Equazione esponenziale a base variabile
Buonasera a tutti. Sono uno studente del liceo scientifico e mi trovo a discutere con un utente in un forum esterno riguardo la risoluzione di una equazione esponenziale a base variabile.
La scrivo qui:
\( (x^{2}-9)^x=(x+3)^x \)
io ho impostato così: dato che ho una equazione esponenziale a base non definita positiva, devo assicurarmi che le basi siano entrambe positive e l'unione delle mi da come condizione di esistenza \( x>-3 \).
Risolvendo l'equazione ottengo che l'unica soluzione è \( x=4 \)
Lui sostiene che le soluzioni siano {-3, 0, 2, 4} perché se sostituiamo tali valori otteniamo delle identità.
Io ribatto dicendo che {-3,0,2} non appartengono alla condizione di esistenza delle soluzioni, quindi non sono accettabili.
Lui sposta l'attenzione sul fatto che sostituendo i valori da me esclusi abbiamo delle potenze a base negativa con esponente intero e quindi possiamo calcolare, io invece sostengo che dobbiamo risolvere una equazione esponenziale, quindi determinare prima di tutto il suo insieme di definizione, e non verificare una identità tra potenze.
Lascio a voi la patata bollente, chi dei due ha ragione?
La scrivo qui:
\( (x^{2}-9)^x=(x+3)^x \)
io ho impostato così: dato che ho una equazione esponenziale a base non definita positiva, devo assicurarmi che le basi siano entrambe positive e l'unione delle mi da come condizione di esistenza \( x>-3 \).
Risolvendo l'equazione ottengo che l'unica soluzione è \( x=4 \)
Lui sostiene che le soluzioni siano {-3, 0, 2, 4} perché se sostituiamo tali valori otteniamo delle identità.
Io ribatto dicendo che {-3,0,2} non appartengono alla condizione di esistenza delle soluzioni, quindi non sono accettabili.
Lui sposta l'attenzione sul fatto che sostituendo i valori da me esclusi abbiamo delle potenze a base negativa con esponente intero e quindi possiamo calcolare, io invece sostengo che dobbiamo risolvere una equazione esponenziale, quindi determinare prima di tutto il suo insieme di definizione, e non verificare una identità tra potenze.
Lascio a voi la patata bollente, chi dei due ha ragione?
Risposte
Prima alcune precisazioni.
No, la condizione di esistenza complessiva delle funzioni in oggetto è x>3, estendibile per continuità a x=3
x=-3 non è comunque soluzione perchè mi da come risultato la forma 1/0 (1/x=1/x è un'identità ma solo se $x ne 0$).
Per le altre soluzioni si tratta di una questione molto dibattuta. Se l'equazione è limitata a $RR$ l'unica soluzione corretta è, a mio avviso, x=4. Se invece si estende a $CC$, non solo sono accettabili x=0 e x=2, ma vi sono altre soluzioni complesse.
Comunque ti rimando per approfondimenti a questi 2 post
https://www.matematicamente.it/forum/vi ... 6&t=123120
https://www.matematicamente.it/forum/vi ... 6&t=123656
"alexphys8":
condizione di esistenza x>−3.
No, la condizione di esistenza complessiva delle funzioni in oggetto è x>3, estendibile per continuità a x=3
"alexphys8":
soluzioni siano {-3, 0, 2, 4}
x=-3 non è comunque soluzione perchè mi da come risultato la forma 1/0 (1/x=1/x è un'identità ma solo se $x ne 0$).
Per le altre soluzioni si tratta di una questione molto dibattuta. Se l'equazione è limitata a $RR$ l'unica soluzione corretta è, a mio avviso, x=4. Se invece si estende a $CC$, non solo sono accettabili x=0 e x=2, ma vi sono altre soluzioni complesse.
Comunque ti rimando per approfondimenti a questi 2 post
https://www.matematicamente.it/forum/vi ... 6&t=123120
https://www.matematicamente.it/forum/vi ... 6&t=123656
Grazie per la risposta! Per il campo di esistenza, errore di scrittura mio.
Per quanto riguarda il campo di ricerca delle soluzioni, siamo nell'insieme dei reali, altrimenti avrei concordato con il mio "antagonista" ed anche con te.
Piccola curiosità: se non specificato diversamente, l'insieme di ricerca non è sempre $RR$? Voglio dire, se siamo nel campo complesso dovrebbe essere specificato "equazione esponenziale in campo complesso". O sbaglio?
Quello che però mi manda fuori di testa è che lui (o lei) sostiene che le altre soluzioni x=0 e x=2 sono accettabili anche nel campo reale perché se sostituiamo tali valori otteniamo delle potenze con esponente intero e quindi sempre calcolabili. Io ribatto dicendogli che le funzioni esponenziali e le funzioni potenze sono diverse tra loro.
E' su questo che non riesco a convincere l'altro utente.
Per quanto riguarda il campo di ricerca delle soluzioni, siamo nell'insieme dei reali, altrimenti avrei concordato con il mio "antagonista" ed anche con te.
Piccola curiosità: se non specificato diversamente, l'insieme di ricerca non è sempre $RR$? Voglio dire, se siamo nel campo complesso dovrebbe essere specificato "equazione esponenziale in campo complesso". O sbaglio?
Quello che però mi manda fuori di testa è che lui (o lei) sostiene che le altre soluzioni x=0 e x=2 sono accettabili anche nel campo reale perché se sostituiamo tali valori otteniamo delle potenze con esponente intero e quindi sempre calcolabili. Io ribatto dicendogli che le funzioni esponenziali e le funzioni potenze sono diverse tra loro.
E' su questo che non riesco a convincere l'altro utente.
Ciao alexphys8, benvenut* sul forum!
Non l'unione, l'intersezione.
Qui si entra nel campo delle convenzioni. Tecnicamente, l'insieme andrebbe specificato sempre perché si interpretano $n$ come naturale, $x$ come reale, $z$ come complesso esclusivamente per convenzione. Ogni equazione dovrebbe premettere "Si risolva, nell'insieme $A$, l'equazione..." e dire cos'è $A$. Ma, chiaramente, le convenzioni sono tali per un motivo. Quindi, generalmente si interpreta $x\in\mathbb{R}$ se non specificato altrimenti (come dici poi tu).
La questione non è banalissima. Il fatto è che dipende da come si vogliono definire le cose. Se si definisce $x^y$ anche per $y$ interi negativi, essa ha ancora senso (avere senso inteso nel modo più primitivo possibile, ossia puoi farci i conti) anche per $x<0$; per esempio, $(-2)^{-2}$ ha senso. Tuttavia, definendola anche per $y$ interi negativi, si perdono ad esempio proprietà topologiche/analitiche (l'insieme di definizione non è più un intervallo ed essa non è derivabile nel suo dominio). Quindi, la conclusione è che proprio la domanda di partenza è mal posta. Bisogna prima dire dove si vuole definire $x^y$ in base alle proprietà che si vuole che essa abbia, e poi chiedersi quali sono le soluzioni di eventuali equazioni che coinvolgono $x^y$. In parole povere, tu e l'utente del forum da te citato state lavorando con due funzioni diverse ma denotate, ambiguamente, con la stessa notazione. Lui considera $x^y$ definita in un insieme contenente propriamente l'insieme $(0,+\infty) \times \mathbb{R}$, mentre tu la consideri definita esclusivamente in $(0,+\infty) \times \mathbb{R}$ ma entrambi la denotate $x^y$. Perciò, non c'è nessuno da "convincere"; bensì, bisogna fare disambiguazione. Questo avviene spesso: ad esempio, spesso $f^2$ denota $(f(x))^2$ (ossia il quadrato di $f$ calcolata in $x$) ma, contraddittoriamente, la notazione $f^{-1}$ significa $f^{-1}(x)$ (ossia l'inversa di $f$ calcolata in $x$; ciò sarebbe più consistente con l'uso della notazione ad esponente per denotare la composizione) e non $\left(f(x)\right)^{-1}=\frac{1}{f(x)}$. Uno ci si abitua, e va avanti. Ovviamente puoi risolvere il tutto mettendo delle parentesi, denotando con $(f)^{-1}$ il reciproco e con $f^{-1}$ l'inversa, denotando con $f^2$ la composizione di $f$ con sé stessa (ossia, $f(f(x))$) e con $(f)^2$ il quadrato di $f$. Ma ciò appesantisce la notazione e quindi quasi nessuno lo fa; poi, con una certa maturità matematica, si capisce di cosa si sta parlando in base al contesto. Nel caso dell'equazione da te proposta non si può dedurre dal contesto, perché dipende da una definizione arbitraria. Tuttavia, ribadisco che se la domanda è: "Risolvere l'equazione $(x^2-9)^x=(x+3)^x$" e basta, è mal posta per i motivi sopraccitati. Una buona domanda invece sarebbe: "Sia $f:(3,+\infty) \times (3,+\infty) \to \mathbb{R}$ definita ponendo $f(t,y)=t^y$. Risolvere l'equazione $f(x^2-9,x)=f(x+3,x)$". Quest'ultima è la domanda a cui hai risposto tu. Il tuo interlocutore ha invece risposto ad una domanda in cui $f$ è definita in un altro dominio, "più grande" del tuo (nel senso insiemistico, ossia che lo contiene); perciò, sta di fatto lavorando con una funzione diversa.
"alexphys8":
io ho impostato così: dato che ho una equazione esponenziale a base non definita positiva, devo assicurarmi che le basi siano entrambe positive e l'unione delle mi da come condizione di esistenza $x> - 3$.
Non l'unione, l'intersezione.
"alexphys8":
Piccola curiosità: se non specificato diversamente, l'insieme di ricerca non è sempre $RR$? Voglio dire, se siamo nel campo complesso dovrebbe essere specificato "equazione esponenziale in campo complesso". O sbaglio?
Qui si entra nel campo delle convenzioni. Tecnicamente, l'insieme andrebbe specificato sempre perché si interpretano $n$ come naturale, $x$ come reale, $z$ come complesso esclusivamente per convenzione. Ogni equazione dovrebbe premettere "Si risolva, nell'insieme $A$, l'equazione..." e dire cos'è $A$. Ma, chiaramente, le convenzioni sono tali per un motivo. Quindi, generalmente si interpreta $x\in\mathbb{R}$ se non specificato altrimenti (come dici poi tu).
"alexphys8":
Lui sostiene che le soluzioni siano $\{-3, 0, 2, 4\}$ perché se sostituiamo tali valori otteniamo delle identità.
Io ribatto dicendo che $\{-3,0,2\}$ non appartengono alla condizione di esistenza delle soluzioni, quindi non sono accettabili.
Lui sposta l'attenzione sul fatto che sostituendo i valori da me esclusi abbiamo delle potenze a base negativa con esponente intero e quindi possiamo calcolare, io invece sostengo che dobbiamo risolvere una equazione esponenziale, quindi determinare prima di tutto il suo insieme di definizione, e non verificare una identità tra potenze.
Lascio a voi la patata bollente, chi dei due ha ragione?
La questione non è banalissima. Il fatto è che dipende da come si vogliono definire le cose. Se si definisce $x^y$ anche per $y$ interi negativi, essa ha ancora senso (avere senso inteso nel modo più primitivo possibile, ossia puoi farci i conti) anche per $x<0$; per esempio, $(-2)^{-2}$ ha senso. Tuttavia, definendola anche per $y$ interi negativi, si perdono ad esempio proprietà topologiche/analitiche (l'insieme di definizione non è più un intervallo ed essa non è derivabile nel suo dominio). Quindi, la conclusione è che proprio la domanda di partenza è mal posta. Bisogna prima dire dove si vuole definire $x^y$ in base alle proprietà che si vuole che essa abbia, e poi chiedersi quali sono le soluzioni di eventuali equazioni che coinvolgono $x^y$. In parole povere, tu e l'utente del forum da te citato state lavorando con due funzioni diverse ma denotate, ambiguamente, con la stessa notazione. Lui considera $x^y$ definita in un insieme contenente propriamente l'insieme $(0,+\infty) \times \mathbb{R}$, mentre tu la consideri definita esclusivamente in $(0,+\infty) \times \mathbb{R}$ ma entrambi la denotate $x^y$. Perciò, non c'è nessuno da "convincere"; bensì, bisogna fare disambiguazione. Questo avviene spesso: ad esempio, spesso $f^2$ denota $(f(x))^2$ (ossia il quadrato di $f$ calcolata in $x$) ma, contraddittoriamente, la notazione $f^{-1}$ significa $f^{-1}(x)$ (ossia l'inversa di $f$ calcolata in $x$; ciò sarebbe più consistente con l'uso della notazione ad esponente per denotare la composizione) e non $\left(f(x)\right)^{-1}=\frac{1}{f(x)}$. Uno ci si abitua, e va avanti. Ovviamente puoi risolvere il tutto mettendo delle parentesi, denotando con $(f)^{-1}$ il reciproco e con $f^{-1}$ l'inversa, denotando con $f^2$ la composizione di $f$ con sé stessa (ossia, $f(f(x))$) e con $(f)^2$ il quadrato di $f$. Ma ciò appesantisce la notazione e quindi quasi nessuno lo fa; poi, con una certa maturità matematica, si capisce di cosa si sta parlando in base al contesto. Nel caso dell'equazione da te proposta non si può dedurre dal contesto, perché dipende da una definizione arbitraria. Tuttavia, ribadisco che se la domanda è: "Risolvere l'equazione $(x^2-9)^x=(x+3)^x$" e basta, è mal posta per i motivi sopraccitati. Una buona domanda invece sarebbe: "Sia $f:(3,+\infty) \times (3,+\infty) \to \mathbb{R}$ definita ponendo $f(t,y)=t^y$. Risolvere l'equazione $f(x^2-9,x)=f(x+3,x)$". Quest'ultima è la domanda a cui hai risposto tu. Il tuo interlocutore ha invece risposto ad una domanda in cui $f$ è definita in un altro dominio, "più grande" del tuo (nel senso insiemistico, ossia che lo contiene); perciò, sta di fatto lavorando con una funzione diversa.
Ciao, la tua risposta ha innalzato il livello della discussione su aspetti molto tecnici e sui quali non ne avevo la più pallida idea.
Restando per ora in un discorso da liceo scientifico. Se tu, di fronte a quell'equazione esponenziale e alla richiesta "si risolva l'equazione nell'insieme $RR$", diresti che le soluzioni sono $ {0, 2, 4} $ ?
Vorrei capire quale dovrebbe essere il giusto modo di approcciare questo tipo di equazioni esponenziali in campo reale.
Grazie per la spiegazione finale, di alto livello.
"Mephlip":
Qui si entra nel campo delle convenzioni. Tecnicamente, l'insieme andrebbe specificato sempre perché si interpretano n come naturale, x come reale, z come complesso esclusivamente per convenzione. Ogni equazione dovrebbe premettere "Si risolva, nell'insieme A, l'equazione..." e dire cos'è A. Ma, chiaramente, le convenzioni sono tali per un motivo. Quindi, generalmente si interpreta x∈R se non specificato altrimenti (come dici poi tu).
Restando per ora in un discorso da liceo scientifico. Se tu, di fronte a quell'equazione esponenziale e alla richiesta "si risolva l'equazione nell'insieme $RR$", diresti che le soluzioni sono $ {0, 2, 4} $ ?
Vorrei capire quale dovrebbe essere il giusto modo di approcciare questo tipo di equazioni esponenziali in campo reale.
"Mephlip":
La questione non è banalissima. Il fatto è che dipende da come si vogliono definire le cose. Se si definisce xy anche per y interi negativi, essa ha ancora senso (avere senso inteso nel modo più primitivo possibile, ossia puoi farci i conti) anche per x<0; per esempio, (−2)−2 ha senso. Tuttavia, definendola anche per y interi negativi, si perdono ad esempio proprietà topologiche/analitiche (l'insieme di definizione non è più un intervallo ed essa non è derivabile nel suo dominio). Quindi, la conclusione è che proprio la domanda di partenza è mal posta. Bisogna prima dire dove si vuole definire xy in base alle proprietà che si vuole che essa abbia, e poi chiedersi quali sono le soluzioni di eventuali equazioni che coinvolgono xy. In parole povere, tu e l'utente del forum da te citato state lavorando con due funzioni diverse ma denotate, ambiguamente, con la stessa notazione. Lui considera xy definita in un insieme contenente propriamente l'insieme (0,+∞)×R, mentre tu la consideri definita esclusivamente in (0,+∞)×R ma entrambi la denotate xy. Perciò, non c'è nessuno da "convincere"; bensì, bisogna fare disambiguazione. Questo avviene spesso: ad esempio, spesso f2 denota (f(x))2 (ossia il quadrato di f calcolata in x) ma, contraddittoriamente, la notazione f−1 significa f−1(x) (ossia l'inversa di f calcolata in x; ciò sarebbe più consistente con l'uso della notazione ad esponente per denotare la composizione) e non (f(x))−1=1f(x). Uno ci si abitua, e va avanti. Ovviamente puoi risolvere il tutto mettendo delle parentesi, denotando con (f)−1 il reciproco e con f−1 l'inversa, denotando con f2 la composizione di f con sé stessa (ossia, f(f(x))) e con (f)2 il quadrato di f. Ma ciò appesantisce la notazione e quindi quasi nessuno lo fa; poi, con una certa maturità matematica, si capisce di cosa si sta parlando in base al contesto. Nel caso dell'equazione da te proposta non si può dedurre dal contesto, perché dipende da una definizione arbitraria. Tuttavia, ribadisco che se la domanda è: "Risolvere l'equazione (x2−9)x=(x+3)x" e basta, è mal posta per i motivi sopraccitati. Una buona domanda invece sarebbe: "Sia f:(3,+∞)×(3,+∞)→R definita ponendo f(t,y)=ty. Risolvere l'equazione f(x2−9,x)=f(x+3,x)". Quest'ultima è la domanda a cui hai risposto tu. Il tuo interlocutore ha invece risposto ad una domanda in cui f è definita in un altro dominio, "più grande" del tuo (nel senso insiemistico, ossia che lo contiene); perciò, sta di fatto lavorando con una funzione diversa.
Grazie per la spiegazione finale, di alto livello.