La capra di Umberto Saba? AIUTO
ragazzi per domani la prof. ci ha assegnato un compito sulla poesia ''La capra'' di Umberto Saba ovvero che devo trovare i segni d'empatia e il messaggio politico nascosto. aiutatemi please è urgente. Vi incollo la poesia.
Ho parlato a una capra.
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d'erba, bagnata
dalla pioggia, belava.
5 Quell'uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi,prima
per celia, poi perché il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
10 gemere in una capra solitaria.
In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.
Ho parlato a una capra.
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d'erba, bagnata
dalla pioggia, belava.
5 Quell'uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi,prima
per celia, poi perché il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
10 gemere in una capra solitaria.
In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.
Miglior risposta
La capra è una poesia di Umberto Saba che fa parte della sezione Case e campagna del Canzoniere, quella cioè che comprende le liriche del poeta composte tra 1909 e 1910. In pochi versi dal ritmo lento e solenne Saba esprime la condizione universale del dolore e dell’angoscia della vita. Il componimento in endecasillabi e settenari è strutturato su tre strofe irregolari e si chiude con un quinario. Nella prima strofa di quattro versi con una descrizione ridotta all’essenziale il poeta triestino presenta la situazione: il poeta incontra una capra, legata, sazia e bagnata dalla pioggia, che bela. “Belava” è proprio il verbo che chiude la strofa ed è posto in netta evidenza, poiché è l’azione che permette a Saba di riflettere sul dolore universale, come si legge nella strofa successiva: “Quell’uguale belato era fraterno | al mio dolore”. Viene così posta una comunanza della condizione esistenziale delle creature: la capra esprime la stessa angoscia del poeta, che risponde al suo gemito accorato, prima per gioco, poi per empatia. Il belato della capra esprime “ogni altro male” della vita ed è quindi espressione della sofferenza che accomuna ogni essere vivente.
Il lessico del componimento è colloquiale e quotidiano, anche se presenta alcuni termini colti e letterati, come “celia”, “querelarsi” e l’uso della forma arcaica dell’imperfetto di prima persona singolare (“sentiva” invece di sentivo). La struttura della poesia è discorsiva e paratattica e prevale la coordinazione, ma presenta, anche in questo caso, scelte stilistiche arcaizzanti, come l’inversione al v. 9 del complemento oggetto, che precede, così, il verbo (“questa voce sentiva”); sistemazione sintattica atta a sottolineare e mettere in evidenza la parola “voce”. Nella descrizione della capra, il poeta tende a presentare l’animale in forma umanizzata; un celebre esempio è l’aggettivo “semita”, usato da Saba in quanto il volto della capra gli ricordava quello di alcuni ebrei, prevalentemente per l’aspetto visivo, come l’autore stesso dichiara nel suo Storia e cronistoria del "Canzoniere": “è un verso prevalentemente visivo. Quando Saba lo trovò, non c’era in lui nessun pensiero cosciente né pro né contro gli ebrei”. In questa breve poesia Saba esprime in modo oggettivo, cioè senza erompere in lamenti e gridi suscitati da dolorose vicende private, la propria pessimistica concezione della vita, che ricorda sia il pessimismo cosmico leopardiano sia il montaliano "male di vivere".
Lo spunto alla meditazione sul dolore e sul male è infatti offerto da una capra solitaria, colta in un momento di disagio ("sazia" sì, ma "legata" e "bagnata dalla pioggia"), alla quale il poeta si sente vicino perché accomunato ad essa, come a tutti gli altri esseri viventi, da un'identica ed eterna legge di dolore. Perciò la risposta del poeta (dapprima scherzosa) a "quell'uguale belato" non sembra più ridicola o buffa (come al primo verso), ma profondamente seria e partecipe.
Nella strofa finale, dopo il progressivo allargamento d'orizzonte dall'animale all'umano, la dimensione del dolore si estende all'universale. E l'anafora finale lega in modo indissolubile i due termini "male " "vita", con una considerazione che può dirsi ancor più pessimistica di quella espressa da Leopardi nel Canto notturno: "a me la vita è male" (v. 104). na pensosa tristezza domina in questa poesia che scopre nel fondo degli esseri , siano essi uomini o animali, motivi di eterna sofferenza, quella che rende tutti fratelli perché a tutti comune.Da ciò l'autore trae ragione di meditazione e di umanissima intesa in un senso cosmico del dolore . Il poeta ha parlato ad una capra incontrata prigioniera e belante nel prato. Quel lamento lo ha convinto che nella povera bestiola gemeva un dolore simile al suo e di cui egli ha inteso alla fine il messaggio, perché il dolore è universale ed ha una sua voce per tutti e per ciascuno.
La prima strofa ha un carattere descrittivo : la capra viene mostrata in una situazione che , pur non essendo disperata , è comunque di profondo disagio (è legata e bagnata dalla pioggia).
Nella seconda strofa si sviluppa la narrazione. Il poeta risponde per scherzo, poi sulla base di una motivazione profonda e riflessa :il belato della capra esprime un dolore universale, un " mal di vivere" che è lo stesso per tutti gli esseri viventi. La risposta del poeta ,quindi, non ci pare più ridicola ma seria e rivelatrice di una sua condizione universale.
La terza strofa ha un carattere sentenziale e mette esplicitamente in rapporto i due termini "male e vita" arrivando a considerazioni tipiche del Leopardi " a me la vita è male".
Il lessico del componimento è colloquiale e quotidiano, anche se presenta alcuni termini colti e letterati, come “celia”, “querelarsi” e l’uso della forma arcaica dell’imperfetto di prima persona singolare (“sentiva” invece di sentivo). La struttura della poesia è discorsiva e paratattica e prevale la coordinazione, ma presenta, anche in questo caso, scelte stilistiche arcaizzanti, come l’inversione al v. 9 del complemento oggetto, che precede, così, il verbo (“questa voce sentiva”); sistemazione sintattica atta a sottolineare e mettere in evidenza la parola “voce”. Nella descrizione della capra, il poeta tende a presentare l’animale in forma umanizzata; un celebre esempio è l’aggettivo “semita”, usato da Saba in quanto il volto della capra gli ricordava quello di alcuni ebrei, prevalentemente per l’aspetto visivo, come l’autore stesso dichiara nel suo Storia e cronistoria del "Canzoniere": “è un verso prevalentemente visivo. Quando Saba lo trovò, non c’era in lui nessun pensiero cosciente né pro né contro gli ebrei”. In questa breve poesia Saba esprime in modo oggettivo, cioè senza erompere in lamenti e gridi suscitati da dolorose vicende private, la propria pessimistica concezione della vita, che ricorda sia il pessimismo cosmico leopardiano sia il montaliano "male di vivere".
Lo spunto alla meditazione sul dolore e sul male è infatti offerto da una capra solitaria, colta in un momento di disagio ("sazia" sì, ma "legata" e "bagnata dalla pioggia"), alla quale il poeta si sente vicino perché accomunato ad essa, come a tutti gli altri esseri viventi, da un'identica ed eterna legge di dolore. Perciò la risposta del poeta (dapprima scherzosa) a "quell'uguale belato" non sembra più ridicola o buffa (come al primo verso), ma profondamente seria e partecipe.
Nella strofa finale, dopo il progressivo allargamento d'orizzonte dall'animale all'umano, la dimensione del dolore si estende all'universale. E l'anafora finale lega in modo indissolubile i due termini "male " "vita", con una considerazione che può dirsi ancor più pessimistica di quella espressa da Leopardi nel Canto notturno: "a me la vita è male" (v. 104). na pensosa tristezza domina in questa poesia che scopre nel fondo degli esseri , siano essi uomini o animali, motivi di eterna sofferenza, quella che rende tutti fratelli perché a tutti comune.Da ciò l'autore trae ragione di meditazione e di umanissima intesa in un senso cosmico del dolore . Il poeta ha parlato ad una capra incontrata prigioniera e belante nel prato. Quel lamento lo ha convinto che nella povera bestiola gemeva un dolore simile al suo e di cui egli ha inteso alla fine il messaggio, perché il dolore è universale ed ha una sua voce per tutti e per ciascuno.
La prima strofa ha un carattere descrittivo : la capra viene mostrata in una situazione che , pur non essendo disperata , è comunque di profondo disagio (è legata e bagnata dalla pioggia).
Nella seconda strofa si sviluppa la narrazione. Il poeta risponde per scherzo, poi sulla base di una motivazione profonda e riflessa :il belato della capra esprime un dolore universale, un " mal di vivere" che è lo stesso per tutti gli esseri viventi. La risposta del poeta ,quindi, non ci pare più ridicola ma seria e rivelatrice di una sua condizione universale.
La terza strofa ha un carattere sentenziale e mette esplicitamente in rapporto i due termini "male e vita" arrivando a considerazioni tipiche del Leopardi " a me la vita è male".
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