Alessandro tenta l'assedio di gaza

chris_92
perpiacere aiutatemi a tradurre questa versione"alessandro tenta l'assedio di gaza" di curzio rufo:
inizia"OB hanc causam alexander omnium quae apud hostem...."e finisce"...tamen paruit vati signumque receptui dedit"
va bene pure se i aiutate solo con questo pezzo:"OB hanc causam alexander omnium quae apud hostem gererentur ignarus,urbem gazam obsidebat. Praeerat urbi Betis,eximiae in regem suum fidei,modicoque praesidio muros ingentis operis tuebatur.Alexander,aestimato locorum situ,agi cuniculos iussit facili ac levi humo acceptante occultum opus;quippe multam harenam vicinum mare evomit,nec saxa cotesquequea interpellentspecus,obstant.Igitue ab ea parte quam oppidaniconspicere non possent opus orsus,ut a sensueius averteret,turres muris admoveri iubet."
grazie in anticipo...mi serve per oggi alle 2:00

Risposte
SuperGaara
Bene! Chris aiutati con la versione postata da aleio, sistemando le parti che ti servono ;)

Chiudo il topic :hi

chris_92
ok grazie mille

aleio1
Anche se forse qualche pezzo va tagliato.

Ob hanc causam Alexander, omnium quae apud hostem gererentur ignarus, urbem Gazam obsidebat. Praeerat urbi Betis, eximiae in regem suum fidei, modicoque praesidio muros ingentis operis tuebatur. Alexander aestimato locorum situ agi cuniculos iussit, facili ac levi humo acceptante occultum opus: quippe multam arenam vicinum mare evomens; nec saxa cotesque, quae interpellent specus, obstant. Igitur, ab ea parte quam oppidani conspicere non possent, opus orsus, ut a sensu eius averteret, turres muris admoveri iubet. Sed eadem humus movendis inutilis turribus desidente sabulo agilitatem rotarum morata, et tabulata turrium perfringebat, multique vulnerabantur inpune, cum idem recipiendis qui admovendis turribus labor eos fatigaret. Ergo, receptui signo dato, postero die muros corona circumdari iussit, ortoque sole, priusquam admoveret exercitum, opem deum exposcens, sacrum patrio more faciebat: forte praetervolans corvus glebam, quam unguibus ferebat, subito amisit; quae, cum regis capiti incidisset, resoluta defluxit, ipsa autem avis in proxima turre consedit. Inlita erat turris bitumine ac sulphure, in qua alis haerentibus frustra se adlevare conatus a circumstantibus capitur. Digna res visa de qua vates consuleret; et erat non intactae a superstitione mentis. Ergo Aristander, cui maxima fides habebatur, urbis quidem excidium augurio illo portendi, ceterum periculum esse ne rex vulnus acciperet. Itaque monuit, ne quid eo die inciperet. Ille, quamquam unam urbem sibi, quominus securus Aegyptum intraret, obstare aegre ferebat, tamen paruit vati signumque receptui dedit.


Per tale motivo ignaro di tutto ciò che avveniva presso il nemico, Alessandro assediava la città di Gaza. Al comando della città vi era Betis, uomo di assoluta fedeltà al suo re, e presidiava con uno sparuto drappello le mura, di imponente costruzione. Alessandro, dopo aver considerato le caratteristiche del luogo, ordinò che fossero scavati dei cunicoli, in quanto il terreno cedevole e friabile favoriva agevolmente uno scavo sotterraneo: infatti il mare vicino gettava fuori molta sabbia e non vi erano sassi o scogli ad ostacolare lo scavo. Quindi, iniziato lo scavo dalla parte che gli assediati non potevano scorgere, fece accostare le torri alle mura, in modo da distogliere la loro attenzione. Ma lo stesso terreno, dannoso per il movimento delle torri, a causa dello sprofondamento della sabbia ostacolava la mobilità delle ruote e sconnetteva i tavolati delle torri, e molti venivano colpiti senza difesa poiché lo sforzo stremava coloro che allontanavano ed accostavano le torri. Dunque, dato il segnale della ritirata, il giorno dopo Alessandro fece circondare le mura da una cerchia di soldati, e al sorger del sole, prima di muovere l’esercito, implorando l’aiuto degli dèi, sacrificò secondo il costume patrio: un corvo, che sorvolava per caso la zona, lasciò cadere improvvisamente una zolla che recava tra gli artigli, la quale, dopo aver colpito il capo del re, cadde al suolo disfatta, mentre l’uccello si posò su una torre vicina. La torre era stata spalmata di zolfo e di bitume, per cui il corvo, tentando invano di liberare le ali in essi impigliate, fu catturato dagli astanti. Il fatto sembrò meritevole di un’interpretazione da parte degli indovini; Alessandro aveva una mente non immune dalla superstizione. Allora Aristandro, nel quale era riposta la massima fiducia, spiegò che con quel prodigio veniva di certo preconizzata la presa della città, però vi era il pericolo che il re riportasse una ferita. Pertanto lo invitò a non intraprendere nulla in quel giorno. Quello, benché mal tollerasse che una sola città gli impedisse di entrare sicuro in Egitto, tuttavia obbedì al vate e diede il segnale della ritirata.

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