Esponenti razionali, radicando a≥0, anche a<0 da soluzioni?!

93felipe
mi è poco chiara una cosa nei radicali!!!

allora: in presenza di esponente razionale si possono presentare 2 casi:
-esponente positivo
-esponente negativo

quando l'esponente è negativo va inizialmente fatta la restrizione $a!=0$
Esempio:
$a^(-m/n)$
poichè
$a^(-m/n)=1/a^(m/n)=(1/a)^(m/n)$ e quindi non avrebbe significato il denominatore nullo

successivamente il mio libro dice:
va imposta un condizione riguardo la formula

$a^(m/n)$ con $m\in \mathbb{Z}-(0)$ la formula $a^(m/n)=(root(n)(a))^m$ è falsa se $a<0$

ma.... [size=150]perchè è falsa?[/size]

Esempio con radice pari e radicando $a<0$:

$(-2)^(3/2)$=$sqrt(-2)^3$=$sqrt(-8)$ (che non è definito in $\mathbb{R}$)

Esempio con radice dispari:
$(-2)^(2/3)=root(3)(-2)^2=root(3)(4)$ (che è definito in $\mathbb{R}$)

quindi perchè è falsa in $\mathbb{R}$? se un radicando negativo ha una soluzione reale?

poi il mio libro fa un esempio a mio parere assurdo:

$(-2)^(6/6)=((-2)^(1/6))^6=(root(6)(-2))^6$ (dice il libro non definita in $\mathbb{R}$) ma che per me non è così dato che sviluppando potenza $(root(6)(-2))^6$ si ottiene ($root(6)(64)$)

e poi continua facendo il secondo caso (come se cambiasse qualcosa rispetto al primo):

$(-2)^(6/6)=((-2)^(6))^(1/6)=(64)^(1/6)=root(6)(64)=2$

e conclude l'esempio con le testuali parole:

Arriviamo pertanto a due risultati differenti.
Per estendere la definizione al caso di basi negative sarebbe necessario stabilire un ordine di proprietà delle operazioni, ma ciò andrebbe contro la proprietà commutativa del prodotto degli esponenti di una potenza di potenza

senza considerare il fatto che al mio paese $(-2)^(6/6)=((-2)^(1/6))^6=(root(6)(-2))^6$ sarebbe semplicemente $(-2)^1$ cioè -2)

Risposte
theras
Ciao!
Dubbio abbastanza classico e certo legittimo,il tuo,
che m'auguro di chiarirti facendoti osservare che ad esempio il simbolo $(-2)^(3/2)$ non avrebbe senso in
$RR$ con quella definizione,
perchè usandola esso si ridurrebbe all'espressione $sqrt(-8)$ che come sai è priva di significato in $RR$,
mentre $(-2)^(2/3)$ avrebbe senso perchè esso si ridurrebbe a $root(3)(4)$
(e la stessa disparità nell'accettabilità dell'operazione,come hai ben osservato,
capiterebbe qualora si considerassero $0^(3/2)$ e $0^(-3/2)$..);
in altre parole assumendo che è accettabile il caso $a<=0$,si dovrebbero fare "figli e figliastri" all'esponente,
e questo non và bene perchè di solito nelle formule è specificato quali siano i più grandi insiemi in cui gli enti coinvolti possono variare,
ma senza la benchè minima possibiltà di poter creare pasticci sulla validità della relazione stessa:
si preferisce cioè "tagliare la testa al toro" scartando a priori il caso $a<=0$ e si usa,
in questo caso come in molti altri coi quali t'imbatterai nel seguito dei tuoi studi,
la frase molto significativa "per evitare di ledere la generalità dei discorsi"
(che forse hai incontrato per la prima volta quando s'è parlato della divisione per 0 allorchè,
pur essendo sostanzialmente diversi i motivi che portavano ad escludere sia il caso del numeratore nullo che quello del numeratore non nullo,
s'è preferito non contemplare a priori la sensatezza di tale operazione..)!
Spero d'esserti stato utile:
saluti dal web.

93felipe
"theras":
Ciao!
Dubbio abbastanza classico e certo legittimo,il tuo,
che m'auguro di chiarirti facendoti osservare che ad esempio il simbolo $(-2)^(3/2)$ non avrebbe senso in
$RR$ con quella definizione,
perchè usandola esso si ridurrebbe all'espressione $sqrt(-8)$ che come sai è priva di significato in $RR$,
mentre $(-2)^(2/3)$ avrebbe senso perchè esso si ridurrebbe a $root(3)(4)$
(e la stessa disparità nell'accettabilità dell'operazione,come hai ben osservato,
capiterebbe qualora si considerassero $0^(3/2)$ e $0^(-3/2)$..);
in altre parole assumendo che è accettabile il caso $a<=0$,si dovrebbero fare "figli e figliastri" all'esponente,
e questo non và bene perchè di solito nelle formule è specificato quali siano i più grandi insiemi in cui gli enti coinvolti possono variare,
ma senza la benchè minima possibiltà di poter creare pasticci sulla validità della relazione stessa:
si preferisce cioè "tagliare la testa al toro" scartando a priori il caso $a<=0$ e si usa,
in questo caso come in molti altri coi quali t'imbatterai nel seguito dei tuoi studi,
la frase molto significativa "per evitare di ledere la generalità dei discorsi"
(che forse hai incontrato per la prima volta quando s'è parlato della divisione per 0 allorchè,
pur essendo sostanzialmente diversi i motivi che portavano ad escludere sia il caso del numeratore nullo che quello del numeratore non nullo,
s'è preferito non contemplare a priori la sensatezza di tale operazione..)!
Spero d'esserti stato utile:
saluti dal web.


Grazie dell' aiuto!! ma quindi affermi che è una convenzione? ma...

E' vero che si ha una soluzione in $mathbb{R}$ a un espressione del genere $(root(n)(a))^m$
con $m$ pari, $n$ dispari e $a<0$

e non si hanno soluzioni in $mathbb{R}$ a a un espressione del genere $(root(n)(a))^m$
con $m$ dispari, $n$ pari e $a<0$

in definitiva la ramificazione della regola doveva essere :
SI HANNO SOLUZIONI CON NUMERI $a$ NEGATIVI - INDICI $n$ DISPARI - ESPONENTI $m$ PARI
e viceversa
NON SI HANNO SOLUZIONI CON NUMERI $a$ POSITIVI - INDICI $n$ PARI - ESPONENTI $m$ DISPARI


dico bene?

theras
"93felipe":

Grazie dell' aiuto!! ma quindi affermi che è una convenzione? ma...

E' vero che si ha una soluzione in $mathbb{R}$ a un espressione del genere $(root(n)(a))^m$
con $m$ pari, $n$ dispari e $a<0$

e non si hanno soluzioni in $mathbb{R}$ a a un espressione del genere $(root(n)(a))^m$
con $m$ dispari, $n$ pari e $a<0$ (1)

in definitiva la ramificazione della regola doveva essere :
SI HANNO SOLUZIONI CON NUMERI $a$ NEGATIVI - INDICI $n$ DISPARI - ESPONENTI $m$ PARI
e viceversa
NON SI HANNO SOLUZIONI CON NUMERI $a$ POSITIVI - INDICI $n$ PARI - ESPONENTI $m$ DISPARI


dico bene?

Fino ad (1) si,dopo forse hai digitato male:
comunque il punto è che,considerando la formula valida solo per a>0,
s'evita d'aver il dubbio che possan essere vere uguaglianze,che invece sono a priori insensate in $RR$,del tipo
$(-4)^(1/2)*(-4)^(1/2)=(-4)^(1/2+1/2)=(-4)^1=-4$ oppure $0^(-1/2)*0^2=0^(-1/2+2)=0^(3/2)=0$..
Saluti dal web.

93felipe
"theras":
[quote="93felipe"]
Grazie dell' aiuto!! ma quindi affermi che è una convenzione? ma...

E' vero che si ha una soluzione in $mathbb{R}$ a un espressione del genere $(root(n)(a))^m$
con $m$ pari, $n$ dispari e $a<0$

e non si hanno soluzioni in $mathbb{R}$ a a un espressione del genere $(root(n)(a))^m$
con $m$ dispari, $n$ pari e $a<0$ (1)

in definitiva la ramificazione della regola doveva essere :
SI HANNO SOLUZIONI CON NUMERI $a$ NEGATIVI - INDICI $n$ DISPARI - ESPONENTI $m$ PARI
e viceversa
NON SI HANNO SOLUZIONI CON NUMERI $a$ POSITIVI - INDICI $n$ PARI - ESPONENTI $m$ DISPARI


dico bene?

Fino ad (1) si,dopo forse hai digitato male:
comunque il punto è che,considerando la formula valida solo per a>0,
s'evita d'aver il dubbio che possan essere vere uguaglianze,che invece sono a priori insensate in $RR$,del tipo
$(-4)^(1/2)*(-4)^(1/2)=(-4)^(1/2+1/2)=(-4)^1=-4$ oppure $0^(-1/2)*0^2=0^(-1/2+2)=0^(3/2)=0$..
Saluti dal web.[/quote]

visto che con 0 sarebbe insensato perchè il mio libro pone come condizione $a>=0$ ? e non $a>0$ ?

G.D.5
Il mio consiglio è di non farne una questione di principio giacché sono valide entrambe le impostazioni, cioè sia quella del libro di testo sia quella di 93felipe.
Provare per credere:
• c'è un post di gugo82 a proposito delle potenze ad esponente razionale che esprime bene quelli che sono i convincimenti di 93felipe (ma non ricordo dov'è il suddetto post)
• il De Marco - Analisi Uno e il Prodi - Analisi Matematica, seguono invece la strada del libro di testo
• l'Acerbi-Buttazzo - Primo Corso di Analisi Matematica segue gugo82

theras
"WiZaRd":
Il mio consiglio è di non farne una questione di principio giacché sono valide entrambe le impostazioni, cioè sia quella del libro di testo sia quella di 93felipe.

Ciao!
Chiaramente basta mettersi d'accordo sul significato dei simboli;
ciò nonostante non sono d'accordo,in alcuna delle due metodologie introduttive,
sulla contemplabilità del caso a=0:
farlo potrebbe portare,più avanti,ad aver difficoltà a comprendere il motivo per il quale gli esponenziali son vincolati ad avere base positiva se si vuol esser certi che l'esponente possa variare in tutto $RR$..
Saluti dal web.

G.D.5
Ovviamente io non mi riferivo alla base \(a=0\), mi riferivo alla questione inizialmente posta da 93felipe: ammettere o meno che la base di una potenza ad esponente razionale possa essere un numero negativo per opportuni valori del numeratore e del denominatore della frazione che rappresenta il suddetto numero razionale. È a tal proposito che esistono due "scuole di pensiero": quelli che preferiscono decretare l'accettabilità o meno della base negativa a seconda della rappresentazione frazionaria dell'esponente e quelli che invece preferiscono tagliare la testa al toro e fugare ogni dubbio interpretativo ammettendo solo basi positive.

theras
"WiZaRd":
Ovviamente io non mi riferivo alla base a=0, mi riferivo alla questione inizialmente posta da 93felipe: ammettere o meno che la base di una potenza ad esponente razionale possa essere un numero negativo per opportuni valori del numeratore e del denominatore della frazione che rappresenta il suddetto numero razionale. È a tal proposito che esistono due "scuole di pensiero": quelli che preferiscono decretare l'accettabilità o meno della base negativa a seconda della rappresentazione frazionaria dell'esponente e quelli che invece preferiscono tagliare la testa al toro e fugare ogni dubbio interpretativo ammettendo solo basi positive.

Ciao!
O.k. c'è stato un equivoco,
perchè avevo visto il tuo consiglio,ovvero di non farne una questione di principio,
sotto la sua domanda relativa a perchè il libro imponeva $a>=0$
(mentre io gli consigliavo a>o..):
l'ho interpretato così come risposta al suo pertinente dubbio,
e mi son preoccupato di non fargliene nascere potenziali altri.
Saluti dal web.

G.D.5
:smt023

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