un insieme di formule che puoi scrivere secondo certe regole va anche bene, penso.
"Indrjo Dedej":Il problema è quel "poi bisogna quozientare un po'", ma sì, stai facendo qualcosa di simile al costruire l'algebra libera rispetto a una segnatura https://en.wikipedia.org/wiki/Free_object#Existence cioè sei nei pressi della semantica funtoriale. Ma che te lo dico a fare!
Una cosa tipo questa: gli elementi di \(R\) stanno in \(R[X]\); se \(a \in R\) e \(n \in \mathbb N, n \ge 1\), allora \(aX^n \in R[X]\); se \(p, q \in R[X]\), allora \(p+q \in R[X]\); nient'altro è in \(R[X]\). Poi bisogna quozientare un po', ma per introdurre l'insieme dei polinomi come un insieme di formule che puoi scrivere secondo certe regole va anche bene, penso.