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ricerca su opera e autore del libro spagnolo " Canciòn del pirata" di Josè Espronceda
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Come Larra, anche Espronceda incarna la tendenza più vitale del romanticismo europeo, assumendo la sua stessa vita come materiale di lavoro. Entrato di prepotenza nell’antologia della letteratura con La Cancìon del pirata e Canto a Teresa, non si nascose dietro il passato medievale e cavalleresco, cantando invece la ribellione sociale e l’elegia dell’amore calpestato e perduto. Pur pericolosamente accostato a giganti come Goethe e Byron, Espronceda, nonostante molte liriche mediocri, dimostrò intrepida dedizione al suo progetto e costante volontà di sperimentazione. Ricevette una educazione laica, neoclassica, liberale ed elitaria, risultato della quale furono le centoventisette ottave del poema eroico El Pelayo e il primo scontro col potere assolutista. Sconvolti dall’impiccagione di Riego, Espronceda e amici fondarono una adolescenziale società segreta, Los Numantinos, che gli procurò non pochi guai. Partito in volontario esilio nel 1927, conosce Lisbona, Londra e Parigi, esperienza decisiva che lo portò a leggere e conoscere autori inglesi e francesi, maturando un nuovo modo di essere liberale, vicino al byronismo: arroganza, disperazione e scetticismo. Conosce Teresa e la rapisce al marito, alimentando la sua aura di eroe romantico. Nel 1935 rompe con Teresa e pubblica El Pirata, partecipando alla lotta contro Mendizàbal e i moderati. È l’anno della desamortizaciòn, motivo, per lui e per Larra, della crisi dell’ottimismo democratico, costringendolo a prendere posizione di fronte al nuovo mondo che nasce, quella della borsa e dell’industria. Un nuovo mondo che lo spinge a chiudere col neoclassicismo, spingendolo a trovare una poesia nuova, con un linguaggio che fosse veicolo della sua protesta e delle sue proposte. Ma anche Espronceda non aveva quell’humus filosofico che tanto gli sarebbe servito, ma creò comunque una poesia ricca di forme metriche, con una vaguedad, un uso crepuscolare e impreciso del linguaggio, una forte apertura semantica, che diede vigorosa voce alla delusione storica dell’epoca.
José de Espronceda nacque a Almendralejo [Badajoz] nel 1808 (morì a Madrid nel 1842), fu un liberale progressista che ebbe in Byron un modello di vita e di poesia. Condusse la sua breve esistenza tra rivoluzione e avventure, fu anche esule in Inghilterra. Nelle Poesie liriche (Poesías líricas, 1840) inserì anche componimenti politici e sociali, e pezzi famosi come la "Canzone del pirata". Nel poemetto incompiuto Il diavolo mondo (El diablo mundo, 1840) e soprattutto nella leggenda in versi Lo studente di Salamanca (El estudiante de Salamanca, 1839), tra le cose migliori della produzione romanticista spagnola, si rivela poeta ricco e versatile, capace di rinnovare la tradizione popolare dei romances e di altre forme giocose e colloquiali, capace di inventare personaggi e ritmi che avranno molti seguaci (si pensi a Darío e M. Machado).
Da un punto di vista metrico, la composizione presenta una grande eterogeneità di forme strofiche e metriche.
Si apre con due strofe di otto versi ottosillabi ciascuna, che presentano il seguente schema di rime: abbécddé (laddove “é” rappresenta la rima acuta dei vv. 4° e 8°). Questo tipo di strofa con questo schema rimico si chiama octavilla aguda, ed è caratteristica della poesia romantica, in special modo di quella di Espronceda. Queste due octavillas costituiscono una sorta di introduzione alla vera e propria Canzone del pirata: sono infatti di tono narrativo-descrittivo (la voce che enuncia il testo è quella di un narratore esterno, che parla “in terza persona” del veliero El Temido e del capitán pirata), e ci dicono che il pirata sta cantando, alegre, sulla poppa della sua nave. I versi che seguono sono, appunto, il “testo” di questa canzone (si noti che, a livello tipografico, la funzione di citazione è evidenziata dalle virgolette basse che aprono e chiudono ogni strofa, fino alla fine del componimento).
La Canzone vera e propria si struttura in cinque “blocchi”, costituiti ciascuno da:
- una strofa di sei versi (cinque ottosillabi e un tetrasillabo) con schema rimico: aéabbé;
- una strofa di otto versi tetrasillabi con schema rimico: xaaéxbbé (dove “x” indica versi che non rimano con nessun altro verso, o rime “bianche”);
- una strofa di quattro versi ottosillabi con schema rimico xaxa (dove “a” indica una rima assonante e “x” i versi non rimati, secondo uno schema che è lo stesso del romance); questa strofa funge da ritornello, perché si ripete sempre uguale alla fine di ciascuno dei cinque blocchi.
I blocco
Il concetto di fondo espresso in questi versi è quello dell’invincibilità del veliero (1° strofa), cui si oppone invece la debolezza degli avversari, che sono stati sconfitti in gran numero dal pirata (2° strofa).
Il ritornello, infine, rappresenta una specie di compendio delle idee del pirata, un emblema del suo essere ribelle e fuorilegge; e, proprio perché dal punto di vista ideologico è centrale nel componimento, presenta anche una costruzione retorica specialmente accurata. Si possono notare: l’anafora dei primi due versi (o ripetizione a inizio verso di uno stesso sintagma, qui “que es mi”), e l’anafora degli ultimi due, rappresentata dalla ripetizione del possessivo “mi”, che adesso si trova in posizione iniziale di verso, mentre nei primi due versi si trovava in posizione centrale. Ciascuno dei quattro versi rappresenta un’unità compiuta, sintattica e semantica; in ciascuno di essi si contrappone un principio astratto (tesoro o ricchezza, Dio, legge e patria) alla speciale attualizzazione che il pirata dà di ciascuno di questi principi, capovolgendo e criticando implicitamente il sistema di valori normalmente accettato dalla società contemporanea (per cui la sua ricchezza è la sua nave, il suo Dio è la libertà, la sua legge la forza e il vento, la sua sola patria il mare).
II blocco
Si contrappongono un “allá” (la terraferma, dove i monarchi “ciechi”, ovviamente in senso metaforico, scatenano guerre per il possesso di poca terra in più) e un “aquí” (il vascello pirata e il mare sconfinato, “a quien nadie impuso leyes”; si comincia a intravedere un motivo importante del componimento, che è la sintonia tra il pirata e la natura selvaggia, entrambi non domati dall’uomo, estranei alle costrizioni e alle leggi). Il pirata vuole mostrare quanto, nella sua libertà, egli sia incomparabilmente più ricco dei monarchi che regnano sulla terraferma, perché il suo dominio (il mare) non ha confini, e il suo potere è riconosciuto ovunque (2° strofa).
III blocco
Queste due strofe sono più direttamente connesse con l’attività piratesca: la prima, mostra la paura di tutte le navi di fronte all’apparire del vascello pirata, e la loro fuga precipitosa per sfuggire alla “furia” del “rey del mar”; la seconda, parla invece dello spirito egualitarista con il quale il pirata distribuisce il bottino fra i suoi, non tenendo alla ricchezza, ma essendo interessato solo alla “belleza / sin rival” (l’antitesi fra ricchezza e bellezza è tipica del Romanticismo, in quanto in essa si incarna la polemica contro lo spirito utilitaristico del tempo).
IV blocco
E’ centrato sulla condizione di fuorilegge del pirata, condannato a morte che ride della condanna e anzi, progetta di eseguirla sul suo stesso giudice (1° strofa), e ribelle che si è liberato dal “yugo del esclavo” e che dunque non ha più nulla da perdere, perché ha accettato a priori di mettere a repentaglio la propria vita.
V blocco
Vi si esprime in maniera più compiuta la sintonia fra il pirata e la natura ribelle e in tempesta: il vento e il tuono, con i suoni contrastanti e discordi che producono, sono la musica del pirata, che lo culla e lo fa dormire tranquillo (l’opposizione, implicita, si stabilisce sia con la vita “borghese”, sia con l’immagine controllata e coltivata della natura che era cara all’arte neoclassica).
FONTI
Tesionline
Girodivite
http://host.uniroma3.it/docenti/antonuccif/TESTI%20E%20COMMENTI__.htm
José de Espronceda nacque a Almendralejo [Badajoz] nel 1808 (morì a Madrid nel 1842), fu un liberale progressista che ebbe in Byron un modello di vita e di poesia. Condusse la sua breve esistenza tra rivoluzione e avventure, fu anche esule in Inghilterra. Nelle Poesie liriche (Poesías líricas, 1840) inserì anche componimenti politici e sociali, e pezzi famosi come la "Canzone del pirata". Nel poemetto incompiuto Il diavolo mondo (El diablo mundo, 1840) e soprattutto nella leggenda in versi Lo studente di Salamanca (El estudiante de Salamanca, 1839), tra le cose migliori della produzione romanticista spagnola, si rivela poeta ricco e versatile, capace di rinnovare la tradizione popolare dei romances e di altre forme giocose e colloquiali, capace di inventare personaggi e ritmi che avranno molti seguaci (si pensi a Darío e M. Machado).
Da un punto di vista metrico, la composizione presenta una grande eterogeneità di forme strofiche e metriche.
Si apre con due strofe di otto versi ottosillabi ciascuna, che presentano il seguente schema di rime: abbécddé (laddove “é” rappresenta la rima acuta dei vv. 4° e 8°). Questo tipo di strofa con questo schema rimico si chiama octavilla aguda, ed è caratteristica della poesia romantica, in special modo di quella di Espronceda. Queste due octavillas costituiscono una sorta di introduzione alla vera e propria Canzone del pirata: sono infatti di tono narrativo-descrittivo (la voce che enuncia il testo è quella di un narratore esterno, che parla “in terza persona” del veliero El Temido e del capitán pirata), e ci dicono che il pirata sta cantando, alegre, sulla poppa della sua nave. I versi che seguono sono, appunto, il “testo” di questa canzone (si noti che, a livello tipografico, la funzione di citazione è evidenziata dalle virgolette basse che aprono e chiudono ogni strofa, fino alla fine del componimento).
La Canzone vera e propria si struttura in cinque “blocchi”, costituiti ciascuno da:
- una strofa di sei versi (cinque ottosillabi e un tetrasillabo) con schema rimico: aéabbé;
- una strofa di otto versi tetrasillabi con schema rimico: xaaéxbbé (dove “x” indica versi che non rimano con nessun altro verso, o rime “bianche”);
- una strofa di quattro versi ottosillabi con schema rimico xaxa (dove “a” indica una rima assonante e “x” i versi non rimati, secondo uno schema che è lo stesso del romance); questa strofa funge da ritornello, perché si ripete sempre uguale alla fine di ciascuno dei cinque blocchi.
I blocco
Il concetto di fondo espresso in questi versi è quello dell’invincibilità del veliero (1° strofa), cui si oppone invece la debolezza degli avversari, che sono stati sconfitti in gran numero dal pirata (2° strofa).
Il ritornello, infine, rappresenta una specie di compendio delle idee del pirata, un emblema del suo essere ribelle e fuorilegge; e, proprio perché dal punto di vista ideologico è centrale nel componimento, presenta anche una costruzione retorica specialmente accurata. Si possono notare: l’anafora dei primi due versi (o ripetizione a inizio verso di uno stesso sintagma, qui “que es mi”), e l’anafora degli ultimi due, rappresentata dalla ripetizione del possessivo “mi”, che adesso si trova in posizione iniziale di verso, mentre nei primi due versi si trovava in posizione centrale. Ciascuno dei quattro versi rappresenta un’unità compiuta, sintattica e semantica; in ciascuno di essi si contrappone un principio astratto (tesoro o ricchezza, Dio, legge e patria) alla speciale attualizzazione che il pirata dà di ciascuno di questi principi, capovolgendo e criticando implicitamente il sistema di valori normalmente accettato dalla società contemporanea (per cui la sua ricchezza è la sua nave, il suo Dio è la libertà, la sua legge la forza e il vento, la sua sola patria il mare).
II blocco
Si contrappongono un “allá” (la terraferma, dove i monarchi “ciechi”, ovviamente in senso metaforico, scatenano guerre per il possesso di poca terra in più) e un “aquí” (il vascello pirata e il mare sconfinato, “a quien nadie impuso leyes”; si comincia a intravedere un motivo importante del componimento, che è la sintonia tra il pirata e la natura selvaggia, entrambi non domati dall’uomo, estranei alle costrizioni e alle leggi). Il pirata vuole mostrare quanto, nella sua libertà, egli sia incomparabilmente più ricco dei monarchi che regnano sulla terraferma, perché il suo dominio (il mare) non ha confini, e il suo potere è riconosciuto ovunque (2° strofa).
III blocco
Queste due strofe sono più direttamente connesse con l’attività piratesca: la prima, mostra la paura di tutte le navi di fronte all’apparire del vascello pirata, e la loro fuga precipitosa per sfuggire alla “furia” del “rey del mar”; la seconda, parla invece dello spirito egualitarista con il quale il pirata distribuisce il bottino fra i suoi, non tenendo alla ricchezza, ma essendo interessato solo alla “belleza / sin rival” (l’antitesi fra ricchezza e bellezza è tipica del Romanticismo, in quanto in essa si incarna la polemica contro lo spirito utilitaristico del tempo).
IV blocco
E’ centrato sulla condizione di fuorilegge del pirata, condannato a morte che ride della condanna e anzi, progetta di eseguirla sul suo stesso giudice (1° strofa), e ribelle che si è liberato dal “yugo del esclavo” e che dunque non ha più nulla da perdere, perché ha accettato a priori di mettere a repentaglio la propria vita.
V blocco
Vi si esprime in maniera più compiuta la sintonia fra il pirata e la natura ribelle e in tempesta: il vento e il tuono, con i suoni contrastanti e discordi che producono, sono la musica del pirata, che lo culla e lo fa dormire tranquillo (l’opposizione, implicita, si stabilisce sia con la vita “borghese”, sia con l’immagine controllata e coltivata della natura che era cara all’arte neoclassica).
FONTI
Tesionline
Girodivite
http://host.uniroma3.it/docenti/antonuccif/TESTI%20E%20COMMENTI__.htm