Trama promessi dposi..
mi servirebbe una breve,ma non troppo, trama dei promessi sposi per domani.. preferibilmente accennando anche alla parte dove devono scappare e quindi alla monaca di Monza.. grazie in anticipo...
Risposte
di niente figurati :-)
grazie mille*
CAPITOLO I
Descrizione dei luoghi dove si ambientano le prime fasi del romanzo: il lago, i monti che lo circondano, il fiume Adda, la città di Lecco e i paesini circostanti. Il narratore descrive i luoghi come se li vedesse dall'alto.
Situazione delle terre descritte sotto la dominazione spagnola: soldati stranieri che commettono violenze, furti e soprusi. Descrizione delle sponde del lago, dei monti dei paesini, e delle stradine che li collegano. Il punto di vista è quello di un osservatore posto sulle pendici delle montagne circostanti.
La passeggiata di don Abbondio Don Abbondio passeggia, come d'abitudine, leggendo il breviario, ma ad una biforcazione della strada, nei pressi di un tabernacolo dipinto, vede due loschi personaggi, due bravi, cioè due sicari. Descrizione dei due bravi fermi vicino all'incrocio: capelli lunghi racchiusi in una reticella dalla quale esce solo un grande ciuffo che ricade sulla fronte, e una ricchissima dotazione di armi d'ogni tipo.
Vengono citate le molte leggi, dette gride, che prevedono pene severissime per i bravi, che sono i sicari dei potenti. L'Autore tra una citazione e l'altra - propone considerazioni ironiche sull'inefficacia di queste ed altre gride.
Don Abbondio e le minacce dei bravi
Comprendendo che i bravi stanno attendendo lui, don Abbondio cerca vie di fuga o eventuali testimoni, ma poi, vista l'assenza delle une e degli altri, si avvicina ai due fingendosi tranquillo. I bravi gli sbarrano la strada e gli impongono, con le minacce, di non celebrare il previsto matrimonio tra due giovani del luogo: Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. Don Abbondio, spaventato, si dichiara più volte disposto all'obbedienza, specie quando sente il nome di don Rodrigo, il padrone dei due bravi. Fatta la loro ambasciata i due figuri si allontanano. Le minacce dei due bravi si inseriscono nel clima di sopraffazione che caratterizza il Ducato di Milano sotto la dominazione spagnola: i potenti possono impunemente commettere ogni tipo di violenza, mentre i deboli sono costretti a subire e non sono protetti dalla Giustizia. Fin dalla fanciullezza, don Abbondio si rivela un debole e un timoroso, incapace di affrontare le difficoltà della vita in un'epoca tanto violenta. La sua scelta sacerdotale nasce allora dal desiderio di appartenere ad una classe privilegiata e protetta, e non da una vera vocazione religiosa.
Ma per poter stare ancora più tranquillo, don Abbondio elabora un proprio "sistema di vita" fatto di paura, di servilismo, di opportunismo che lo induce a stare sempre dalla parte del più forte, di cattiverie verso i più deboli, di critiche a chi non pensa ai fatti propri. Inizia il soliloquio di don Abbondio. Come parlando tra sé egli immagina le reazioni di Renzo e ripensa a ciò che avrebbe dovuto dire ai bravi. Infine inveisce segretamente contro don Rodrigo.
Giunto a casa propria, il curato chiama Perpetua, la sua serva: una donna decisa, ma un po' bisbetica e pettegola. Dopo qualche esitazione, si confida con lei, ma non accetta i suoi saggi consigli. Infine, stremato, va a dormire, raccomandando alla domestica la massima riservatezza.
CAPITOLO II
Don Abbondio passa una notte agitata tra ricerche di scuse per non celebrare il matrimonio e incubi popolati di bravi e di agguati. Tra il sonno e la veglia egli elabora un piano per superare le prevedibili obiezioni di Renzo e ritardare così le nozze. Per prendere gli ultimi accordi per il matrimonio, Renzo si reca da don Abbondio vestito in gran gala, con un cappello piumato e il pugnale dal manico bello. Il promesso sposo è un giovane di vent'anni, rimasto orfano di ambedue i genitori fin dall'adolescenza. La sua professione, quella di filatore di seta, e i continui risparmi, gli hanno dato una certa tranquillità economica.
Il curato finge di non ricordarsi del matrimonio, poi, utilizzando termini latini per confondere il giovane, lascia intendere che sono sopravvenuti degli impedimenti che obbligano a ritardare le nozze. Renzo accondiscende allo spostamento, ma rimane insospettito dal comportamento del parroco.
Uscito dalla canonica Renzo incontra Perpetua e riceve da lei conferma dei propri sospetti: don Abbondio è stato minacciato da qualcuno.
Renzo torna velocemente nel salotto di don Abbondio. Dopo aver imprigionato il parroco nella stanza, il giovane, con fare apparentemente minaccioso, lo costringe a dirgli la verità. Perpetua rientra e don Abbondio l'accusa di aver infranto il giuramento del silenzio fatto la sera prima. Dopo un acceso battibecco tra i due, il curato si mette a letto vinto dalla febbre. Renzo si dirige nuovamente verso casa di Lucia. Nella sua mente passano fieri propositi di vendetta, ma al pensiero della fidanzata egli abbandona ogni ipotesi violenta. Giunto nel cortile della casa, Renzo incarica una bambina, Bettina, di chiamare in disparte Lucia e di condurla da lui.
Lucia, orfana di padre e di qualche anno più giovane di Renzo, è acconciata e vestita per le nozze: i suoi capelli neri sono raccolti in trecce fissate con spilloni, indossa un corpetto di broccato con un gonna pieghettata di seta, e attorno al collo porta una modesta collana. Il suo viso giovanile riflette una bellezza interiore.
Lucia viene messa al corrente delle minacce di don Rodrigo
Lucia, circondata dalle amiche, viene raggiunta dalla bambina che le trasmette il messaggio di Renzo. La ragazza scende al piano terreno e Renzo la mette al corrente dell'accaduto, ed ella mostra di essere già a conoscenza della passione di don Rodrigo per lei. Ai due si aggiunge poi Agnese. Lucia sale a congedare le donne dicendo che il matrimonio è rimandato a causa di una malattia del parroco. Alcune di esse si recano alla canonica per chiedere conferma di quella malattia e Perpetua dice loro che don Abbondio ha un febbrone.
CAPITOLO III
Don Rodrigo, avvicina Lucia lungo la strada e scommette con un altro nobile (il conte Attilio, suo cugino) che la ragazza sarà sua. Una scena analoga si ripete il giorno successivo Lucia rivela poi di aver narrato l'accaduto a fra Cristoforo. Dopo che Lucia ha placato le nuove ire di Renzo, Agnese consiglia il giovane di recarsi a Lecco da un avvocato soprannominato Azzecca-garbugli e gli consegna quattro capponi da portare in dono al dottore. Renzo si mette in cammino verso Lecco. Lungo la strada, agitato e incollerito, dà continui strattoni ai capponi che ha in mano: le povere bestie, pur accomunate da un triste destino, si beccano tra loro.
Ciò dà l'occasione all'Autore per riflettere sulla mancanza di solidarietà tra gli uomini. Giunto alla casa di Azzecca-garbugli e consegnati i capponi a una serva, Renzo viene fatto accomodare nello studio: uno stanzone disordinato e polveroso in cui spiccano, alle pareti, i ritratti degli imperatori romani, simbolo del potere assoluto. Il dottore lo accoglie indossando una toga consunta che lo fa apparire decrepito quanto i mobili della stanza. Azzecca-garbugli scambia Renzo per un bravo e, per intimorirlo, legge confusamente una grida che annuncia pene severissime per chi impedisce un matrimonio. Credendo che il giovane si sia camuffato tagliandosi il ciuffo che contraddistingue i bravi, si complimenta con lui per la sua astuzia. Vengono poi proposti frammenti di gride in cui si vieta di portare il ciuffo. Renzo nega di essere un bravo, ma l'avvocato non gli crede e lo invita a fidarsi di lui, prospettando poi una linea di difesa. Scoperto l'equivoco, Azzecca-garbugli si infuria e rifiuta ogni aiuto, mettendolo infine alla porta. Lucia e Agnese si consultano nuovamente tra loro e decidono di chiedere aiuto anche a fra Cristoforo. In quel momento giunge fra Galdino un umile frate laico, in cerca di noci per il convento di Pescarenico, lo stesso dove vive il padre Cristoforo. Per eludere le domande del fraticello circa il mancato matrimonio si porta il discorso sulla carestia; Galdino racconta allora un aneddoto riguardante un miracolo avvenuto in Romagna.
Un cappuccino, padre Macario, dissuade un uomo dal tagliare un noce ormai sterile, predicendo una formidabile raccolta di noci, la metà delle quali avrebbe dovuto essere destinata al convento. Come predetto dal frate, l'albero fruttifica in maniera straordinaria, ma nel frattempo il proprietario è morto e l'erede si rifiuta di donare al convento la parte concordata. A causa di questo rifiuto, le noci raccolte si trasformano in foglie secche. Lucia dona a fra Galdino una gran quantità di noci affinché egli, non dovendo continuare la questua, possa recarsi subito al convento ed esaudire la sua richiesta di inviare presso di loro fra Cristoforo.
Renzo fa ritorno alla casa di Lucia e racconta il pessimo risultato del suo colloquio con Azzecca-garbugli. Tra Renzo e Agnese si accende una piccola discussione, subito placata da Lucia, circa la validità del consiglio di rivolgersi all'avvocato. Dopo alcuni sfoghi di Renzo ed altrettanti inviti alla calma da parte delle donne, il giovane torna a casa propria.
CAPITOLO IV
Fra Cristoforo esce dal convento del paese di Pescarenico, un piccolo villaggio di pescatori nei pressi di Lecco.
Sebbene il paesaggio autunnale sia splendido, il cammino del frate verso casa di Lucia è rattristato dalle immagini di miseria che si vedono ovunque: persone smunte, animali smagriti dalla fame, mendicanti laceri.
Un uomo vicino ai 60 anni, dalla lunga barba bianca, umile ma fiero al tempo stesso, con due occhi vivacissimi.
Lodovico (questo è il nome di fra Cristoforo prima di prendere i voti), figlio di un ricco mercante con ambizioni da nobile, viene educato in maniera aristocratica. Non essendo però accettato nella cerchia dei nobili, il giovane inizia, quasi per vendetta, a difendere gli umili contro i signorotti prepotenti.
Un giorno per strada, scoppia una disputa per futili motivi tra Lodovico ed un nobile arrogante.
Nel corso della disputa che ne segue, il giovane, vedendo gravemente ferito Cristoforo, il suo più fedele servitore, uccide il signorotto.
Lodovico viene condotto dalla folla nel vicino convento dei frati cappuccini, affinché possa trovare riparo dalla vendetta dei parenti dell'ucciso.
Questi intanto circondano il convento al fine di colpire l'uccisore alla sua uscita.
Durante la sua permanenza in convento Lodovico matura la decisione di farsi frate. Dona tutti i suoi beni alla famiglia del servo Cristoforo che era morto per lui e assume il nome di fra Cristoforo. Intanto il padre guardiano del convento convince il fratello del nobile ucciso ad accettare come rivalsa la scelta monacale di Ludovico. Prima di partire per il luogo del suo noviziato, fra Cristoforo chiede ed ottiene di domandare scusa alla famiglia dell'ucciso.
In casa del nobile vengono convocati tutti i parenti per assaporare la vendetta, ma con il suo contegno umile, fra Cristoforo ottiene un sincero perdono da tutti e induce i presenti a mitigare la loro superbia.
Quale segno di riconciliazione il fratello dell'ucciso dona un pane al frate; questi, mangiatane una metà, conserverà il resto quale ricordo dell'accaduto.
Oltre a predicare e assistere i moribondi, fra Cristoforo opera per rimuovere le ingiustizie e per difendere gli oppressi. Intanto il frate, giunto alla casa di Lucia e Agnese, viene accolto con gioia dalle due donne.
CAPITOLO V
Oltre a predicare e assistere i moribondi, fra Cristoforo opera per rimuovere le ingiustizie e per difendere gli oppressi.
Intanto il frate, giunto alla casa di Lucia e Agnese, viene accolto con gioia dalle due donne. Fra Cristoforo viene informato del mancato matrimonio
Fra Cristoforo, giunto alla casa di Lucia, si fa raccontare dalle donne l'accaduto. Esaminata la situazione decide di andare a parlare con don Rodrigo per distoglierlo dal suo proposito.
Arriva anche Renzo, il quale rivela di aver tentato invano di organizzare un agguato contro il signorotto. Per questo viene rimproverato dal frate.
Fra Cristoforo si incammina verso il palazzotto di don Rodrigo. Nel palazzotto stesso e nel villaggio sottostante tutto appare segnato da un clima di violenza e di malvagità: ovunque si vedono armi e neppure sui volti dei bambini e dei vecchi si riesce a scorgere l'innocenza.
Dopo aver parlato con due bravi e con un servitore, molto sorpreso di vederlo lì, fra Cristoforo viene introdotto nella stanza da pranzo.
Attorno al tavolo, alcuni personaggi (don Rodrigo, il Podestà, il conte Attilio, Azzecca - Garbugli e altri) discutono animatamente su una questione di cavalleria.
Il frate è chiamato ad esprimere un giudizio, ma la sua sentenza, che invita alla pace e alla carità, viene scambiata per una battuta di spirito; il frate stesso è schernito da don Rodrigo che gli ricorda il suo passato mondano.
La disputa cambia tema e volge poi sulla guerra per il ducato di Mantova e sulle relative manovre politiche di Spagna, Francia, Germania e Papato. In questa circostanza il Podestà si spaccia per un fine conoscitore dei maneggi politici. Il narratore informa poi il lettore circa quella guerra, nata per la successione al ducato di Mantova, che vede opporsi il duca di Nevers, sostenuto dalla Francia e dal papato, e Ferrante Gonzaga principe di Guastalla, appoggiato dalla Spagna e dal duca di Savoia. Le discussioni vengono abbandonate per un attimo per lasciare posto a un brindisi, ma subito riprendono sul tema della carestia, evocato da Azzecca - Garbugli in un suo elogio al vino. La colpa della penuria di cibo viene attribuita ai fornai che farebbero incetta di grano per alzarne il prezzo.
È don Rodrigo a porre fine al dibattito congedando i commensali e conducendo infine fra Cristoforo in un altra stanza.
CAPITOLO VI
Con tatto e diplomazia, fra Cristoforo chiede a don Rodrigo di far cessare le persecuzioni contro Lucia e di permettere il matrimonio tra i due promessi. Il nobile reagisce però violentemente accusando il frate di nutrire un equivoco interesse per la ragazza. Il colloquio si trasforma così in un duello verbale nel quale Cristoforo predice al suo antagonista il compiersi della giustizia divina (verrà un giorno).
Al termine il frate viene cacciato. La sua missione è fallita, ma don Rodrigo rimane scosso dalle minacciose profezie del cappuccino.
Uscendo dal palazzotto per andare verso casa di Lucia, il frate incontra il vecchio servitore che l'aveva accolto al suo ingresso. Quest'ultimo dice a fra Cristoforo di avere delle rivelazioni da fargli e gli dà appuntamento per l'indomani al convento.
Agnese propone ai due promessi, di effettuare il matrimonio di sorpresa, di presentarsi cioè davanti al parroco con due testimoni e di pronunciare la formula del matrimonio. Sebbene celebrato contro la volontà del parroco, questo matrimonio avrebbe valore a tutti gli effetti. Renzo si mostra entusiasta, ma Lucia è contraria al progetto poiché esso prevede dei sotterfugi.
Renzo, in cerca dei testimoni per il matrimonio di sorpresa, si reca a casa di Tonio. Quando vi giunge, l'intera famiglia (Tonio, il fratello, l'anziana madre, la moglie e i figli) è riunita in attesa di una scarsa polenta. Renzo, rifiutando l'invito a trattenersi, conduce l'uomo all'osteria e lì gli chiede di far da testimone al matrimonio. In cambio del favore, Renzo gli offre del denaro per pagare un debito contratto con don Abbondio. Tonio accetta e propone suo fratello Gervaso come secondo testimone.
Renzo torna da Lucia e tenta nuovamente di convincerla ad accettare il "piano" della madre. Nel frattempo si avvertono i passi di fra Cristoforo, giunto per riferire gli esiti del colloquio con don Rodrigo.
CAPITOLO VII
Fra Cristoforo comunica ad Agnese e ai due promessi che, malgrado il suo intervento, don Rodrigo non intende cambiare atteggiamento. Renzo reagisce con rabbia. Uscendo, il frate raccomanda di inviare qualcuno al convento il giorno successivo, per avere nuove informazioni. Renzo, irritato dalle notizie appena ricevute e dall'opposizione di Lucia al progetto di matrimonio di sorpresa, dà in escandescenze. Alla fine Lucia cede e accondiscende al piano della madre. Renzo rincasa.
Agnese e Renzo stabiliscono i dettagli del piano di matrimonio di sorpresa, mentre Lucia resta in disparte. Seguendo le indicazioni di fra Cristoforo, Agnese invia poi al convento Menico, un ragazzino suo parente.
Per tutta la mattinata, dei loschi figuri vestiti da viandanti e da pellegrini si aggirano nelle vicinanze della casa di Lucia, curiosando anche all'interno dell'abitazione.
Dopo lo scontro con padre Cristoforo, don Rodrigo, furibondo per non esser riuscito ad intimorire il frate e turbato per quel Verrà un giorno, cammina per il palazzo al cospetto dei ritratti dei suoi avi, che sembrano rimproverarlo per la sua debolezza.
Per dimenticare l'episodio il nobile esce, scortato dai bravi, per una passeggiata trionfale, durante la quale egli viene ossequiato da tutti. Tornato al palazzotto, egli viene però deriso dal conte Attilio; risentito, raddoppia allora la posta dell'infame scommessa.
Dopo una notte di sonno tranquillo, don Rodrigo, dimenticati i timori suscitati in lui da fra Cristoforo, predispone con il capo dei suoi bravi, il Griso, un piano per rapire Lucia. I bravi, guidati dal Griso, cominciano le loro ricognizioni in casa di Lucia (gli strani figuri visti nella casa sono i bravi travestiti).
Tornati al palazzotto, il Griso dà le ultime istruzioni ai suoi compagni. Il vecchio servitore si avvia alla volta del convento per riferire al frate circa il previsto rapimento di Lucia. Nel frattempo alcuni bravi hanno già occupato le posizioni concordate ed altri si avviano a farlo.
Dopo aver preso con Agnese e Lucia gli ultimi accordi per il matrimonio di sorpresa, Renzo, assieme a Tonio e a Gervaso, si reca all'osteria e qui incontra tre individui (sono tre bravi di don Rodrigo) dal comportamento minaccioso. Renzo, durante la cena, chiede all'oste informazioni sui tre, ma l'oste finge di non conoscerli; al contrario, egli fornisce ai bravi diverse notizie su Renzo e i suoi amici.
Usciti dall'osteria, Renzo, Tonio e Gervaso, vengono seguiti da due bravi, che si arrestano però, vedendo arrivare gente di ritorno dai campi. I tre passano poi a chiamare Agnese e Lucia e insieme si recano alla canonica, dove Tonio bussa alla porta dicendo a Perpetua di voler saldare un debito.
CAPITOLO VIII
Don Abbondio abbandona le letture in cui era immerso e autorizza Perpetua a far salire Tonio. Scesa in strada, Perpetua incontra Agnese che, fingendo di passare di lì per caso, la coinvolge in una conversazione a proposito di alcune maldicenze sul suo conto. Tonio e Gervaso accedono allo studio del curato, mentre Renzo e Lucia, approfittando della distrazione di Perpetua, raggiungono il pianerottolo della canonica. Tonio salda il suo debito. Il curato esamina le monete, restituisce il pegno e inizia a compilare una ricevuta.
A un segnale convenuto entrano anche i due promessi. Renzo pronuncia l'intera formula, mentre Lucia viene interrotta violentemente dal curato, che si rifugia poi in una stanza attigua. Don Abbondio chiede aiuto dalla finestra. Ambrogio, il sacrestano, suona allora le campane per richiamare gente. I rintocchi svegliano l'intero paese. La gente scende in strada. I tre bravi che erano all'osteria, escono per una ricognizione; poi chiamano i compagni appostati al casolare per il rapimento di Lucia.
Agli ordini del Griso, il gruppo dei bravi penetra in casa della ragazza, ma non trova la vittima predestinata.
Menico, di ritorno dal convento, entra in casa di Lucia.
Appena entrato il ragazzo viene afferrato dai bravi. Spaventati dal suono delle campane questi lasciano andare Menico e fuggono disordinatamente. Il Griso li richiama all'ordine e la fuga prosegue a ranghi compatti.
Agnese continua a distrarre Perpetua, ma, sentite le grida di don Abbondio e i rintocchi, le due donne corrono verso la canonica. Renzo e Lucia si ricongiungono con Agnese e vengono raggiunti da Menico, che dice loro di fuggire verso il convento e li segue per un tratto. Intanto la gente si raduna in piazza e si reca da don Abbondio. Visto che quest'ultimo non è più in pericolo, la folla si sposta alla casa di Lucia e scopre che le due donne sono sparite. Dopo qualche progetto di inseguimento dei presunti rapitori, corre voce che le donne siano salve e tutti si ritirano.
Il console del paese di Renzo e Lucia viene minacciato da due bravi di don Rodrigo che gli intimano di non riferire al podestà i fatti della notte precedente, quella dell'incursione in casa di Lucia. Renzo, Lucia, Agnese si sono intanto allontanati attraverso i campi, accompagnati da Menico che, raccontata la sua avventura, viene poi rimandato a casa.
I tre fuggitivi giungono al convento di Pescarenico. Dopo aver vinto le resistenze di fra Fazio, il sacrestano, fra Cristoforo li fa entrare nella chiesa del convento ed illustra i piani di fuga che ha predisposto per loro. Dopo aver pregato per don Rodrigo, i tre lasciano il convento e si dirigono verso il lago.
Raggiunto il lago, i tre salgono su una barca. Descrizione del paesaggio.
Lucia piange segretamente e dà l'addio ai monti e ai luoghi natii.
CAPITOLO IX
I tre fuggitivi approdano sulla sponda del lago opposta a Pescarenico e si accomiatano dal barcaiolo che li aveva trasportati.
Guidati poi da un barocciaio, i tre giungono fino a Monza su di un carro. Qui possono riposarsi e rifocillarsi in una locanda. Dopo un breve pasto Renzo dà l'addio alle due donne. Sempre sotto la guida del barocciaio, le due donne si recano prima al convento dei cappucini e poi, accompagnate dal padre guardiano, al monastero di monache nel quale sperano di trovare ospitalità. Il frate chiede per loro la protezione di Gertrude, una suora di nobile e potente famiglia. La giovane monaca ha circa venticinque anni e il suo viso mostra una bellezza sfiorita. Il suo atteggiamento e il suo modo di indossare il saio hanno qualcosa di strano.
Gertrude interroga le due donne e il padre guardiano a proposito delle vicende di Lucia. Al termine del colloquio concede ospitalità ad Agnese e Lucia.
Viene descritta la famiglia di Gertrude e la regola in essa vigente, secondo la quale, tutti i figli, ad esclusione del primogenito, dovevano entrare in convento.
Fin dalla prima infanzia, i genitori e i parenti di Gertrude cercano, anche con subdoli espedienti, di inculcarle l'idea della vita consacrata.
L'infanzia e l'adolescenza di Gertrude trascorrono nel convento di Monza, dove viene educata in vista di una sua futura scelta monacale. Nei suoi rapporti con le compagne la bambina manifesta la sua innata superbia, ma anche i primi cenni di rifiuto della vita religiosa.
Prima di prendere definitivamente i voti. Gertrude è ricondotta nella casa paterna. Qui viene trattata con indifferenza ed isolata al fine di metterla a disagio e di farle desiderare il convento. Scoperto il suo innamoramento per un paggio, Gertrude viene imprigionata in una stanza: per uscire da quella segregazione, ella si dichiara disposta a scegliere la vita consacrata.
CAPITOLO X
Colta in un momento di debolezza, Gertrude, forzata dal padre, accetta di entrare in monastero. Viene dato l'annuncio della decisione della ragazza e iniziano i festeggiamenti. Dopo le ultime raccomandazioni sul contegno da tenere e sulle risposte da dare alla badessa, Gertrude viene condotta in monastero a Monza per la presentazione della domanda di ammissione. Anche in convento vengono organizzati grandi festeggiamenti.
Tra il principe padre di Gertrude e la badessa si svolge un colloquio molto formale volto a stabilire la sincerità della vocazione della ragazza.
Il sacerdote incaricato di valutare la sincerità della vocazione di Gertrude interroga la fanciulla, la quale, per timore del padre, mente e dichiara di scegliere liberamente la vita claustrale. Gertrude diviene monaca per sempre e maestra delle educande. La vita del chiostro non allontana però la giovane dalle passioni terrene: i suoi primi anni in monastero sono dunque segnati dall'odio verso le altre suore e da improvvisi cambiamenti d'umore.
La giovane monaca si lascia sedurre da Egidio, un nobile che abita in un palazzo attiguo al monastero: sotto la sua nefasta influenza Gertrude si lascia trascinare dalle passioni più violente e giunge all'omicidio di una conversa che minacciava di svelare la tresca dei due.
RIASSUNTI DEI PROMESSI SPOSI
CAPITOLO XV
Renzo ubriaco,viene accompagnato alla camera dell’ospite,il quale riesce a farsi pagare. Così facendo si diresse al palazzo della giustizia da un notaio criminale che la mattina seguente si presenta da Renzo. Ritornato in sé,si fa legare i polsi,ma una folla popolare fa fremere il notaio. Renzo però ha già in mente un piano: appena uscito attrae l’attenzione della gente invocando giustizia:così notaio e sbirri vengono aggrediti dalla folla.
CAPITOLO XVI
Appena liberato,Renzo lascia Milano per rifugiarsi a Bergamo, in territorio veneto,dal cugino Bortolo. Il difficile è orientarsi nella città e non si fida di chiedere aiuto alla prima persona che incontra. Mentre cammina è assalito dai rimorsi e dai sospetti. Evita,per prudenza, la via maestra,arriva a una piccola osteria dove con uno stratagemma riesce ad ottenere informazioni su un paese vicino al confine di nome Gorgonzola. Così un gruppo di sfaccendati lo tempestano di domande, ma prontamente si sottrae;invece un mendicante racconta tutte le ultime notizie e Renzo impaurito si affida alla guida della Provvidenza.
CAPITOLO XVII
Renzo si sente braccato. Intanto scende la notte. Ormai è un fuggitivo sospetto,costretto ad evitare ogni incontro. Entra in un bosco, l’ambiente gli appare fosco e terrificanti fantasie lo tormentano. Sul punto di tornare indietro, sente il rumore dell’acqua e si rifugia in un capanno e all’alba con l’aiuto di un pescatore arriva a Bergamo. Qui iniziano le ricerche per trovare Bortolo;trovatolo gli spiega tutta la vicenda e Bortolo gli promette un aiuto.
CAPITOLO XVIII
Nello stesso giorno (13 novembre)in cui Renzo si rifugia da Bortolo, giunge al paese dei promessi il capitano di giustizia per una perquisizione a casa di Renzo Tramaglino. Allo stupore dei paesani e all’amarezza di padre Cristoforo si somma il compiacimento di Don Rodrigo e di Attilio,deciso di partire per Milano per togliere di mezzo Padre Cristoforo. Di qui inizia il peggioramento nella situazione di Lucia:il Griso,inviato a Monza,sa dove si rifugia , ma Don Rodrigo non esercita pressione anzi decide di chiedere aiuto all’INNOMINATO. Nel frattempo Lucia ed Agnese hanno appreso notizie sconvolgenti subito chiarite da un messaggero di Padre Cristoforo. Agnese parte per Pescarenico dove trova Fra Galdino che le comunica la partenza di Padre Cristoforo. Per capire questa partenza all’autore torna al colloquio tra Attilio e il vecchio conte zio,raccontandogli la pericolosità di padre Cristoforo. Lucia rimane sola a Monza.
CAPITOLO XIX
Il conte zio raccogliendo un suggerimento da Attilio,decide di rivolgersi al padre provinciale dei cappuccini per far allontanare Padre Cristoforo. Invita il frate ad un pranzo riuscendo ad avere un colloquio privato,dal risultato molto soddisfacente. Padre Cristoforo è trasferito a Rimini. Intanto Don Rodrigo mette in atto il suo piano affidandosi all’innominato, potente bandito, per rapire Lucia. Don Rodrigo, che ha già avuto rapporti con lui,va al castello.
CAPITOLO XX
Don Rodrigo,accompagnato dal Griso e dai bravi,arriva all’osteria della Malanotte . Deposita le armi e con il Griso sale a piedi fino al castello,e dopo un’attesa piuttosto lunga viene ricevuto dal potente signorotto al quale chiede aiuto per attuare il piano. L’innominato si assume l’impresa senza esitare,ma sta attraversando un momento di crisi,con un indistinto richiamo verso la giustizia divina. Comunque manda il suo fidato bravo a Monza,dove può contare su Egidio,che esercita grande potere su Gertrude. Spaventata,con un scusa manda fuori al convento Lucia esponendola al rapimento. Il bravo,detto Nibbio,la rapisce,la carica sulla carrozza fuggendo da Monza. Lucia atterrita supplica il Nibbio di lasciarla andare. Intanto l’innominato,inquieto vorrebbe liberarsi di Lucia,ma colto da un misterioso impulso fa accogliere Lucia da una serva perché le faccia coraggio.
CAPITOLO XXI
Mentre la vecchia serva accoglie Lucia senza le parole giuste, il Nibbio riferisce il buon esito del suo operato dichiarandosi preda della compassione,turbando l’innominato. Rimasto solo,non resiste al desiderio di incontrare Lucia. Moderando il tono di voce,trovando le espressioni giuste si reca da lei. Lucia lo supplica toccando la sua sensibilità e le promette una mezza liberazione. Lucia così resta affidata alla serva,invidiosa di lei. Stremata Lucia fa voto di rinunciare a Renzo e trovata la pace si addormenta,intanto l’innominato avverte che la sua crisi si approfondisce;affiora il pentimento. La vicenda di Lucia diviene motivo di un esame per tutta la vita;solo conforto è la liberazione della ragazza. All’alba lo sorprende un suono festoso di campane:per controllare cosa accade invia un bravo a prender notizie.
CAPITOLO XXII
Il Bravo riferisce che la gente si muove per conoscere il cardinale Federigo Borromeo,in visita al paese. L’Innominato decide di andare da Borromeo,ma prima di partire fa visita a Lucia. Solo,senza scorta,si avvia alla canonica dove il cardinale è ospitato. Ora l’autore esorta e sottolinea la costante coerenza di Federigo fra i principi morali e le azioni:segue la sua fase di vocazione religiosa,la rinuncia ai privilegi della nobiltà,l’attenzione alla cultura dimostrata con la fondazione della biblioteca ambrosiana,lo spirito di carità,la cura dei poveri,l’apertura verso gli altri,la severità verso i sacerdoti manchevoli nel loro ministero. A questi pregi,aggiunge note negative di allusione a errate opinioni e poco valore ai suoi scritti.
CAPITOLO XXIII
Il cardinale accoglie senza indugi la visita dell’Innominato. Il turbamento dell’innominato,si scioglie,mentre il cardinale cerca di far nascere in lui il desiderio di una nuova vita;il dialogo si concluderà con il pianto dell’innominato. Viene rimessa in gioco la possibilità di liberare Lucia,ma bisogna trovare una persona che sappia confortarla e portarla fuori dal castello. Torna così in gioco don Abbondio,che verrà portato verso il castello del bandito senza nessuna spiegazione,ma rincuorato poi dalle gentili parole dell’innominato.
CAPITOLO XXIV
Lucia anche se turbata è contenta di essere stata liberata dal bandito. Nella lettiga che la conduce al villaggio,Lucia apprende dalla donna,moglie del sarto del paese,l’identità dell’innominato e i fatti relativi alla sua conversione,capisce così a quale pericolo è scampata. Don Abbondio è ancora impaurito per la reazione di Don Rodrigo,ma prosegue il suo cammino. Lucia è ospite a casa del sarto dove verrà tranquillizzata e rifocillata,anche se vive male il fatto di aver rinunciato all’amore di Renzo. Agnese viene a sapere i fatti relativi al rapimento e liberazione della figlia,ne parla con il cardinale,ed emerge il vigliacco comportamento di Don Abbondio. Intanto l’innominato convoca i suoi fedeli e annuncia loro la conversione.
CAPITOLO XXV
In paese si diffuse la voce su Lucia,riaccendendo i vecchi rancori di don Rodrigo e la paura di don Abbondio,che si rifugia nella chiesa ben sicuro che il cardinale nulla sappia sulla vicenda di Lucia. Intanto donna Prassede donna importante vuole prendere Lucia sotto la sua protezione,e Federigo borromeo non oppone resistenza. Il cardinale intanto rende conto del comportamento verso i novelli a don Abbondio,il quale capisce e decide di mettersi il cuore in pace.
CAPITOLO XXVI
Feridego Borromeo continua il discorso con Abbondio,che confuso dalle parole del cardinale si pente di ciò che ha compiuto. Agnese riceve cento scudi d’oro dall’innominato e fa mille progetti per Lucia ma la ragazza le rivela il voto fatto a Renzo e chiede alla madre di inviargli la metà dei soldi,anche se la madre non è molto d’accordo;ma le strade delle due si separano. Bortolo confonde gli incaricati del cardinale che così non riusciranno a dare notizie di Renzo a questo e alla povera Lucia.
CAPITOLO XXVII
IL capitolo si apre con un preciso flash sulla guerra in atto per la successione al ducato di Mantova e sull’assedio di Casale,dove si trova don Gonzalo,governatore di Milano. Renzo è ricercato per il tumulto provocato a Milano,intanto decide di mettersi in contatto con la sua innamorata,ma non sapendo scrivere tutto sembra più difficile,ma gli arrivano finalmente i soldi che Lucia voleva fargli avere,e la lettera che parla del voto di Lucia di rinunciare a lui. Intanto donna Prassede vuole far dimenticare Renzo alla ragazza ma ahimè ottiene l’effetto contrario. Ma il 1629 riserverà molti tragici eventi ai due promessi e agli altri personaggi
CAPITOLO XXVIII
Il narratore mette in luce il problema della carestia,che dilaga tra la gente,nessuno si sottrae alle difficoltà e alla miseria,la situazione è penosa per i contadini,che sono costretti a lasciare le campagne per rifugiarsi in città. Il cardinale cerca di mettere un freno alla situazione ma non riesce a diminuire la fame e a fermare la mortalità. In questo caso la miseria e la fame cancellano le classi sociali sono tutti allo stesso livello. Quando la carestia sembra diminuire entra in gioco la guerra con l’Austria che fa precipitare nuovamente la situazione. Don Gonzalo viene privato del suo incarico e le forze alemanne nel frattempo si dirigono a Como,dove abitano o protagonisti.
CAPITOLO XXIX
Ritorna sulla scena Don Abbondio,che come è nel suo carattere prova da vanti a questa situazione ogni genere di paura. Nel frattempo egli,guidato da Perpetua e Agnese raggiunge il castello dell’innominato,che ha aperto la sua dimora ai profughi,fornendo armi per difenderli.
CAPITOLO XXX
Arrivati al castello risalta oltre alla diffidenza di Abbondio verso l’innominato,anche la premura che questo usa nei riguardi della madre di Lucia. Al castello Agnese e Perpetua trovano subito una sistemazione,mentre il curato si chiude in una morbosa solitudine a causa della paura per quello che sta accadendo. Finalmente passato il pericolo,i tre fuggiaschi tornano alle loro case;Agnese trova la sua abitazione illesa,ma gli altri due trovano la canonica invasa e distrutta aggiunto al fatto che il tesoro da loro nascosto è scomparso. Ma i pericoli stanno solo cominciando per tutti quanti.
CAPITOLO XXXI
Manzoni lascia per un momento la storia per raccontare un fenomeno di grande importanza ma che ha destato grande pericolo all’Italia. La peste arriva a Milano e presto si diffonderà per tutto il paese. All’inizio la gente affolla i lazzaretti,ma senza convincersi di un possibile contagio;solo con l’intervento dei cappuccini si sistemerà la situazione anche se il popolo è convinto che sia dovuto alle arti diaboliche degli untori.
CAPITOLO XXXII
Il pericolo è ingente,la popolazione diminuisce a vista d’occhio,la mortalità è in aumento anche se le autorità non fanno nulla per arginare il contagio. Federigo Borromeo si addossa l’incarico di sistemare la confusione ma come tutti si lascia investire dalla follia e confusione generale e comincia ad aumentare i pregiudizi sugli untori,che arriveranno addirittura ad essere processati.
CAPITOLO XXXIII
QUI torna in scena don Rodrigo,che ha appena festeggiato la morte del cugino Attilio. Intanto il signorotto che tanto male aveva arrecato a tutti comincia ad avvertire i sintomi della peste,fin quando,una notte compaiono anche i primi bubboni. Nel frattempo Renzo torna a lavorare dal cugino Bortolo,che riesce a trattenerlo dall’intento di cercare Lucia visto che appena guarito dalla peste;ma non riesce a fermarlo all’idea di cercare almeno notizie da Agnese. Apprende da Don Abbondio che Agnese è in un paese vicino,a casa di un parente e che padre Cristoforo è lontano. Torna a casa e un amico gli rivela che Lucia è in un paese vicino ospitata da una famiglia così Renzo parte per la grande città.
CAPITOLO XXXIV
Renzo arriva a Milano e la situazione non gli lascia certo una buona impressione:macchine di morte,persone in cerca di aiuto e carri colmi di morti. Dappertutto vede solo miseria e impestati,ma è convinto lo stesso di raggiungere la casa di don Ferrante dove trova rifugio Lucia. Arrivato a destinazione,l’accoglienza non è delle migliori,viene congedato con la scusa che Lucia si trova al lazzaretto,ma quando richiede spiegazioni e di nuovo aggredito e accusato di essere un untore,perciò per salvarsi si rifugia in un carro di impestati diretti al lazzaretto arrivato a destinazione non trova il coraggio di entrare in quel luogo.
CAPITOLO XXXV
Alla fine malgrado la paura,entra e lo spettacolo è tragico,malati dappertutto ed intorno ad essi un gran numero di frati medici e infermieri. Incontra padre Cristoforo che lo esorta a cercare Lucia tra i malati che sono in via di guarigione e stanno per uscire dal lazzaretto,ma lo invita a prepararsi anche alla peggiore delle possibilità;dopo un momento di ribellione verso don Rodrigo,lo perdona e comincia le ricerche.
CAPITOLO XXXVI
Renzo dopo aver assistito all’omelia di fra Felice,non riesce a trovare Lucia tra i convalescenti,perciò entra nel reparto riservato alle donne fingendosi un infermiere e riceve anche un incarico. Finalmente la trova e tra i due comincia una conversazione che verte sul voto di rinuncia del suo sposo proprio per questo arriva padre Cristoforo che scioglie definitivamente il voto. Dopo aver perdonato tutti e sciolto ogni voto,padre Cristoforo esce di scena per sempre.
CAPITOLO XXXVII
Renzo torna a casa lasciando Lucia nel lazzaretto per completare la guarigione. Renzo decide che per un po’ è meglio stare alla larga da Abbondio perché potrebbe ostacolare nuovamente il matrimonio. Finalmente passato il pericolo Rodrigo e peste si prepara con la mercantessa per il ritorno. Dai cappuccini del lazzaretto Lucia apprende della morte di padre Cristoforo e dai servitori capisce bene che le persone che l’avevano ospitata erano passate a miglior vita.
CAPITOLO XXXVIII
Lucia torna a casa e con gran gioia avviene l’incontro con Renzo. Tutto viene sistemato e vengono risolti gli ultimi dettagli del matrimonio che è celebrato da Don Abbondio. È il momento della partenza,gli sposi vanno nella nuova casa,dopo tante avventure insieme e grazie al nuovo lavoro di Renzo economicamente senza problemi. Avranno molti figli che rallegreranno la signora Agnese.
BASTA TOGLIERE QUALCHE DETTAGLIO E DOVREBBE ESSERE APPOSTO.
fonte: miei riassunti personali.
Descrizione dei luoghi dove si ambientano le prime fasi del romanzo: il lago, i monti che lo circondano, il fiume Adda, la città di Lecco e i paesini circostanti. Il narratore descrive i luoghi come se li vedesse dall'alto.
Situazione delle terre descritte sotto la dominazione spagnola: soldati stranieri che commettono violenze, furti e soprusi. Descrizione delle sponde del lago, dei monti dei paesini, e delle stradine che li collegano. Il punto di vista è quello di un osservatore posto sulle pendici delle montagne circostanti.
La passeggiata di don Abbondio Don Abbondio passeggia, come d'abitudine, leggendo il breviario, ma ad una biforcazione della strada, nei pressi di un tabernacolo dipinto, vede due loschi personaggi, due bravi, cioè due sicari. Descrizione dei due bravi fermi vicino all'incrocio: capelli lunghi racchiusi in una reticella dalla quale esce solo un grande ciuffo che ricade sulla fronte, e una ricchissima dotazione di armi d'ogni tipo.
Vengono citate le molte leggi, dette gride, che prevedono pene severissime per i bravi, che sono i sicari dei potenti. L'Autore tra una citazione e l'altra - propone considerazioni ironiche sull'inefficacia di queste ed altre gride.
Don Abbondio e le minacce dei bravi
Comprendendo che i bravi stanno attendendo lui, don Abbondio cerca vie di fuga o eventuali testimoni, ma poi, vista l'assenza delle une e degli altri, si avvicina ai due fingendosi tranquillo. I bravi gli sbarrano la strada e gli impongono, con le minacce, di non celebrare il previsto matrimonio tra due giovani del luogo: Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. Don Abbondio, spaventato, si dichiara più volte disposto all'obbedienza, specie quando sente il nome di don Rodrigo, il padrone dei due bravi. Fatta la loro ambasciata i due figuri si allontanano. Le minacce dei due bravi si inseriscono nel clima di sopraffazione che caratterizza il Ducato di Milano sotto la dominazione spagnola: i potenti possono impunemente commettere ogni tipo di violenza, mentre i deboli sono costretti a subire e non sono protetti dalla Giustizia. Fin dalla fanciullezza, don Abbondio si rivela un debole e un timoroso, incapace di affrontare le difficoltà della vita in un'epoca tanto violenta. La sua scelta sacerdotale nasce allora dal desiderio di appartenere ad una classe privilegiata e protetta, e non da una vera vocazione religiosa.
Ma per poter stare ancora più tranquillo, don Abbondio elabora un proprio "sistema di vita" fatto di paura, di servilismo, di opportunismo che lo induce a stare sempre dalla parte del più forte, di cattiverie verso i più deboli, di critiche a chi non pensa ai fatti propri. Inizia il soliloquio di don Abbondio. Come parlando tra sé egli immagina le reazioni di Renzo e ripensa a ciò che avrebbe dovuto dire ai bravi. Infine inveisce segretamente contro don Rodrigo.
Giunto a casa propria, il curato chiama Perpetua, la sua serva: una donna decisa, ma un po' bisbetica e pettegola. Dopo qualche esitazione, si confida con lei, ma non accetta i suoi saggi consigli. Infine, stremato, va a dormire, raccomandando alla domestica la massima riservatezza.
CAPITOLO II
Don Abbondio passa una notte agitata tra ricerche di scuse per non celebrare il matrimonio e incubi popolati di bravi e di agguati. Tra il sonno e la veglia egli elabora un piano per superare le prevedibili obiezioni di Renzo e ritardare così le nozze. Per prendere gli ultimi accordi per il matrimonio, Renzo si reca da don Abbondio vestito in gran gala, con un cappello piumato e il pugnale dal manico bello. Il promesso sposo è un giovane di vent'anni, rimasto orfano di ambedue i genitori fin dall'adolescenza. La sua professione, quella di filatore di seta, e i continui risparmi, gli hanno dato una certa tranquillità economica.
Il curato finge di non ricordarsi del matrimonio, poi, utilizzando termini latini per confondere il giovane, lascia intendere che sono sopravvenuti degli impedimenti che obbligano a ritardare le nozze. Renzo accondiscende allo spostamento, ma rimane insospettito dal comportamento del parroco.
Uscito dalla canonica Renzo incontra Perpetua e riceve da lei conferma dei propri sospetti: don Abbondio è stato minacciato da qualcuno.
Renzo torna velocemente nel salotto di don Abbondio. Dopo aver imprigionato il parroco nella stanza, il giovane, con fare apparentemente minaccioso, lo costringe a dirgli la verità. Perpetua rientra e don Abbondio l'accusa di aver infranto il giuramento del silenzio fatto la sera prima. Dopo un acceso battibecco tra i due, il curato si mette a letto vinto dalla febbre. Renzo si dirige nuovamente verso casa di Lucia. Nella sua mente passano fieri propositi di vendetta, ma al pensiero della fidanzata egli abbandona ogni ipotesi violenta. Giunto nel cortile della casa, Renzo incarica una bambina, Bettina, di chiamare in disparte Lucia e di condurla da lui.
Lucia, orfana di padre e di qualche anno più giovane di Renzo, è acconciata e vestita per le nozze: i suoi capelli neri sono raccolti in trecce fissate con spilloni, indossa un corpetto di broccato con un gonna pieghettata di seta, e attorno al collo porta una modesta collana. Il suo viso giovanile riflette una bellezza interiore.
Lucia viene messa al corrente delle minacce di don Rodrigo
Lucia, circondata dalle amiche, viene raggiunta dalla bambina che le trasmette il messaggio di Renzo. La ragazza scende al piano terreno e Renzo la mette al corrente dell'accaduto, ed ella mostra di essere già a conoscenza della passione di don Rodrigo per lei. Ai due si aggiunge poi Agnese. Lucia sale a congedare le donne dicendo che il matrimonio è rimandato a causa di una malattia del parroco. Alcune di esse si recano alla canonica per chiedere conferma di quella malattia e Perpetua dice loro che don Abbondio ha un febbrone.
CAPITOLO III
Don Rodrigo, avvicina Lucia lungo la strada e scommette con un altro nobile (il conte Attilio, suo cugino) che la ragazza sarà sua. Una scena analoga si ripete il giorno successivo Lucia rivela poi di aver narrato l'accaduto a fra Cristoforo. Dopo che Lucia ha placato le nuove ire di Renzo, Agnese consiglia il giovane di recarsi a Lecco da un avvocato soprannominato Azzecca-garbugli e gli consegna quattro capponi da portare in dono al dottore. Renzo si mette in cammino verso Lecco. Lungo la strada, agitato e incollerito, dà continui strattoni ai capponi che ha in mano: le povere bestie, pur accomunate da un triste destino, si beccano tra loro.
Ciò dà l'occasione all'Autore per riflettere sulla mancanza di solidarietà tra gli uomini. Giunto alla casa di Azzecca-garbugli e consegnati i capponi a una serva, Renzo viene fatto accomodare nello studio: uno stanzone disordinato e polveroso in cui spiccano, alle pareti, i ritratti degli imperatori romani, simbolo del potere assoluto. Il dottore lo accoglie indossando una toga consunta che lo fa apparire decrepito quanto i mobili della stanza. Azzecca-garbugli scambia Renzo per un bravo e, per intimorirlo, legge confusamente una grida che annuncia pene severissime per chi impedisce un matrimonio. Credendo che il giovane si sia camuffato tagliandosi il ciuffo che contraddistingue i bravi, si complimenta con lui per la sua astuzia. Vengono poi proposti frammenti di gride in cui si vieta di portare il ciuffo. Renzo nega di essere un bravo, ma l'avvocato non gli crede e lo invita a fidarsi di lui, prospettando poi una linea di difesa. Scoperto l'equivoco, Azzecca-garbugli si infuria e rifiuta ogni aiuto, mettendolo infine alla porta. Lucia e Agnese si consultano nuovamente tra loro e decidono di chiedere aiuto anche a fra Cristoforo. In quel momento giunge fra Galdino un umile frate laico, in cerca di noci per il convento di Pescarenico, lo stesso dove vive il padre Cristoforo. Per eludere le domande del fraticello circa il mancato matrimonio si porta il discorso sulla carestia; Galdino racconta allora un aneddoto riguardante un miracolo avvenuto in Romagna.
Un cappuccino, padre Macario, dissuade un uomo dal tagliare un noce ormai sterile, predicendo una formidabile raccolta di noci, la metà delle quali avrebbe dovuto essere destinata al convento. Come predetto dal frate, l'albero fruttifica in maniera straordinaria, ma nel frattempo il proprietario è morto e l'erede si rifiuta di donare al convento la parte concordata. A causa di questo rifiuto, le noci raccolte si trasformano in foglie secche. Lucia dona a fra Galdino una gran quantità di noci affinché egli, non dovendo continuare la questua, possa recarsi subito al convento ed esaudire la sua richiesta di inviare presso di loro fra Cristoforo.
Renzo fa ritorno alla casa di Lucia e racconta il pessimo risultato del suo colloquio con Azzecca-garbugli. Tra Renzo e Agnese si accende una piccola discussione, subito placata da Lucia, circa la validità del consiglio di rivolgersi all'avvocato. Dopo alcuni sfoghi di Renzo ed altrettanti inviti alla calma da parte delle donne, il giovane torna a casa propria.
CAPITOLO IV
Fra Cristoforo esce dal convento del paese di Pescarenico, un piccolo villaggio di pescatori nei pressi di Lecco.
Sebbene il paesaggio autunnale sia splendido, il cammino del frate verso casa di Lucia è rattristato dalle immagini di miseria che si vedono ovunque: persone smunte, animali smagriti dalla fame, mendicanti laceri.
Un uomo vicino ai 60 anni, dalla lunga barba bianca, umile ma fiero al tempo stesso, con due occhi vivacissimi.
Lodovico (questo è il nome di fra Cristoforo prima di prendere i voti), figlio di un ricco mercante con ambizioni da nobile, viene educato in maniera aristocratica. Non essendo però accettato nella cerchia dei nobili, il giovane inizia, quasi per vendetta, a difendere gli umili contro i signorotti prepotenti.
Un giorno per strada, scoppia una disputa per futili motivi tra Lodovico ed un nobile arrogante.
Nel corso della disputa che ne segue, il giovane, vedendo gravemente ferito Cristoforo, il suo più fedele servitore, uccide il signorotto.
Lodovico viene condotto dalla folla nel vicino convento dei frati cappuccini, affinché possa trovare riparo dalla vendetta dei parenti dell'ucciso.
Questi intanto circondano il convento al fine di colpire l'uccisore alla sua uscita.
Durante la sua permanenza in convento Lodovico matura la decisione di farsi frate. Dona tutti i suoi beni alla famiglia del servo Cristoforo che era morto per lui e assume il nome di fra Cristoforo. Intanto il padre guardiano del convento convince il fratello del nobile ucciso ad accettare come rivalsa la scelta monacale di Ludovico. Prima di partire per il luogo del suo noviziato, fra Cristoforo chiede ed ottiene di domandare scusa alla famiglia dell'ucciso.
In casa del nobile vengono convocati tutti i parenti per assaporare la vendetta, ma con il suo contegno umile, fra Cristoforo ottiene un sincero perdono da tutti e induce i presenti a mitigare la loro superbia.
Quale segno di riconciliazione il fratello dell'ucciso dona un pane al frate; questi, mangiatane una metà, conserverà il resto quale ricordo dell'accaduto.
Oltre a predicare e assistere i moribondi, fra Cristoforo opera per rimuovere le ingiustizie e per difendere gli oppressi. Intanto il frate, giunto alla casa di Lucia e Agnese, viene accolto con gioia dalle due donne.
CAPITOLO V
Oltre a predicare e assistere i moribondi, fra Cristoforo opera per rimuovere le ingiustizie e per difendere gli oppressi.
Intanto il frate, giunto alla casa di Lucia e Agnese, viene accolto con gioia dalle due donne. Fra Cristoforo viene informato del mancato matrimonio
Fra Cristoforo, giunto alla casa di Lucia, si fa raccontare dalle donne l'accaduto. Esaminata la situazione decide di andare a parlare con don Rodrigo per distoglierlo dal suo proposito.
Arriva anche Renzo, il quale rivela di aver tentato invano di organizzare un agguato contro il signorotto. Per questo viene rimproverato dal frate.
Fra Cristoforo si incammina verso il palazzotto di don Rodrigo. Nel palazzotto stesso e nel villaggio sottostante tutto appare segnato da un clima di violenza e di malvagità: ovunque si vedono armi e neppure sui volti dei bambini e dei vecchi si riesce a scorgere l'innocenza.
Dopo aver parlato con due bravi e con un servitore, molto sorpreso di vederlo lì, fra Cristoforo viene introdotto nella stanza da pranzo.
Attorno al tavolo, alcuni personaggi (don Rodrigo, il Podestà, il conte Attilio, Azzecca - Garbugli e altri) discutono animatamente su una questione di cavalleria.
Il frate è chiamato ad esprimere un giudizio, ma la sua sentenza, che invita alla pace e alla carità, viene scambiata per una battuta di spirito; il frate stesso è schernito da don Rodrigo che gli ricorda il suo passato mondano.
La disputa cambia tema e volge poi sulla guerra per il ducato di Mantova e sulle relative manovre politiche di Spagna, Francia, Germania e Papato. In questa circostanza il Podestà si spaccia per un fine conoscitore dei maneggi politici. Il narratore informa poi il lettore circa quella guerra, nata per la successione al ducato di Mantova, che vede opporsi il duca di Nevers, sostenuto dalla Francia e dal papato, e Ferrante Gonzaga principe di Guastalla, appoggiato dalla Spagna e dal duca di Savoia. Le discussioni vengono abbandonate per un attimo per lasciare posto a un brindisi, ma subito riprendono sul tema della carestia, evocato da Azzecca - Garbugli in un suo elogio al vino. La colpa della penuria di cibo viene attribuita ai fornai che farebbero incetta di grano per alzarne il prezzo.
È don Rodrigo a porre fine al dibattito congedando i commensali e conducendo infine fra Cristoforo in un altra stanza.
CAPITOLO VI
Con tatto e diplomazia, fra Cristoforo chiede a don Rodrigo di far cessare le persecuzioni contro Lucia e di permettere il matrimonio tra i due promessi. Il nobile reagisce però violentemente accusando il frate di nutrire un equivoco interesse per la ragazza. Il colloquio si trasforma così in un duello verbale nel quale Cristoforo predice al suo antagonista il compiersi della giustizia divina (verrà un giorno).
Al termine il frate viene cacciato. La sua missione è fallita, ma don Rodrigo rimane scosso dalle minacciose profezie del cappuccino.
Uscendo dal palazzotto per andare verso casa di Lucia, il frate incontra il vecchio servitore che l'aveva accolto al suo ingresso. Quest'ultimo dice a fra Cristoforo di avere delle rivelazioni da fargli e gli dà appuntamento per l'indomani al convento.
Agnese propone ai due promessi, di effettuare il matrimonio di sorpresa, di presentarsi cioè davanti al parroco con due testimoni e di pronunciare la formula del matrimonio. Sebbene celebrato contro la volontà del parroco, questo matrimonio avrebbe valore a tutti gli effetti. Renzo si mostra entusiasta, ma Lucia è contraria al progetto poiché esso prevede dei sotterfugi.
Renzo, in cerca dei testimoni per il matrimonio di sorpresa, si reca a casa di Tonio. Quando vi giunge, l'intera famiglia (Tonio, il fratello, l'anziana madre, la moglie e i figli) è riunita in attesa di una scarsa polenta. Renzo, rifiutando l'invito a trattenersi, conduce l'uomo all'osteria e lì gli chiede di far da testimone al matrimonio. In cambio del favore, Renzo gli offre del denaro per pagare un debito contratto con don Abbondio. Tonio accetta e propone suo fratello Gervaso come secondo testimone.
Renzo torna da Lucia e tenta nuovamente di convincerla ad accettare il "piano" della madre. Nel frattempo si avvertono i passi di fra Cristoforo, giunto per riferire gli esiti del colloquio con don Rodrigo.
CAPITOLO VII
Fra Cristoforo comunica ad Agnese e ai due promessi che, malgrado il suo intervento, don Rodrigo non intende cambiare atteggiamento. Renzo reagisce con rabbia. Uscendo, il frate raccomanda di inviare qualcuno al convento il giorno successivo, per avere nuove informazioni. Renzo, irritato dalle notizie appena ricevute e dall'opposizione di Lucia al progetto di matrimonio di sorpresa, dà in escandescenze. Alla fine Lucia cede e accondiscende al piano della madre. Renzo rincasa.
Agnese e Renzo stabiliscono i dettagli del piano di matrimonio di sorpresa, mentre Lucia resta in disparte. Seguendo le indicazioni di fra Cristoforo, Agnese invia poi al convento Menico, un ragazzino suo parente.
Per tutta la mattinata, dei loschi figuri vestiti da viandanti e da pellegrini si aggirano nelle vicinanze della casa di Lucia, curiosando anche all'interno dell'abitazione.
Dopo lo scontro con padre Cristoforo, don Rodrigo, furibondo per non esser riuscito ad intimorire il frate e turbato per quel Verrà un giorno, cammina per il palazzo al cospetto dei ritratti dei suoi avi, che sembrano rimproverarlo per la sua debolezza.
Per dimenticare l'episodio il nobile esce, scortato dai bravi, per una passeggiata trionfale, durante la quale egli viene ossequiato da tutti. Tornato al palazzotto, egli viene però deriso dal conte Attilio; risentito, raddoppia allora la posta dell'infame scommessa.
Dopo una notte di sonno tranquillo, don Rodrigo, dimenticati i timori suscitati in lui da fra Cristoforo, predispone con il capo dei suoi bravi, il Griso, un piano per rapire Lucia. I bravi, guidati dal Griso, cominciano le loro ricognizioni in casa di Lucia (gli strani figuri visti nella casa sono i bravi travestiti).
Tornati al palazzotto, il Griso dà le ultime istruzioni ai suoi compagni. Il vecchio servitore si avvia alla volta del convento per riferire al frate circa il previsto rapimento di Lucia. Nel frattempo alcuni bravi hanno già occupato le posizioni concordate ed altri si avviano a farlo.
Dopo aver preso con Agnese e Lucia gli ultimi accordi per il matrimonio di sorpresa, Renzo, assieme a Tonio e a Gervaso, si reca all'osteria e qui incontra tre individui (sono tre bravi di don Rodrigo) dal comportamento minaccioso. Renzo, durante la cena, chiede all'oste informazioni sui tre, ma l'oste finge di non conoscerli; al contrario, egli fornisce ai bravi diverse notizie su Renzo e i suoi amici.
Usciti dall'osteria, Renzo, Tonio e Gervaso, vengono seguiti da due bravi, che si arrestano però, vedendo arrivare gente di ritorno dai campi. I tre passano poi a chiamare Agnese e Lucia e insieme si recano alla canonica, dove Tonio bussa alla porta dicendo a Perpetua di voler saldare un debito.
CAPITOLO VIII
Don Abbondio abbandona le letture in cui era immerso e autorizza Perpetua a far salire Tonio. Scesa in strada, Perpetua incontra Agnese che, fingendo di passare di lì per caso, la coinvolge in una conversazione a proposito di alcune maldicenze sul suo conto. Tonio e Gervaso accedono allo studio del curato, mentre Renzo e Lucia, approfittando della distrazione di Perpetua, raggiungono il pianerottolo della canonica. Tonio salda il suo debito. Il curato esamina le monete, restituisce il pegno e inizia a compilare una ricevuta.
A un segnale convenuto entrano anche i due promessi. Renzo pronuncia l'intera formula, mentre Lucia viene interrotta violentemente dal curato, che si rifugia poi in una stanza attigua. Don Abbondio chiede aiuto dalla finestra. Ambrogio, il sacrestano, suona allora le campane per richiamare gente. I rintocchi svegliano l'intero paese. La gente scende in strada. I tre bravi che erano all'osteria, escono per una ricognizione; poi chiamano i compagni appostati al casolare per il rapimento di Lucia.
Agli ordini del Griso, il gruppo dei bravi penetra in casa della ragazza, ma non trova la vittima predestinata.
Menico, di ritorno dal convento, entra in casa di Lucia.
Appena entrato il ragazzo viene afferrato dai bravi. Spaventati dal suono delle campane questi lasciano andare Menico e fuggono disordinatamente. Il Griso li richiama all'ordine e la fuga prosegue a ranghi compatti.
Agnese continua a distrarre Perpetua, ma, sentite le grida di don Abbondio e i rintocchi, le due donne corrono verso la canonica. Renzo e Lucia si ricongiungono con Agnese e vengono raggiunti da Menico, che dice loro di fuggire verso il convento e li segue per un tratto. Intanto la gente si raduna in piazza e si reca da don Abbondio. Visto che quest'ultimo non è più in pericolo, la folla si sposta alla casa di Lucia e scopre che le due donne sono sparite. Dopo qualche progetto di inseguimento dei presunti rapitori, corre voce che le donne siano salve e tutti si ritirano.
Il console del paese di Renzo e Lucia viene minacciato da due bravi di don Rodrigo che gli intimano di non riferire al podestà i fatti della notte precedente, quella dell'incursione in casa di Lucia. Renzo, Lucia, Agnese si sono intanto allontanati attraverso i campi, accompagnati da Menico che, raccontata la sua avventura, viene poi rimandato a casa.
I tre fuggitivi giungono al convento di Pescarenico. Dopo aver vinto le resistenze di fra Fazio, il sacrestano, fra Cristoforo li fa entrare nella chiesa del convento ed illustra i piani di fuga che ha predisposto per loro. Dopo aver pregato per don Rodrigo, i tre lasciano il convento e si dirigono verso il lago.
Raggiunto il lago, i tre salgono su una barca. Descrizione del paesaggio.
Lucia piange segretamente e dà l'addio ai monti e ai luoghi natii.
CAPITOLO IX
I tre fuggitivi approdano sulla sponda del lago opposta a Pescarenico e si accomiatano dal barcaiolo che li aveva trasportati.
Guidati poi da un barocciaio, i tre giungono fino a Monza su di un carro. Qui possono riposarsi e rifocillarsi in una locanda. Dopo un breve pasto Renzo dà l'addio alle due donne. Sempre sotto la guida del barocciaio, le due donne si recano prima al convento dei cappucini e poi, accompagnate dal padre guardiano, al monastero di monache nel quale sperano di trovare ospitalità. Il frate chiede per loro la protezione di Gertrude, una suora di nobile e potente famiglia. La giovane monaca ha circa venticinque anni e il suo viso mostra una bellezza sfiorita. Il suo atteggiamento e il suo modo di indossare il saio hanno qualcosa di strano.
Gertrude interroga le due donne e il padre guardiano a proposito delle vicende di Lucia. Al termine del colloquio concede ospitalità ad Agnese e Lucia.
Viene descritta la famiglia di Gertrude e la regola in essa vigente, secondo la quale, tutti i figli, ad esclusione del primogenito, dovevano entrare in convento.
Fin dalla prima infanzia, i genitori e i parenti di Gertrude cercano, anche con subdoli espedienti, di inculcarle l'idea della vita consacrata.
L'infanzia e l'adolescenza di Gertrude trascorrono nel convento di Monza, dove viene educata in vista di una sua futura scelta monacale. Nei suoi rapporti con le compagne la bambina manifesta la sua innata superbia, ma anche i primi cenni di rifiuto della vita religiosa.
Prima di prendere definitivamente i voti. Gertrude è ricondotta nella casa paterna. Qui viene trattata con indifferenza ed isolata al fine di metterla a disagio e di farle desiderare il convento. Scoperto il suo innamoramento per un paggio, Gertrude viene imprigionata in una stanza: per uscire da quella segregazione, ella si dichiara disposta a scegliere la vita consacrata.
CAPITOLO X
Colta in un momento di debolezza, Gertrude, forzata dal padre, accetta di entrare in monastero. Viene dato l'annuncio della decisione della ragazza e iniziano i festeggiamenti. Dopo le ultime raccomandazioni sul contegno da tenere e sulle risposte da dare alla badessa, Gertrude viene condotta in monastero a Monza per la presentazione della domanda di ammissione. Anche in convento vengono organizzati grandi festeggiamenti.
Tra il principe padre di Gertrude e la badessa si svolge un colloquio molto formale volto a stabilire la sincerità della vocazione della ragazza.
Il sacerdote incaricato di valutare la sincerità della vocazione di Gertrude interroga la fanciulla, la quale, per timore del padre, mente e dichiara di scegliere liberamente la vita claustrale. Gertrude diviene monaca per sempre e maestra delle educande. La vita del chiostro non allontana però la giovane dalle passioni terrene: i suoi primi anni in monastero sono dunque segnati dall'odio verso le altre suore e da improvvisi cambiamenti d'umore.
La giovane monaca si lascia sedurre da Egidio, un nobile che abita in un palazzo attiguo al monastero: sotto la sua nefasta influenza Gertrude si lascia trascinare dalle passioni più violente e giunge all'omicidio di una conversa che minacciava di svelare la tresca dei due.
RIASSUNTI DEI PROMESSI SPOSI
CAPITOLO XV
Renzo ubriaco,viene accompagnato alla camera dell’ospite,il quale riesce a farsi pagare. Così facendo si diresse al palazzo della giustizia da un notaio criminale che la mattina seguente si presenta da Renzo. Ritornato in sé,si fa legare i polsi,ma una folla popolare fa fremere il notaio. Renzo però ha già in mente un piano: appena uscito attrae l’attenzione della gente invocando giustizia:così notaio e sbirri vengono aggrediti dalla folla.
CAPITOLO XVI
Appena liberato,Renzo lascia Milano per rifugiarsi a Bergamo, in territorio veneto,dal cugino Bortolo. Il difficile è orientarsi nella città e non si fida di chiedere aiuto alla prima persona che incontra. Mentre cammina è assalito dai rimorsi e dai sospetti. Evita,per prudenza, la via maestra,arriva a una piccola osteria dove con uno stratagemma riesce ad ottenere informazioni su un paese vicino al confine di nome Gorgonzola. Così un gruppo di sfaccendati lo tempestano di domande, ma prontamente si sottrae;invece un mendicante racconta tutte le ultime notizie e Renzo impaurito si affida alla guida della Provvidenza.
CAPITOLO XVII
Renzo si sente braccato. Intanto scende la notte. Ormai è un fuggitivo sospetto,costretto ad evitare ogni incontro. Entra in un bosco, l’ambiente gli appare fosco e terrificanti fantasie lo tormentano. Sul punto di tornare indietro, sente il rumore dell’acqua e si rifugia in un capanno e all’alba con l’aiuto di un pescatore arriva a Bergamo. Qui iniziano le ricerche per trovare Bortolo;trovatolo gli spiega tutta la vicenda e Bortolo gli promette un aiuto.
CAPITOLO XVIII
Nello stesso giorno (13 novembre)in cui Renzo si rifugia da Bortolo, giunge al paese dei promessi il capitano di giustizia per una perquisizione a casa di Renzo Tramaglino. Allo stupore dei paesani e all’amarezza di padre Cristoforo si somma il compiacimento di Don Rodrigo e di Attilio,deciso di partire per Milano per togliere di mezzo Padre Cristoforo. Di qui inizia il peggioramento nella situazione di Lucia:il Griso,inviato a Monza,sa dove si rifugia , ma Don Rodrigo non esercita pressione anzi decide di chiedere aiuto all’INNOMINATO. Nel frattempo Lucia ed Agnese hanno appreso notizie sconvolgenti subito chiarite da un messaggero di Padre Cristoforo. Agnese parte per Pescarenico dove trova Fra Galdino che le comunica la partenza di Padre Cristoforo. Per capire questa partenza all’autore torna al colloquio tra Attilio e il vecchio conte zio,raccontandogli la pericolosità di padre Cristoforo. Lucia rimane sola a Monza.
CAPITOLO XIX
Il conte zio raccogliendo un suggerimento da Attilio,decide di rivolgersi al padre provinciale dei cappuccini per far allontanare Padre Cristoforo. Invita il frate ad un pranzo riuscendo ad avere un colloquio privato,dal risultato molto soddisfacente. Padre Cristoforo è trasferito a Rimini. Intanto Don Rodrigo mette in atto il suo piano affidandosi all’innominato, potente bandito, per rapire Lucia. Don Rodrigo, che ha già avuto rapporti con lui,va al castello.
CAPITOLO XX
Don Rodrigo,accompagnato dal Griso e dai bravi,arriva all’osteria della Malanotte . Deposita le armi e con il Griso sale a piedi fino al castello,e dopo un’attesa piuttosto lunga viene ricevuto dal potente signorotto al quale chiede aiuto per attuare il piano. L’innominato si assume l’impresa senza esitare,ma sta attraversando un momento di crisi,con un indistinto richiamo verso la giustizia divina. Comunque manda il suo fidato bravo a Monza,dove può contare su Egidio,che esercita grande potere su Gertrude. Spaventata,con un scusa manda fuori al convento Lucia esponendola al rapimento. Il bravo,detto Nibbio,la rapisce,la carica sulla carrozza fuggendo da Monza. Lucia atterrita supplica il Nibbio di lasciarla andare. Intanto l’innominato,inquieto vorrebbe liberarsi di Lucia,ma colto da un misterioso impulso fa accogliere Lucia da una serva perché le faccia coraggio.
CAPITOLO XXI
Mentre la vecchia serva accoglie Lucia senza le parole giuste, il Nibbio riferisce il buon esito del suo operato dichiarandosi preda della compassione,turbando l’innominato. Rimasto solo,non resiste al desiderio di incontrare Lucia. Moderando il tono di voce,trovando le espressioni giuste si reca da lei. Lucia lo supplica toccando la sua sensibilità e le promette una mezza liberazione. Lucia così resta affidata alla serva,invidiosa di lei. Stremata Lucia fa voto di rinunciare a Renzo e trovata la pace si addormenta,intanto l’innominato avverte che la sua crisi si approfondisce;affiora il pentimento. La vicenda di Lucia diviene motivo di un esame per tutta la vita;solo conforto è la liberazione della ragazza. All’alba lo sorprende un suono festoso di campane:per controllare cosa accade invia un bravo a prender notizie.
CAPITOLO XXII
Il Bravo riferisce che la gente si muove per conoscere il cardinale Federigo Borromeo,in visita al paese. L’Innominato decide di andare da Borromeo,ma prima di partire fa visita a Lucia. Solo,senza scorta,si avvia alla canonica dove il cardinale è ospitato. Ora l’autore esorta e sottolinea la costante coerenza di Federigo fra i principi morali e le azioni:segue la sua fase di vocazione religiosa,la rinuncia ai privilegi della nobiltà,l’attenzione alla cultura dimostrata con la fondazione della biblioteca ambrosiana,lo spirito di carità,la cura dei poveri,l’apertura verso gli altri,la severità verso i sacerdoti manchevoli nel loro ministero. A questi pregi,aggiunge note negative di allusione a errate opinioni e poco valore ai suoi scritti.
CAPITOLO XXIII
Il cardinale accoglie senza indugi la visita dell’Innominato. Il turbamento dell’innominato,si scioglie,mentre il cardinale cerca di far nascere in lui il desiderio di una nuova vita;il dialogo si concluderà con il pianto dell’innominato. Viene rimessa in gioco la possibilità di liberare Lucia,ma bisogna trovare una persona che sappia confortarla e portarla fuori dal castello. Torna così in gioco don Abbondio,che verrà portato verso il castello del bandito senza nessuna spiegazione,ma rincuorato poi dalle gentili parole dell’innominato.
CAPITOLO XXIV
Lucia anche se turbata è contenta di essere stata liberata dal bandito. Nella lettiga che la conduce al villaggio,Lucia apprende dalla donna,moglie del sarto del paese,l’identità dell’innominato e i fatti relativi alla sua conversione,capisce così a quale pericolo è scampata. Don Abbondio è ancora impaurito per la reazione di Don Rodrigo,ma prosegue il suo cammino. Lucia è ospite a casa del sarto dove verrà tranquillizzata e rifocillata,anche se vive male il fatto di aver rinunciato all’amore di Renzo. Agnese viene a sapere i fatti relativi al rapimento e liberazione della figlia,ne parla con il cardinale,ed emerge il vigliacco comportamento di Don Abbondio. Intanto l’innominato convoca i suoi fedeli e annuncia loro la conversione.
CAPITOLO XXV
In paese si diffuse la voce su Lucia,riaccendendo i vecchi rancori di don Rodrigo e la paura di don Abbondio,che si rifugia nella chiesa ben sicuro che il cardinale nulla sappia sulla vicenda di Lucia. Intanto donna Prassede donna importante vuole prendere Lucia sotto la sua protezione,e Federigo borromeo non oppone resistenza. Il cardinale intanto rende conto del comportamento verso i novelli a don Abbondio,il quale capisce e decide di mettersi il cuore in pace.
CAPITOLO XXVI
Feridego Borromeo continua il discorso con Abbondio,che confuso dalle parole del cardinale si pente di ciò che ha compiuto. Agnese riceve cento scudi d’oro dall’innominato e fa mille progetti per Lucia ma la ragazza le rivela il voto fatto a Renzo e chiede alla madre di inviargli la metà dei soldi,anche se la madre non è molto d’accordo;ma le strade delle due si separano. Bortolo confonde gli incaricati del cardinale che così non riusciranno a dare notizie di Renzo a questo e alla povera Lucia.
CAPITOLO XXVII
IL capitolo si apre con un preciso flash sulla guerra in atto per la successione al ducato di Mantova e sull’assedio di Casale,dove si trova don Gonzalo,governatore di Milano. Renzo è ricercato per il tumulto provocato a Milano,intanto decide di mettersi in contatto con la sua innamorata,ma non sapendo scrivere tutto sembra più difficile,ma gli arrivano finalmente i soldi che Lucia voleva fargli avere,e la lettera che parla del voto di Lucia di rinunciare a lui. Intanto donna Prassede vuole far dimenticare Renzo alla ragazza ma ahimè ottiene l’effetto contrario. Ma il 1629 riserverà molti tragici eventi ai due promessi e agli altri personaggi
CAPITOLO XXVIII
Il narratore mette in luce il problema della carestia,che dilaga tra la gente,nessuno si sottrae alle difficoltà e alla miseria,la situazione è penosa per i contadini,che sono costretti a lasciare le campagne per rifugiarsi in città. Il cardinale cerca di mettere un freno alla situazione ma non riesce a diminuire la fame e a fermare la mortalità. In questo caso la miseria e la fame cancellano le classi sociali sono tutti allo stesso livello. Quando la carestia sembra diminuire entra in gioco la guerra con l’Austria che fa precipitare nuovamente la situazione. Don Gonzalo viene privato del suo incarico e le forze alemanne nel frattempo si dirigono a Como,dove abitano o protagonisti.
CAPITOLO XXIX
Ritorna sulla scena Don Abbondio,che come è nel suo carattere prova da vanti a questa situazione ogni genere di paura. Nel frattempo egli,guidato da Perpetua e Agnese raggiunge il castello dell’innominato,che ha aperto la sua dimora ai profughi,fornendo armi per difenderli.
CAPITOLO XXX
Arrivati al castello risalta oltre alla diffidenza di Abbondio verso l’innominato,anche la premura che questo usa nei riguardi della madre di Lucia. Al castello Agnese e Perpetua trovano subito una sistemazione,mentre il curato si chiude in una morbosa solitudine a causa della paura per quello che sta accadendo. Finalmente passato il pericolo,i tre fuggiaschi tornano alle loro case;Agnese trova la sua abitazione illesa,ma gli altri due trovano la canonica invasa e distrutta aggiunto al fatto che il tesoro da loro nascosto è scomparso. Ma i pericoli stanno solo cominciando per tutti quanti.
CAPITOLO XXXI
Manzoni lascia per un momento la storia per raccontare un fenomeno di grande importanza ma che ha destato grande pericolo all’Italia. La peste arriva a Milano e presto si diffonderà per tutto il paese. All’inizio la gente affolla i lazzaretti,ma senza convincersi di un possibile contagio;solo con l’intervento dei cappuccini si sistemerà la situazione anche se il popolo è convinto che sia dovuto alle arti diaboliche degli untori.
CAPITOLO XXXII
Il pericolo è ingente,la popolazione diminuisce a vista d’occhio,la mortalità è in aumento anche se le autorità non fanno nulla per arginare il contagio. Federigo Borromeo si addossa l’incarico di sistemare la confusione ma come tutti si lascia investire dalla follia e confusione generale e comincia ad aumentare i pregiudizi sugli untori,che arriveranno addirittura ad essere processati.
CAPITOLO XXXIII
QUI torna in scena don Rodrigo,che ha appena festeggiato la morte del cugino Attilio. Intanto il signorotto che tanto male aveva arrecato a tutti comincia ad avvertire i sintomi della peste,fin quando,una notte compaiono anche i primi bubboni. Nel frattempo Renzo torna a lavorare dal cugino Bortolo,che riesce a trattenerlo dall’intento di cercare Lucia visto che appena guarito dalla peste;ma non riesce a fermarlo all’idea di cercare almeno notizie da Agnese. Apprende da Don Abbondio che Agnese è in un paese vicino,a casa di un parente e che padre Cristoforo è lontano. Torna a casa e un amico gli rivela che Lucia è in un paese vicino ospitata da una famiglia così Renzo parte per la grande città.
CAPITOLO XXXIV
Renzo arriva a Milano e la situazione non gli lascia certo una buona impressione:macchine di morte,persone in cerca di aiuto e carri colmi di morti. Dappertutto vede solo miseria e impestati,ma è convinto lo stesso di raggiungere la casa di don Ferrante dove trova rifugio Lucia. Arrivato a destinazione,l’accoglienza non è delle migliori,viene congedato con la scusa che Lucia si trova al lazzaretto,ma quando richiede spiegazioni e di nuovo aggredito e accusato di essere un untore,perciò per salvarsi si rifugia in un carro di impestati diretti al lazzaretto arrivato a destinazione non trova il coraggio di entrare in quel luogo.
CAPITOLO XXXV
Alla fine malgrado la paura,entra e lo spettacolo è tragico,malati dappertutto ed intorno ad essi un gran numero di frati medici e infermieri. Incontra padre Cristoforo che lo esorta a cercare Lucia tra i malati che sono in via di guarigione e stanno per uscire dal lazzaretto,ma lo invita a prepararsi anche alla peggiore delle possibilità;dopo un momento di ribellione verso don Rodrigo,lo perdona e comincia le ricerche.
CAPITOLO XXXVI
Renzo dopo aver assistito all’omelia di fra Felice,non riesce a trovare Lucia tra i convalescenti,perciò entra nel reparto riservato alle donne fingendosi un infermiere e riceve anche un incarico. Finalmente la trova e tra i due comincia una conversazione che verte sul voto di rinuncia del suo sposo proprio per questo arriva padre Cristoforo che scioglie definitivamente il voto. Dopo aver perdonato tutti e sciolto ogni voto,padre Cristoforo esce di scena per sempre.
CAPITOLO XXXVII
Renzo torna a casa lasciando Lucia nel lazzaretto per completare la guarigione. Renzo decide che per un po’ è meglio stare alla larga da Abbondio perché potrebbe ostacolare nuovamente il matrimonio. Finalmente passato il pericolo Rodrigo e peste si prepara con la mercantessa per il ritorno. Dai cappuccini del lazzaretto Lucia apprende della morte di padre Cristoforo e dai servitori capisce bene che le persone che l’avevano ospitata erano passate a miglior vita.
CAPITOLO XXXVIII
Lucia torna a casa e con gran gioia avviene l’incontro con Renzo. Tutto viene sistemato e vengono risolti gli ultimi dettagli del matrimonio che è celebrato da Don Abbondio. È il momento della partenza,gli sposi vanno nella nuova casa,dopo tante avventure insieme e grazie al nuovo lavoro di Renzo economicamente senza problemi. Avranno molti figli che rallegreranno la signora Agnese.
BASTA TOGLIERE QUALCHE DETTAGLIO E DOVREBBE ESSERE APPOSTO.
fonte: miei riassunti personali.