Eneide: Didone

circe
Ciaooo...Mi servirebbe una descrizione di Didone nell'Eneide... please...

Risposte
coltina
qui c'è il sunto delle figura, è l'introduzione di una tesi, quindi occhio al materiale che usi.....ho già fatto dei tagli

da: http://www.tesionline.com/__PDF/21267/21267p.pdf

La donna più viva e più nota dell’Eneide è Didone, che perdutamente amò Enea, e per amore si uccise. Questo episodio, che occupa tutto il libro IV e ha la sua conclusione nel libro VI, è il più famoso del poema, e certo è uno dei più belli.
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L’infelicità accompagna Didone in tutta la sua vita; tradita dal fratello, privata delittuosamente del marito, costretta all’esilio e all’ignoto con pochi fedeli, ella ha reagito virilmente alle disavventure, mettendosi a capo del suo popolo, fondando una città e rinnovando sulle coste africane la sua madrepatria.
Volnus alit venis et caeco carpitur igni... (alimenta nelle vene la ferita ed è rosa da cieco fuoco) Così ha inizio il dramma di Didone che, partendo da una vicenda semplice e naturale qual è l’innamoramento di una donna ancora giovane e bella, porterà l’infelice eroina ad una fine tragica e violenta.
Fin dall’inizio del libro l’accendersi della passione di Didone si illumina di luci sinistre ed è avvolta da presagi di lutto; amore tormentoso fin dal suo sorgere e quando poi sfocia la passione che getta Didone nelle braccia di Enea, si ha l’inizio della tragedia, che porterà il troiano lontano da lei e la regina a morire sul rogo con la spada regalatale da lui.

da: http://www.homolaicus.com/storia/antica/roma/didone.htm
Virgilio elabora ogni dettaglio del carattere di Didone, esasperandone le valenze umane e donandole una affettività disperata e totalizzante: il personaggio commuove e risulta essere indimenticabile, eppure la sua configurazione originaria appare usurpata.

La fama di pudicizia che inorgogliva la regina "elevandola fino alle stelle" (Eneide, IV, 322), vero e proprio connotato divino, lascia il posto a comportamenti furiosi confacenti ad una baccante, allorché la donna scopre il "tradimento" dell'amante, in procinto di partire. "Saevit inops animi totamque incensa per urbem / bacchatur [...]" (Eneide, IV, 300-301): questo aggirarsi fuori di senno, per la città, si correla al tormento amoroso che le ha dilaniato l'animo tra penosi conflitti prima della unione fatale.

Nella tormentata sequenza dedicata alla rivelazione dell'innamoramento, il paragone con la cerva ferita da una freccia, l'ha infatti assimilata ad un animale indifeso e braccato: "Uritur infelix Dido totaque vagatur / urbe furens, qualis coniecta cerva sagitta" (Eneide, IV, 68-69).

Il lessico della passione ruota attorno ai campi semantici del fuoco bruciante (uritur/incensa), che prefigura il suicidio conclusivo, e del furor (bacchatur/furens), che trasporta sul piano infero lo statuto di una eroina originariamente destinata alla dimensione siderea.

Tuttavia, pur nel capovolgimento del mito, è accaduta una sorta di compensazione: la Didone virgiliana ha suscitato, nel corso dei secoli, una sorta di trasporto empatico da parte di molti poeti, del quale l'altra Didone, protagonista della leggenda punica, non sarebbe stata probabilmente mai capace.

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