$sqrt(2)notinQ$ Dubbi sui presupposti delle dimostrazioni

silente1
Riporto un paio di dimostrazioni della irrazionalità di $sqrt(2)$ che, messe a confronto, mi hanno lasciato dei dubbi. Premetto che le congetture che seguono le dimostrazioni sono un po’ confuse ma l’idea spero possa risultare chiara.

Dimostrazione 1
Supposto che esista un numero razionale $p/q$ tale che $p/q=sqrt(2)$ allora $(p/q)^2=2$, quindi $p^2=2q^2$.
Nella scomposizione di $p^2$ in fattori primi comparirà il fattore $2$ elevato ad un esponente pari (eventualmente zero). Ne discende che il primo membro contiene il fattore $2$ elevato a esponente pari.
Allo stesso modo si trova che nella scomposizione di $q$ il fattore $2$ compare con esponente pari e dunque nel secondo membro il fattore $2$ compare con esponente dispari.
Ciò è assurdo perché contraddice l’unicità della scomposizione di un numero in fattori primi.

Dimostrazione 2
$1)$Supponiamo che esista $p/q$ (consideriamo $p$ e $q$ primi tra loro) tale che $p^2=2q^2$ .
$2)$Poiché il secondo membro è divisibile per $2$ dovrà esserlo anche $p^2$.
$3)$Se $p^2$ è divisibile per $2$ lo è anche $p$
$4)$Se $p=2r$ allora $p^2=4r^2$ dunque $2r^2=q^2$.
$5)$Allo stesso modo segue ora che anche $p$ è pari contro l’ipotesi che $p/q$ fossero primi tra loro.

Ecco il mio dubbio:
la dimostrazione 1 fa uso esplicito della unicità della scomposizione in fattori primi di un numero;
nella dimostrazione 2 non vi si fa invece nessun riferimento.
Vi chiedo se e dove questo principio viene tacitamente utilizzato anche nella 2 e se è necessario in generale per altre dimostrazione di questa asserzione.

Qui seguono alcune mie ulteriori e maldestre congetture su quali passi della dimostrazione possano presupporre un tacito utilizzo della unicità della scomposizione in fattori (che per brevità di seguito indicherò con *).
Nel punto $1)$ della dimostrazione 2 è necessario considerare $p$ e $q$ primi tra loro. E’ sempre possibile senza presupporre *?
Nel punto $3)$ si utilizza l’implicazione “Se $p^2$ è divisibile per $2$ lo è anche $p$”. Questa credo possa dimostrarsi senza l’uso diretto del * in questo modo:

$p$ è pari o è dispari
Se è dispari allora $p=2k+1$
Se $p=2k+1$ allora $p^2=(2k+1)^2=2(2k^2+2k)+1$ dunque $p^2$ è dispari.
Poiché questo è assurdo segue che $p$ è pari.

Qui forse l’uso del solito principio è però implicito nella assunzione della ipotesi “$p$ è pari o è dispari” (in cui la disgiunzione è forte in virtù del *) infatti, se non valesse * potrebbero trovarsi due scomposizioni $p_1$ e $p_2$ di $p$ tali che:
$p_1$ contiene il fattore $2$ ed è quindi pari
$p_2$ non contiene in fattore $2$ quindi non è pari

Grazie

P.S. credevo anche di aver colto nella dimostrazione 2 una limpida applicazione implicita del principio del minimo (che mi pare sia necessario utilizzare per dimostrare l’unicità della scomposizione in primi) ma Santi Numi l’ho persa. Sarà la calura.

Risposte
G.D.5
"silente":

Ecco il mio dubbio:
la dimostrazione 1 fa uso esplicito della unicità della scomposizione in fattori primi di un numero;
nella dimostrazione 2 non vi si fa invece nessun riferimento.
Vi chiedo se e dove questo principio viene tacitamente utilizzato anche nella 2 e se è necessario in generale per altre dimostrazione di questa asserzione.


Nella seconda dimostrazione si ragiona sulla parità dei membri dell'uguaglianza ottenuta per assurdo. Nel momento in cui ragioni sulla parità, stai dicendo che nella scomposizione in primi di un numero c'è il $2$ (essendo $2$ è primo, se affermi che unnumero è pari stai anche nominando un suo fattor primo) e quindi dai una informazione (involontariamente) sulla scomposizione.


"silente":

Nel punto $1)$ della dimostrazione 2 è necessario considerare $p$ e $q$ primi tra loro. E’ sempre possibile senza presupporre *?


Non è necessario considerare $GCD(p,q)=1$, ma è utile, perché utilizzare la frazione ridotta ai minimi termini rende più agevoli le considerazioni da fare.


"silente":

Nel punto $3)$ si utilizza l’implicazione “Se $p^2$ è divisibile per $2$ lo è anche $p$”. Questa credo possa dimostrarsi senza l’uso diretto del * in questo modo:

$p$ è pari o è dispari
Se è dispari allora $p=2k+1$
Se $p=2k+1$ allora $p^2=(2k+1)^2=2(2k^2+2k)+1$ dunque $p^2$ è dispari.
Poiché questo è assurdo segue che $p$ è pari.


Direi che va bene.



Comunque in generale il fatto che la scomposizione sia unica mantiene in piedi tutta la baracca: come giustamente dici nell'ultima tua notazione, se non valesse l'unicità, allora parecchie cose andrebbero storte.

silente1
Il tuo primo rilievo mostra come sia facile (almeno per me) vedersi sfuggire le cose più lampanti.

"WiZaRd":
[quote="silente"]
[quote="silente"]
Nel punto $1)$ della dimostrazione 2 è necessario considerare $p$ e $q$ primi tra loro. E’ sempre possibile senza presupporre *?


Non è necessario considerare $GCD(p,q)=1$, ma è utile, perché utilizzare la frazione ridotta ai minimi termini rende più agevoli le considerazioni da fare.
[/quote][/quote]


Riguardo a questo mi accorgo di non essermi espresso compiutamente. Cerco di chiarire.
L’ipotesi che $GDC(p,q)=1$ mi era parsa indispensabile per il fatto che, non presupponendo l’unicità della scomposizione in fattori, non mi è chiaro come si possa parlare di $GDC$ e quindi ridurre la frazione dato che non è determinato quali siano i fattori comuni a $p$ e $q$.
Forse WiZaRd intende dire che non è nemmeno necessario ricondursi alla forma irriducibile?
Per ora non ho idee; le vado a cercare.
Grazie WiZaRd.

G.D.5
"silente":

... non presupponendo l’unicità della scomposizione in fattori, non mi è chiaro come si possa parlare di $GDC$ e quindi ridurre la frazione dato che non è determinato quali siano i fattori comuni a $p$ e $q$.


La fattorizzazione in primi di un intero $n$ affonda le sue radici nel Teorema Fondamentale dell'Aritmetica (brevemente T.F.A.), il quale enuncia che

ogni numero naturale o è primo o è riscrivibile come prodotto di numeri primi e tale riscrittura è unica a meno dell'ordine dei fattori primi

Detto questo, è chiaro ed evidente come la proprietà enunciata dal Teorema si estenda in $ZZ$ (basta, brutalmente, pensare di piazzare un bel $-$ davanti al nostro numero).

A questo punto, la cosa che balza all'occhio, è che in tutto questo si sta parlando di numeri primi. Dunque: cosa sono i numeri primi?
Definizione Sia $n \in \mathbb{Z} \ {+-1,0}$; se $\forall m \in \mathbb{ZZ} : m != +-1 ^^^ m !=+-n, \not(m | n)$, allora $n$ è primo. (*).
Quindi nella definizione di numero primo rientra il concetto di divisione e, quindi, di divisore.
Assunti questi concetti, necessari per l'assunzione del concetto di numero primo e, quindi, per quello di fattorizzazione in primi, si può assumere anche il concetto di $GCD$. Difatti,

Definizione Dati due interi $a,b$ non entrambi nulli, un intero $d$ si dice Massimo Comun Divisore (o, in inglese, Greatest Common Divisor, donde la sigla $GCD$) di $a$ e $b$, e lo si denota con $MCD(a,b)$ (o, in inglese, $GCD(a,b)$), se e solo se, pre definizione, assolve alle proprietà
1) $d|a \ ^^^ \ d|b$
2) $(c|a \ ^^^ \ c|b) => c|d$.

Questa definizione mostra che il massimo comun divisore di $a,b$ è quell'intero che li divide entrambi ed è diviso da ogni altro divisore di $a,b$ (**), inoltre tale definizione è sciolta da quella della fattorizzazione ed è propedeutica alla stassa (dacché è preliminare a quella di numero primo)

A questo punto, si dimostra che $GCD(a,b)$ esiste sempre e che è unico.
Per provarne l'esistenza si considera l'insieme $I:={ax+by: x,y \in \mathbb{Z}}$, una sua parte precisa e, in un certo modo, il principio del minimo (quindi non si usa la fattorizzazione), e per provarne l'unicità si osserva che se $d$ e $d'$ sono entrambi $GCD(a,b)$, allora, per definizone $d|d' \ ^^^ \ d'|d$, donde $d=+-d'$ (e questo basta perché se $d$ ha le proprietà 1 e 2 allora le ha anche $-d$ e a noi interssa il divisore positivo).

Come vedi ho parlato di $GCD$ senza la fattorizzazione e ne ho provato (si fa per dire) l'esistenza e l'unicità senza la fattorizzazione.

Quando ti ho detto "La posizione $GCD(p,q)=1$ non è necessaria" ti ho dato una risposta generale: mi scuso se ho fatto confusione. L'utilità di questa considerazione sta proprio nel fatto che ti consente di ragionare sui termini di una frazione pur non conoscendoli.


______________________________
(*) Con la notazione $a|b$ si intende che $a$ divide $b$.
(**) Se non si assumesse ciò, allora potrebbe anche darsi il caso che $d$ divida un divisore di $a,b$, nel qual caso, a meno che non sia $d=c$, $d$ non risulterebbe più il "massimo".

silente1
"WiZaRd":
.... mi scuso se ho fatto confusione...

Ci mancherebbe solo questa.

Ho capito WiZaRd; ti ringrazio. Gentile, lesto e preciso come sempre. Un maestro impagabile (per mia fortuna ':-D')!
Ciao

G.D.5
"silente":

Gentile, lesto e preciso come sempre. Un maestro impagabile (per mia fortuna ':-D')!


Troppo buono :oops: :oops: :oops:

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